Serie TV > Altro - Fiction italiane
Segui la storia  |       
Autore: FluffyHobbit    01/01/2022    3 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]Dal testo:
“Ma se po sape’ che ce devi fa’ co’ quel vecchio?”
"[...] le stesse cose che facevi tu con l’architetta.”
FF post 1x10 in cui Manuel si ritrova a fare i conti con la gelosia e Simone con la rabbia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 7 – E avrò la stessa cura anch’io per te

Simone se ne stava sul divano a leggere ‘Il Barone Rampante’, di cui avrebbe dovuto preparare una relazione –noiosissima- per il prof di italiano, mentre Claudio rispondeva ad alcune mail seduto al proprio pc. Era una serata tranquilla e silenziosa, perciò Simone sussultò quando sentì il citofono suonare.

“Aspetti qualcuno?”

Domandò a Claudio, che scosse il capo. Il citofono trillò di nuovo, evidentemente chiunque fosse dall'altra parte aveva una certa impazienza.

“Ma chi è che rompe a quest'ora?”

Borbottò il ragazzo tra sé e sé, mettendo il libro da parte e alzandosi per andare a trovare la risposta alla sua stessa domanda.

“Non è possibile, cazzo.”

Nello schermo del videocitofono, infatti, c'era Manuel. Simone rispose con rabbia.

“Vattene, non ti voglio parlare!”

E Manuel questo lo sapeva bene, perché nei giorni precedenti aveva provato ad entrare in contatto con Simone, sia cercando di fermarlo a scuola sia inviandogli messaggi ed ogni volta si era sentito replicare quella frase. Lui però non poteva restare indifferente a ciò che gli aveva detto Claudio e sentiva il dovere morale di fare di tutto per mettere le cose in chiaro con Simone: voleva chiedergli scusa e fargli capire di non essere adatto a lui, in modo che lo dimenticasse e tornasse ad essere felice. Doveva farlo per il suo bene.

“Io però ti devo dì delle cose, Simò. Ti chiedo solo di ascoltarmi…”

Simone era allibito. Con che presunzione gli chiedeva di essere ascoltato, quando lui per primo non l'aveva fatto?

“Non voglio nemmeno ascoltarti e sai cosa? Non voglio neanche vederti! Vattene a casa, Manuel, stai solo perdendo tempo.”

“Come se non l'avessi mai fatto! Io resto qui anche tutta la notte, finché non me fai salì!”

Manuel era testardo e Simone ne era perfettamente consapevole, per questo sbuffò.

“Sta anche piovendo, non fare cazzate.”

Manuel accennò un sorriso e scrollò le spalle -cosa che l'altro vide attraverso lo schermo- pensando che tra le tante cazzate che aveva fatto in vita sua, questa era l'unica che valesse davvero la pena di fare, perché era l'unica che non stava facendo per se stesso.

“So' due gocce, io da qui non mi muovo.”

Simone, esasperato, alzò gli occhi al cielo.

“Fa' come ti pare.”

Si allontanò dal citofono e tornò in salotto, nervosissimo.

“Ma ti rendi conto? Quello stronzo è venuto fin qui perché adesso si è messo in testa di dovermi parlare! Ridicolo, assolutamente ridicolo!”

Sbottò esasperato, indicando in direzione del citofono.

“Perché certo, deve sempre decidere lui quando si fa una cosa, adesso che ne ha bisogno lui si deve parlare, ma quando ne avevo bisogno io guai anche solo a proporlo!”

Claudio guardò divertito il ragazzo, gli faceva anche un po' tenerezza quella sua esasperazione.

“Occhio per occhio, dente per dente, quindi? Da avvocato, ti dico che è una legge superata.”

“Non mi interessa, Manuel se lo merita.”

Si accigliò, poi, perché gli venne un dubbio.

“Sei stato tu a dargli questo indirizzo? Perché l'hai fatto?”

“Perché volevo parlargli e gli ho parlato. Dovresti provare a fare lo stesso, anche se capisco che non sia facile…”

Simone sgranò gli occhi, sbigottito. Si sentiva tradito e da Claudio proprio non se lo aspettava.

“Ma come cazzo ti è venuto in testa di farlo, Claudio? Adesso me lo ritroverò sempre sotto casa, oltre che a scuola! Io lo denuncio!”

