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Autore: Flitwick    05/01/2022    6 recensioni
1.“Come mai hai deciso di fare questo mega party? Tu detesti il tuo compleanno, e anche le feste. Cosa ti ha spinto a farne una così mastodontica lasciando carta bianca ad Alain?”
“Volevo creare un bel ricordo.”

[Oscar/André]
2. "Cosa facciamo adesso, Alain?"
"E che cosa vuoi che ne sappia?"

[Alain/André]
3."È per suo figlio?" [...]
"No mademoiselle, è per il figlio di una cara amica."
Avrebbe potuto essere suo figlio, ma lei aveva scelto lui.

[Victor/Oscar/André]
4. "Scusate mademoiselle, ma non prendo ordini da una donna."
[Oscar/Alain]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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  TW: leggere senza aspettative

 

 

Bougies

 

 

 

Come sempre, piccolo suggerimento musicale per voi qui.

 

 

 

 

 

La musica era talmente assordante che a malapena riusciva a sentire i suoi stessi pensieri. Era stata una pessima idea, ma ormai ci era dentro fino al collo e non poteva più svignarsela in alcun modo. L’origine di quel frastuono non poteva essere nessun altro se non quello scapestrato di Alain, tutto intento a ficcare il naso fra dischi e autoparlanti. Lascia fare a me, sarà una festa sobria e di classe! Stupida lei che ci aveva quasi creduto. Doveva accorgersene dal momento in cui insieme al necessario per la festa le bottiglie di alcool si erano moltiplicate misteriosamente insieme al numero degli stereo.

Non aveva mai amato festeggiare il suo compleanno, anzi, se avesse potuto, avrebbe saltato volentieri qualsiasi festeggiamento passando direttamente al ventisei dicembre senza troppi preamboli. Oscar non aveva mai amato stare al centro dell’attenzione e i sontuosi pranzi che suo padre organizzava con tutti i soci della sua azienda per celebrare il Natale e il suo piccolo erede la mettevano sempre in soggezione. Ore e ore di supplizi ricamate di domande di cortesia, brindisi di vini pregiati e regali costosi che non avrebbe mai utilizzato.

Eppure questa volta la situazione era ben diversa, perché non solo questa volta si era sottoposta alla tortura volontariamente, ma aveva permesso ad Alain e a tutta la sua strana combriccola di metterci le grinfie sopra. Quando André glielo aveva presentato doveva aspettarselo che quell’omone avrebbe portato solo guai.

Il grande salone di casa sua era addobbato dal sontuoso albero di Natale e dalle delicate decorazioni dorate. Il grande tavolo era stato apparecchiato e ricoperto di cibi di ogni tipo, dal dolce al salato. Quando aveva timidamente accennato che avrebbe voluto festeggiare i suoi venticinque anni, la nonna di André per poco non era svenuta dalla gioia.

“La mia bambina! La mia piccola compie ben venticinque anni!

“Quando li ho compiuti io a malapena mi hai cucinato una torta.”

“Fa silenzio, nipote screanzato!”

Era una novità che lei stessa chiedesse di festeggiare, e tutta la sua famiglia, ma anche i suoi amici si erano dati da fare per dare vita a quel grandissimo casino che si stava scatenando. André si era occupato di avvertire tutti e fare in modo di avere il miglior dj di tutta Parigi, o almeno così si considerava Alain. Rosalie in preda all’euforia, una volta ricevuta la notizia, l’aveva abbracciata con forza facendola arrossire per l’imbarazzo. Antoniette gioiosa che la sua amica finalmente festeggiasse qualcosa, le aveva donato un costosissimo abito disegnato da lei stessa che Oscar aveva guardato con enorme disappunto, ma che non poteva in alcun modo rifiutare.

La nonna lo aveva trovato immediatamente dopo che aveva tentato miseramente di nasconderlo e aveva dovuto cedere.

“È così che si veste una signorina!”

“Non riesco a respirare così!”

“Stai ferma! So io come vanno certe cose.”

E adesso si ritrovava imbalsamata in quell’abito celeste con cui a malapena riusciva a respirare.

Cercò di muoversi e scansare tutte le persone che ballavano, ben attenta a non colpire nessuno e a non farsi male.

“Wow, zia Oscar, questa festa è beeeellissima!”

