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Autore: FluffyHobbit    28/12/2021    2 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]Dal testo:
“Ma se po sape’ che ce devi fa’ co’ quel vecchio?”
"[...] le stesse cose che facevi tu con l’architetta.”
FF post 1x10 in cui Manuel si ritrova a fare i conti con la gelosia e Simone con la rabbia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6 – Io cerco te

Quando Manuel tornò a casa, trovò Anita ad accoglierlo con un sorriso fiero stampato in viso. Non riusciva ad immaginarne la ragione, perché per lui quella giornata era stata un disastro e non era ancora finita: oltre ad aver imparato una cosa sul proprio cuore che avrebbe preferito non conoscere e aver fatto una disastrosa interrogazione di latino –di cui personalmente non gli importava, ma gli dispiaceva che la notizia avrebbe di lì a breve spento il sorriso di sua madre-, aveva visto per la seconda volta nel giro di qualche ora Simone in compagnia di quell’uomo, Claudio, che era andato a prenderlo a scuola, neanche si trattasse di un bambino delle elementari. Una scena che per lui era assolutamente ridicola, ma che non per questo riusciva a togliersi dalla testa.

“Beh, mà, che è sto sorriso? Avemo vinto alla lotteria?”

Domandò mentre posava lo zaino a terra. La madre ridacchiò, scuotendo poi il capo.

“Dai, non fare lo scemo. È successa una bella cosa, lo sai…”

Manuel non ne aveva davvero idea, lo si capiva perfettamente dall’espressione confusa che fece, quindi la donna prese il proprio cellulare e gli mostrò la pagina del registro elettronico. Più precisamente, aveva ingrandito la sezione che riportava un chiarissimo 7 accanto all’interrogazione di latino. Il ragazzo era incredulo.

“No, mà, non è possibile, Lombardi se sarà inceppato col computer, vedrai che appena se ne accorge lo cambia ‘sto voto. So andato di merda all’interrogazione, ma veramente. Quello s’è pure incazzato…”

Ciononostante, la madre non perse il sorriso.

“E si è anche sbagliato a telefonarmi, facendomi i complimenti per come sei andato?”

Lo abbracciò, orgogliosa del suo bambino non più tanto bambino.

“Vedi che quando ti applichi riesci a fare tutto quello che vuoi? Sono tanto orgogliosa di te.”

Manuel accennò un timido sorriso, contento di non averle causato un problema, per una volta. La madre però si sbagliava, lui non riusciva a fare tutto ciò che voleva, altrimenti avrebbe già risolto le cose con Simone, ma tenne il pensiero per sé.

Il mattino seguente decise di uscire di casa un po’ più tardi, così da non dover assistere di nuovo a Simone che faceva colazione al bar con Claudio, o ai due che si baciavano, o a chissà che altro. Era un comportamento piuttosto codardo, ma per tutta la notte non aveva chiuso occhio, tormentato dai morsi della gelosia, e per quanto possibile voleva evitare di alimentare ulteriormente quell’animale.

Il destino, o quel che era, doveva avercela particolarmente con lui, perché se di Simone, una volta arrivato davanti scuola, non c’era alcuna traccia, Claudio era accanto alla sua auto, intento ad accendersi una sigaretta. Non c’era quasi nessuno oltre a loro, solo qualche altro studente ritardatario che si affrettava ad entrare.

“Non è possibile, cazzo.”

Borbottò tra sé e sé quando lo vide avvicinarsi. Strinse la presa sul casco che reggeva in mano, per evitare gesti inconsulti, ma sospettava che sarebbe servito a poco perché più Claudio avanzava e più la sua rabbia aumentava.

“Hey, scusa, non è che avresti da accendere? Questo coso deve essere difettoso, l’ho comprato ieri e già non funziona più…”

Esclamò cordiale, mostrando l’accendino che teneva in una mano. Manuel gli porse il proprio, anche se avrebbe voluto usarlo per dargli fuoco.

“Tenga.”

