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Autore: Angel TR    29/12/2021    1 recensioni
Sul finire dell'estate, Baek Doo San porta il terzo bucaneve in una stanza d'ospedale.
{Partecipa alle seguenti Challenge indette sul forum di Efp: "Solo i fiori sanno" indetta da Pampa313, "Things you said" indetta da Juriaka e "I like that quote, said the month" indetta da Mari Lace}
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Baek Doo San, Hwoarang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Some Boys Wander by Mistake'
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24- Things you said in your sleep
"The greatest sources of our suffering are the lies we tell ourselves." Elvin Semrad
7. Bucaneve: vita e speranza.

Bucaneve bugiardo


Il fiore di bucaneve veniva chiamato anche stella del mattino perché spesso era il primo fiore a sbocciare anche quando la neve ricopriva ancora il sottobosco. Forse era proprio per quello che era stato eretto a simbolo di vita e di speranza.
Regalare un bucaneve esprimeva un desiderio ben preciso in quel momento.
Baek Doo San osservò il fragile stelo verde tra le sue dita per un secondo prima di riporre delicatamente il fiore nell'essenziale vaso di vetro che campeggiava sul tavolino di plastica bianca accanto al letto, a fare compagnia ad altri tre bucaneve – uno per ogni giorno che aveva trascorso all'ospedale. La poca aria che aleggiava nella stanza era pregna dell'odore pungente del disinfettante e, di tanto in tanto, le tende sottili della stessa consistenza della carta velina, di un colore azzurrino pastello, si gonfiavano, spinte dal soffio di una brezza che portava con sé il sapore dell'ultimo soffio d'estate. Eppure, nonostante il dolce tepore, tra quelle quattro mura bianche la tarda estate settembrina perdeva il suo gusto flautato per assumerne uno amaro, quasi guasto, come un'arancia ammuffita che un tempo era stata succosa, e vi si attaccava addosso, rinchiudendo la stanza in una cupola che non lasciava respirare, come durante le ore più calde degli afosi mesi di luglio e agosto.
Baek Doo San inspirò profondamente, quasi volesse imprimere nella sua memoria quegli odori tristi che trasportavano un sentore di malattia affinché non dimenticasse mai l'orrore e la paura che avevano attanagliato il suo cuore in quei giorni – il terrore che lui non si risvegliasse mai più.
L'allettato accanto a lui fu scosso da un colpo di tosse, la sua voce flebile strinse il cuore di Baek Doo San. In un atto compassionevole, il sottile e plasticoso lenzuolo bianco copriva gli squarci sulla pelle che si era procurato in quel terrificante incidente.
Hwoarang, stupido, pazzo, indomito Hwoarang. Che cosa hai combinato? In che guaio ti sei cacciato per quel ragazzo?
Alienando la sua mente dalla concreta realtà dello stato di semi-incoscienza che era seguito al recentissimo risveglio dal coma durato tre giorni, osservando quegli occhi chiusi, l'ombra che le lunghe ciglia avevano creato sulle guance, e quell'adorabile broncio, Baek Doo San tentò di convincersi che Hwoarang stesse dormendo un sonno pacifico, privo degli incubi che lo avevano tormentato l'ultima notte. Aggrottando la fronte in una smorfia penosa, tese una mano callosa per scostare dei ciuffi rossastri dalla fronte bagnata di sudore del suo unico allievo. Gli sfuggì un sorriso.
"Allievo".
Più che un allievo, Hwoarang era un figlio adottato, un cucciolo di tigre che era stato ferito troppo giovane dalla vita perché donasse la sua fiducia con facilità. Baek Doo San aveva dovuto lavorarci molto per far sì che finalmente gli aprisse il suo cuore e comprendesse l'importanza dei suoi insegnamenti, rimettendosi sulla retta via. Pensandoci bene, l'affetto verso Hwoarang era stato proprio la sua áncora di salvezza dal baratro che alitava alcol nel quale aveva rischiato di sprofondare qualche anno addietro.
E c'era quasi riuscito…
Un lamento sfuggì dalle labbra secche di Hwoarang, un lamento che sarebbe passato inosservato se non avesse regnato il silenzio nella stanza, fatta eccezione per il monotono ticchettio del macchinario che monitorava il battito del suo cuore.
«Kazama… non te ne andare».
C'era quasi riuscito quando era apparso Jin Kazama, un lampo a ciel sereno che aveva catturato gli impressionabili occhi di Hwoarang e li aveva accecati con la sua prepotente iridescenza che oscurava tutto ciò che lo circondava. Jin Kazama. Un giovane tenebroso che aveva in comune con Hwoarang molto e molto poco allo stesso tempo. Sciocco Hwoarang che credeva di poter ingannare se stesso professando il suo odio per Kazama ai quattro venti, che credeva di poter nascondere dietro la boria e la rivalità il sentimento che aveva preso a strisciare come una vipera velenosa lungo l'arteria del suo cuore. E lì, proprio nel suo centro pulsante, aveva affondato le sue zanne affilate. Hwoarang aveva urlato di detestare Kazama. Quanto avrebbe voluto dirgli che le principali fonti delle più grandi sofferenze sono proprio le bugie che si racconta a se stessi!
Quando si trattava del suo allievo, Baek Doo San veniva guidato da un inspiegabile sesto senso, un intuito che lo guidava tra i meandri delle ragioni dietro ogni azione di Hwoarang. Quell'istinto non l'aveva tradito nemmeno una volta ed eccola lì, ancora una volta, la prova regina. Era stato Jin Kazama a ridurlo così; o – si corresse giusto per concedere al giovane e triste Kazama il beneficio del dubbio – qualsiasi cosa fosse seguita al loro incontro.
Il maestro si abbandonò lungo il gracile schienale della sedia di plastica – solo il tessuto leggero della camicia impedì alla sua schiena sudata di attaccarsi come una ventosa alla plastica – e sospirò. Ogni uomo combatte la sua battaglia da solo, questo Baek Doo San lo sapeva bene. Eppure, non poteva frenare l'irresistibile impulso di voler accompagnare Hwoarang lungo quel cammino impervio e pericoloso, troppo pericoloso per lui. È solo un ragazzo, lascialo stare, pregò; a chi fosse diretta quella supplica non avrebbe saputo dirlo. A qualche dio misericordioso? A Jin Kazama?
Le palpebre di Hwoarang ebbero un fremito e dalla sua bocca emerse un altro lamento di uomo abbandonato e ferito. La mano di Baek si mosse ancor prima che il suo cervello potesse registrarlo, mossa da un istinto che sapeva di paterno. Deglutì più volte, conscio della decisione che aveva preso, prima di scandire bene le sue parole: «Non ti lascerò mai, Hwoarang. Non me ne vado».
A quelle parole pronunciate in giapponese, seppur venato da un forte accento coreano, i lievi tremori del corpo del ragazzo cessarono e il suo volto si rilassò. Baek Doo San gli aveva concesso una piccola – no, non era piccola, lo sapeva – bugia bianca nella speranza che Hwoarang aprisse di nuovo gli occhi vispi e tornasse a riempire le sue giornate di rimproveri, grattacapi e insaziabile allegria: in poche parole, di vita.
Fino ad allora, avrebbe continuato a portargli bucanevi freschi che, con il loro candore invernale, avrebbero soffiato via quell'inspiegabile afa nel suo letto d'ospedale.



N/D: in questa storia, l'estate puzza di morte e malattia quindi il bucaneve, fiore d'inverno, dovrebbe essere il simbolo della si spera veloce dimessa di Hwoarang da quella stanza d'ospedale. Ambientata ovviamente post T5.

  
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