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Autore: Kodama_    23/12/2021    4 recensioni
[AtsuHina | pizza delivery!AU]
Voglio morire, sussurra al soffitto con pathos - e lo sa, quelle saranno le sue ultime, ultimissime parole. E poi: voglio mangiarmi una cazzo di pizza.
(Atsumu, due coinquilini che rendono la sua vita una catastrofe, la fatalità dell'amore a prima vista, dicembre e la primavera.)
Questa storia partecipa all'iniziativa del Secret Santa indetta da Sia e Mari Lace sul forum di Feriscelapenna.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Koutaro Bokuto, Shouyou Hinata
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: questa storia partecipa all'iniziativa del Babbo Natale Segreto, indetta da Mari Lace e Sia sul forum di Feriscelapenna.

A Frei ♥


I giorni da cani sono finiti (e Persefone ha i capelli rossi)



La verità è che quella è davvero una brutta giornata.
Prima Atsumu sbaglia quattro servizi di fila, e di conseguenza l’allenamento del primo pomeriggio sfocia in una tragedia. Poi, sotto la doccia, mentre tenta di godersi il suo momento di autocommiserazione, la caldaia della palestra smette di funzionare e Atsumu è costretto a sciacquare via lo shampoo dai capelli con l’acqua ghiacciata, le labbra livide e serrate per il gelo di dicembre. Più tardi ancora, dopo essere sfuggito all’ibernazione, decide di tornare a casa a piedi, rifiutando il passaggio di Bokuto perché vuole camminare sotto le nuvole gravide di pioggia ascoltando la playlist ‘canzoni tristi su cui piangere alle tre di notte, taylor’s version’ (Atsumu vuole soffrire per bene, vuole sentirsi il vero protagonista del suo mondo che si sbriciola).
Quindi si incammina con le guance illuminate dalle decorazioni natalizie che lampeggiano, ma neanche cento metri dopo una macchina gli inzuppa di acqua sporca il cappotto nuovo passando a tutta velocità sopra una pozza. Atsumu bestemmia, poi solleva il dito medio verso il conducente ma l’auto è già lontana e il suo insulto s’accascia e muore insoddisfatto sul marciapiede. A lui non rimane altro che una folata di vento che lo fa rabbrividire e i calzini umidi e i piedi congelati e il cappotto punteggiato da macchie e il bisogno impellente di uccidere qualcuno che però purtroppo non può soddisfare, perciò vaffanculo alle lucine e vaffanculo pure al Natale.
Per di più fa un freddo micidiale, l’inverno è piombato come un’incudine appesantendo le tegole e le vite di tutti, e inverno significa tanta umidità, e tanta umidità significa che non importa quante ore lui trascorra davanti allo specchio ogni singola mattina armato di gel e spazzola, i capelli finiranno per gonfiarsi e arricciarsi alle punte come meduse impossessate.
Ciliegina sulla torta, suo fratello non è né a casa né al ristorante: me ne vado una settimana in vacanza, ha detto tre giorni prima, con Keiji. Non mi chiamare neanche se stai per morire. Perciò Atsumu non può neanche correre a lagnarsi da lui e rifocillarsi grazie agli onigiri che prepara.
Insomma, quella è davvero (davvero davvero davvero) una brutta, bruttissima giornata.

Non appena arriva a casa, si sfila scarpe e cappotto, poi getta i calzini fradici nella cesta dei panni sporchi che lui e Bokuto condividono (Sakusa ne ha una personale ma nessuno sa dove si trovi, Bokuto e Atsumu l’hanno cercata ovunque senza successo), poi si lava le mani e osserva il suo riflesso allo specchio. Pensa che la mestizia e la spossatezza gli conferiscono un’aria affascinante, da giovane bellissimo e dannato. Se ne compiace e solleva il mento, poi il ricordo dei servizi finiti contro la rete torna a pungerlo bruciante e Atsumu fugge dal bagno per rifugiarsi nella sua stanza. Si spoglia, si infila il pigiama blu ornato da stampi di mucche che sorridono (sì, è un pigiama orribile, ma è soffice e caldo ed è un regalo di suo fratello e Atsumu è disgustosamente sentimentale quando si tratta di queste cose) e infine si butta sul letto come un cadavere, troppo distrutto persino per esalare un gemito.
Vittima della parte più pessimista e catastrofica della sua essenza, Atsumu fissa a occhi sbarrati il soffitto e pensa che no, lui non può farcela. Non si alzerà mai più da quel materasso, rimarrà immobile a morire di stenti cucito alle lenzuola e poi si trasformerà in una mummia e dopo ancora diventerà uno spirito vendicativo che renderà la vita di Sakusa e di suo fratello un vero e proprio inferno. O forse si limiterà a perseguitare Osamu e basta, per Sakusa c’è già Bokuto che è un supplizio iperattivo in carne ed ossa.
Atsumu adora Bokuto, sia chiaro, o per lo meno lo adora per mezza giornata, ma la sua scarsa organizzazione e il suo disordine non si incastrano bene con la germofobia di Sakusa e la sua ossessione per la pulizia. Bokuto però si impegna, ci mette il cuore in quella convivenza, prima di fare l’albero di Natale in cucina ha persino chiesto il permesso (approvato, ha detto Sakusa dopo qualche istante di ponderazione, ma fallo lontano dal frigo) e la sua sincera bontà rappresenta l’unico motivo per cui Sakusa non gli ha piantato un coltello da cucina nella schiena per poi lanciare tutte le sue cose dalla finestra.
Tornando ad Atsumu perché è lui il protagonista di questa storia, sfortunatamente per tutti noi: in quell’istante desidera che il soffitto gli crolli addosso, anela la venuta di qualcuno (una divinità, il messia, un killer inviato dai servizi segreti, stocazzo, andrebbe bene chiunque, davvero) che ponga fine a quella sofferenza indicibile che è l’esistenza.
Voglio morire, sussurra al soffitto con pathos - e lo sa, quelle saranno le sue ultime, ultimissime parole. E poi: voglio mangiarmi una cazzo di pizza.
Quindi smette di fissare il soffitto e agguanta il telefono, digita con disperazione febbrile il numero che trova su internet, parla con una voce gentile, riattacca e aspetta che giunga il fattorino portandogli la serotonina fra le braccia dentro un cartone rettangolare. Pregusta già il momento in cui manderà la foto a suo fratello, dicendogli: la vedi questa pizza da asporto molla e probabilmente pre congelata? È cento volte più buona della roba che cucini tu. Buona vacanza.
Sì, beh, forse Atsumu non vuole una pizza, forse Atsumu vuole solo infastidire suo fratello, ma va bene, chissenefrega, se lo merita.