Biascicò, freddo. Mentre l’altro si accendeva la sigaretta, Manuel ebbe modo di studiarne i lineamenti da vicino: si ritrovò ad ammettere che Claudio fosse oggettivamente bello e non gli fu difficile capire perché Simone fosse attratto da lui. Neanche uno dei suoi capelli biondo scuro era fuori posto, una barba definita gli accarezzava le guance mettendo in risalto gli zigomi e aveva degli occhi così azzurri che sembravano due pezzi di cielo finiti su quel viso per dono divino. Il completo blu scuro che indossava, poi, oltre a risaltarne lo sguardo, gli calzava a pennello, probabilmente era stato cucito su misura. Manuel non era mai stato insicuro del proprio aspetto fisico, sapeva di piacere alle ragazze di tutta la scuola –e anche ad un ragazzo, fino a poco tempo prima-, ma al cospetto di Claudio si vergognò da morire dei suoi capelli spettinati, della sua barbetta trascurata, dei suoi anonimi occhi marroni e dei vestiti stropicciati che indossava. L’uomo si accorse di essere osservato e accennò un sorriso sghembo mentre restituiva l’accendino.

“Ci conosciamo, per caso?”

Domandò, con il tono di chi conosceva la risposta e stava in realtà chiedendo tutt’altro.

“No, ma conosciamo una persona in comune.”

Rispose il ragazzo, decidendo di sfruttare il momento per…beh, non sapeva esattamente per cosa, ma voleva affrontare Claudio, anche venendo alle mani se fosse stato necessario.

“Ah, tu devi essere Manuel. È sempre un piacere poter associare un volto ad un nome.”

Claudio, a differenza di Manuel, era estremamente tranquillo e il ragazzo lesse un atto di sfida in quella calma, in quell’aria di superiorità.

“E tu devi essere il vecchio che si scopa un ragazzino per sentirsi giovane. Anche per me è un piacere associare il tuo nome al tuo volto, pedofilo di merda!”

Ringhiò tra i denti, recuperando tutta la spavalderia che aveva in corpo. Lo spinse contro il muro del liceo e il pensiero di essere in pieno giorno e di rischiare di poter essere visto da chiunque non gli sfiorò nemmeno il cervello: voleva solo mandare Claudio all’ospedale, dopo aver cancellato a suon di pugni quell’espressione sicura di sé che neanche in quel momento sembrava aver intenzione di lasciare il suo viso. Aveva già sollevato un braccio quando gli tornarono in mente le parole di Dante ed esitò: se avesse davvero fatto del male a quell’uomo, cosa avrebbe ottenuto oltre ad un appagamento passeggero? Simone non sarebbe tornato da lui, questo era poco ma sicuro –oltre che giusto, dato il modo in cui lo aveva trattato-, e sarebbe stato anche più infelice, di nuovo per colpa sua. Abbassò il braccio, sospirando, e mollò la presa sull’altro. Era stupito del fatto che Claudio non sembrasse minimamente turbato all’idea di aver rischiato di essere pestato a sangue. Era davvero così sicuro di sé, si chiese Manuel, o era lui a non essere abbastanza minaccioso?

“Ascoltami, Manuel, credo che io e te abbiamo bisogno di parlare un po’. Oggi pomeriggio Simone ha gli allenamenti di rugby, perché non passi da me?”

Gli porse un biglietto da visita, che Manuel per il momento non accettò.

“E io invece penso che io e te non abbiamo proprio niente da dirci.”

Replicò, ostinato. Claudio alzò gli occhi al cielo e lasciò cadere il foglietto a terra.

“Te lo lascio qua, così se cambi idea saprai dove trovarmi. Ti offro da bere, se vieni. Buona giornata.”

Gli rivolse un sorriso cordiale prima di allontanarsi e Manuel lo seguì con lo sguardo fino a quando la sua auto non fu abbastanza lontana. Soltanto allora si chinò a raccogliere il biglietto e se lo infilò in tasca prima di entrare a scuola. Per tutta la mattina cercò di ragionare sui pro e sui contro di quell’offerta, ma tornato a casa non aveva ancora le idee chiare: se non fosse andato, la situazione sarebbe rimasta invariata, e per quanto ciò volesse dire passare le sue giornate a struggersi per quell'amore che lo tormentava da ancora prima che ne capisse il nome e a farsi divorare dalla gelosia, era pur sempre un qualcosa che conosceva già e quindi in qualche modo era una prospettiva confortante. Claudio, d’altro canto, lo aveva incuriosito, perché sembrava sapere cose che Manuel ignorava, cose che dovevano riguardare sicuramente Simone e che per questo gli interessavano moltissimo: Simone gli mancava da morire e anche soltanto poter parlare di lui sarebbe stato come averlo un po’ più vicino. Si diede del coglione per questo pensiero melenso ben più di una volta, anche mentre guidava la sua moto verso l’indirizzo e perfino mentre la parcheggiava non mancò di ripeterselo ad alta voce. Non si stupì di essere arrivato davanti ad un palazzo nel bel mezzo dei Parioli, dove lui era senz’altro un pesce fuor d’acqua, ma che per gente come Claudio era l’habitat naturale. Si chiese se Simone si trovasse bene in un quartiere del genere e non impiegò molto a rispondersi positivamente: in fondo, prima di conoscere Manuel, lui era un ragazzo modello e con la sua intelligenza sarebbe stato in grado di farsi strada e di spiccare tra tutti quei ricconi con la puzza sotto al naso. In quel momento Simone, che già era lontano, gli apparve irraggiungibile.