L'avvocato si alzò e lo fermò poggiando le mani sulle sue spalle, dal momento che il ragazzo parlava andando avanti e indietro per la stanza come una trottola impazzita.

“Lo so, non mi sono comportato nel migliore dei modi e di questo ti chiedo scusa, ma dovevo ascoltare anche la sua versione.”

Simone gli scoccò un'occhiataccia offesa.

“Non siamo in tribunale, dovevi solo fidarti di me.”

“Io mi fido di te, Simone, è delle scelte che fai preso dalla rabbia, per quanto giustificata, che non mi fido.”

Gli fece una carezza sulla guancia e Simone sospirò.

“Che ti ha detto, comunque?”

Era curioso, non poteva negarlo. Claudio, però, scosse il capo.

“Questo devi chiederlo a lui, non a me, se ti importa saperlo. Fossi in te lo farei.”

Il ragazzo scosse la testa, ostinato. No, non ci pensava nemmeno.

“Preferisco tornare a leggere.”

Così dicendo si sistemò di nuovo sul divano con il libro tra le mani, ma la sua mente volava altrove e non riusciva a concentrarsi. Le parole scorrevano davanti ai suoi occhi senza dirgli niente e lui doveva rileggere più e più volte la stessa frase per capirne il senso. Si sentiva stupido ed era solo colpa di Manuel. Per colpa di Manuel aveva rubato un compito di latino per cercare di fargli prendere un bel voto, lo aveva aiutato a rubare un'auto per risolvere la situazione con Sbarra e si era perfino fatto venire in mente di organizzare una festa clandestina a scuola, anche se del proprio compleanno non gliene fregava niente, perché all'altro ragazzo invece sembrava importare e perché se avesse organizzato una festa epica lui ci sarebbe venuto di sicuro, non lo avrebbe lasciato da solo come aveva fatto con Chicca, magari andandosene da quell'odiosa architetta. Aveva fatto cose, per Manuel, che non avrebbe mai fatto se non lo avesse conosciuto e adesso non riusciva neanche più a leggere uno stupidissimo libro perché non riusciva a smettere di pensare a lui, che lo stava aspettando sotto un temporale che sembrava uscito dritto dritto da Gennaio, pur essendo Maggio inoltrato. Chiuse il libro con uno scatto, non riuscendo a credere a cosa stesse per fare.

“Sono proprio un coglione.”

Mormorò tra i denti e Claudio alzò gli occhi verso di lui.

“Ho capito, mi sposto in studio.”

Simone lo ringraziò con lo sguardo e mentre l'avvocato cambiava stanza, andò al citofono per vedere se Manuel fosse ancora lì. Non si era mosso di un centimetro, era solo più bagnato di prima. Una scena pietosa.

“Manuel, mi senti? Dai, sali, idiota.”

Dopo pochi minuti Manuel era davanti alla sua porta, zuppo d'acqua dalla testa ai piedi.

“Ciao, Simò. Grazie per avermi aperto.”

Trovò il coraggio di rivolgergli un sorriso appena accennato e Simone si ritrovò, dandosi nuovamente del coglione, a pensare quanto fosse bello in quel momento, perfino con i capelli tutti appiccicati sul viso.

“Non farti strane idee, è che mi faceva pena vederti metterti in ridicolo così. Il bagno è in fondo, asciugati i capelli e io intanto ti porto qualcosa per cambiarti.”

Disse, secco. L'altro ragazzo annuì e si diresse subito verso il bagno. Simone non sembrava particolarmente contento di vederlo, comprensibilmente, ma adesso Manuel aveva la possibilità di parlargli e non poteva permettersi di sprecarla. Non l'avrebbe fatto, si era preparato un bel discorso di scuse e di spiegazioni che aveva ripassato per filo e per segno. Dopo essersi sistemato tornò in soggiorno e trovò Simone seduto in poltrona ad aspettarlo. Posto singolo, il messaggio era chiaro: non lo voleva accanto a sé.

“Grazie per i vestiti, poi te li riporto, eh...”

“Come ti pare, non è importante. Certo che sei proprio un coglione a rimanere sotto l’acqua così, volevi finire in ospedale?”

