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Autore: Brume    07/01/2022    4 recensioni
Oscar, a casa ammalata, scrive una lettera ad Andrè, distante da lei; siamo nella Parigi moderna (a vostro piacimento, collocate la data che più vi aggrada) ed i due hanno due vite apparentemente separate, indipendenti. Questo darà il via ad una situazione sovrannaturale che li riporterà nel passato, dove loro faranno ciò che dovrà essere fatto...
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Vi ringrazio di cuore  per le recensioni e ringrazio chiunque sia passato di qui anche solo per curiosità.
Purtroppo,  non essendo in buona salute - speriamo passi presto - la mia costanza è venuta un pò meno e dipende molto dalle condizioni di ogni giorno. Perdonate se non rispondo sempre. 
Detto ciò: siamo quasi alla fine di questa storia, manca davvero poco.... !!!

Barbara






LA VERITA'

 

Andrè riprese il cavallo, aggiustando la sella come sapeva fare, poi uscì. 

Troppe cose nella testa, troppi pensieri .e poi, quel sentimento forte più che mai che d' un tratto si era risvegliato e, forse anche per la situazione, amplificato lo rendevano nervoso. Era tutto così irreale: ringraziò il suo carattere e la sua forza per aver tenuto duro sino ad ora ma...si chiese, tuttavia, per quanto ci sarebbe riuscito.

Di lì a tre giorni sarebbe tornato a Parigi con lei.

 E poi?
Avrebbero atteso, tra un bicchiere di vino e l' altro, la data della loro morte, seguendo il destino di qualcun’ altro?
Ma poi, perchè…perchè loro?
Perchè erano stati riportati li?

Lui, che era parso così tranquillo, quasi rassegnato al destino.

Lui, che aveva detto ad Oscar che in una maniera o nell’ altra avrebbero fatto ciò che sarebbe stato richiesto…. 

Lui…fu colto da un terrore senza fine.
 

Fermò il cavallo, lo legò ad un albero; poi, nel mezzo di una radura lontana - dalla quale si poteva notare il profilo del villaggio con il campanile stagliato verso il cielo terso - urlò,  tutto il proprio dolore e la propria  impotenza; infine, una volta calmato, crollò sulle ginocchia, nella neve. 

Ma non sembrò servire a molto, anzi. Rimase così  immobile, per un pò, fissando la neve 

tutt’ intorno. Sentì suonare dapprima le dieci, poi le undici, infine il mezzogiorno.
Decise che forse era ora di tornare; si alzò, dunque, ma fu colto da un capogiro.

Gli mancò il fiato.

Tutto si fece nero. 

In ultimo,un dolore forte alla testa: poi, silenzio.



 

Quando si risvegliò, con sue enorme stupore, si trovava nel letto di casa sua. 

A Parigi.

Di sera.

 

In preda al panico, si levò a sedere; una fitta lo colse.

 

“Oscar!” urlò, quasi automaticamente. 

 

Dimmi che sei tornata anche tu….

 

“...sono qui…Andrè” sentì in risposta.

 

Si alzò, piano.

 Cercò di capire da che parte fosse arrivata la voce. Dopo aver vagato per le stanze aprì la porta del bagno e li  la trovò, rannicchiata in un angolo, gli occhi spiritati.

“..Oscar…vieni….” le disse, sollevandola.

 Una volta in piedi, la portò verso la camera e la fece stendere sul letto, dove si sistemò anch’ esso.

“....Che succede? Perchè….siamo qui?” domandò lei.

“Non lo so….non so cosa pensare” rispose lui, con un filo di voce. 

Allungò la mano verso di lei per darle una carezza e solo allora notò che aveva - anzi, avevano - recuperato abiti normali.

 

Oscar , stesa su di un fianco, si avvicinò ad Andrè che, istintivamente, la prese tra le braccia.

“Dove….dove eri andato? Dopo che sei andato via, ti ho aspettato…per tre ore. Stavo uscendo per venirti a cercare quando…un gran mal di testa mi ha colta e sono crollata, esanime…” 

 

Andrè sospirò.

 

“Ero…uscito a cavallo, mi trovavo poco distante dal paese…e ad un certo punto, quando stavo tornando da te…mi è accaduta la tua stessa cosa” rispose tagliando corto.

 

Oscar si strinse ancora di più a lui.

