Serie TV > Altro - Fiction italiane
Segui la storia  |       
Autore: ClodiaSpirit_    21/12/2021    2 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]
- - Dopo la delusione del finale, ci rifacciamo scrivendo - -
Missing Moments #Simuel
E' passato un mese, Simone e Manuel si ritrovano dopo un anno scolastico che sta letteralmente volando. Tutto sembra andare bene, ma dopo essere stato sulla tomba di suo fratello, Simone manifesta ancora l'essere scosso da questa notizia e altri pensieri. Dall'altra parte Manuel sembra sempre di più mentire a se stesso su ciò che è successo tempo prima, alla famosa festa di compleanno di Simone (1x10 SPOILER).
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fermare tutto. Metterlo in pausa. Riavvio.

Di solito, si usa fare così, quando qualcosa non va, una videocassetta, il motore di una macchina, un giradischi inceppato. Basta riavvolgere il nastro, pur usurato che sia, quello anche malamente andrà indietro.                                                            
Manuel però non ne era capace.
Disteso lì, sopra tre sedie dure nella sala d'attesa di un ospedale, non vedeva un pulsante restart.
L'aria sapeva di disinfettante e sapone, gli dava la nausea. Era tutto così asettico, bianco, neutro. Anche i corridoi: tristi, pieni di camici bianchi, smorzati solo da qualche penna nel taschino o qualche vestito di colore diverso che si intravedeva al di sotto.  Ma in ogni caso, c'era bianco ovunque. Non sarebbe stato male se a Manuel quel colore, già di per sé, sembrasse così sporco, vuoto, tutto insieme. Insapore. Come quelle minestre preconfezionate che si mangiavano quando non si aveva niente di meglio in casa. Aveva sonno, ma non voleva dormire.                            
E anche se ci fosse riuscito, lo avrebbe fatto sicuramente male. Sua madre Anita, gli accarezzava il ginocchio, con fare consolatorio e premuroso, ma Manuel non sentiva nessun calore. Sentiva solo una grande voglia di prendere a testate il muro, spaccare una sedia, la barella vuota appoggiata a una stanzina di reparto.  Erano in ospedale da due ore e mezza, forse. Manuel non sapeva nemmeno che ore fossero, non che gliene importasse qualcosa del tempo: che si fotta. Non mi interessa quanto ci vuole, svegliate Simone. Svegliate l'amico mio, pensò, che cazzo siete del mestiere no?

« Vuoi un caffè Manu? »

Sua madre era riuscita ad appisolarsi, poco dopo essere arrivati.
Manuel la aveva lasciata dormire tranquilla, mentre vedeva Dante andare avanti e indietro nel corridoio, cercando di non impazzire completamente. Facile a dirsi, ma non a farsi. Era riuscito solo a dirgli qualche parola, che suo figlio era una grande testa dura, che non avrebbe mollato. Se molli Simò, non penso di potercela fare.
Un infermiera passò svelta, sfrecciando loro davanti con una cartellina in mano.

« No, mà, non mi va » liquidò con un gesto della mano, gli occhi che si serravano e l'aria che fuoriusciva in un sospiro lungo.

« Non hai mangiato niente da quando siamo arrivati, » Anita insistette preoccupata « qualcosa dovrai prendere, o quanto meno dovresti riposare un po' tesoro » sua madre gli accarezzò i capelli, dietro la nuca, guardandolo.

« Non ci riesco, mà, » ticchettò ansiosamente le gambe, mentre le sue braccia erano incrociate al petto « quanto ci vuole ancora, mh? » spazientito, si morse il palato « Perché non ci hanno ancora fatto sapè niente 'sti qua, che c'hanno de più importante da fà?»

« Manuel » lo riprese Anita.