Simone si sforzò di suonare duro, ma i suoi occhi tradirono comunque della preoccupazione che Manuel pensò di essersi immaginato, ma che in realtà c'era e scalpitava per asciugare meglio quei capelli che l'altro aveva stupidamente lasciato un po' umidi.

“Ad essere coglione lo sono, e lo sai, però…ci terrei davvero tanto a parlarti.”

L’altro incrociò le braccia, chiudendosi su se stesso. Anche il suo sguardo si fece più cupo.

“E io ti ho già detto e ripetuto che non mi va, lo sai. Devo dirtelo in un’altra lingua, per caso?”

Manuel fece un respiro profondo perché sì, lo sapeva e capì come avesse fatto sentire Simone tutte le volte che gli aveva dato quella stessa risposta. Lui, però, a differenza di Simone, in quel momento non aveva niente da perdere.

“E se me metto in ginocchio?”

Simone sgranò gli occhi, sorpreso, quando un istante dopo se lo ritrovò davvero in ginocchio davanti alla poltrona. La pioggia doveva avergli allagato la testa, non trovava altre spiegazioni.

“Ma che cazzo fai…alzati, sei ridicolo!”

“E chi se ne frega! Se sto così mi ascolti? Dai, dopo potrai avere la soddisfazione di raccontare a tutti quanti che quello stronzo di Manuel ti ha chiesto scusa in ginocchio e tu l'hai mandato a 'fanculo! Anzi, sai che ti dico? Puoi anche farmi un video, così c'avrai anche le prove! Però te prego ascoltami, fallo almeno per questo, no?”

Replicò Manuel, allegro nella voce ma non negli occhi. Era disposto a rovinare la sua reputazione, a perdere la dignità e a farsi ridere dietro da tutta la scuola pur di parlare con Simone. Simone, dal canto suo, non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, neanche per vendetta. Era sorpreso, però, e anche confuso, che a Manuel invece la cosa sembrasse andare bene. Era convinto che il ragazzo non tenesse per niente a lui, eppure…

“Quindi…vuoi chiedermi scusa? È per questo che sei venuto qui?”

Domandò, incerto. L’altro annuì e si schiarì la voce. Cominciava a sentirsi il cuore in gola.

“Sì, esatto, è il minimo che posso fare.”

Guardava Simone con gli occhi che tremavano dall’emozione e Simone non riuscì a distogliere lo sguardo. Non costò molta fatica al suo cuore -seppur ferito- mettere da parte l’odio e i brutti ricordi di fronte a quello sguardo da cane bastonato, anche se la sua testa ribatteva dicendo di star facendo una cazzata. Annuì, quindi, per dirgli che lo ascoltava. Manuel, allora, cercò nella sua mente le parole che aveva ripetuto ancora e ancora, ma non ne trovò nemmeno una. Chiuse forte gli occhi, allora, per concentrarsi meglio.

“Manuel, tutto bene?”

“Sì…cioè, no! Mi ero preparato un discorso, ma non mi ricordo più niente! Non vojo fa cazzate, Simò!”

Era strano vedere Manuel così in imbarazzo, privo di controllo e senza l’aria da sbruffone che mostrava sempre. Simone per molto tempo aveva pensato che fosse soltanto una maschera, aveva visto un animo buono dietro quello sguardo strafottente, poi aveva realizzato di essersi sbagliato e di essersi innamorato di uno stronzo, eppure quel momento di fragilità cominciò a farlo ricredere.

“Perché non provi con una poesia, allora? Ne conosci così tante…”

Lo provocò, perché se c’era una cosa che era certo di conoscere di Manuel, era la sua incapacità di resistere alle provocazioni. Lo stava aiutando a metterlo a suo agio e dovette riuscirci, perché il ragazzo riaprì gli occhi e accennò una risatina.

“Non ne conosco nessuna adatta a dirti ciò che meriti di sentire, non voglio usà parole de altri pe di' una cosa mia, quindi…devi accontentarti, me sa.”

Tornò più serio e prese un respiro profondo. Fissò gli occhi in quelli di Simone, per dimostrargli quanto fosse sincero.