 

“...Non so se riuscirò ancora a reggere tutto questo, , Andrè: torniamo a casa mia, insieme, e cerchiamo una soluzione” disse lei.

Andrè pensò che sarebbe stata una buona idea, tuttavia si chiese cosa altro potessero fare. Non aveva molte idee e nemmeno speranze. 

“Va bene” rispose “ se stai meglio…possiamo tornarci anche ora.”

Oscar annuì; si sciolse da quell’ abbraccio e si mise a sedere, lo sguardo rivolto ai suoi piedi.

Andrè si alzò, cercando di cacciare via il mal di testa che stava diventando sempre più forte;  poi si recò da lei, alla quale porse la mano che Oscar accettò, calda ed avvolgente.

“Andiamo” le disse, dunque; i due, infilate le scarpe, uscirono nella sera, camminando fianco a fianco, finchè non trovarono un taxi.



 

Nanny fu sorpresa di vederli.

 Talmente sorpresa che quasi scoppiò a piangere.

 

“Non ti vedo da tempo, Andrè…ed anche tu, Oscar….che fine avete fatto?” domandò non appena li vide, sulla porta.

 Era pallida.

Oscar e Andrè si fissarono.

“....Nanny, scusaci. Abbiamo avuto molto lavoro da fare” disse lei dopo un momento di indecisione, entrando in casa. 

 

“Che può essere accaduto, anche qui?” domandò poi ad Andrè. Lui scosse la testa. 

 

“Venite, è giusto pronta la cena. Ditemi, cosa avete fatto negli ultimi due mesi? Oscar, tu mi sei sparita così, senza dire nulla…. “ disse Nanny.

 

Due mesi? pensarono, all’ unisono, dandosi una rapida occhiata. Brividi percorsero i loro corpi.
 

“Siamo stati sotto copertura, nonna” rispose pronto  Andrè. La curiosità della donna fu apparentemente colmata.

“Tu come stai? I miei genitori si trovano in casa?” domandò infine Oscar.

 Gironzolando per la casa notò che nulla era cambiato.

Tirò un sospiro di sollievo.

 

Nanny, davanti a loro, chiese se avessero mangiato. Al loro diniego si diresse in cucina chiedendo loro di seguirla.

“I tuoi genitori sono da tua sorella  Louise e rientreranno tra due giorni." rispose "voi, ditemi: vi fermerete qualche giorno?" 

Andrè guardò Oscar.

".... una settimana" buttò  lì l’ uomo  "abbiamo bisogno di riprenderci". 

Anche lei ripetè la stessa cosa.

 

Nanny lo fece accomodare: ritrovarsi tutti intorno a quel tavolo scaldò loro il cuore ed  il resto della serata passò dunque tra chiacchiere leggere. Per un attimo , parvero perfino  dimenticare quasi  tutto, complici anche parecchi bicchieri di cognac che sembrò aiutarli non poco. Ritrovarono persino il sorriso.

 

"Andrè, forse dovremo andare a dormire" disse Oscar ad un certo punto. 

Ancora padrona di sé ma con il volto colorito, provò ad alzarsi dal divanetto ma dovette subito ricredersi: tra la stanchezza, tutte le emozioni della giornata ed il bere, il suo corpo iniziava a dare  segni di cedimento.

"...Oscar, forse hai ragione" rispose lui alzandosi a sua volta avvicinadosi per sorreggere la donna. "...dai, ti accompagnò in camera…".

 

Oscar si lasciò condurre, sottobraccio, fino alla sua stanza. 

Dove tutto iniziò. 

 Ma prima che Andrè la lasciasse, lo trattenne.

"Resta. Ho paura" disse.

Andrè l' aveva davvero sentita e colta  poche volte in quello stato...Lei, che da piccola lo consolava quando aveva timore di qualcosa lei, che in età adulta fu la prima a scegliersi quel mestiere così pericoloso….Lei, che molte volte lo aveva spronato….

 

"Si, rimango" rispose;  entrò quindi e prese posto, senza aggiungere nulla, sulla chaise longue di fronte al letto. Oscar si assentò giusto un attimo e poi tornò, una volta messa in libertà, infilandosi subito a letto.

Non vi furono grandi chiacchiere; si diedero semplicemente la buonanotte e poi, dopo nemmeno pochi minuti, Oscar sprofondò nel sonno.

