5 – Le paure di Oscar
La carrozza elegante varcò a sprone battuto il cancello
della tenuta, e attraversò il viale principale, sollevando nugoli di polvere
che andavano a dissolversi nell’aria tersa del primo pomeriggio.
La vettura si arrestò quasi di botto con uno scalpiccio di
cavalli, davanti allo scalone dell’ ingresso di palazzo Jarjayes; la portiera
si aprì e ne scese una giovane donna dai capelli biondo cenere e gli occhi del
colore del mare in tempesta.
L’ ampia veste indossata dalla nuova arrivata era indizio
che la donna fosse incinta e dalle dimensioni della pancia, non doveva mancare
molto al lieto evento, forse un paio di mesi o poco più.
Con zelo, la vecchia governante corse incontro alla giovane
per accoglierla come si conveniva a una signora dell’alta società, e si inchinò
in segno di rispetto mentre la donna le porgeva il saluto.
“Buongiorno Nanny, sono venuta a trovare mia madre, credo mi
stia aspettando.”
“Infatti vostra madre vi attendeva con ansia e preoccupazione:
nelle vostre condizioni non dovreste affrontare un viaggio in carrozza, per
quanto breve.”
“Suvvia Nanny, non rimproverarmi. Parigi non è agli estremi
del mondo, e la mia gravidanza sta andando benissimo. Non è la prima, del
resto.”
Catherine entrò in casa e si diresse decisa verso il salotto
dove Madame Jarhayes stava attendendo l’arrivo della figlia appresso ad un
ricamo. La moglie del generale sollevò gli occhi dal punto croce e li puntò in
direzione della porta, mentre la quartogenita entrava nella stanza e tendeva le
mani verso la madre prima di salutarla. Assomigliava molto a Oscar nei tratti
del volto, ma gli occhi erano diversi, accesi ma meno severi.
“Buongiorno cara madre.” Esordì baciandola sulla guancia e
sorridendo.
“Buongiorno a te, mia cara. Com’è stato il viaggio? Siediti
e riposati, non devi affaticare il tuo fisico. Come sta mio nipote? Perché non
hai portato anche George?”
All’assalto delle domande, la figlia rispose con pazienza,
contenendo l’apprensione di Marguerite. Madre e figlia parlottarono per un po’,
soprattutto del nascituro erede del marchese De Mayne, e delle aspettative
attorno ad esso.
Poi Catherine fu distratta da un cozzar di spade che
proveniva dall’ esterno; si affacciò alla finestra del primo piano che dava sul
retro del giardino e vide la sorella minore mentre duellava con il suo giovane
attendente. Osservò la scena qualche istante e colse l’espressione concentrata
di Oscar, le gote arrossate per l’affanno e uno strano sorriso che ogni tanto
affiorava sulle labbra color ciliegia.
“Madre, non sapevo che Oscar fosse a casa. Credevo fosse a
Versailles dalla Delfina. Vi dispiace se vado a salutare la mia sorellina?
Altrimenti non so quando avremo un’ altra occasione per vederci, io e lei.”
“Ma no, certamente. Farà piacere anche a Oscar. Non vi
vedete da molto.”
Catherine si allontanò dal salotto e puntò in direzione
delle grandi porte finestre che davano sul magnifico giardino della villa.
Uscì e percorse il breve tratto tra l’erba che la separava
dal luogo in cui si trovava Oscar. Mentre si avvicinava, poteva sentire il
clangore forte dell’ acciaio delle lame e le voci concitate dei due ragazzi che
si sfidavano; li colse nel momento in cui André parava un affondo della sua
avversaria.
“Oscar!”
I due ragazzi si bloccarono di colpo voltandosi al suono
della sua voce. Mentre si arrestava davanti a lei, la sorella minore le
restituì uno sguardo vagamente sorpreso, al che Catherine si sentì stranamente
a disagio sotto l’espressione indagatrice di Oscar che indugiava perplessa
sulle forme rotonde della sua figura.
Erano mesi che non si incontravano, e l’ultima volta che si
erano viste, il suo stato interessante non si notava ancora.
“Oscar come stai? Non mi saluti nemmeno?”
“Ciao Catherine. Non mi aspettavo di vederti.” Le rispose
l’altra con voce incolore.
“Scusa se ho interrotto il tuo allenamento con André. Volevo
fare quattro passi in giardino e potresti accompagnarmi. Ti dispiace?”