“Simò, io non ci voglio neanche provà a convincerti di perdonarmi, perché lo so pur’io d'averte fatto passare l’Inferno, e che è già tanto se mi stai ascoltando adesso. Sono stato uno stronzo e pure un coglione perché ti ho dato per scontato e sono stato capace di rovinare l’unica amicizia che io abbia mai avuto. Perché per me eri un amico vero, Simò, sono io quello che non lo è stato per te. Gli amici non si comportano come ho fatto io…si comportano come fai tu, che non mi hai mai chiesto nulla in cambio. Io invece non facevo altro che chiederti cose, rischiando anche di farti finire nei casini…”

Manuel gli stava parlando con il cuore in mano e più lui parlava, più il cuore di Simone diventava leggero. Il muro che si era creato tra di loro cominciò a venire giù con una facilità impressionante.

“Beh dai, non che io fossi proprio disinteressato, in fin dei conti…”

Commentò timidamente Simone, accennando un sorriso. Manuel ridacchiò appena, malinconico.

“Ancora mi chiedo come tu abbia fatto ad innamorarti di un disastro come me. Poi capirai il grande affare che hai fatto, non ho rispettato i tuoi sentimenti, ti ho insultato davanti a tutta la classe e ti ho pure fatto scappare a Glasgow. Non contento, ti ho ferito anche dopo averti chiesto scusa, anche dopo che ho capito cosa volesse dire perderti. Potevi fare decisamente una scelta migliore.”

Abbassò lo sguardo, pensando che adesso Simone l’aveva fatta, quella scelta. Secondo Claudio non era quella giusta, ma Manuel sperava che con il tempo l'altro smettesse di pensare a lui, di cercarlo nel sonno, e finalmente vivesse la vita che meritava.

“Non dire così, dai. Tu non sei un disastro e l’amore non è una scelta. Non è colpa tua se non ti piacciono i maschi e non è colpa tua se ti eri innamorato di Alice…”

Cominciò a spiegare, gentile, ma Manuel lo fermò scuotendo la testa. Non voleva che Simone arrivasse a pensare che ciò che gli aveva fatto fosse in qualche modo accettabile.

“No Simò, no, nun me poi giustificà. Ciò che provavo io non doveva ricadere su di te, non dovevo comportarmi così. È una cosa che non mi fa dormire la notte, credimi, e se potessi tornerei indietro.”

Simone fece una risatina amara. Anche lui sarebbe tornato volentieri indietro nel tempo, ma non a quando tra loro c’era soltanto un’amicizia e ciò che provava lui per Manuel era tenuto nascosto, no. Era stato un bel periodo quello, certo, ma coperto da un velo di finzione, intessuto di cose non dette. Potendo farlo, sarebbe tornato alla sera del suo compleanno, sotto quell’impalcatura sporca fuori scuola, soltanto per rivivere la sensazione della bocca di Manuel sulla propria e dei loro corpi caldi che si abbracciavano, ancora e ancora. Quello era stato il momento più vero della sua vita, il più bello, il più felice ma, appunto, era stato solo un momento. Un momento che avrebbe voluto rivivere per sempre, ma non era possibile.

“Mi sa che siamo in due a non dormire, sai?”

Confessò, sorridendogli mesto. Manuel lo sapeva, ma fu comunque sorpreso di sentirglielo dire, dal momento che Claudio gli aveva spiegato che non era una cosa di cui parlava. Non si aspettava tutta quella fiducia, non se la meritava.

“E te perché non dormi?”

Domandò istintivamente, pentendosene subito dopo. Non doveva tirare troppo la corda.

“Perché l’amore non è una scelta.”

Sussurrò, anche lui seguendo l’istinto e anche lui pentendosene un attimo dopo, consapevole che Manuel si sarebbe spaventato di nuovo. Il suo cuore prese a battere così forte che temeva riuscisse a sentirlo anche l’altro ragazzo.

“Scusami, non avrei dovuto. Non…non serve a niente ricordarti cose che già sai.”

Manuel deglutì, nel tentativo di rendere la propria gola meno secca. Le orecchie presero a fischiargli, il cuore a battergli così forte che sembrava volesse uscirgli dal petto e per fortuna era ancora in ginocchio, o le sue gambe avrebbero ceduto. Si era ripromesso di non confessargli ciò che provava per lui, non voleva rovinargli di nuovo la vita, ma in quell’istante realizzò che le cose potevano anche andare diversamente: Simone aveva sofferto perché lui si era rifiutato di parlare dei propri sentimenti, adesso non era più così ed era pronto ad aprirgli il proprio cuore, non aspettava altro.