Il citofono squilla. Atsumu balza in piedi con un’energia che ben poco si addice al sopracitato cadavere in cui si voleva trasformare. Bokuto si affaccia dalla stanza incuriosito e Atsumu soffia un ‘è per me!’. Spera solo che Bokuto non voglia assaggiarla, perché Atsumu ha una fame epica ma non riesce a dire di no a Bokuto, o almeno non da quando ha piazzato i regali per lui e per Sakusa sotto l’albero - ''li avevo pronti da mesi,'' aveva detto tutto orgoglioso.
Atsumu pensa che lui i regali li deve ancora comprare, dopodiché spalanca la porta e pensa: minchia.
Poi smette di pensare.
Qualche dio dopotutto deve essersi sorbito i suoi piagnistei, poiché non appena incontra lo sguardo del fattorino, senza neanche il tempo di sbattere le ciglia, Atsumu viene ferito a morte.
''Ciao,'' cinguetta il tipo che l’ha appena ucciso. Atsumu percepisce la macchia di sangue che si allarga sul petto, che gli impregna i vestiti, riesce quasi a sentirne l’odore metallico. ''Una pizza al formaggio, giusto?''
E invece no, sbagliato. Perché non c’è niente di giusto, non nella pizza e soprattutto non nel tizio che gliela sta porgendo. È troppo luminoso. È tipo un’apparizione, qualcosa di troppo splendido per essere reale, con i capelli rossi che si curvano dietro le orecchie e le lentiggini spolverate sulla faccia e gli occhi che riflettono le luci intrecciate alle ringhiere dei balconi come rampicanti.
Atsumu si sente in trappola. È su un ring e sta perdendo, barcolla disorientato perché quello che ha incassato è un pugno dritto sul naso che sta per mandarlo al tappeto.
Fingiti morto come gli opossum, bisbiglia una voce nel suo cervello, una voce che somiglia insopportabilmente a quella di suo fratello. Fingiti morto e aspetta che vada via.
Il tizio lo guarda. Atsumu lo guarda. Il tizio inclina la nuca, inarca le sopracciglia e lo guarda più attentamente. Atsumu non ha la più pallida idea di cosa debba dire e quindi se ne esce con un intelligentissimo e perspicace ''eh?''.
''Una pizza al formaggio,'' ripete l’altro, e solleva leggermente il cartone della pizza come per mostrargliela. ''Qualcuno che abita qui ha ordinato una pizza al formaggio. Forse ho sbagliato indirizzo?''
Oh no, pensa Atsumu. Sei assolutamente all’indirizzo giusto, davanti al ragazzo giusto. Dovresti baciarmi.
Però Atsumu si tiene quella considerazione per sé e scuote la testa.
''No, scusa,'' dice, arraffando la prima scusa plausibile che gli viene in mente. ''È che mi sono addormentato e quindi sono ancora mezzo confuso.''
Il tizio luminoso sorride. ''Infatti hai i segni del cuscino sulla guancia.''
Atsumu d’istinto si porta una mano sul viso e prova a percepire sotto i polpastrelli i minuscoli solchi scavati dalla federa.
''L’altra guancia,'' specifica l’altro, e si indica con l’indice lo zigomo destro.
Un tepore che non ha niente a che vedere con dicembre gli avvolge le ossa. Atsumu pensa che quel tizio deve senz’altro essere la personificazione della primavera e poi pensa che la primavera è bellissima. Poi il tizio si schiarisce la gola e Atsumu ricorda che non può rimanere impietrito a fissarlo trasognato, ma deve pagarlo per permettergli di tornare a lavoro e soprattutto deve pagarlo prima che gli tiri davvero un pugno in faccia, visto che Atsumu si è improvvisamente trasformato in un bradipo lento e per giunta incapace di snocciolare frasi minime dotate di una coerenza di significato.
''Okay,'' dice. ''Grazie. Cioè, ti devo pagare. Ottocento yen, giusto?''  
''Giusto,'' conferma l’altro. Atsumu gli porge le monete offrendo una generosa mancia (se potesse gli darebbe tutto il suo cuore impacchettato per Natale), poi prende la pizza, il cartone tiepido gli riscalda il palmo, e l’altro si infila i soldi nel marsupio tintinnante.
''Grazie mille,'' gli dice contento. ''E buona cena!''
Poi si infila il casco e lo saluta agitando il braccio.
Atsumu, sentendosi come se stesse fluttuando in un sogno, distaccato dal suo corpo e dalla realtà circostante, la tipica sensazione che si sperimenta dopo aver vissuto momenti ad alta intensità, rientra in casa e si avvia verso la propria stanza.
''Oh!'' esclama Bokuto, affacciandosi dalla cucina e annusando l’aria estasiato. ''Hai preso la pizza! Me ne dai una fetta?''
Atsumu lo fissa come se il mondo fosse finito. Bokuto ricambia lo sguardo interessato tentando di capire come mai all’improvviso Atsumu appaia così provato. Atsumu ripensa al fattorino e ai suoi capelli rossi e al modo in cui i suoi occhi brillavano di sole e melassa pure se fuori era buio e si sente un po’ come il maestro Shifu di Kung Fu Panda, ovvero molto saggio e molto esaurito. Bokuto continua a fissarlo tentando di comprendere l’immensità di quello che ha appena vissuto. Infine Atsumu gli porge tutto il cartone.
''Mangiala tu,'' gli dice, melodrammatico. ''Io vado ad ammazzarmi.''
Quindi si volta e si chiude nella sua stanza, la faccia spiaccicata sul cuscino. Ora però non pensa all’allenamento che è stato un fiasco o al cappotto sporco, bensì a quelle poche parole sconnesse che ha pronunciato. Pensa a quanto debba essere sembrato stupido, proprio lui, lui che ha sempre la battuta pronta e sagace e il sorriso affascinante da sfoderare come un’arma micidiale. E invece la sua è stata una prestazione penosa e miserabile.
Poi osserva la manica del pigiama: blu, con gli stampini delle mucche che sorridono spiaccicate sul tessuto come pois.
Schiaccia più forte la faccia contro il cuscino e spera di soffocare.