Aveva esclamato Loulou, passandole vicino, mentre si scatenava sulla pista da ballo con la piccola Marie Thérèse.

Le aveva sorriso, per poi darsela a gambe non appena aveva notato una finestra aperta della stanza. Si moriva dal caldo e l’abito non le permetteva di respirare regolarmente.

Sgusciò via e appena l’aria fredda della notte la investì si sentì subito meglio. La temperatura era altissima dentro, non solo a causa della moltitudine di corpi danzanti, ma anche per i camini accesi e roventi che donavano un’atmosfera tipicamente natalizia.

Non aveva ancora nevicato quell’anno, l’inverno era appena iniziato, ma si prospettava pacifico e mite. Temperature gradevoli e piogge poco insistenti avevano accompagnato le sue giornate di lavoro in ufficio, eppure un poco ci sperava ancora, perché tutto sommato la neve le piaceva. Dava a tutto un colore magico e sereno. I giardini di palazzo De Jarjayes diventavano magnifici con quei tocchi di bianco, e non vedeva l’ora di poter ammirare quello spettacolo ancora una volta.

Scosse la testa con un leggero sorriso, pensando che dopo questa festa ne avrebbe avuto abbastanza fino alla morte. Il karaoke l’aveva traumatizzata a sufficienza. Sentì dei brividi lungo la schiena, a quanto pareva il calore in eccesso della sala la stava abbandonando definitivamente, ma piuttosto che rientrare e sorbirsi l’ennesima canzone discutibile cantata da Alain e Bernard avrebbe patito il gelo.

Improvvisamente qualcosa di caldo le toccò le spalle, facendola sobbalzare dalla sorpresa. Si voltò allarmata, ma chi le si parò davanti la fece tranquillizzare.

André.

“Così ti raffredderai.” Le porse gentilmente una giacca che molto probabilmente doveva appartenergli. Per l’occasione aveva tirato fuori la sua camicia migliore, di un bel blu notte. Gli occhiali argentati brillavano alla luce della luna, facendo un bel contrasto coi capelli corvini. Non appena Alain lo aveva visto una risata fragorosa gli era partita con annesso un ora sei ufficialmente un secchione quattrocchi. A cui André aveva risposto con un pugno sulla testa del malcapitato. Nonostante tutto, Oscar trovava che si adattassero bene al suo viso, anche se effettivamente lo rendevano ancora più secchione di quanto non fosse già nel laboratorio di ricerca per cui lavorava.

“Grazie André.”

Prese la giacca infilandosela velocemente e avvertendo immediatamente il tepore avvolgerla. Doveva averla tenuta addosso fino a poco prima per avere ancora addosso il suo odore. Lo vide sorriderle gentilmente mentre si appoggiava al balcone vicino a lei.

Erano cresciuti insieme in quella casa, quindi non la stupiva che quella fosse un poco anche casa sua. Anche se sul campanello figurava un altro cognome e se alle feste spesso faceva da cameriere anziché da invitato, ma questa volta era diverso. Nessun collaboratore domestico, nessun cameriere, né cuoco. Oscar non aveva voluto niente di tutto ciò e tutti coloro che lavoravano per suo padre potevano scegliere se partecipare alla festa come invitati o semplicemente passare la Vigilia di Natale a casa.

André era rimasto, ovviamente. Avevano trascorso tutti i Natale e compleanni insieme sin dalla tenera età di sette anni, non avrebbero iniziato sicuramente a venticinque a vivere separatamente.

Lo osservò di sbieco mentre era intento a guardare di sotto le fontane spente del giardino.

Era strano pensare ad una vita senza André. Non era esistito anno, settimana o giorno senza di lui. Avevano giocato insieme, studiato insieme, si erano allenati insieme. Non esisteva quasi secondo della sua vita che non fosse scandito dalla sua presenza, eppure da quando avevano iniziato a lavorare in due posti diversi la situazione era mutata.

Non si vedevano più tutti i giorni, non sempre i loro pasti coincidevano, non sempre i messaggi arrivavano in tempo reale. Persino i loro amici non coincidevano più. A causa dei loro impegni lavorativi non potevano più praticare scherma insieme, e questo aveva spinto entrambi in nuove direzioni. Sfortunatamente in quella di André era capitato Alain e i suoi amici pazzi.