« Non c'ho voglia di mangiare, di bere, di parlare, di dormire, » ribatté testardo « mi viene da vomità, c'ho voglia solo di vedere Simone sveglio e cosciente. Okay? »

« Ce la fa, vedrai che ce la fa »

« Certo che ce la fa, » cercò di convincersi, si morse il labbro inferiore, gli occhi fermi, ridotti a due fessure stanche « è Simò, mà, è 'na roccia »

Anita annuì piano, stringendosi nelle spalle. Si alzò dalla sedia, ricongiungendosi con Dante vicino alla macchinetta del caffè. Manuel, fece per guardarla mentre si allontanava, ma nel momento esatto in cui ci provò, venne colpito da un ricordo assordante. O forse una serie di tanti ricordi che come una bobina, si azionavano nel suo cervello.
Per primo rivide lui e Simone, stavano seduti vicino a quella piscina vuota, tanto verde intorno. Ridevano, mentre Manuel fumava una sigaretta creando una nuvola di fumo.  Lui e Simone che lavoravano in officina, mentre cercavano i pezzi del motorino da riparare. Simone che gli passava le formule del compito di matematica. Simone che gli parla e si sfoga su Dante e lui lo ascolta. Simone che gli fa una smorfia, lui che lo percula, l'altro che si offende un po' troppo.  Lui e Simone alla festa di compleanno, le loro labbra intrecciate.
Tutto in un solo colpo, come una bomba infuocata interna che scoppiava. Manuel gettò la testa indietro sullo schienale della sedia, sentendosi pizzicare gli occhi. Stava per piangere?
Impossibile.
Da quanto Manuel non piangeva? Aveva mai pianto?

Manuel, devi sapere che l'uomo con cui ti ho avuto mi ha lasciata, disse Anita, a un Manuel più piccolo, curioso, di circa sette anni, con in mano un piccolo dinosauro verde. Non per questo però ti vorrò meno bene, te ne vorrò il doppio. Farò di tutto per farti stare bene, tesoro, ci proverò. Sarò tua madre e tuo padre, insieme. Il piccolo era scoppiato in lacrime, mentre sua madre lo aveva abbracciato stretto e gli aveva stampato un bacio sulla testa.

Oh, quello.
Dell'acqua salata cominciò a scendere, le sue guance si rigarono all'istante. Le lunga ciglia attorno a quegli occhi mori, si bagnarono, restringendosi di volume.  Si strinse al giubbotto verde, le unghia ci affondarono dentro quasi a cercare un appiglio a cui tenersi. Manuel si ritrovò completamente inerme. Dopo tanto tempo, veniva scalfito.

Non c'è un cazzo da piangere, Simone ora si sveglia.

Si scacciò con una mano le gocce dal viso, tirando su con il naso.  Alzò lo sguardo, vedendo con la coda dell’occhio la figura di Dante abbracciare sua madre, in un gesto di conforto. Era sollevato che almeno loro potessero dimostrarsi sostegno, in quel momento.                     
Il professore si stringeva ad Anita, come se fosse un ancora di salvezza. Sganciò subito l’intrusione, sentendosi a disagio.                            
Manuel gli aveva fatto male, aveva fatto male a padre e figlio tutto in una volta. Non doveva dire di Jacopo, spettava a suo padre parlargliene.
Che casino, che merda che sono.
Come lo aveva lasciato in officina, lo scontro in motorino.
Per me tu manco esisti.

Non era vero per niente, lo aveva detto per ferirlo. Simone era su quel lettino e lui gli aveva detto che non gliene fregava niente.  Riecco le lacrime, prepotenti, disperate uscire fuori. Questa volta non le cacciò. Semplicemente Manuel fissò la stanza con i vetri davanti a sé.  In fondo, la figura lontana dell'amico era intubata, la testa fasciata. Si stagliava così piccola, sfocata. Non era quella l’ultima immagine che voleva ricordare.

Non te ne puoi andare così, non posso lasciarti andare.     
Deglutì forte, i singhiozzi si sfogarono con più forza e fu sicuro allora, ci poteva mettere la mano sopra e bruciarsela se anche questa volta mentiva a se stesso. Se perdeva Simone, non sarebbe più stato lo stesso.
Nulla sarebbe stato lo stesso.
 









« Si è svegliato! SIMONE SI È SVEGLIATO! » la voce di Dante gridò in mezzo agli occhi zuppi, una volta che i dottori glielo comunicarono. Corse dentro, mentre Anita rincuorata, gli sorrideva.
Manuel si alzò di scatto da dove era seduto, attaccandosi alla finestra che dava sulla stanza. Vide entrare il padre di Simone dentro, notando il ragazzo che muoveva appena la testa, fasciato com'era. Un cuscino gli sosteneva a malapena la testa.  Simone era vivo.
Dopo la caduta in moto, contro una curva e non essere stato in grado di frenare, l'essersi preso addosso una macchina che stava arrivando dalla parte opposta della strada, dopo essersi riempito di pasticche, Simone aveva aperto gli occhi. L'amico si trovava su quel lettino, che sembrava stranamente più piccolo della sua stazza massiccia. Parlava col padre, forse una conversazione importante. 
Manuel non seppe dirlo con certezza, sapeva di star violando un po' della loro privacy, ma non riusciva a staccare lo sguardo da Simone che per come riusciva, muoveva le labbra, sbatteva le palpebre, rispondeva.