Avvicinatosi al portone d’ingresso, venne fermato da un portiere –se lo aspettava, dal momento che sembrava uno scappato di casa o forse addirittura un barbone, per gli standard di quelle persone lì- e poté passare soltanto quando mostrò il biglietto da visita di Claudio –o meglio, dell’avvocato Vinci-, il quale venne prontamente avvisato. Prese l’ascensore, che gli sembrò grande quanto il suo bagno, fino all’ultimo piano, come gli era stato indicato, e trovò Claudio ad aspettarlo davanti alla porta già aperta.

“Ti aspettavo prima, ad essere sincero. Colpa del traffico o non sapevi se venire?”

Chiese divertito, lasciandolo passare.

“Sono qui solo perché mi hai promesso da bere.”

Preferì evitare la domanda dando una risposta sarcastica, che però non gli uscì così tanto sarcastica a causa dello stupore che provò entrando in quella casa enorme, il cui solo salotto gli sembrava la metà di casa sua. Gli occhi di Manuel, come quelli di un bambino in un negozio di giocattoli che non poteva permettersi, vagavano sugli eleganti arredi di design sistemati con cura in ogni angolo, e quasi aveva timore di fare un passo falso per rovinare l’armonia di quel posto. In una situazione diversa, si sarebbe complimentato con Simone per la botta di culo che aveva avuto a trovarsi un uomo così ricco. A Claudio non sfuggì quello sguardo e il ragazzo gli fece una certa tenerezza.

“ In questo caso, allora, ti chiedo gentilmente di seguirmi in cucina.”

Gli disse cordialmente, facendogli strada fino alla vetrinetta riservata esclusivamente ai suoi infusi.

“Prego, a te la scelta.”

Manuel gli rivolse uno sguardo confuso, che l’altro si aspettava perfettamente.

“Ma che è sta roba?”

Esclamò, facendo ridacchiare Claudio.

“Tè, tisane, infusi…puoi scegliere quello che vuoi.”

Manuel arricciò il naso, ben poco convinto.

“M'avevi detto che m'avresti offerto da bere. Non c'hai qualcosa di più forte?”

L’avvocato annuì, senza smettere di ridacchiare.

“E perché, tè e tisane non si bevono? E poi scusa, sbaglio o sei ancora minorenne?”

Il ragazzo sbuffò, preferendo andarsi a sedere.

“Vabbè, facciamo che passo. Possiamo parlare, adesso?”

Claudio, prima di rispondere, scelse un contenitore dalla vetrinetta e si mise a preparare l’infusore. Perfino nel compiere un’azione banale come quella, notò Manuel, era elegantissimo.

“Ti dispiace se comincio io?”

Beh, a dire il vero Manuel aveva tante cose da chiedergli e quindi sì, un po’ lo infastidiva farlo parlare per primo, ma era anche ansioso di sapere cosa l’altro tenesse tanto a dirgli, quindi scosse il capo.

“La prima cosa che dovresti sapere è che, contrariamente a ciò che pensi tu, io non sono il vecchio che si scopa un ragazzino per sentirsi giovane, per usare le tue parole. Io e Simone non facciamo sesso, non l’abbiamo mai fatto da quando ci conosciamo.”

Manuel scoppiò a ridere, incredulo. Era quella la notizia tanto importante che doveva dargli? E lui avrebbe dovuto credere ad una bugia così evidente?

“Ma che, davvero t’aspetti che ti creda? Non mi dire che un avvocato come te ha paura della denuncia di un ragazzetto come me…puoi sta’ tranquillo, nessun giudice mi crederebbe mai.”

Claudio annuì, aspettandosi quel tipo di risposta.

“Oh credimi, questo lo so benissimo, purtroppo. Perciò non avrei motivo di mentirti, non credi? Ti dico che io a Simone non l’ho mai toccato in quel senso e non lo farei mai.”

