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Autore: Violet Sparks    26/12/2021    3 recensioni
Storie a tema natalizio e non, su diverse coppie del mondo di Haikyuu!
1. Yuu non godeva affatto di buona memoria - [Asahi/Nishinoya]
2. "Ti ho già detto che secondo me è una pessima idea?" - [Kiyoomi/Atsumu, post!Timeskip]
3. “Secondo me, ci va la farina!” “La farina? Nella cioccolata calda?” [Kageyama/Hinata + sorpresa]
4. “Sposami!" gli era andata di traverso la coca-cola. [Bokuto/Akaashi]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Atsumu Miya, Koutaro Bokuto, Shouyou Hinata
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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FARINA E CIOCCOLATA

A Benni, 
la stellina che ha reso questo 2021 
un po' più magico!



Il fatto era che, Kageyama si chiedeva spesso che cosa avesse fatto di male, nella vita, per meritarsi quella dose inverosimile di sfiga. 
Chiudeva gli occhi, si concentrava e ripercorreva gli eventi del passato per cui si sentiva maggiormente in colpa: era ancora per quella storia del Re Dispotico sul campo da pallavolo? Era perché non aveva aiutato ad attraversare quella dolce vecchina cinque mesi prima? Oppure per quel prepotente di Giyu che aveva spinto a terra in terza elementare?
No, doveva essere molto, molto più grave. 
Forse lui era la reincarnazione di un criminale efferato e non lo sapeva!
Un assassino, un pluriomicida sanguinario che l’universo aveva deciso di dannare per tutti i secoli a venire, fino all’estinzione del genere umano!
Sì, doveva essere proprio così… 
Altrimenti non si spiegava quell’accanimento nei suoi confronti, a tratti quasi brutale.

“Secondo me, ci va la farina!”
“La farina? Nella cioccolata calda?”
“Sì, per addensarla di più!”
“Ma che cavolate dici, baka?!”
 
***


Era partito come un pomeriggio tranquillo, il suo. 
Le vacanze di Natale erano alle porte oramai e l’intera scuola era in fermento tra decorazioni, allestimenti, regali, iniziative a tema. Grazie all’impegno degli studenti, il liceo Karasuno si era trasformato in una sottospecie di bomboniera piena di luci e festoni fin dai primi giorni di dicembre e più si avvicinavano alla vigilia, più la trepidazione di tutti sembrava aumentare a dismisura. 
Onestamente Kageyama non capiva e non condivideva quella bizzarra euforia, però quando il professore Takeda aveva proposto alla squadra di festeggiare l’ultimo allenamento dell’anno con una fantastica cioccolata calda a casa del sensei Ukai, gli era parso di entrare un po' più nel mood di festa. 
Oltretutto, le temperature si erano abbassate molto negli ultimi tempi, costringendo gli abitanti della prefettura di Miyagi a barricarsi dentro a voluminosi cappotti e sciarponi giganti. Kageyama apprezzava il freddo, certamente lo preferiva molto di più che alla torrida afa estiva, ma battere i denti per fare qualsiasi cosa al di fuori del suo piumone, non era una sensazione affatto piacevole!
Per questo aveva atteso con un entusiasmo senza precedenti la fine dell’allenamento coi compagni.
Peccato che l’universo avesse in serbo per lui la solita fregatura…
“Okay, ragazzi! Venite tutti qui, avanti! Adesso facciamo un gioco!” aveva urlato il professore Takeda per richiamare l’attenzione dei presenti, disseminati qua e là per l’ampio salotto dell’allenatore Ukai. 
“Un gioco?” era intervenuto Nishinoya, con gli occhi pieni di curiosità.
“Esatto! Io e Kyoko abbiamo organizzato un gioco di carte, i due perdenti dovranno preparare la cioccolata calda per tutti! Che ne dite?”
La proposta aveva scatenato reazioni differenti: Nishinoya e Tanaka avevano trovato l’idea geniale e si erano subito proposti come partecipanti, sgomitando fra di loro per farsi spiegare le regole direttamente dalla povera Shimizu. Asahi, Sugawara, Narita ed Ennoshita, aveva accettato di buon grado e avevano preso posto sul divano in attesa di istruzioni, seguiti a ruota da Yamaguchi e Tsukishima - sebbene quest’ultimo si fosse esibito in una serie infinita di sbuffi - mentre Kinoshita aveva aiutato Yachi ad allestire l’occorrente per il gioco.
Per quanto riguardava lui e Hinata, invece, era bastato semplicemente guardarsi l’un l’altro per sapere di essere stati colti dallo stesso, medesimo pensiero: sfida all’ultimo sangue!
“Voi due, vedete di non fare danni!” era subito intervenuto Daichi, dall’alto del suo istinto paterno, fulminandoli con un’occhiataccia. 
Parole al vento. 
Ben presto, la casa del povero sensei Ukai era diventata una baraonda, tra urla, imprecazioni più o meno colorite, esultanze, incitazioni. 
Daichi ed Ennoshita avevano perso qualche corda vocale nel tentativo di placarli, Kageyama ne era sicuro!
Lui e Hinata, in particolare, si erano fatti una guerra serrata, colpo su colpo, fin dalla prima carta del mazzo, come se nella stanza non fosse esistito nessun altro a parte loro due. 
Il problema però, era che gli avversari c’erano, c’erano eccome e così Kageyama, nella sua foga di sconfiggere il brutto deficiente seduto alla sua destra, aveva perso di vista il vero obiettivo del gioco, con un unico, devastante risultato…
“Perfetto! Allora è deciso! Saranno Tobio e Shoyo a preparare la cioccolata per tutti! Vi ho messo gli ingredienti in cucina, vi aspettiamo!”
Ma perché la sfiga non si accaniva su qualcun altro?
 