“Certo che no. – Poi si rivolse ad André – Per oggi basta
così, vai a posare le spade, per favore.”
André si apprestò a fare ciò che gli era stato ordinato, e
mentre si allontanava, Catherine espresse un’ altra richiesta.
“Per favore, dì a Nanny di prepararmi una buona tazza di tè.
La prenderò più tardi.”
“Sarà fatto, Madame.” Rispose l’attendente prima di
allontanarsi verso il palazzo, lasciando sole le due sorelle.
Cinque anni le separavano, ma Catherine era forse tra le
sorelle maggiori, quella con cui Oscar aveva minor confidenza: poco affini
caratterialmente, Catherine possedeva da sempre un temperamento decisamente
vacuo e capriccioso, talvolta esuberante, troppo lontano dallo spirito
riservato della sorella minore. Eppure Oscar provava verso la sorella una
profonda tenerezza e talvolta, si lasciava coinvolgere dal suo genuino
entusiasmo.
“Sei sempre bellissima, mia cara. Anzi, mi sembri ancora più
affascinante dall’ultima volta che ci siamo viste. Sai Oscar, che
tendenzialmente potresti avere un mucchio di ammiratori, se solo volessi? Sono
certa che farebbero la fila per te.”
“Che assurdità. Non ho certo il tempo di pensare a queste
cose: il mio essere un soldato viene prima che essere una donna.”
“Questa è una grossa sciocchezza, mia cara. Sei una donna, e
sarebbe innaturale e azzardato non tener conto di questo…” obbiettò Catherine
di rimando.
“La maggior parte di coloro che potrebbero farmi la corte,
sono soggetti assai poco interessanti che mi farebbero annoiare a morte con i
loro stupidi discorsi. E al primo che osasse fare una cosa simile, gli farei
passare subito ogni estro di conquista.”
“Sei prevenuta, ecco tutto; tu sei una ragazza, e
l’educazione maschile non può mutare la tua natura, nonostante quello che dice
nostro padre. Prima o poi, dovrai fare i conti con questa realtà.”
Oscar sbuffò.
“È il tuo stato che ti fa parlare così. Non deve mancare
molto ormai.”
“Circa due mesi e mezzo, poi diventerai zia un’ altra
volta.”
“Se per questo, ho già perso il conto dei miei nipoti: una
decina se non sbaglio.”
“Stai parlando dei figli delle tue sorelle come se fossero
le pistole nella bacheca di nostro padre.”
“Scusa Catherine la mia poca sensibilità per queste cose;
non mi preoccupo molto di mantenermi aggiornata e sai che la mia pazienza con
bambini e infanti è molto scarsa.”
“Lo so, lo so. Però io stavo parlando sul serio. Tu hai già
diciotto anni, l’età più bella per innamorarsi.”
Catherine fece una pausa con l’aria di chi stesse
rimuginando su qualcosa. Quando accadeva, Oscar sapeva che doveva preoccuparsi;
certi silenzi della sorella erano preludio di parole audaci e di solito
sfrontate.
“Tu pensi mai a… certe
cose, Oscar?”
“Ehh!!! Ma che domanda è?”
“Suvvia, hai capito benissimo quello che intendo; - quindi
le si avvicinò per bisbigliarle qualcosa nell’orecchio. – Il sesso, Oscar.
Avrai anche tu certe esigenze. Devi trovare il modo di soddisfarle e non si può
sempre fare da soli. È una cosa naturale, sia per gli uomini che per le donne.”
Oscar sgranò gli occhi di fronte all’incredibile
sfacciataggine della sorella maggiore, che si permetteva di parlare con libertà
eccessiva di argomenti che una signora avrebbe dovuto evitare, per buona
educazione.
“Catherine, ma che ti salta in mente! Sei impazzita? Nostra
madre non approverebbe il tuo linguaggio.”
“Non deve per forza venirlo a sapere, e noi non glielo
diciamo.” Ribatté Catherine, prendendo Oscar confidenzialmente sotto braccio e
trascinandola lungo il sentiero tra le file di siepi.
“Non riesco a credere che non ci sia nessuno che ti piace. E
la vita militare non deve precluderti tutte le esperienze appaganti che
potresti avere, si tratta solo di essere prudenti.”