Manuel decise di alzarsi, aveva capito di star solo sprecando il suo tempo e che avrebbe fatto meglio a tornare a casa. Se Claudio iniziava con una palla simile, come poteva lui fidarsi del resto della conversazione?

“Certo, e magari passate le giornate a guardarvi in faccia e a bere acqua calda sporca.”

Cose che comunque, per quanto gli mancava Simone, avrebbe fatto volentieri anche lui.

“Forse potrà sembrarti strano, ma sei andato molto vicino alla verità. Il sesso non è l’unica cosa di cui le persone hanno bisogno, ma forse in questa fase della tua vita sei troppo preso dagli ormoni per accorgertene.”

Manuel rise, sprezzante. Gli piaceva fare roba, anche parecchio, e non se ne vergognava. Quando faceva sesso con Alice si sentiva il re del mondo, libero da ogni pensiero e in grado di fare qualsiasi cosa. Anche pomiciare con Chicca lo faceva stare bene, per quanto la sua ex si divertisse a tenerlo sempre sulle spine. In quei momenti si sentiva desiderato e non avrebbe mai potuto rinunciare a quella sensazione. Claudio stava solo dicendo cazzate.

“Se è così, allora, perché Simone mi ha detto che lo fate?”

Claudio accennò un sorrisetto divertito.

“La risposta precisa può dartela solo lui, ma pensaci un attimo: ti sembra così strano che ti abbia detto una cazzata per pura e semplice ripicca? Ti ricordo che tu gli hai spezzato il cuore, Manuel, il minimo che lui potesse fare era ferirti nell’orgoglio.”

Il ragazzo tornò a sedersi e abbassò lo sguardo, combattuto. Claudio non aveva tutti i torti e Simone, se davvero gli aveva detto una bugia, aveva certamente raggiunto il suo scopo, perché più che ferirlo nell’orgoglio l’aveva distrutto emotivamente, ma sapeva di meritarselo e non era arrabbiato con lui.

“Quindi voi…davvero non avete mai…?”

Claudio scosse il capo, pazientemente.

“No, mai. Simone ha bisogno d’altro.”

Mentre parlava, riempì due tazze di bevanda calda e ne porse una a Manuel, che la guardò insospettito e disgustato. Era gialla e sembrava piscio.

“No, grazie, ti ho detto che non la voglio ‘sta brodaglia. Non so manco che roba è.”

“Fidati, assaggiala che ci ripensi. È una tisana zenzero e curcuma, la preferita di Simone, sai?”

Manuel osservava la sua tazza come se si aspettasse di vederla sciogliersi da un momento all’altro, eppure non esitò più a portarsela alle labbra quando seppe che a Simone piaceva tanto quell'intruglio. Anche quello era un modo per sentirlo vicino, per quanto patetico. Fece una smorfia, perché la bevanda gli pizzicò la gola, ma dopo un secondo sorso la trovò più piacevole.

“Simone ha bisogno di questo, quindi?”

Domandò, sollevando leggermente la tazza. Claudio annuì.

“Simone ha bisogno di qualcuno che gli dia serenità, ha già sofferto troppo e non merita di farlo ancora. Se gli vuoi bene almeno un po’, anche solo come amico, concorderai con me.”

Manuel, che gli voleva molto più di un po’ di bene, concordava con tutto il cuore. Ebbe la conferma che l’unico modo che aveva per aiutarlo, allora, era stargli il più lontano possibile e lasciargli vivere la sua vita. Pazienza se nel farlo sarebbe stato lui a soffrire, lui a differenza di Simone se lo meritava.

“Buon per lui che l’ha trovata, allora. Direi che si è sistemato bene.”

Nascose le sue emozioni dietro una maschera di distacco e sarcasmo, come era abituato a fare, non voleva mostrarsi debole davanti a Claudio. Era una persona importante per Simone, ma per lui era uno sconosciuto. Furono i suoi occhi a tradirlo, occhi da cane abbandonato, come li aveva descritti Simone, e Claudio se ne accorse. Era come Manuel, tanto tempo fa, quindi sapeva dove andare a cercare i veri significati delle frasi che quel ragazzo diceva, come ad esempio in un improvviso cambio di opinione sulla tisana.

“Per quanto mi riguarda, Simone può restare qui per tutto il tempo che desidera, ma da me può ottenere solo un’illusione di serenità, anche se non se ne rende conto.”