« Hai visto, Manu? È sveglio, è andato tutto bene » Anita gli circondò le mani sulle spalle, poggiando la testa nell'incavo del collo di suo figlio. Quello annuì, sorridendo ampiamente. Era un sorriso genuino, nonostante il resto del suo viso dicesse ben altro.

« Mà, te lo avevo detto, Simone è forte, » sussurrò, mentre sentiva che non era più il tempo di scappare, era ora di mettere un punto « la persona più forte che conosca dopo te, 'o sai? » si girò verso di lei, guardandola pieno d'affetto. 
Anita gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
 



 
 - - - -
 




Quando toccò a Manuel entrare nella stanzetta, sentì il rumore sordo del suo battito cardiaco nelle orecchie.
Prendiamo sto toro per le corna.                                                                      
Inspirò forte, girò la maniglia ed entrò dentro. Le pareti erano di un celestino spento pallido, c'era un attaccapanni di ferro collocato accanto all'entrata, un lungo comodino slanciato con una lampada economica sopra e affianco, il letto dove stava l'amico. Manuel vide l'amico sorridergli appena lo vide entrare.

« Ehi » fu impercettibile.

Manuel sorrise ampiamente, senza escludersi la felicità e il sollievo che provava in quel preciso momento.

« Bentornato Simò » avanzò nella stanza, girò attorno alla sedia davanti al letto e si sedette. Si concentrò sull'immagine di Simone: aveva delle ferite lungo la parte destra del viso, delle escoriazioni rosse, la sua testa era fasciata con una benda, ben stretta, bloccando i capelli e rendendolo un po' più maturo rispetto alla sua età.
Manuel sospirò profondamente. « Come stai? » domanda stupida, ovviamente, ma non sapeva come cominciare la conversazione - avvertendo uno strano imbarazzo - con l'altro « voglio dire, come ti senti? »

Simone corrugò un po' la fronte, mentre con attenzione pronunciava piano le parole.
« Beh, prima di essere riempito con la morfina, sentivo dolore un po' ovunque, » sembrava voler ridere, ma ne uscì un suono nervoso « adesso sento solo un lato della faccia che tira e un leggero dolore al fianco »

« Te la sei vista brutta, Simò, » risultò abbastanza scosso « dicono che ti sei ingoiato 'de tutto prima di metterti alla guida »
Simone guardò davanti a sé, interessandosi al colore della parete. Manuel notò che evitava di rispondere. « Dovevo fermarti, non ci sono riuscito, non sai quanto mi fa sentire 'na merda questa cosa » l'altro lo guardò di sottecchi, inspirando piano. Manuel giunse la mani, ora appoggiate sulla base del letto. « Ogni volta è sempre a stessa storia, io faccio lo stronzo e tu ci vai di mezzo, sono stato un coglione colossale  »

« Manuel non è stata solo la litigata, cioè sì ha influito, ma sapere di Jacopo, » l'amico lo fermò, cercando di scegliere le parole giuste  « sapere di aver dimenticato un fratello, mi ha mandato in tilt. Volevo solo sparire per un po', dimenticare ciò che avevo saputo » tremò leggermente ma quello che venne dopo fu ben peggiore « volevo morire »

Manuel si sentì subito come un piccolo puntino invisibile che galleggiava nella stanza. Simone, il ragazzo che più di tutti aveva subito la vita, aveva avuto il pensiero di togliersela e non di combatterla.

« Non t’azzardare a dì così, per favore! »

« Ma è così, Manuel. Non mi importava più di niente » confessò.

Manuel serrò la mascella, sentendo la lingua incastrarsi tra la dentatura, si torturò le nocche, stringendo così tanto la presa delle mani, da farle diventare bianche.

« Neanche 'de me? De me non te importava, Simò? » fu sprezzante.

L'altro restò muto. Si guardarono per un tempo indefinito, mentre Manuel cresceva dentro di sé l’idea che non ci sarebbe stato momento migliore, per poter esplodere finalmente.