*

Meno di una settimana più tardi, Atsumu di pizza ne ordina un’altra. E non perché quella sia una brutta giornata, ma perché vuole rimediare alla figuraccia di qualche giorno addietro. E perché vuole incontrare ancora la personificazione della primavera. E poi perché vuole una pizza al formaggio, visto che la sua l’ha ceduta tutta a Bokuto l’ultima volta. Perciò Atsumu digita il numero, al telefono risponde la medesima voce gentile che si segna il suo nome e la sua via e poi riattacca. Quindi si siede, dondola un po’ facendo cigolare le molle del materasso, infine si alza e si guarda allo specchio.
Quella sera, Atsumu splende come mille soli sovrapposti tutti insieme.
Deve cancellare l’onta del pigiama con le mucche, della sua incapacità di spiccicare due parole di filato. Atsumu sorride al proprio riflesso e se nelle retini non gli si fosse marchiata a fuoco l’immagine ramata di quel tizio, Atsumu si innamorerebbe di se stesso. Prova e riprova il sorriso più affascinante di cui dispone, l’arma più letale che possiede insieme al servizio dai nove metri, si arruffa un po’ i capelli e poi li appiattisce di nuovo come prima. Si controlla la camicia, la spiegazza un pochino - Atsumu deve essere vestito considerando il perfetto equilibrio fra eleganza e casualità, vuole mostrarsi per quello che è davvero, e cioè un potenziale modello che invece di fare il modello ha scelto di fare il pallavolista che ogni tanto si ricorda di aprire qualche libro e di dare mezzo esame di economia ogni sei mesi.
Il campanello tintinna. Atsumu in un baleno si fionda fuori dalla sua stanza. Questa volta è Sakusa ad affacciarsi sul corridoio, e Atsumu grida un ‘è per me!’. Sakusa sbuffa e come una tartaruga che ritrae la testa nel carapace torna nella sua camera.
''Ciao,'' cinguetta il ragazzo, non appena Atsumu apre la porta. Una nuvoletta a forma di medusa gli sfugge dalle labbra, disperdendosi nella notte.
Effettivamente fa un freddo polare, ma Atsumu non lo sente.
''Ciao,'' esclama Atsumu, a voce troppo alta e troppo strozzata. ''Cioè, ciao,'' dice di nuovo, con un tono più normale, poi si rende conto che ha detto ciao due volte e questo già ha intaccato rovinosamente il suo piano di conquista.
Il tipo lo fissa, poi esala una risata dolce che gli fa pensare ai rumori dei soffioni che sbocciano. Ovviamente Atsumu non ha la più pallida idea di che rumore facciano i soffioni quando sbocciano, ma in quel momento non è che sia nel pieno delle sue facoltà mentali (neanche nel minimo, a voler essere sinceri).
''Che c’è?'' domanda Atsumu, visto che il tipo non smette di ridere. Dovrebbe sentirsi imbarazzato perché è palese che stia ridendo di lui, e forse un po’ in imbarazzo ci si sente anche, ma non può fare a meno di ghignare in risposta perché se riesce a farlo ridere così può solo complimentarsi con se stesso e darsi una pacca sulla spalla perché si tratta indubbiamente di un successo.
''È che sei divertente, Miya-san.''
''Posso fare di meglio,'' gli risponde Atsumu. Potrebbe raccontargli la barzelletta del cane e dell’ostrica, per esempio. Poi registra il Miya-san. Si concede un istante per crogiolarsi stupito e beato (commosso?) nella sua voce che lo pronuncia, poi si acciglia.
