TW: leggere
senza aspettative
Bougies
Come sempre, piccolo
suggerimento musicale per voi qui.
La musica era talmente
assordante che a malapena riusciva a sentire i suoi stessi pensieri. Era stata
una pessima idea, ma ormai ci era dentro fino al collo e non poteva più
svignarsela in alcun modo. L’origine di quel frastuono non poteva essere nessun
altro se non quello scapestrato di Alain, tutto intento a ficcare il naso fra
dischi e autoparlanti. Lascia fare a me, sarà una festa sobria e di classe! Stupida
lei che ci aveva quasi creduto. Doveva accorgersene dal momento in cui insieme
al necessario per la festa le bottiglie di alcool si erano moltiplicate
misteriosamente insieme al numero degli stereo.
Non aveva mai amato
festeggiare il suo compleanno, anzi, se avesse potuto, avrebbe saltato
volentieri qualsiasi festeggiamento passando direttamente al ventisei dicembre
senza troppi preamboli. Oscar non aveva mai amato stare al centro dell’attenzione
e i sontuosi pranzi che suo padre organizzava con tutti i soci della sua
azienda per celebrare il Natale e il suo piccolo erede la mettevano
sempre in soggezione. Ore e ore di supplizi ricamate di domande di cortesia,
brindisi di vini pregiati e regali costosi che non avrebbe mai utilizzato.
Eppure questa
volta la situazione era ben diversa, perché non solo questa volta si era sottoposta
alla tortura volontariamente, ma aveva permesso ad Alain e a tutta la sua
strana combriccola di metterci le grinfie sopra. Quando André glielo aveva
presentato doveva aspettarselo che quell’omone avrebbe portato solo guai.
Il grande salone di casa
sua era addobbato dal sontuoso albero di Natale e dalle delicate decorazioni
dorate. Il grande tavolo era stato apparecchiato e ricoperto di cibi di ogni
tipo, dal dolce al salato. Quando aveva timidamente accennato che avrebbe voluto
festeggiare i suoi venticinque anni, la nonna di André per poco non era svenuta
dalla gioia.
“La mia bambina! La mia
piccola compie ben venticinque anni!
“Quando li ho compiuti io
a malapena mi hai cucinato una torta.”
“Fa silenzio, nipote
screanzato!”
Era una novità che lei
stessa chiedesse di festeggiare, e tutta la sua famiglia, ma anche i suoi amici
si erano dati da fare per dare vita a quel grandissimo casino che si
stava scatenando. André si era occupato di avvertire tutti e fare in modo di
avere il miglior dj di tutta Parigi, o almeno così si considerava Alain.
Rosalie in preda all’euforia, una volta ricevuta la notizia, l’aveva
abbracciata con forza facendola arrossire per l’imbarazzo. Antoniette
gioiosa che la sua amica finalmente festeggiasse qualcosa, le aveva donato un costosissimo
abito disegnato da lei stessa che Oscar aveva guardato con enorme disappunto,
ma che non poteva in alcun modo rifiutare.
La nonna lo aveva trovato
immediatamente dopo che aveva tentato miseramente di nasconderlo e aveva dovuto
cedere.
“È così che si veste una
signorina!”
“Non riesco a respirare
così!”
“Stai ferma! So io come
vanno certe cose.”
E adesso si ritrovava imbalsamata
in quell’abito celeste con cui a malapena riusciva a respirare.
Cercò di muoversi e scansare
tutte le persone che ballavano, ben attenta a non colpire nessuno e a non farsi
male.
“Wow, zia Oscar, questa
festa è beeeellissima!”
Aveva esclamato Loulou, passandole vicino, mentre si scatenava sulla pista
da ballo con la piccola Marie Thérèse.
Le aveva sorriso, per poi
darsela a gambe non appena aveva notato una finestra aperta della stanza. Si moriva
dal caldo e l’abito non le permetteva di respirare regolarmente.
Sgusciò via e appena l’aria
fredda della notte la investì si sentì subito meglio. La temperatura era
altissima dentro, non solo a causa della moltitudine di corpi danzanti, ma
anche per i camini accesi e roventi che donavano un’atmosfera tipicamente natalizia.