Andrè rimase a guardarla, teneramente, spinto dall’ istinto di stendersi accanto  e tenerla a sè, avvinta, stretta; tuttavia, pensò che forse era meglio se non si fossero addormentati entrambi , quasi se lo stare sveglio avesse potuto evitare ulteriori spostamenti nel tempo e nello spazio. Decise, quindi, di mantenersi attivo e di lì a poco gli balenò una idea: sarebbe andato in biblioteca a cercare notizie di questa assurda e strana leggenda. Avrebbe forse fatto qualcosa di utile.

 

Piano piano, in punta di piedi, uscì dalla stanza pregando la contempo che al suo ritorno Oscar fosse ancora li; quindi, si avviò verso la grande biblioteca dove, una volta accese le luci, ci rimase per almeno un’ ora e tre quarti.
Ispezionò con cura tomi conosciuti e sconosciuti; cercò nella sezione di famiglia, ovvero quella parte della biblioteca dedicata alla storia della famiglia Jarjayes, ma sembrò non trovare nulla di quando già sapesse.

Eppure dovrebbe esservi qualcosa pensò, frugando tra i libri; se vi è una leggenda che si tramanda, qualcuno l’ avrà pur scritta da qualche parte…

 

Ma nulla, davvero, sembrava potesse fare al caso suo.

 

Decise, deluso, che sarebbe ritornato nella stanza ed, eventualmente, avrebbe ripreso le ricerche l’ indomani.  Prima di uscire e spegnere le luci raccolse un libello, appoggiato sul tavolo, giusto per aiutarlo a tenersi sveglio ed infine, richiuso tutto, tornò da lei; tutto era a posto, Oscar dormiva beata. 

Senza pensarci più e facendo molta attenzione si infilò quindi sotto le coperte, accanto a lei; sistemò i cuscini in modo da poter mantenere una posizione semi- seduta e, dopo aver guardato il volto rilassato della  donna ancora una volta, prese a leggere.


Abbè Leonard

 Storie sacre e profane 

di Francia

1810


“...ma pensa un pò” disse a bassa voce, sorridendo “ beh…meglio che niente…magari…magari ci troverò qualcosa” .

 

Oscar forse sentì la sua voce, forse fu un caso…ma dopo pochi secondi aprì gli occhi. 


“Mi dispiace averti svegliato, me ne vado subito” disse Andrè senza neppure attendere che parlasse. La mano della donna lo fermò prima che scendesse dal letto.

 

“Devi aprire quel libro” disse Oscar o, meglio, una voce che uscì dal suo corpo ma che non sembrava appartenere a quel mondo e tantomeno alla donna che aveva vicino “ li troverai la soluzione”.

 

Andrè per poco non collassò.

 

Non posso crederci, non è vero. Sto sognando disse, mentre l’ eco di quelle parole si diffondeva nel suo cervello. 

Ebbe paura a voltarsi.

 Ma lo fece.

 

“Oscar, cosa dici? “ domandò.

Lei lo fissava quasi incredula, gli occhi sgranati.
“....non ho aperto bocca…” gli rispose con voce impastata “ mi sono svegliata ora e…ti stavo guardando…”

 

Andrè lanciò il libro lontano da loro.

 

“ma…ma che ti prende?” domandò la donna. Andrè si alzò, fece alcuni passi. Era fuori di sè.

 

“...Ho appena sentito una voce, non la tua,  arrivare dal tuo corpo: mi ha detto di aprire quel libro” disse indicandolo con la mano. Oscar, che ora stava seduta sul letto abbracciando le proprie ginocchia, osservò il libro.

 

“Dove lo hai preso?” chiese.

 

“...dalla biblioteca. Sono andato la per cercare qualcosa che potesse fare al caso nostro e , non trovando nulla, sono uscito. Ma prima ho preso dal tavolo , del tutto a caso, quel libello….”.

Oscar notò che era sconvolto più di quando desse a vedere.
Si alzò dunque, trascinandosi quei pochi metri, raccogliendo il libro.

“....lo ha scritto un prozio di mio padre, era un religioso” disse. 

Poi tornò a letto e con noncuranza appoggiò il libro davanti a sè.

 

“Andrè…vieni qui.  Cosa hai sentito, esattamente?” chiese.
Lui, riprendendo a camminare avanti e indietro, le rispose.