“Ma che stai dicendo? Dovrei avere rapporti carnali con un
uomo? Non voglio ritrovarmi con una pancia come la tua! Mi ci vedi così, a
comandare le truppe?” ironizzò Oscar indicando la rotondità prominente della
sorella.
Catherine non poté fare a meno di ridere.
“Le gravidanze si possono evitare Oscar, basta essere
accorte. Potrei suggerirti qualche utile indicazione. Ma prima di tutto ti devi
procurare la materia prima. Stavo pensando, quel tuo attendente… come si
chiama? Ah sì, André… è davvero un gran bel ragazzo…”
Oscar guardò la sorella stralunata e anche piuttosto
indispettita.
“Ma che vai blaterando, Catherine! Mi stai suggerendo di… -
si interruppe bruscamente, ammutolita dalla disinvoltura della sorella. - Tu
stai parlando come una stupida. Non ti credevo tanto superficiale.” Protestò
irritata.
“Oh, insomma, che bisogno c’è di scandalizzarsi tanto?
Conosci il nostro ambiente. Succede più spesso di quanto tu possa credere.
Potrei raccontarti di certe signore insospettabili che frequentano cocchieri e
segretari personali, ma sono troppo discreta. André sarebbe perfetto: è
giovane, bello, non è un estraneo e non sarebbe un amante occasionale, ed è un
amico fidato e discreto. Neppure nostro padre sospetterebbe nulla, visto che,
ironia della sorte, è stato lui a mettervi insieme.”
“Non capisco il senso di questa assurda conversazione, sarà
meglio chiuderla qui. Se non hai altro da dirmi, torno al mio allenamento con
la spada.”
“Uff, d’accordo Oscar. Sei sempre così seria. Ma dovresti
imparare a gustare le cose belle e piacevoli della vita. Credimi, il brivido
dell’ amore è una delle cose essenziali per cui valga la pena vivere e correre
qualche rischio. Tutto il resto è noia.”
“Grazie Catherine, per questa perla di saggezza. Ne farò
tesoro.” Rispose Oscar sarcastica, nascondendo un velo d’imbarazzo. Ma
Catherine sapeva essere perseverante e puntigliosa in maniera stupefacente.
“Ricorda Oscar: se hai bisogno di qualche consiglio femminile, se devi confidarti con un’amica, o hai bisogno di
una complice, io sono disponibile. E soprattutto discreta. Davvero Oscar, mi
piacerebbe poter essere d’aiuto alla mia sorellina soldato.”
Le ultime parole le uscirono con un’inflessione tenera nella
voce, che a Oscar fece effetto. Cedette suo malgrado.
“Va bene. È superfluo, ma ti ringrazio. Adesso devo proprio
andare. E tu non devi stancarti troppo, potrebbe far male al bambino.”
Le due sorelle si incamminarono attraverso il giardino, per
tornare verso il palazzo; Catherine col suo pancione ingombrante si era
aggrappata al braccio di Oscar, che la sosteneva con gentilezza.
*****
Gli appartamenti privati di Maria Antonietta erano in
allegro disordine. La Delfina aveva deciso di ordinare l’ennesima, superflua
serie di nuovi abiti e stava valutando con madame Bertine, la sua sarta
personale, alcune pregiate stoffe fatte arrivare da Parigi da pochissimo tempo:
sete damascate, broccati finemente ricamati erano sparsi un po’ ovunque nella
sala, e la principessa si deliziava accarezzando le pezze di stoffa colorata e
sgargiante, ammirandone i preziosi ricami.
Provava una gioia infantile di fronte a quelle superbe
creazioni e le dame attorno a lei emettevano dei gridolini eccitati di
entusiasmo, davanti ad ogni nuovo modello che veniva presentato.
Oscar presente alla scena, era ferma e immobile,
apparentemente attenta a ogni movimento della Delfina.
In realtà, era come se non ci fosse, lontana mille miglia da
lì; nulla di quello che stava avvenendo in quel momento davanti ai suoi occhi,
la poteva davvero coinvolgere.
I suoi pensieri non avrebbero potuto essere più distanti di
così.
Suo padre era partito quattro giorni prima la mattina
presto, mentre lei ancora dormiva.
Non aveva neppure fatto in tempo ad incontrarlo.
Quattro giorni.
Lei e André si erano sentiti quasi del tutto liberi.
Quasi, perché non potevano mai dimenticare cosa avrebbe
significato essere scoperti lì o altrove.