Non aveva ancora nevicato
quell’anno, l’inverno era appena iniziato, ma si prospettava pacifico e mite. Temperature
gradevoli e piogge poco insistenti avevano accompagnato le sue giornate di
lavoro in ufficio, eppure un poco ci sperava ancora, perché tutto sommato la
neve le piaceva. Dava a tutto un colore magico e sereno. I giardini di palazzo De
Jarjayes diventavano magnifici con quei tocchi di bianco,
e non vedeva l’ora di poter ammirare quello spettacolo ancora una volta.
Scosse la testa con un
leggero sorriso, pensando che dopo questa festa ne avrebbe avuto abbastanza fino
alla morte. Il karaoke l’aveva traumatizzata a sufficienza. Sentì dei brividi
lungo la schiena, a quanto pareva il calore in eccesso della sala la stava
abbandonando definitivamente, ma piuttosto che rientrare e sorbirsi l’ennesima
canzone discutibile cantata da Alain e Bernard avrebbe patito il gelo.
Improvvisamente qualcosa
di caldo le toccò le spalle, facendola sobbalzare dalla sorpresa. Si voltò
allarmata, ma chi le si parò davanti la fece tranquillizzare.
André.
“Così ti raffredderai.” Le
porse gentilmente una giacca che molto probabilmente doveva appartenergli. Per l’occasione
aveva tirato fuori la sua camicia migliore, di un bel blu notte. Gli occhiali
argentati brillavano alla luce della luna, facendo un bel contrasto coi capelli
corvini. Non appena Alain lo aveva visto una risata fragorosa gli era partita con
annesso un ora sei ufficialmente un secchione quattrocchi. A cui André
aveva risposto con un pugno sulla testa del malcapitato. Nonostante tutto,
Oscar trovava che si adattassero bene al suo viso, anche se effettivamente lo
rendevano ancora più secchione di quanto non fosse già nel laboratorio di
ricerca per cui lavorava.
“Grazie André.”
Prese la giacca
infilandosela velocemente e avvertendo immediatamente il tepore avvolgerla. Doveva
averla tenuta addosso fino a poco prima per avere ancora addosso il suo odore. Lo
vide sorriderle gentilmente mentre si appoggiava al balcone vicino a lei.
Erano cresciuti insieme
in quella casa, quindi non la stupiva che quella fosse un poco anche casa sua. Anche
se sul campanello figurava un altro cognome e se alle feste spesso faceva da
cameriere anziché da invitato, ma questa volta era diverso. Nessun
collaboratore domestico, nessun cameriere, né cuoco. Oscar non aveva voluto niente
di tutto ciò e tutti coloro che lavoravano per suo padre potevano scegliere se
partecipare alla festa come invitati o semplicemente passare la Vigilia di
Natale a casa.
André era rimasto, ovviamente.
Avevano trascorso tutti i Natale e compleanni insieme sin dalla tenera età di
sette anni, non avrebbero iniziato sicuramente a venticinque a vivere
separatamente.
Lo osservò di sbieco
mentre era intento a guardare di sotto le fontane spente del giardino.
Era strano pensare ad una
vita senza André. Non era esistito anno, settimana o giorno senza di lui. Avevano
giocato insieme, studiato insieme, si erano allenati insieme. Non esisteva
quasi secondo della sua vita che non fosse scandito dalla sua presenza, eppure
da quando avevano iniziato a lavorare in due posti diversi la situazione era
mutata.
Non si vedevano più tutti
i giorni, non sempre i loro pasti coincidevano, non sempre i messaggi
arrivavano in tempo reale. Persino i loro amici non coincidevano più. A causa dei
loro impegni lavorativi non potevano più praticare scherma insieme, e questo
aveva spinto entrambi in nuove direzioni. Sfortunatamente in quella di André
era capitato Alain e i suoi amici pazzi.
Nonostante tutto, si
ritrovavano sempre. Era strano, ma finiva sempre così. Potevano passare giorni
senza parlarsi, per poi ritrovarsi a mangiare i biscotti della nonna in piena
notte come quando erano piccoli e a conversare sul lavoro o sui libri che
avevano letto.
Si voltò, sentendosi
osservato, sorridendole amabilmente.
“Come mai?”
“Cosa?”