Nonostante tutto, si ritrovavano sempre. Era strano, ma finiva sempre così. Potevano passare giorni senza parlarsi, per poi ritrovarsi a mangiare i biscotti della nonna in piena notte come quando erano piccoli e a conversare sul lavoro o sui libri che avevano letto.

Si voltò, sentendosi osservato, sorridendole amabilmente.

“Come mai?”

“Cosa?”

Lo vide trattenere una risatina. “Come mai hai deciso di fare questo mega party? Tu detesti il tuo compleanno, e anche le feste. Cosa ti ha spinto a farne una così mastodontica lasciando carta bianca ad Alain?”

Distolse gli occhi dal suo sguardo divertito, perché in fin dei conti anche a lei veniva da ridere. André aveva ragione, odiava tutto ciò che era presente in quella stanza. Il suo ultimo compleanno in cui era stata contenta di festeggiare aveva forse undici anni e lei e André si erano ubriacati col vin brûlé.

Non sapeva dare una vera risposta a questa domanda, ma sentiva che questa volta doveva festeggiare in qualche modo.

“Volevo creare un bel ricordo.”

Si guardarono in silenzio, mentre la musica impazzava a pochi metri da loro. Nell’aria serpeggiava qualcosa. Qualcosa di non detto, qualcosa di silente che allo stesso tempo esplodeva come lo stereo nella sala.

Esistevano parole non dette fra loro, silenzi prolungati, occhiate eloquenti. Si sfuggivano e si cercavano di continuo senza però arrivare a nulla. Erano diventati evasivi e silenziosi, come se il loro rapporto si fosse improvvisamente trasformato.

Erano loro o non lo erano più?

Cosa succede quando due persone che vivono in simbiosi per così tanti anni poi improvvisamente non lo sono più? Chi finisce dove e chi inizia in che punto. Era possibile ancora identificarsi del tutto da soli senza una persona che ci ha definiti e accompagnati per così tanto tempo?  Dove termina il sottile confine che definisce cosa è il nostro essere per noi da quello che noi siamo per gli altri?

Probabilmente non avrebbero mai avuto risposta a questa domanda, ma guardandolo negli occhi c’era sempre qualcosa che andava detto e rimaneva silente.

Blu contro verde. Ormai erano abituati a scontrarsi su questo terreno da battaglia senza armi e senza parole, dove i loro occhi mischiavano i loro colori intensi senza lasciarsi per diverso tempo. Non serviva più parlare, i loro sguardi arrivavano a comunicare molto di più, come se dal linguaggio si fosse passati alla telepatia.

“Ah! Oscar, André! Siete qui! Venite, manca poco alla mezzanotte!”

Rosalie interruppe il loro silenzio riportando il frastuono. Si voltarono contemporaneamente a guardarla. Le sue guance rosee piene di vita e di gioia si avvicinavano ad Oscar.

La prese per mano, tirandola delicatamente.

“Va bene Rosalie, rientriamo subito.”

Si voltò nuovamente verso André, che le aveva rivolto un ultimo sguardo, per poi precederle ad entrare.

 

Il baccano si era leggermente placato e tutti erano in trepidante attesa della mezzanotte, tanto da ricercarla con lo sguardo e con le pupille dilatate per l’eccitazione. Antoniette si strinse a lei prendendola per mano.

“Che gioia essere qui con te, mia cara Oscar.”

Il cuore di Oscar si intenerì enormemente. Lei e Antoniette si conoscevano da più di dieci anni e la loro amicizia era qualcosa di così cristallino e puro che non lo avrebbe scambiato per nulla al mondo.

Si guardò ancora in giro, ma di André nessuna traccia, era stato come inghiottito dalla marea di gente.

Mancavano pochissimo alla mezzanotte e Alain si stava scatenando alla console provocando il suo disappunto. Non aveva mai ballato quella robaccia e non avrebbe sicuramente iniziato adesso. Improvvisamente le luci si spensero di botto, interrompendo bruscamente gli invitati.

La mano di Antoniette la strinse più forte, quando un conto alla rovescia la fece sprofondare dalla vergogna.

Ma cosa diavolo mi è saltato in mente?

Dieci.

Nove.

 Anche Rosalie le si avvicinò sorridendole. Era stata davvero fortunata a trovare una ragazza come lei nella sua vita. Lei era una sorella minore che aveva sempre la capacità di stupirla con la sua bontà e il suo buon cuore.