Occorreva essere sempre cauti anche in assenza del generale,
perché la casa aveva mille orecchi e occhi.
Eppure riuscirono a vivere quel loro amore illecito, segreto
e inconfessabile, in maniera più intensa che mai, con esaltazione e forse, un
pizzico d’ incoscienza.
Ogni momento, ogni luogo poteva divenire teatro delle loro
schermaglie amorose.
E ce ne furono più del solito in quei soli quattro giorni.
Ogni mattina, nelle scuderie si abbandonavano sulla paglia,
in un fugace delirio di baci e carezze, la divisa semisbottonata, le mani di Andrè
un po’ maldestre e frenetiche che cercavano di superare il tessuto della
camicia, tutto questo prima di ricomporsi in fretta e montare a cavallo per
dirigersi verso Versailles.
Nel giardino vicino alla fontana.
Un duello corpo a corpo.
L’ incrocio delle spade ora li divideva, ora li avvicinava.
Lo avevano trasformato in un gioco stuzzicante.
Ma anche pericoloso.
Era stato André ad iniziare.
Durante lo scontro se l’era ritrovata addosso, e senza
pensarci l’aveva colta di sorpresa stampandole un bacio sulla bocca.
“Sei matto? Vuoi che ci vedano?” aveva risposto lei
allibita. Lui aveva riso prima di risponderle malizioso.
“No. Volevo solo rendere più eccitante il duello…”
Superata la prima esitazione, Oscar aveva riso e accettato
la sfida con altrettanto entusiasmo.
“Oh, ma davvero! Attento a te, Grandier. Se vuoi
l’eccitazione, l’avrai… Vediamo chi getta la spada per primo…”
“Oh, se vuoi, io mi arrendo anche subito!”
“Ma così, non c’è gusto…” Aveva detto lei, per provocarlo.
Si erano divertiti moltissimo, proseguendo lo strano duello
in un angolo meno esposto del parco.
Certo, nella scherma vera e propria, non si erano applicati
al meglio. Alla fine, non si erano applicati affatto.
Ogni sera, alla fine della giornata, salivano sulla torretta
di Palazzo Jarhayes per guardare il tramonto. Restavano lì, quasi muti e
abbracciati, mentre a oriente il cielo sfumava in una tinta scura e si tingeva
di striature rosa e arancio, e il globo incandescente del sole scendeva dietro
l’orizzonte lontano.
Da lì, lo sguardo vagava sul panorama della campagna
circostante, e oltre, in mezzo al verde dei boschi si distingueva il profilo
imponente della reggia.
Si godeva una splendida vista che allargava il cuore.
A Oscar piaceva appartarsi in quell’angolo della sua dimora
dove non andava mai nessuno. Quando erano lì, soli contro il cielo che
imbruniva, lui non aspettava mezzo minuto prima di stringerla e baciarla con
passione quasi selvaggia.
E lei si abbandonava con totale slancio e uguale trasporto,
mentre le sue dita giocavano coi suoi capelli scuri e morbidi.
La prendeva la smania di poterlo toccare ogni momento e si
sentiva frustrata se non riusciva a soddisfare il suo desiderio; si sorprendeva
di sé, della sua impulsività che normalmente controllava con rigore.
Era come se si fosse trasformata in due persone distinte;
una, quella pubblica, era fredda e compassata, l’altra più intima era
passionale e travolgente.
Ma si trattava di una maschera difficile da portare, a volte
decisamente scomoda.
In quel particolare momento tendeva a scivolarle dal viso,
incapace com’era di concentrarsi su questioni di servizio e troppo presa dai
suoi pensieri. Le parole di Catherine tornavano ad assillarla, e Oscar le
scopriva vere col passare delle ore, dei giorni.
Stava scoprendosi curiosa.
I gesti diventavano sempre un po’ più audaci. Le bocche
impazienti. Voleva che André fosse suo, fino in fondo, e voleva essere sua.
Ma accanto al desiderio, c’era la paura.
Prima
o poi, accadrà quello che deve accadere…
lo
vogliamo entrambi. Però…
Dio
non voglia, ma cosa farò se dovessi restare incinta? Non ci possiamo permettere
una cosa del genere.