Lo vide trattenere una
risatina. “Come mai hai deciso di fare questo mega party? Tu detesti il tuo
compleanno, e anche le feste. Cosa ti ha spinto a farne una così mastodontica
lasciando carta bianca ad Alain?”
Distolse gli occhi dal
suo sguardo divertito, perché in fin dei conti anche a lei veniva da ridere. André
aveva ragione, odiava tutto ciò che era presente in quella stanza. Il suo
ultimo compleanno in cui era stata contenta di festeggiare aveva forse undici
anni e lei e André si erano ubriacati col vin brûlé.
Non sapeva dare una vera
risposta a questa domanda, ma sentiva che questa volta doveva festeggiare in
qualche modo.
“Volevo creare un bel
ricordo.”
Si guardarono in silenzio,
mentre la musica impazzava a pochi metri da loro. Nell’aria serpeggiava
qualcosa. Qualcosa di non detto, qualcosa di silente che allo stesso tempo
esplodeva come lo stereo nella sala.
Esistevano parole non
dette fra loro, silenzi prolungati, occhiate eloquenti. Si sfuggivano e si
cercavano di continuo senza però arrivare a nulla. Erano diventati evasivi e
silenziosi, come se il loro rapporto si fosse improvvisamente trasformato.
Erano loro o non lo erano
più?
Cosa succede quando due
persone che vivono in simbiosi per così tanti anni poi improvvisamente non lo
sono più? Chi finisce dove e chi inizia in che punto. Era possibile ancora
identificarsi del tutto da soli senza una persona che ci ha definiti e
accompagnati per così tanto tempo? Dove termina
il sottile confine che definisce cosa è il nostro essere per noi da quello che
noi siamo per gli altri?
Probabilmente non
avrebbero mai avuto risposta a questa domanda, ma guardandolo negli occhi c’era
sempre qualcosa che andava detto e rimaneva silente.
Blu contro verde. Ormai erano
abituati a scontrarsi su questo terreno da battaglia senza armi e senza parole,
dove i loro occhi mischiavano i loro colori intensi senza lasciarsi per diverso
tempo. Non serviva più parlare, i loro sguardi arrivavano a comunicare molto di
più, come se dal linguaggio si fosse passati alla telepatia.
“Ah! Oscar, André! Siete qui!
Venite, manca poco alla mezzanotte!”
Rosalie interruppe il
loro silenzio riportando il frastuono. Si voltarono contemporaneamente a
guardarla. Le sue guance rosee piene di vita e di gioia si avvicinavano ad
Oscar.
La prese per mano,
tirandola delicatamente.
“Va bene Rosalie,
rientriamo subito.”
Si voltò nuovamente verso
André, che le aveva rivolto un ultimo sguardo, per poi precederle ad entrare.
Il baccano si era
leggermente placato e tutti erano in trepidante attesa della mezzanotte, tanto
da ricercarla con lo sguardo e con le pupille dilatate per l’eccitazione. Antoniette si strinse a lei prendendola per mano.
“Che gioia essere qui con
te, mia cara Oscar.”
Il cuore di Oscar si intenerì
enormemente. Lei e Antoniette si conoscevano da più
di dieci anni e la loro amicizia era qualcosa di così cristallino e puro che
non lo avrebbe scambiato per nulla al mondo.
Si guardò ancora in giro,
ma di André nessuna traccia, era stato come inghiottito dalla marea di gente.
Mancavano pochissimo alla
mezzanotte e Alain si stava scatenando alla console provocando il suo
disappunto. Non aveva mai ballato quella robaccia e non avrebbe sicuramente iniziato
adesso. Improvvisamente le luci si spensero di botto, interrompendo bruscamente
gli invitati.
La mano di Antoniette la strinse più forte, quando un conto alla rovescia
la fece sprofondare dalla vergogna.
Ma cosa diavolo mi è
saltato in mente?
Dieci.
Nove.
Anche Rosalie le si avvicinò sorridendole. Era
stata davvero fortunata a trovare una ragazza come lei nella sua vita. Lei era
una sorella minore che aveva sempre la capacità di stupirla con la sua bontà e
il suo buon cuore.
Otto.
Sette.