« Lo sai che ti voglio bene »

« A quanto pare non tanto se pensi de sparire così » si sforzò di rimanere calmo. Non sapeva quando aveva deciso di cambiare registro e tono, ma sapeva che Simone era stato egoista. « Tu padre, tu madre, tu nonna, Simone, hai un casino de persone che te vogliono bene, » addolcì la voce « un sacco di loro che ci pensano a te e che non vorrebbero vedette andare via. A loro non ci hai pensato? »

Simone si stupì di vedere Manuel tremare, abbassare di colpo gli occhi, dilatare le narici. Non lo aveva mai visto in quel modo, non gli si era mai presentata l'occasione di vedere l'amico fragile ed esposto. Non come lui aveva invece fatto mille volte, facendosi sempre colpire ad ogni occasione.

« Manuel-»

« No Simone, non c'hai neanche una minima idea, neanche la più lontana idea di come me so sentito sapendo che potevi anche non svegliarti più » la voce di Manuel si incrinò completamente, come un ramo spezzato, si sentì il cambio di suono, secco e rapido « Se non te lo dico ora, non c'avrò più il coraggio 'de dittelo » 
Simone sembrò allarmarsi e si tirò su sul letto.

« Dirmi cosa? » chiese curioso.
 
« Tu mi vuoi bene Simò, ma anch'io te ne voglio e pure parecchio » era al limite, gli sfuggì una lacrima e fu l'inizio della discesa.
Gli occhi di Manuel si incatenarono a quelli dell'altro, non lasciandogli modo di staccarsi tanto erano insistenti, decisi.

« Lo so »

« No, non lo sai, » ribatté mormorando « perché so stato un coglione, il peggiore amico possibile e sai, a 'na certa ho pensato, ma perché devo scassà la vita a un ragazzo apposto come lui? Perché non mi posso mettere da parte? Perché devo continuamente mette in discussione e cercare il contrasto se non m'ha fatto niente? »

Simone non capiva dove volesse indirizzarsi con quel discorso, sapeva solo che Manuel era visibilmente in fase esplosiva, e quando esplodeva, non bisognava fermarlo, perché poteva accendersi ancora di più e finire male.
« E poi ho capito. Quando ti ho visto mentre ti portavano in ambulanza, quando ti ho visto privo 'de sensi e non rispondevi, urlavo e te stavi zitto. Zitto Simò, cosa impensabile, tu che invece ‘de me, c’hai sempre da dire su tutto. Quando mi sono chiesto se non potevo lasciarti con altro, un saluto, qualsiasi cosa invece che urlatte contro ciò che doveva dirti tu padre. Potevo farmi i cazzi miei e invece no, e sai perché? »

« Perché? »

« Perché ci tengo, te non sei un amico » Manuel si sentì finalmente libero, perché questa volta aveva connesso il cervello alla lingua, alla parola « non lo sei mai stato. Quando t'ho detto che era diverso con te, era vero. Solo che c'avevo paura. Paura de ciò che provavo. Non abbiamo più parlato di quella notte, perché sapevo di aver agito d'impulso, perché pensavo di averti fatto male, ma anche de avé fatto la cosa più bella 'da vita mia dopo mesi interi. Sono stato egoista io, lì. Non lo so Simone, io non lo so quando me sei entrato sottopelle, non lo voglio capì più de tanto, » gesticolò in modo vizioso con le mani senza più tenerle ferme, Manuel era un fiume in piena « so solo che se continuo ad avere paura finisce che perdo, che te perdo. Che perdo l'occasione di non avertelo detto, senza averti detto che mi piaci. Perché è questo che provo. Mi piaci.»

Silenzio.
Simone rimase senza fiato, immobile, continuando a fissare l'amico che stava seduto accanto a lui. In realtà non era proprio accanto, erano prospettive sfalsate, ma che si annullavano quando dovevi elaborare tutto quel flusso di coscienza bruciatosi nel giro di pochi secondi. Gli sembrò di vivere sotto effetto di allucinogeni o forse l’effetto del calmante stava già evaporando dal suo corpo fermo sul letto d’ospedale.  Manuel spostava lo sguardo da Simone, alle sue labbra, al suo naso, alle ferite sul volto. Come in cortocircuito, sembrava essere esaurito. Deglutì, nell'attesa che quello parlasse.
Simone arricciò le labbra, notando come il ragazzo stesse fremendo per una sua risposta. Era confuso – come d’abitudine con l’amico, la confusione era diventato ormai, il suo pane quotidiano.