***
 

“Guarda qua!” 
Kageyama rallentò i movimenti del braccio, continuando però a rimescolare la bevanda bollente e profumata nella pentola sotto il proprio naso, quindi lanciò uno sguardo dubbioso al video di YouTube che Hinata gli stava sventolando davanti alla faccia: uno chef baffuto, dal forte accento francese, prendeva un paio di generosi cucchiai di farina e li mescolava alla polvere di cacao, prima di versare il latte a piccole dosi e mettere il composto sul fuoco. 
“Secondo me è una cavolata, e poi ormai ci abbiamo già messo il latte!” fu la risposta di Tobio, rinsaldando la presa sul mestolo di legno. 
“Dai proviamo ad aggiungercela adesso! È liquidissima!” protestò però Hinata, mettendo su un broncio da bambino di cinque anni. Il maledetto aveva già una mano infilata per metà dentro a un cartone di farina e la sventolava vicino alla pentola con aria a dir poco minacciosa. 
Kageyama si frappose fra lui e la bevanda, costruendo un muro protettivo degno del Dateko.  
“È così che deve essere, boke! Se volevi un budino te lo andavi a comprare!”
“Ma che stai dicendo, creti-yama?! La cioccolata calda deve essere densa, cremosa! Ci hai messo un quintale di latte!”
“È il latte che la rende buona! Ce ne ho messo quanto bastava!”
“Hai fatto un brodo!”
“Meglio un brodo di un budino!”
“Lasciami mettere la farina!”
“Non ci provare!”
“Spostati!”
“Stai lontano da questa cioccolata!”
Ed eccolo lì, il disastro dei disastri. 
Hinata, con una generosa dose di farina stretta nel proprio pugno, cercò di scavalcare la testa di Kageyama per gettarla nella pentola. Ciò di cui non tenne assolutamente conto però fu che, nel mentre, Kageyama stava ancora ondeggiando a destra e a sinistra per impedirgli di avvicinarsi ai fornelli, per cui l’impatto era pressappoco inevitabile.  
Nel giro di un istante, Tobio si ritrovò investito da una pioggia di polvere bianca che si andò a depositare ovunque - tra i suoi capelli, in mezzo alle ciglia, nelle narici, perfino dentro al colletto della camicia – e lo costrinse ad abbandonare la sua postazione per cominciare a tossire e starnutire come un dannato. 
“Boke! Boke maledetto! Io ti ammazzo!” strillò con la voce arrochita, tenendosi la gola. 
Sollevò appena gli occhi verso di lui: l’idiota stava ridendo a crepapelle!
“Sembri un pupazzo di neve! Dov’è il telefono? Devo assolutamente farti una foto!”
Kageyama non ci vide più dalla rabbia. Afferrò con un balzo la confezione di farina lasciata incustodita sul lavello, ne prese una buona manciata e la gettò addosso a Hinata per vendicarsi, così che quello si trasformasse in un tripudio di polvere bianca e tosse tanto quanto lui. 
“Sei-un-idiota!” snocciolò Hinata, scollandosi la farina di dosso neanche fosse un sanbernardo riemerso dalla neve. 
“Così impari, boke!” gongolò Tobio… appena un attimo prima di ricevere un’altra spruzzata di farina, questa volta dritta in piena volto. 
“Che c’è, creti-yama? Non parli più?” lo canzonò Hinata, con tanto di linguaccia. 
E okay, forse Kageyama non era pratico di procedure e rituali militari, ma a lui quella suonò esattamente come una dichiarazione di guerra. 
Spense il fornello sotto alla pentola della cioccolata per non rischiare di bruciare niente – e far più danni di quanto non ne avessero già fatti!- rubò la confezione di farina dalle mani del deficiente davanti a lui e gli rivolse un ghigno diabolico, che fece rabbrividire Hinata da capo a piedi.
“Ti distruggo, boke! Hai firmato la tua condanna!”
La battaglia fu serratissima, la peggiore che Kageyama avesse mai affrontato nella sua vita. 