Si guardò intorno, in
attesa di qualcosa, e vide Hans con in braccio la piccola Marie Thérèse che
dormiva beatamente. La salutò con la mano e lei ricambiò. Anche loro erano
amici da tantissimo tempo, e il suo amore per lui aveva ancora degli alti e dei
bassi. Il suo cuore si infiammava ancora quando lo guardava, ma da quando lui e
Antoniette si erano sposati aveva soffocato sempre
con più forza i suoi sentimenti.
Sei.
Cinque.
Bernard e Alain erano
talmente presi dal microfono e dal countdown che non notarono il suo sguardo
divertito mentre li osservava. Erano due persone nuove nella sua vita. Arrivate
da molto poco, ma che nonostante tutto le avevano dimostrato il loro affetto e
la loro lealtà.
Lei e Alain avevano avuto
un inizio molto burrascoso che sarebbe sfociato in odio se non fosse stato per
André. Avevano entrambi un carattere troppo forte e determinato per coesistere pacificamente
per lunghi periodi. Finivano in qualche modo a battibeccare per qualcosa o lui
tirava fuori qualche battuta sconcia per farla innervosire.
Quattro.
Tre.
Un gridolino di Rosalie
la fece trasalire, voltandosi immediatamente. Una piccola luce apparve dalla
porta che collegava il salone alla cucina, ma non riuscì a identificare cosa
fosse. Si avvicinava velocemente, e vide le sue sorelle sorriderle gioiosamente
mentre suo padre le rimproverava come se fossero ancora delle bambine. La nonna
piangeva ancora lacrime di commozione, mentre sua madre, Marguerite le porgeva
dolcemente un fazzoletto. La sua famiglia era strana, lo era sempre stata. Lei stessa
si considerava atipica.
Nonostante tutto aveva
imparato ad amare la sua famiglia stramba. Un padre strano con le sue
fissazioni, che nonostante tutto amava le sue figlie e sua moglie e aveva
sempre difficoltà a gestire i suoi sentimenti. Una madre dolce e affettuosa,
che le aveva insegnato ad apprezzare e a riconoscere le persone buone e generose.
Le sue pazze sorelle con quella nidiata di nipotini urlanti che ogni volta che
tornavano a casa esordivano con un Come sta la nostra piccola sorellina? Anche
se ormai di piccolo non le era rimasta nemmeno l’età anagrafica. E la nonna, che non era una sua parente biologica,
ma l’amore non aveva bisogno di sangue. L’affetto e la cura con cui aveva
cresciuto lei e André non aveva misura e non aveva parole per esprimere la sua
gratitudine.
Due.
Uno.
La luce era divenuta
sempre più forte, fino a quando la fonte era divenuta fin troppo chiara.
Joyeux
anniversaire à toi, Joyeux anniversaire à toi…
Mentre tutta la sala
intonava la canzone in tutti i modi possibili e immaginabili, André apparve
davanti a lei.
La luce delle candeline gli
illuminava il viso decorato da un bel sorriso, mentre portava con attenzione
una bellissima torta tutta decorata. Le si avvicinò con calma guardandola
dolcemente.
Si fermò davanti a lei,
senza smettere di guardarla. Sorrise, guardando l’enorme torta, sicuramente
opera della nonna. Le fiammelle delle candele illuminava solo loro due. I loro visi
dipinti di calde fiamme in attesa di essere spente.
“Esprimi un desiderio.”
Oscar sorrise di nuovo,
guardandolo di nuovo negli occhi.
La mezzanotte era scoccata
e lei soffiò. La sala ricadde nel buio con la piccola nuvola di fumo. Il
fragore esplose di nuovo, ripreso con urla, balli, auguri e canti di vario genere.
Eppure, nessuno si
accorse di quello che era appena successo.
Buon anno a tutt* voi!
Piccola storiella senza
pretese e molto leggera per salutare l’anno passato e festeggiare il nuovo.
Dubito di aver beccato l’IC,
ma ammetto che stavolta ho scritto con molto relax e solo con l’intenzione di rilassarmi,
spero vi piaccia quanto è piaciuta a me.
Se ci dovessero essere
errori, ovviamente ditemelo che li correggerò immediatamente! E André con gli
occhiali patrimonio dell’umanità.
Bye
Flitwick