L’ eccitazione cresceva, la resistenza era una pratica dura
che richiedeva forza e a ciascuno era chiaro cosa volesse l’altro; non
riuscivano più a nasconderlo, né lo avrebbero fatto per molto ancora. Ma il
sesso per una come lei, poteva essere un problema non da poco. Solo certi
timori bloccavano l’ evolversi naturale delle cose.
Mentre pensava a tutto questo, come se provenisse da un
punto lontano, la voce della Delfina si fece strada nella sua mente,
riportandola al presente.
“ Oscar… madamigella Oscar! Avete sentito quello che vi ho
detto?”
Maria Antonietta l’aveva chiamata gentilmente, ma con
insistenza, e ora la stava guardando con leggera perplessità, mentre teneva una
pezza di stoffa tra le braccia.
“Sì? Oh, scusate Altezza Reale… ero concentrata su altro e
così… perdonatemi, che cosa mi avete chiesto?”
Mentre poneva la domanda, avrebbe voluto darsi della
stupida; si era lasciata cogliere di sorpresa proprio dalla principessa e se ne
rammaricava. Fu assalita da un’ ondata di nervosismo represso che trattenne con
tutto il contegno di cui era capace, ma ignorò volutamente gli sguardi curiosi
delle dame che la stavano osservando dietro i loro ventagli variopinti.
Maria Antonietta le mostrava una pezza di stoffa di un
delicato color grigio tortora.
“Oscar, volevo sapere che ne pensate di questo colore…
sapete, siete davvero strana ultimamente: c’è qualcosa che vi preoccupa?”
“Vi assicuro, nulla di serio, Altezza Reale.” Rispose Oscar
reclinando leggermente la testa.
Maria Antonietta sorrise.
“Sono un po’ sorpresa; non è da voi essere distratta. Se non
vi conoscessi bene direi che sembrate quasi innamorata.”
E dopo quelle parole, Maria Antonietta si lasciò scappare
una piccola risata argentina. Oscar non nascose lo stupore, poi si mise a
ridere anche lei, solo per celare l’ansia scatenata dal commento della Delfina.
No, così non andava bene.
Doveva smettere di dare simili impressioni agli altri; era
troppo pericoloso, ed essere costantemente al fianco della principessa la
metteva decisamente troppo in vista.
Almeno quando era in presenza di un pubblico, non doveva
pensare al suo problema. Cosa non facile, perché
l’ amore infiammava il suo cuore, invadeva ogni pensiero, ogni fibra del suo
essere. Per questo, doveva apparire ancora più rigorosa di quanto non fosse di
solito. Ammetteva che Andrè era più abile di lei in questo gioco, o forse per
lui era solo più facile essendo in una posizione meno esposta; non si presta
particolare attenzione ad un servo.
Pensava con spavento alla possibilità che altri notassero
qualcosa; bastava un banale pretesto per scatenare pettegolezzi a corte, e una
chiacchiera del genere sarebbe arrivata anche all’orecchio di suo padre, con
conseguenze gravi. Si sentì sollevata pensando che il generale sarebbe rimasto
lontano due settimane.
Non voleva correre un simile rischio.
Non era una variabile che voleva prendere in considerazione,
semplicemente non doveva accadere.
Lasciati gli appartamenti della principessa, Oscar raggiunse
il cortile della reggia dove l’attendente la stava aspettando trattenendo i
cavalli.
Non riuscì a nascondergli la sua espressione; un’ ombra di inquietudine
le velava lo sguardo azzurro. André le passò le redini di Caesar, poi si portò
sul fianco del suo cavallo scuro per montare in sella, e si decise a chiedere
spiegazioni.
“Vuoi dirmi che cosa c’è che non va?”
Oscar non rispose subito.
“Un attimo fa, la principessa mi ha detto che sembro
innamorata…” era rimontata a cavallo e guardava il ragazzo dritto negli occhi.
“Io spero sia vero. Mi sembra una bella cosa, ma tu hai
l’aria preoccupata…”
“Lo sai qual è il problema, André.”
“Temi che ci possano scoprire… è questo, vero?”
“Lo ammetto, a volte ho un po’ di paura, ma non del fatto
che possano scoprirci: siamo piuttosto attenti. In realtà, temo di non saper
nascondere ciò che provo. Se anche Maria Antonietta ha intuito qualcosa, allora
chiunque potrebbe arrivare alle stesse conclusioni; la corte è un nido di
vipere ed è molto pericoloso dare certe impressioni...”