La cucina di casa Ukai era di dimensione esigue, non presentava molti ostacoli, eppure Hinata sgusciava da tutte le parti peggio di una anguilla; ogni volta che Kageyama pensava di essere sul punto di agguantarlo, quello trovava una via d’uscita qualsiasi, che fosse sotto al tavolo, in bilico sopra a una sedia, ad una certa perfino in mezzo alle sue gambe! 
Una parte del suo cervello gli fece notare che ormai la stanza era diventata un pallido inferno di farina – non osava immaginare quanto tempo ci avrebbero messo a ripulirla né le urla che si sarebbero dovuti sorbire da parte di Ukai, Takeda e, ancor peggio, di Daichi! Tanto più che i poveretti stavano aspettando la loro cioccolata calda da quanto? Un’ora?- tuttavia decise che se ne sarebbe preoccupato davvero solo dopo aver incastrato la pallina bianca e arancione che stava ancora rimbalzando per la stanza.
A un tratto, lanciò via la busta ormai vuota di farina e, con le braccia libere, arpionò la vita di Hinata, gettandolo di malagrazia in un angolo vuoto. Ovviamente il ragazzo cercò subito di liberarsi, ma Kageyama giocò d’astuzia, si impose con tutto il peso su di lui per bloccarlo lì dov’era e gli afferrò entrambi i polsi.
“Che vuoi fare?! È finita anche la farina!” gli fece notare Hinata, mentre si divincolava.
“Zitto, boke! Zitto!” sbottò Kageyama, ma intanto stava soppesando la questione. 
In effetti, non aveva molto senso aver intrappolato l’idiota adesso che non aveva più niente da riversargli addosso. Cosa doveva farsene di lui? Non ci aveva pensato!
Lo osservò distrattamente: aveva i capelli e il viso incipriati di bianco, ma al di sotto era ancora possibile scorgere il rossore intenso delle sue guance, dato dalla foga di scappare. Notò che persino le sue palpebre erano macchiate, così come le sue ciglia già solitamente chiare, ormai quasi trasparenti. Respirava rapido, profondo, gonfiando quel suo petto troppo minuto per la sua età anagrafica, e intanto ingoiava e ricacciava ossigeno dalle labbra semichiuse, anche esse sporche di farina.   
Fu su quelle che Kageyama soffermò un secondo di più lo sguardo e – come fin troppo spesso accadeva, negli ultimi tempi-  furono proprio quelle a fregarlo, senza che lui avesse la facoltà di opporsi. 
Le intrappolò tra le proprie di puro istinto, succhiando via la farina, lasciandole lucide e intonse. 
Quando si staccò, si rese conto che Hinata non si divincolava più, il suo corpo aveva perso ogni briciolo di forza quasi si fosse disciolto contro il muro, tremava un poco e aveva gli occhi fissi a terra – per fortuna! Dove diavolo avrebbe trovato il coraggio di guardarlo? 
Era ancora così nuova quella cosa tra di loro.  
Non ne avevano mai parlato, non si erano mai fermati a riflettere e/o a cercare di darle un nome.
Era solo che a volte, all’improvviso, esattamente come in quel momento, si volevano con una intensità che era impossibile da dominare, allora baciarsi diventava inevitabile, toccarsi un impulso necessario.
Kageyama abbassò le braccia, ma non lasciò la presa sui polsi di Hinata.
La sua pelle scottava.
“Non avevi detto che dovevi distruggermi, baka?” mormorò Hinata, con un filo di voce. 
Kageyama non rispose, solo pigiò la fronte contro la sua, forte quanto bastava a fargli capire che era il momento di tacere. Il piccolo schiacciatore puntò i piedi e spinse a sua volta, eppure, allo stesso tempo, stabilizzò il peso sulle gambe, lasciando scivolare casualmente la coscia di Kageyama in mezzo alle proprie.
Ormai i loro corpi erano diventati un’entità unica, i loro respiri si erano mescolati l’uno all’altro. 
“Hai fatto un casino, baka…” soffiò Hinata, arrischiandosi finalmente a sollevare lo sguardo su di lui.
“Hai cominciato tu, boke.” fu la risposta pronta di Kageyama.
Due sorrisi furbissimi fusi insieme, in un bacio impolverato di farina. 
 