''Come fai a sapere il mio nome?''
''Ce l’ho scritto insieme all’indirizzo,'' risponde l’altro. ''È Miya Atsumu, giusto?''
''Giusto,'' dice Atsumu. ''Però ora devi dirmi il tuo. Cioè, visto che tu sai il mio, mi sembra più che giusto che anche io conosca il tuo.''
Shouyou sorride radioso.
Uccidetemi, pensa Atsumu. Uccidetemi adesso.  
E poi: ti prego, baciami.
E poi: ti prego, sposami. Sono bravo a letto, non te ne pentirai.
''È Hinata. Hinata Shouyou.''
Atsumu si rigira quel nome in testa. Suona bene, scivola sulla lingua come miele. Trova che gli si addica alla perfezione.
''Quanti anni hai?''
''Ventidue. Perché?''
''Sei più piccolo di me,'' ghigna Atsumu. ''Shouyou-kun, quindi. Mi piace.''
L’altro sorride. ''Anche a me piace il tuo, Atsumu-san.''
Oh.
Oh.
OH.
Atsumu sente il rumore di uno scoppio. Mille spari che fanno sussultare il vuoto sovrapposti l’uno all’altro. È la scarica di una mitraglietta, o forse è semplicemente il suo cuore che palpita febbrile per spaccare le costole che lo ingabbiano. Cioè, sente proprio qualcosa dentro, nell’animo, che lo fa tremare come una foglia e poi disgregare. È come se fosse esplosa una cristalliera dentro la pancia, e poi c’è un rintocco che assomiglia a una campana di vetro, la nota di un pianoforte gigantesco che riecheggia dell’universo. È disarmante, è spettacolare, è…
''Miya,'' ringhia Sakusa alle sue spalle. ''Puoi almeno socchiudere la porta? Stai facendo entrare il gelo.''
E il gelo entra davvero, è una sferzata in pieno viso, coltelli che flagellano. Niente più cristalliera che si polverizza, niente più spari che rimbombano nel petto e nelle orecchie. Shouyou lo fissa con la sua pizza e Atsumu si ricorda che deve pagare.
Estrae le monete dalla tasca (lascia una mancia generosa, anche questa volta), Shouyou lo ringrazia con un cinguettio da cinciallegra, poi lo guarda con intensità e Atsumu si domanda se non annegherà in quelle iridi fatte di sole e melassa.
''Spero che ordinerai altre pizze, Atsumu-san.''
Dal tono di voce sembra più una minaccia, e Atsumu con un brivido annuisce, un po’ spiazzato. Certo, Shouyou potrebbe averlo detto solo per le mance, ma a una doppia lettura è impossibile non sperare che quella frase esprima un desiderio di rivederlo, giusto?
Osserva la primavera infilarsi il casco e poi salire sullo scooter. Atsumu si sente come se stesse rotolando in un campo di girasoli. Poi indietreggia, chiude la porta e sospira felice.
''Però,'' dice Bokuto, a un soffio dal suo orecchio. ''È proprio carino.''
Atsumu, che non l’ha udito avvicinarsi, sobbalza.
''Troppo carino,'' specifica Sakusa dietro Bokuto che sghignazza. ''Ed educato. Decisamente fuori dalla tua portata. E probabilmente è già impegnato.''
''Ma vaffanculo,'' risponde Atsumu stizzito. ''Nessuno è fuori dalla mia portata. Sono io quello a essere fuori portata per tutti.''
''Tu sei fuori come un balcone e basta,'' risponde Sakusa.
''Mi dai un pezzo di pizza?'' domanda Bokuto, ammiccando al cartone tiepido che Atsumu stringe sottobraccio.
Dio, Atsumu li odia.