« Forse ho preso davvero una bella botta, mi sa » Simone ridacchiò e toccandosi la fronte, dunque la benda, con la mano.

« La botta me la stai a dà tu adesso, Simò, che dici? » tagliò corto.

« Non so che dire, devo pensare, sono tante cose-» tentennò vedendo che l'altro si spegneva un po' con lo sguardo, abbassandolo « Lo sai quello che provo io, è inutile pure dirlo » sussurrò spezzandosi.

« No, che provi Simò? »

Simone scoppiò a ridere amaro, coprendosi la bocca con la mano per evitare di mandarlo a quel paese.
« Fallo »

« Eh? »

« Mandami 'affanculo. Non mi interessa Simone, basta che rispondi »

« Come faccio a mandartici dopo quello che mi hai detto? » sospirò.

« Però vuoi farlo »

« Sì, la voglia è tanta  »

« Me lo merito, » Manuel si alzò leggermente dalla sedia « mi piaci anche per questo, perché me tieni testa »

« E’ uno scherzo? »

Il teppistello sospirò, oscillando con la testa riccioluta che si trovava e gli incorniciava il viso piccolo.  
« Magari lo fosse »

Forse era il caso di chiuderla lì. Forse, era il caso di smetterla di pensarci troppo, come da mesi stava facendo logorandosi.                  
D'altra parte se era tutto uno scherzo, l'altro avrebbe potuto alzarsi e andarsene in qualsiasi momento, ma stava ancora lì. Simone si diede il tempo per osservarlo meglio: il malato era lui, aveva tutto il diritto di andarci piano. Manuel se ne stava sulla sedia, le gambe erano incrociate e le labbra erano dischiuse. Aveva gli occhi gonfi, le occhiaie che si affacciavano sugli occhietti piccoli, le lunga ciglia unite – per via del pianto - , i capelli schiacciati e disordinati. Era sfatto, la maglia sotto il giubbotto verde era sgualcita, anche l’orecchino che usava portare sembrava al contrario, simbolo che forse lo aveva toccato più volte fino a cambiarne posizione. Manuel appariva più trasandato del solito.                                                             
Si guardarono ancora, questa volta però, non si stavano combattendo più, non era più uno sguardo di battaglia. Simone trovò un campo libero, ricordandosi di come l’altro lo aveva guardato la sera della sua festa: stesso principio e intenzione, solo che adesso, non c’era della rabbia repressa a fare da sfondo, c’erano solo lui e l’altro.
Manuel si sporse quel che bastava e molto delicatamente, poggiò le labbra sopra quelle di Simone. La sua mano si posò a coppa sulla sua mascella, non coprendola però del tutto, mentre il suo naso schiacciava quello dell'altro.
Fu un bacio leggero e delicato, non dettato dalla fretta.
Si sentì completo, come se si fosse aggiustato un pezzo di ossa o del corpo da solo.
Il ragazzo si stupì di sentire una capriola dentro al petto quando Simone rispose, esitante all'inizio, ma poi contraccambiando il bacio. Come se Manuel pensasse che l'altro lo avrebbe respinto, cacciato. Gli sarebbe servito da lezione, ma l'altro non la pensava come lui o almeno non la pensava più in quel modo. Cercare di non andare oltre, si rivelò più dura del previsto, portando Manuel a fare attenzione dato che l’altro era pur sempre convalescente.                                                           
Al momento di riprendere aria, Manuel pensò che forse una cosa giusta nella sua vita la aveva appena fatta: prendersi la sua dose di felicità. E quella - anche se aveva fatto finta fosse bendata dopo tutto quel tempo - era Simone.



...Eccomi.
Bene, se volete farmi a pezzi accomodatevi pure.
Manco c'è bisogno che vi scriva questo missing moment e quale sia la rispettiva
puntata associata.
Abbiamo tutti capito che Simone va protetto per me, che per lui
ruberei la luna, le stelle, anche un cuore nuovo
e che questo significa voler vedere Manuel piangere.
Bene, Manuel, t'ho fatto piangere. Però mi sento spezzata uguale.

Clò.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - Fiction italiane / Vai alla pagina dell'autore: ClodiaSpirit_