“Simò, a questo proposito…anche io devo dirti una cosa. Una cosa che ho capito da poco. Non so se tu la vuoi sentire, però...”

Si aggrappò al bracciolo della poltrona, perché era nervoso e aveva bisogno di stringere qualcosa. Avrebbe preferito la mano dell’altro, ma non poteva esagerare. Simone lo guardò ad occhi sgranati e smise di respirare. Annuì leggermente, per dirgli che voleva ascoltarlo eccome. Non poteva illudersi, ma era già troppo tardi.

“Non so come dirtelo, quindi…quindi te lo dirò e basta, va bene? Tanto co ste cose è meglio essere diretti…”

Ciononostante si prese ancora un attimo per respirare. Al suo confronto Simone, quando aveva provato a baciarlo nel museo, era stato un campione di coraggio.

“Ho capito che me so ‘nnamorato de te e se la cosa fa già ride così, pensa che devo pure ringrazià Lombardi per averlo capito.”

Sospirò, sentendosi un po’ più libero. Ormai l’aveva detto.

“Io nun so bono pe te, non posso darte una casa che sembra una reggia, macchine costose o una dispensa con cinquanta tipi di tè che non sapevo nemmeno esistessero, e poi ti ho fatto soffrire così tanto che se fossi in te mi manderei a ‘fanculo. L’amore non è una scelta, hai ragione, però ti chiedo di pensare a te e a cosa è meglio per te, pe' 'na volta, e di dimenticarmi. Sono sicuro che con il tempo ci riuscirai, in fondo non deve essere una cosa così difficile.”

Simone non gli diede nemmeno il tempo di finire la frase che, istintivamente, gli afferrò una mano e la strinse come se l’altro potesse scomparire da un momento all’altro. Non voleva nemmeno ascoltare quel discorso, quel mucchio di stronzate. No, non avrebbe mai potuto dimenticare Manuel, nemmeno tra cent’anni, nemmeno alla fine del mondo, e questo il suo cuore lo sapeva benissimo: lo amava, l’aveva amato perfino quando l’aveva odiato e l’avrebbe sempre amato. Aveva provato a sostituirlo, questo sì, ma la verità era che soltanto Manuel era la sua metà mancante, per quanto si fosse sforzato di convincersi del contrario. Adesso aveva la possibilità di tornare ad essere un unico Amore –come suo padre aveva spiegato parlando di Platone, incredibile che se ne ricordasse- e non voleva farsela scappare. Lo doveva a se stesso e a Manuel.

“Dai scemo, alzati.”

Lo aiutò a tirarsi su e gli prese anche l’altra mano, timidamente, guardandolo negli occhi. I suoi luccicavano, pieni d’emozione, e quelli che vi si specchiavano non erano da meno.

“Che stai facendo, Simò?”

Mormorò Manuel, facendo anche una certa fatica ad articolare quelle poche parole. Si aspettava una reazione del tutto diversa da parte di Simone, di rabbia magari, dunque il gesto dell’altro gli mandò in tilt il cervello. Il cuore, invece, funzionava più che mai.

“Se adesso ti do un bacio, tu che fai?”

Chiese Simone, trepidante, avvicinandosi ancora di un passo per ridurre ulteriormente la distanza tra i loro corpi. Erano tutto ciò che esisteva in quel momento.

“Te ne do altri mille, e poi altri cento e mille ancora!”

Rispose d'impeto e Simone rise di cuore: per Manuel quello era lo spettacolo più bello del mondo. Prese coraggio e si alzò leggermente sulle punte, quanto bastava per far unire le loro labbra e dargli il primo dei tanti baci promessi.

Angolo dell'autore: questo piccolo viaggio insieme è quasi finito, il prossimo sarà l'ultimo capitolo e un po' mi commuovo al pensiero. Ringrazio come sempre chi si è fermato a leggere questo mio delirio, davvero grazie di cuore <3 Il titolo di questo capitolo viene da "Maneggiami con cura" di Michele Bravi.

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - Fiction italiane / Vai alla pagina dell'autore: FluffyHobbit