*

La sesta volta in cui Atsumu sta per ordinare di nuovo la pizza in neanche due settimane, Sakusa gli afferra il telefono dalle mani nonostante il terrore dei germi e si mette a urlare.
Atsumu rimane talmente interdetto da non riuscire a pronunciare neanche una parola. Bokuto, sentendo Sakusa urlare, sgambetta nel piccolo salone e si mette a ululare insieme a lui.
Poi Sakusa finisce di urlare e inizia a sbuffare come un treno.
''Devi smetterla di mangiare pizza,'' dice. ''Non mangi altro da giorni.''
''DEVI SMETTERLA DI MANGIARE PIZZA,'' ripete Bokuto come un pappagallo, iniziando a correre intorno al tavolo. ''NON MANGI ALTRO DA GIORNI.''
Poi inizia a fare beatboxing.
Atsumu pensa che il Natale faccia molto male all’iperattività di Bokuto. E di conseguenza pensa che faccia anche molto male anche a Sakusa.
''Poi perdiamo le partite e la colpa sarà solo tua,'' continua Sakusa isterico, tentando di ignorare Bokuto. ''Colpa tua e dell'alimentazione decisamente poco indicata che hai iniziato a seguire.''
''POI PERDIAMO LE PARTITE E LA COL-
Sakusa gli molla una gomitata sulla bocca dello stomaco e Bokuto, soldato valoroso, si accascia a terra e muore. Atsumu, in quel momento, si sente la persona più normale tra di loro, il che significa molto considerando che lui ordina le camicie nell’armadio per ordine cromatico e che il suo primo pensiero del mattino è stato: ma se mi mangio uno scontrino, poi le parole e i prezzi che ci sono scritti sopra mi iniziano a spuntare sotto la pelle tipo i tatuaggi?
''Perciò smettila,'' continua Sakusa. ''Da oggi in poi solo spinaci, per cena.''
Atsumu sgrana gli occhi. Infine si scioglie in un sorriso. ''Oh, Omi Omi!'' esclama, portandosi le mani al cuore e intrecciandole. ''Sei preoccupato per me?''
Sakusa gli rivolge la stessa espressione disgustata che rivolge agli insetti che trova fuori casa. Anzi no, gli rivolge la stessa occhiata folle che rivolge ai ragni che sta per ammazzare con la pantofola stretta in mano, prima che Bokuto si metta in mezzo facendo scudo ai ragni con il proprio corpo perché ''sono innocenti, non hanno fatto niente di male! A te piacerebbe morire spappolato?!''
Quindi Sakusa si sente in colpa e abbassa la ciabatta, permettendo a Bokuto di liberare i ragni fuori dalla finestra - ''ma se rientrano in casa,'' minaccia assassino, ''li secco tutti con l’insetticida.''
I ragni non rientrano mai. Sono molto intelligenti, loro.
''Giuro che è l’ultima volta,'' continua Atsumu.
Sakusa stringe gli occhi. Bokuto torna in vita, si rialza dal pavimento e riprende a fare beatboxing.
''Almeno fatti dare il numero di telefono,'' gli dice Sakusa con un sospiro. ''Così mettiamo fine a questa situazione ridicola.''
Scandisce la parola r-i-d-i-c-o-l-a lettera per lettera. Sakusa è incredibilmente bravo a scandire le parole, pensa Atsumu mentre annuisce e si riprende il cellulare.
Digita il numero della pizzeria, parla con la stessa voce gentile di sempre, ordina la stessa pizza al formaggio perché è la più economica, fornisce nome e cognome e indirizzo, la voce gentile ringrazia e Atsumu riattacca.
Quindi Atsumu sgambetta come un capriolo e corre davanti allo specchio: si sistema i capelli, si guarda i pantaloni che dei, gli fasciano cosce e sedere a meraviglia, e aspetta.