Otto.

Sette.

Si guardò intorno, in attesa di qualcosa, e vide Hans con in braccio la piccola Marie Thérèse che dormiva beatamente. La salutò con la mano e lei ricambiò. Anche loro erano amici da tantissimo tempo, e il suo amore per lui aveva ancora degli alti e dei bassi. Il suo cuore si infiammava ancora quando lo guardava, ma da quando lui e Antoniette si erano sposati aveva soffocato sempre con più forza i suoi sentimenti.

Sei.

Cinque.

Bernard e Alain erano talmente presi dal microfono e dal countdown che non notarono il suo sguardo divertito mentre li osservava. Erano due persone nuove nella sua vita. Arrivate da molto poco, ma che nonostante tutto le avevano dimostrato il loro affetto e la loro lealtà.

Lei e Alain avevano avuto un inizio molto burrascoso che sarebbe sfociato in odio se non fosse stato per André. Avevano entrambi un carattere troppo forte e determinato per coesistere pacificamente per lunghi periodi. Finivano in qualche modo a battibeccare per qualcosa o lui tirava fuori qualche battuta sconcia per farla innervosire.

Quattro.

Tre.

Un gridolino di Rosalie la fece trasalire, voltandosi immediatamente. Una piccola luce apparve dalla porta che collegava il salone alla cucina, ma non riuscì a identificare cosa fosse. Si avvicinava velocemente, e vide le sue sorelle sorriderle gioiosamente mentre suo padre le rimproverava come se fossero ancora delle bambine. La nonna piangeva ancora lacrime di commozione, mentre sua madre, Marguerite le porgeva dolcemente un fazzoletto. La sua famiglia era strana, lo era sempre stata. Lei stessa si considerava atipica.

Nonostante tutto aveva imparato ad amare la sua famiglia stramba. Un padre strano con le sue fissazioni, che nonostante tutto amava le sue figlie e sua moglie e aveva sempre difficoltà a gestire i suoi sentimenti. Una madre dolce e affettuosa, che le aveva insegnato ad apprezzare e a riconoscere le persone buone e generose. Le sue pazze sorelle con quella nidiata di nipotini urlanti che ogni volta che tornavano a casa esordivano con un Come sta la nostra piccola sorellina? Anche se ormai di piccolo non le era rimasta nemmeno l’età anagrafica.  E la nonna, che non era una sua parente biologica, ma l’amore non aveva bisogno di sangue. L’affetto e la cura con cui aveva cresciuto lei e André non aveva misura e non aveva parole per esprimere la sua gratitudine.

Due.

Uno.

La luce era divenuta sempre più forte, fino a quando la fonte era divenuta fin troppo chiara.

Joyeux anniversaire à toi, Joyeux anniversaire à toi

Mentre tutta la sala intonava la canzone in tutti i modi possibili e immaginabili, André apparve davanti a lei.

La luce delle candeline gli illuminava il viso decorato da un bel sorriso, mentre portava con attenzione una bellissima torta tutta decorata. Le si avvicinò con calma guardandola dolcemente.

Si fermò davanti a lei, senza smettere di guardarla. Sorrise, guardando l’enorme torta, sicuramente opera della nonna. Le fiammelle delle candele illuminava solo loro due. I loro visi dipinti di calde fiamme in attesa di essere spente.

“Esprimi un desiderio.”

Oscar sorrise di nuovo, guardandolo di nuovo negli occhi.

La mezzanotte era scoccata e lei soffiò. La sala ricadde nel buio con la piccola nuvola di fumo. Il fragore esplose di nuovo, ripreso con urla, balli, auguri e canti di vario genere.

Eppure, nessuno si accorse di quello che era appena successo.

 

 

 

 

Buon anno a tutt* voi!

Piccola storiella senza pretese e molto leggera per salutare l’anno passato e festeggiare il nuovo.

Dubito di aver beccato l’IC, ma ammetto che stavolta ho scritto con molto relax e solo con l’intenzione di rilassarmi, spero vi piaccia quanto è piaciuta a me.

Se ci dovessero essere errori, ovviamente ditemelo che li correggerò immediatamente! E André con gli occhiali patrimonio dell’umanità.

Bye

Flitwick

  
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