“...Ho sentito una voce. Ma non eri tu. Quella voce mi ha detto di leggere il libro, li troveremo la soluzione” rispose. 

Era pallido, sudava freddo.

 

Oscar sospirò.

Si, era decisamente una situazione pazzesca, assurda.

 Impossibile e incomprensibile, anche… 

 

“Andrè….”

La voce, che parve quasi una supplica, raggiunse il cuore dell’ uomo.

“Dimmi…” rispose. 

“Dobbiamo leggerlo….” disse lei “ a questo punto, dobbiamo davvero leggerlo….” 

 

Andrè reagì.

 

“Io non capisco, non riesco più a mantenere la calma…non so più cosa dire o pensare….” le urlò in faccia.

 

C’era da immaginarselo pensò lei prima o poi uno di noi doveva sbottare….Andrè, caro Andrè…vedrai, ce la faremo…

 

“ Ascoltami.  Credi non mi sia fatta mille domande? Credi non abbia paura? Ma che cosa dobbiamo fare? Andare dallo psicologo della sezione criminale e raccontargli tutto? Ti rendi conto? Andrè: proviamoci! Proviamo a fare qualcosa , ora che abbiamo un indizio” gli disse e poi, vedendo che restava immobile, lo raggiunse.

“Andrè…ti prego” gli disse.
Prese la sua mano e la poggiò sul suo cuore.

Andrè annuì. 

 

Si lasciò allora guidare da lei, verso il letto; una volta seduti sulla morbida superficie, Oscar si allungò per prendere il libro che poggiò sulle proprie gambe.

“Forza, leggiamolo” disse  sfiorando con le dita la copertina e aprendo la prima pagina.

 

Ebbero solo il tempo di guardarsi negli occhi: una luce li avvolse portandoli ancora una volta lontani. Quando il turbinio di luce e suoni si fermò, tuttavia, non si ritrovarono dove erano rimasti, no. 

Si trovavano in una stanza arredata in modo spartano: per la precisione, sembrava proprio essere  il quartier generale della Garde Française. Riconobbero alcune antiche insegne ma soprattutto Lei: China sulla scrivania, la donna stava vergando parole piene di rabbia e dolore su di un foglio immacolato; la penna d’oca si muoveva veloce, senza sosta.

 

Andrè ed Oscar si guardarono.

 

Quasi con timore, camminarono nella sua direzione; ma all’ improvviso una porta dietro di loro si aprì ed entrò un uomo, un marcantonio, che andò diretto verso la donna senza neppure degnarli di uno sguardo.

 

I due si strinsero la mano.

 

Comandante, è ora di andare disse l’ uomo alla Oscar di allora. 

Lei alzò il viso che scoprirono colmo di lacrime ed annuì; poi prese il mantello ed uscì.

 

Andrè fissò Oscar, la sua Oscar; era sconvolta, gli occhi fissi davanti a sè.

 

Poi la vide partire di gran carriera.

La sua Oscar raggiunse la scrivania e prese il foglio, che lesse d’ un fiato.


Mio caro Andrè, il mio cuore è andato in pezzi quando, stamane, ti ho salutato. Tu dormivi, beato, nel letto che è diventato nostro: non ho avuto il coraggio di svegliarti.
Perdonami.

Non è stato semplice fare questa scelta, lo sai. Ma almeno uno di noi deve sopravvivere.

Avrei voluto una vita diversa.

 

Ma è troppo tardi.

Avrei dovuto essere più leale con me stessa e magari meno verso la causa. Avrei dovuto avere più coraggio.

Ti amo.

 

Per sempre tua, Oscar.


L’ altra Oscar rialzò lo sguardo da quei fogli: fissò il suo Andrè, quello vestito in Jeans, camminando verso di lui con il braccio teso. Gli mostrò la lettera.

 

Andrè impallidì.

 

“Ed ora?” domandò con voce tremante.

Oscar lo guardò.

“.... Adesso ho capito cosa dobbiamo fare. Andrè, seguimi: dobbiamo fermare Oscar. Solo così potremo riportare le cose in stallo e far si che si ricongiunga con…te prima che sia troppo tardi” disse. 

La voce era rotta dal pianto.

 

Andrè si sentì avvolto da una immensa tristezza.
Guardò la donna davanti a sè.

“Facciamolo” disse; quindi, uscirono insieme , raggiungendo la folla per le strade, mano nella mano.

 
   
 
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