Finalmente il campanello squilla, Atsumu trotta in corridoio e Sakusa e Bokuto si affacciano curiosi dalla cucina.
''Potete lasciarmi un po’ di privacy?'' soffia Atsumu, una mano sulla maniglia. ''Almeno stasera.''
I due si nascondono dietro la parete e Atsumu scuote la testa sospirando, quindi si ricompone e apre la porta sfoderando il suo sorriso migliore.
E poi,
''Oh,'' dice Atsumu, l’entusiasmo che si sgonfia, il fastidio che scintilla. Se fosse un cane, uggiolerebbe sconsolato. ''Ma tu non sei Shouyou-kun.''
Il tizio decisamente non è Shouyou-kun: per cominciare è alto (è persino più alto di lui, e questo lo rende particolarmente nervoso), poi ha degli occhi blu che lo trafiggono e i capelli lisci come seta che gli incorniciano il viso regolare.
''Beh, no,'' risponde. ''Sono Kageyama.''
''E Shouyou-kun dov’é?''
''Hinata,'' risponde l’altro, sottolineando il suo nome in un modo che ad Atsumu non piace, ''oggi ha il giorno libero.''
Il mondo gli crolla addosso e l’inverno piomba sul suo viso con furia.  
''Capisco,'' dice, annegando in un mare di delusione.
Poi Atsumu lo guarda torvo. Kageyama gli rivolge la stessa espressione diffidente, e infine gli allunga il cartone con la pizza.
''Mi puoi pagare?'' domanda, senza mezzi termini. ''Devo tornare a lavoro.''
Atsumu lo guarda ancora più storto. Staranno insieme? Che Sakusa abbia ragione? Che Shouyou-kun sia davvero impegnato con qualcuno?
''Mi puoi pagare?'' ripete Kageyama, alzando la voce.
Giusto, pensa Atsumu. Ho pure buttato ottocento yen.
Quindi estrae le monete dalle tasche e gliele porge - ovviamente senza mancia. Kageyama se le ficca nel marsupio e poi lo fissa sospettoso. Ha l’aria di uno che stia per dire qualcosa, ma poi cambia idea perché si volta senza aggiungere nulla accendendo lo scooter.
In quel momento, alcune gocce di pioggia iniziano a picchiettare sull’asfalto. Atsumu rimane all’ingresso abbandonato a se stesso, con Exile di Taylor Swift feat Bon Iver che gli riecheggia nella testa mentre si inzuppa di freddo.
''Perché sei così melodrammatico?'' sbotta Sakusa da dietro la sua schiena, mentre Bokuto lo afferra per il colletto della maglia costringendolo a rientrare dentro casa. ''E perché tu gli stai accarezzando il sedere?''
''È un gesto di affetto,'' dice Bokuto, continuando ad affibbiargli pacche tiepide sulla chiappa. ''E poi è gommoso. Tipo una palla antistress. Dovresti provare.''
Sakusa sospira e si arrende. Atsumu un po’ lo ammira, perché qualunque altra persona sarebbe già fuggita da quella casa.
Bokuto indossa un cerchietto rosso e pacchiano con due corna di renna che tintinnano al più piccolo movimento. Sì, decisamente, il Natale a Bokuto fa male.
Vanno in cucina, Atsumu cede il cartone della sua pizza esalando un flebile lamento da moribondo, poi rimane catatonico a fissare il pavimento.
Bokuto mangia la pizza in silenzio, ne offre una fetta a Sakusa che rifiuta con sdegno, ne offre una fetta ad Atsumu che scuote la testa travolto dalla tristezza e dal grigiore della vita. Infine, esausto, dopo essersi rinfrancato con un po’ di tè verde come se avesse duecento anni, si alza dalla sedia e strascica i piedi fino alla sua stanza, come una volpe zuppa di acqua con la coda moscia fra le gambe. Vuole solo buttarsi sul letto e abbandonarsi a quel sentimento struggente, perdersi in quell’oblio di autocommiserazione fino all’alba successiva.
Il suo riflesso lo coglie non appena chiude la porta. Atsumu vede tratteggiati sul suo viso i contorni della delusione di chi credeva di avere in mano l’universo intero che poi si è dissolto come fumo. Poi si guarda i pantaloni.
Quei pantaloni che gli fasciano cosce e sedere così bene.
''Almeno,'' dice gongolando, l’orgoglio che torna a sbocciare sulle guance, ''sono un fottuto schianto.''