Dalle labbra le uscì un sospiro pesante. Spinse ai fianchi
del cavallo per avviarsi lentamente. André la guardò indulgente e si apprestò a
seguirla verso l’ala sinistra del parco, dove c’era l’ orangerie.
“Ti stai allarmando per nulla; sei sempre con la principessa
ed è normale che lei possa aver captato un tuo cambiamento, ma non può intuirne
la causa.”
Le parlò in tono rassicurante; anche lui in realtà, un po’
era preoccupato, ma cercava di non darlo a vedere.
“Dimentichi Fersen; anche lui mi ha fatto delle domande
strane.”
“Io di Fersen non mi preoccuperei; è troppo preso dalla
principessa per preoccuparsi di altre cose. Probabilmente quella frase a cui ti
riferisci è stata detta senza reale malizia.”
Oscar fu un po’ sorpresa di sentirlo così sicuro, eppure ne
fu rassicurata.
”Può darsi, ma non so cosa aspettarmi da Fersen; che sia
preso dalla principessa è cosa abbastanza evidente, e lei lo incoraggia un po’
troppo: spesso lo riceve in privato e questo fatto ha già scatenato delle
velate critiche al comportamento della Delfina.”
Seguì un breve silenzio, saturo per Oscar di un assillo che
non poteva più nascondere.
“Sai, non pensavo fosse così difficile vivere un amore
clandestino… tutti questi sotterfugi, gli incontri di nascosto, non so… A volte
mi sembri così tranquillo, Andrè. Io non lo vivo come te…”
Le parole di Oscar lo spaventarono; non aveva mai riflettuto su come stesse vivendo tutto quanto.
“Cerco solo di mantenere la calma, mi sembra la cosa
migliore e più semplice da fare. Neppure io voglio correre rischi, ma spero che
non diventi un problema per te.”
“No. Per ora non lo è, non preoccuparti…”
Lentamente si avviarono lungo il parco restando in silenzio.
Passarono lungo le siepi del giardino all’inglese e notarono
diverse persone che passeggiavano lungo i sentieri, dame e gentiluomini che
conversavano tranquillamente.
Percorsero alcuni metri e si imbatterono in una giovane dama
vestita di giallo, che correva e rideva con una leggera civetteria, mentre
fingeva di fuggire dalle braccia del suo corteggiatore.
I due sconosciuti amanti non prestarono attenzione a loro, troppo
presi da se stessi e dalle gioie del loro sentimento. Lei si nascondeva dietro
un arbusto, mentre lui si avvicinava di soppiatto, e improvviso la catturava
stretta tra le sue braccia.
La fanciulla sospirava e opponeva una leggera resistenza, ma
in realtà non cercava altro che il momento giusto per la resa.
Oscar per qualche attimo prese ad osservarli; era un gioco,
il solito gioco che spesso si poteva incontrare lì.
Il gioco furtivo degli amanti che si inseguivano finché
finalmente l’uomo non fosse riuscito a rubare un bacio alla sua amata.
Un gioco che si faceva alla luce del sole, qualcosa di
innocente e leggero, in fondo.
Qualcosa di falso, in un mondo che lo era altrettanto.
Ma i baci tra lei e Andrè erano veri, rubati al tempo in un
raro momento di solitudine, allo spazio, schiacciati dietro un muro o nascosto
tra le foglie di un arbusto.
I loro baci proibiti erano infrazioni alle regole del vivere
civile e attentati rischiosi al cuore che tremava per ogni sussulto, per ogni
foglia calpestata.
Erano baci di un amore incredibile e sfrontato, che osava
dove gli altri non osavano e per questo rischiava mille volte di più.
Anche adesso Oscar aveva voglia di osare, voleva prendersi
ciò che era suo.
La giornata era ancora piuttosto lunga e altre mansioni
l’attendevano. Ma l’attesa era qualcosa che la logorava e ogni stratagemma
poteva essere attuato per vincere il lento stillicidio delle ore che la
separavano dalla sera, dal tramonto che scendeva sulla reggia e che li avrebbe
accompagnati verso il loro vero momento d’intimità, nella casa famigliare e
sicura che li accoglieva sempre alla fine di ogni giornata.
“Andrè, più tardi Sua Altezza uscirà per una cavalcata; devo
controllare il percorso che farà fino all’estremità del parco della reggia. Tu
vai avanti e aspettami in prossimità del Gran Canal: ti raggiungerò subito.