Manuel fece una smorfia perplessa, non riusciva a cogliere il senso di quel ragionamento. Claudio era chiaramente pieno di soldi, aveva una casa che avrebbe fatto invidia a chiunque, ed era anche un uomo premuroso. Gli sembrava tutto abbastanza reale, non un’illusione.

“So a cosa stai pensando, ma ti assicuro che, come per il sesso, c’è di più oltre ad una bella casa e ad un cospicuo conto in banca.”

Continuò l’uomo, e come prima Manuel pensò che stesse dicendo un’enorme cazzata. Lui e sua madre sarebbero stati molto più sereni con quelle cose che Claudio sembrava disdegnare.

“Te sei il tipico sazio che non crede al digiuno, vaffanculo. Se proprio ti fa schifo tutto questo, dallo a me.”

Borbottò in risposta e Claudio sospirò profondamente.

“No, non ho detto che ciò che ho mi faccia schifo o che lo ritenga inutile, dico solo che non è ciò che serve a Simone. A lui servi tu, non io.”

Manuel rise amaramente, poi scosse il capo.

“No, no, senti, questa vince il premio della cazzata più grande della serata. Se non ci riesci tu a farlo stare bene, tu che gli puoi dare tutto ciò che merita, come posso farlo io che sono un disastro e che non sono stato nemmeno capace di tenermelo come amico?”

Claudio accennò un sorriso e si versò un altro po’ di tisana.

“Perché Simone non cerca me, di notte, in lacrime. Cerca te, o al massimo un altro Manuel, sai per caso se ne conosce altri?”

Il cuore di Manuel in quel momento divenne pesante come un sasso e si fermò. Non poteva essere vero, Simone lo odiava e non lo pensava più. Manco lo guardava, figurarsi se era ancora innamorato di lui. Buttò giù qualche sorso di tisana, perché sentiva la gola improvvisamente secca e non riusciva a parlare.

“Che…che significa?”

Claudio fece spallucce.

“Significa ciò che ti ho detto, che di notte spesso lo sento piangere e mormorare il tuo nome nel sonno. La cosa va avanti da un bel po', ma non me ne ha mai voluto parlare e credo che cerchi di nascondere la cosa anche a se stesso. Io in ogni caso non posso fare niente, anche se vorrei. Non sono io a custodire la sua felicità, sei tu, e devi essere tu a decidere cosa farne.”

Manuel si passò una mano sul volto, come se il gesto potesse cancellare l'immagine di Simone che piangeva il suo nome, così vivida davanti ai suoi occhi da spezzargli il cuore.

"No, Claudio, non posso essere io a decidere della felicità di Simone. Io l'ho usato, l'ho insultato, non posso essere io quello che lo rende felice! Non è giusto, Simone è... è una persona speciale e si merita qualcuno che lo capisca e che gli dia serenità come hai detto tu, non me."

Le lacrime avevano cominciato a rigargli le guance e la voce gli moriva in gola continuamente, rendendogli molto difficile parlare. Di solito odiava mostrarsi così vulnerabile, ma in quel momento riusciva a pensare soltanto a Simone e non a se stesso. Avrebbe dovuto farlo prima, era stato stupido e Simone ancora ne pagava le conseguenze. Claudio ebbe la conferma che Simone si sbagliava, il ragazzo davanti a lui era capace di provare sentimenti e anche molto forti, aveva solo paura di esprimerli.

"Da come parli, mi sembra che tu abbia capito quanto Simone sia speciale, ed è meglio tardi che mai, no?"

Manuel si asciugò le guance con la manica della felpa, anche se Claudio gli stava porgendo un fazzoletto. Non lo vide nemmeno, tanto era preso dal dolore e dai pensieri.

"L'ho capito, sì, ma questo tardi è come un mai. L'ho perso, Claudio, e io me lo merito, è Simone che non può sta' così. Forse se lo evito ancora di più…"

Claudio non gli diede il tempo di terminare la frase, fermandolo subito con un gesto della mano.

"No, no, questo peggiorerebbe soltanto la situazione. Avete bisogno di chiarirvi, tutti e due. Gli devi parlare, hai capito? Lascia che sia Simone a decidere se è soltanto tardi o se è davvero un mai."

Angolo dell'autore: spero di avervi fatto compagnia anche oggi con questo capitolo, il cui il titolo viene da "Pace" di Fabrizio Moro. Sono curiosa: che ne pensate di Claudio? Ha conquistato un po' anche voi? Se vi va, fatemi sapere <3

 
   
 
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