***

“D-dovremmo fermarli? La tua cucina è un disastro…”
Il volto pensoso di Keishin Ukai riverberò sotto la fiammella dorata dell’accendino. Con un gesto fluido, rapidissimo, accese la sigaretta che già stringeva fra le labbra, quindi si concesse un tiro lungo e calibrato prima di rivolgere a Takeda un sorrisetto storto. 
“Lasciali fare un altro po', sono così giovani!” affermò il coach, esalando un rivolo di fumo nella penombra del corridoio. “E poi, questa è la prima volta che la smettono di bisticciare senza l’aiuto di nessuno, no? È una specie di miracolo!” 
Takeda sospirò, titubante. 
Lanciò un’altra rapida occhiata attraverso la fessura della porta e proprio non poté impedire a se stesso di emettere un guaito di sconforto di fronte alla scenetta romantica – e catastrofica!- che stava avendo luogo di fronte ai suoi occhi. 
Era felice per Tobio e Shoyo, davvero. D’altronde, tutta la squadra aveva già da tempo intuito quale genere di interesse legasse i due primini – anche prima dei diretti interessati!-  tuttavia non era sicuro che il permettere certe effusioni tra due minorenni si sposasse molto col suo ruolo di insegnante e poi, ad essere onesti, c’era una questione che lo atterriva ancora di più…
“È un vero peccato…” esalò infatti il giovane professore, mentre prendeva un sorso di cioccolata calda dalla tazza che teneva fra le dita. Ne aveva preparato un pentolino in precedenza, con l’intento di farla assaggiare a Hitoka e Shimizu in anteprima e ricompensarle del duro lavoro di organizzazione della serata, peccato però che alcuni ragazzi della squadra si fossero presentati in anticipo e così non aveva più avuto il tempo di offrirla alle due. 
“Che cosa?” chiese Ukai, distrattamente.
“Sai, avevo comprato questa cioccolata l’ultima volta che siamo stati a Tokyo, in un negozietto artigianale. Ci tenevo a farla assaggiare a tutti voi, è buonissima! Ha un retrogusto di vaniglia che…” non riuscì a terminare la frase. 
All’improvviso, Keishin gli mise una mano sul collo, gli ruotò leggermente il viso e premette la bocca sulla sua. Con una certa prepotenza, lo costrinse a schiudere le labbra, a dare libero accesso alla sua lingua, allora prese a saggiarlo attraverso quel bacio come se stesso assaporando un costoso vino francese. 
Quando si staccò, Takeda aveva gli occhiali appannati e i brividi a fior di pelle. 
“Hai ragione, è un peccato. La cioccolata è buonissima.” disse Keishin, schioccando sonoramente le labbra, dopodiché diede un tiro alla sigaretta e sparì nel buio del corridoio, dandogli le spalle. 
Takeda scosse la testa. 
Quella cioccolata ispirava mirabolanti slanci d’affetto, a quanto pareva. 




NOTE AUTORE

Buon Natale stellina!! 
Oddio spero tanto che questa piccola sciocchezza ti sia piaciuta! Più la rileggo più mi sembra un delirio, ma non sai quanto ci tenevo a farti un regalino FANFICTIONOSO (???) Grazie per aver reso questo 2021 ancora più magico con il nostro incontro! Non sai quanto io mi senta fortunata ad aver conosciuto una persona così dolce, gentile e affettuosa come te! Non vedo l’ora di abbracciarti presto! :) 

Ricordo che questa e le altre storie che faranno parte di questa raccolta partecipano all’iniziativa #regalidiinchiostro del gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”.
Ringrazio infinitamente la signorina Carmaux_95, che ha letto la storia in anteprima e mi ha dato un feedback immediato! 


   
 
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