Devo dare alcune disposizioni a Girodelle. Poi finalmente potremo stare un po’
da soli.”
Una buona mezzora più tardi erano insieme in prossimità dei
boschi che crescevano all’estremità opposta dei vasti giardini di Versailles, un posto poco
frequentato, che confinava con la riserva di caccia del re.
Erano fermi in prossimità di una radura, i cavalli vicini
quasi a toccarsi con i fianchi.
Oscar dalla sella si sporse verso Andrè e con una mano si
era aggrappata alla sua nuca per attirarlo a sé.
Quando erano a Versailles, Andrè lasciava sempre che fosse
lei a scegliere il momento in cui avvicinarsi.
Le loro bocche si fusero in un bacio lungo e intenso, si
persero in quel contatto intimo e segreto delle lingue che li bruciò come
fuoco.
Attorno a loro il rumore delle fronde e il silenzio della
boscaglia.
Quando Andrè si staccò da lei, diede una rapida occhiata
attorno.
“È sempre rischioso qui… ma l’ azzardo rende tutto più
eccitante…” La voce era un sussurro roco.
“Non ce la faccio, Andrè… non ce la faccio a starti lontano
per troppo tempo; le ore qui a Versailles sembrano non finire mai.”
André era sceso da cavallo e si era piazzato davanti a lei,
le aveva posato una mano sulla coscia nervosa fasciata dai pantaloni della
divisa e Oscar era stata colta da un fremito, mentre un piacevole calore le
invadeva il ventre.
Il desiderio divenne palpabile per entrambi.
“Scendi da cavallo, Oscar…”
La sua voce arrochita, fu come un colpo di frusta. Oscar con
un balzo fu a terra e si gettò fra le sue braccia.
Si assalirono aggrappandosi disperati uno al corpo
dell’altra, trasportati da fremiti brucianti, col desiderio sempre più vivo e
lancinante di andare oltre, di gettarsi a terra e strapparsi le vesti.
Finirono contro il tronco di un albero e poi tra l’erba, e
le mani di Andrè osarono impudiche sul corpo di Oscar, tra le cosce, sopra e
sotto i suoi vestiti, e quando lei sentì che stava per trovare la sua pelle
segreta e delicata, lo fermò trattenendo il respiro quasi con sforzo.
Lui per un momento ne fu sorpreso; non pensava di essersi
sbagliato, ma aveva creduto che lo volesse anche lei.
“Non qui, Andrè… lo voglio quanto lo vuoi tu, ma non in questo
posto…” e mentre parlava con voce lievemente alterata, gli accarezzava le
guance e la bocca con le dita lunghe e bianche.
“Tutto ciò che voglio, io l’ho già qui, tra le mie braccia.”
“Non vorresti di più? Mi sembra che tu…”
La sentiva tremare leggermente.
“Sì, Oscar… - rispose baciandola con più dolcezza – io ti
voglio… ma se hai paura, io posso aspettare… e alla fine, sarà bellissimo,
vedrai…”
Lei sorrise felice, con lo sguardo commosso.
In quei momenti, quando loro erano insieme, la paura
scompariva.
Si fidava di lui, delle sue parole. Dei suoi gesti gentili.
Con un lungo sospiro, lui le posò la testa sul seno, che si
mostrava pallido tra pizzi e pieghe di seta della camicia aperta, mentre le
mani di Oscar accarezzavano leggere i riccioli scuri e umidi che gli cadevano
sulla fronte. Nel cielo, oltre le fronde degli alberi, le nuvole in viaggio
correvano nel vento della sera.
Continua…
Aggiornato in
data 4.11.2013
In origine,
nella prima pubblicazione del 2009 questo capitolo era molto più lungo, ma in
questa versione l’ho diviso in due parti, e fin da ora presenta delle
differenze; quella più sostanziale è l’introduzione di questa disinvolta
sorella maggiore di Oscar – direte che ho la fissa - che ritroveremo anche nel
prossimo capitolo. Da qui in poi, la storia subirà qualche notevole cambiamento
che potrebbe influenzare il suo sviluppo finale. Alla fine, io spero che vi
piaccia come, e magari, più dell’altra versione. Grazie sempre per tutta l’attenzione
che ci mettete e per gli eventuali commenti che vorrete fare. Sono davvero uno
stimolo importante per me. Grazie grazie grazie!!!!