*

Sakusa è seduto sul divano a fare cruciverba. Ogni tanto borbotta qualche definizione, poi si colpisce il ginocchio rabbioso e grida ‘questa parola non ci entra!’. Bokuto è accucciato vicino all’albero di Natale e canticchia Jingle bells deformando tutte le parole - non che Atsumu sappia quali siano le originali, comunque - mentre sistema le nuove palline argentate che gli ha comprato Akaashi. Non appena Atsumu si avvicina al frigo, Bokuto balza verso di lui e gli infila il cerchietto con le corna di renna sulla testa.
''Ecco,'' dice soddisfatto. ''Così sembri molto meno morto.''
Bokuto sorride raggiante e torna al suo albero. Atsumu pensa al cerchietto che si impiastriccia con i suoi capelli pieni di gel, capelli che ha impiegato tre ore a modellare. Quindi si apre una lattina di coca-cola ammutolito mentre pensa a quanti anni di galera gli toccherebbero se uccidesse Bokuto seduta stante. Poi però pensa che no, in realtà gli vuole bene, non lo farebbe mai, ma quella notte potrebbe - per sbaglio, s’intende - bucargli una ruota della macchina. O forse due.
Poi pensa a suo fratello, a suo fratello che sta insieme ad Akaashi, e si chiede perché Osamu sì e lui no. Atsumu è più bello e pure più simpatico. E poi Osamu è quello che all’amore non ci ha mai creduto mentre Atsumu, nel pieno della sua saggezza, è quello che gli ha sempre risposto testardo che il mondo è pieno di menzogne ma che l’amore è una delle poche cose vere. Quindi non è affatto giusto, che Osamu sì e Atsumu no.
Poi pensa a dove diamine Sakusa possa nascondere la sua cesta personale di panni sporchi, non riesce a capacitarsi di come in due anni non l’abbiano mai trovata. Poi pensa a Shouyou e ha voglia di mettersi a piangere.
Atsumu ovviamente non piange, limitandosi a bere la propria coca-cola direttamente dalla lattina. Tenta di gustarla piano, un piccolo sorso alla volta, visto che se ne concede una di rado, esclusivamente nei pomeriggi particolarmente bui della sua vita in cui necessita una dose extra di zuccheri.
Il campanello suona all’improvviso. Sakusa non alza neanche gli occhi dalle parole crociate. Allora Atsumu guarda Bokuto che però si è incastrato nelle lucine di Natale.
Quindi sbuffa, e si avvia verso l’ingresso.
''Ciao,'' cinguetta Shouyou, non appena Atsumu apre la porta. Ha gli occhi che inglobano la luce dei lampioni.
Atsumu si sbrodola addosso un po’ della propria coca-cola, giusto per non farci mancare nulla. Poi si pulisce il mento borbottando qualcosa come ‘blwweewe’, poi lo fissa, poi sbatte le palpebre un paio di volte. Quando realizza che no, non sta sognando, gli sorride a sua volta un po’ spaesato.
''Ciao,'' risponde. ''Ho ordinato una pizza per sbaglio?'' gli domanda, fissando Shouyou e il cartone in mano.
''L’ho ordinata io!'' gli urla Bokuto dalla cucina. Atsumu è tentato di correre da lui e di baciarlo in bocca: oh dei, l’amicizia.
Atsumu torna a concentrarsi su Shouyou, che fissa la lattina.
''Ne vuoi un po’?'' gli domanda Atsumu.
Shouyou sgrana gli occhi e annuisce. Atsumu gli porge la lattina, e Shouyou fa un sorso.
Quando gliela restituisce ovviamente Atsumu beve quel che resta. Cioè, è pur sempre un bacio indiretto, e Atsumu non è mica un fesso.  
Shouyou sorride, o meglio ghigna, e sul viso gli balugina un’espressione furba.
''Che c’è?'' domanda Atsumu, ricambiando il sorriso.
''Niente,'' risponde, con un tono innocente che non inganna nessuno. E poi: ''Kageyama mi ha detto che hai chiesto di me.''
Atsumu si irrigidisce per un istante, poi si impone di ostentare un’espressione morbida e sciolta. ''Ah sì, l’ho incontrato l’altra volta. È il tuo ragazzo?''
Shouyou esala una risata cristallina, le pozzanghere per strada sembrano ridere con lui. ''No, no,'' dice, scuotendo la testa. ''Non è il mio ragazzo. Non ce l’ho proprio un ragazzo. Cioè, nel caso te lo stessi chiedendo.''
Ma certo che se lo stava chiedendo. Atsumu si sforza di non sorridere raggiante, ed ecco il tappeto rosso che si srotola sotto i suoi piedi indicandogli la strada per il successo.
È tempo di flirtare, pensa. Ora o mai più.
''Come fai a essere così carino e a non stare con nessuno?''
''Ho standard alti,'' replica l’altro serafico, con un sorriso sagace. ''E tu? Stai con qualcuno?''
''Nah,'' risponde Atsumu. ''Ho standard più alti dei tuoi.''
''Ah sì?'' Shouyou si avvicina di un passo. Atsumu scorge le gocce di pioggia punteggiargli le guance. Ha voglia di lambirle via col pollice. ''Tipo quali?''
Tipo il dio della primavera, pensa incantato. Capelli rossi e lentiggini. Occhi grandi, pieni di luce pure quando è buio. Giuro che ti bacio, uno di questi giorni.
''Scusate.''
Atsumu sussulta. Bokuto lo osserva supplicante da dietro la sua spalla.
''Cioè, non è che voglia intromettermi, davvero, ma ho tanta, tantissima fame,'' dice, ammiccando alla pizza.
Atsumu ha voglia di dare fuoco al palazzo con i suoi coinquilini dentro. Poi di prendere Shouyou per mano e portarlo a mangiare pesce in un ristorante stellato, se avesse abbastanza soldi. Vaffanculo all’amicizia.
Shouyou ride, gli porge la pizza e Bokuto paga.
Prima di infilarsi il casco, Shouyou gli rivolge un sorriso persino più letale dei suoi e sussurra: ''carino il cerchietto.''
Atsumu si porta una mano in testa e tocca le corna di renna con le campanelle.
Ripensandoci, ha voglia di dare fuoco al palazzo e poi di buttarcisi dentro.  


*



Shouyou non aspetta che Atsumu ordini l’ennesima pizza per rivederlo, sinceramente ne ha abbastanza. Flirtare sopra uno zerbino giallo e arancione è stato divertente e per certi versi affascinante, ma Shouyou è troppo impaziente ed egoista per permettersi di attendere ancora. Quindi, dopo essersi preso una serata libera dalla pizzeria, parcheggia lo scooter fuori dalla casa di Atsumu e suona al campanello.
''Ciao,'' cinguetta Shouyou, scoprendo i denti in un sorriso raggiante e un po’ predatorio non appena Atsumu spalanca la porta. Ha dei glitter spiaccicati su una guancia e un rotolo di nastro argentato in una mano.
''Ciao,'' risponde Atsumu dopo qualche istante, fissandolo con gli occhi spalancati. Shouyou pensa che sia bellissimo. Non ha la più pallida idea del perché uno come Atsumu si sia preso una sbandata per uno come lui, dato che Shouyou si è sempre presentato in divisa da lavoro e umido di freddo e di pioggia, ma ehi, Shouyou non è uno che si ferma a riflettere troppo su ciò che gli capita, preferisce vivere al meglio l’occasione.
''Vuoi entrare?'' gli domanda Atsumu. ''Stavamo facendo dei pacchetti,'' spiega poi, sollevando il nastro che stringe fra le mani. ''Vuoi aiutarci?'' E dopo ancora: ''perché sei qui?''
C’è qualcosa di teneramente sbagliato nell’ordine delle domande, quindi Shouyou sorride.
Ha voglia di baciargli la punta del naso e poi di leccargli via la porporina dalla faccia. Shouyou, Dio lo benedica, è quel tipo di ragazzo che riesce a fare entrambe le cose.
''Sono qui perché così tu puoi finire di parlarmi dei tuoi standard, e io se ci rientro posso chiederti un appuntamento.''
''Ci rientri,'' gli dice subito Atsumu. ''Quindi sì a qualunque appuntamento.''
Shouyou è raggiante. Atsumu è raggiante uguale, poi si sposta per lasciarlo entrare.

Più tardi, Shouyou si innamorerà di Bokuto che tenterà di insegnargli a cantare Jingle Bells a furia di beatboxing e Bokuto si innamorerà di lui. Poi si innamorerà di Osamu, il fratello di Atsumu, che si trova lì per aiutare a fare i pacchetti e che ha cucinato onigiri per tutti (''è mille volte più squisito della pizza da noi,'' esclamerà Shouyou trasognato, assaggiandone uno. ''È mille volte più squisito di qualunque cosa abbia mai mangiato!''), e Osamu (''testa di cazzo,'' soffierà Atsumu) si innamorerà di lui. Poi si innamorerà anche di Sakusa, che gli rivelerà il luogo segreto in cui tiene nascosta la cesta dei panni sporchi che Bokuto e Atsumu non sono mai riusciti a trovare dopo due anni di convivenza, e Sakusa si innamorerà di lui non appena Shouyou gli dirà che a lui le parole crociate piacciono moltissimissimo e che il disinfettante all’aloe vera è il migliore.
Ma di Atsumu si innamorerà un po’ di più. Andrà in camera sua e riderà delle camicie organizzate per ordine cromatico, poi si lascerà travolgere dalle sue mani affusolate che gli accarezzano la schiena, e annegherà nella curva elegante del suo collo che sembra essere stata fatta di proposito per accogliere la forma del suo viso, e soprattutto nel modo in cui lo bacia. 
Quanto ad Atsumu… Beh, anche Atsumu si innamorerà di lui, ovvio.

Ma questa è un’altra storia, e la racconteremo un’altra volta.


Note:
Frei, mi dispiace. Se vuoi tirarmi pomodori in faccia… beh, non sai dove trovarmi, ma virtualmente puoi anche lanciarmi addosso un camion, perciò sì insomma fai pure ti prometto che rimarrò immobile e non fuggirò per farmi colpire!!! Sei una delle autrici più brave e brillanti che io conosca e sono grata ogni giorno per le tue splendide storie (le AtsuHina in particolare, ovvio haha!). Ti meritavi mille volte di meglio, ma spero che comunque questa cosina stupida ti abbia strappato un sorriso. Spero che continuerai a scrivere anche questo anno e a graziare occhi e animo con i tuoi testi! (se hai notato i riferimenti a Taylor Swift... GOOD JOB!)
Tanti auguri anche a Sara, + 21! Non so se stai effettivamente leggendo questa storia ma ti auguro che passerai una bellissima giornata, ci conosciamo poco ma sei meravigliosa! ♥ E grazie di cuore a tutt* voi per essere giunti alla fine di questa cosa (bruttissima, ma mi sono divertita!) e buone feste! ♥
(La parte in cui Atsumu si domanda se mangiare uno scontrino provocherà la comparsa sulla pelle di ciò che lo scontrino riporta… beh, è accaduto davvero. Anni fa - ma non troppi, era comunque il liceo - ero con una mia amica finché lei perplessa alza lo sguardo su di me e mi dice: ma secondo te, se mi mangio lo scontrino sotto la pelle mi compare tutta la roba che c’è scritta sopra? Era seria, e non era né fatta né ubriaca, giuro. Adios). 
   
 
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