La strada dei sogni
L’aria
cristallina del mattino spirava fra i miei capelli ramati, mentre dondolavo
dolcemente, gli occhi serrati nel mio sogno.
Sentivo
il vento accarezzare delicatamente il mio viso, il sole -o meglio i suoi timidi
raggi- baciarne i lineamenti e risaltarne il pallido colore, l’ombra degli
alberi proteggermi dal suo intenso calore. Continuavo a librarmi sulle ali
della mia immaginazione, e dondolavo, senza curarmi di nulla.
L’alba di un nuovo giorno, pensavo, estasiata,
apriva per me l’orizzonte di una nuova vita, e non era esagerato definirla
così. Svegliarsi sapendo che non si è più soli è un gran risultato. Ma
spalancare gli occhi, sapendo che si ha accanto la persona che si ama, che
guarda caso sembra sia disceso dall’Olimpo, per una visitina alla Terra, è
tutta un’altra cosa.
Sollevai
piano le palpebre, per contemplare il magico spettacolo che si parava dinanzi a
me.
Ero a
mezz’aria, con le mani strette attorno alle corde d’un’altalena.
Mi
lasciai andare all’indietro, sfiorando con le scarpe l’erba fresca e rugiadosa,
che emanava un profumo inconfondibile e piacevole.
Osservare
la prime luci del mattino e restare affascinati dalla nascita del sole era
meraviglioso. La spontanea bellezza del sole che appena spuntato, del tenue
chiarore del mattino, delle foglie mosse dal vento, quella leggera brezza
insistente e la consapevolezza che non stai vivendo un sogno, possono fare di
te la più felice e allegra ragazza del pianeta.
Certo,
non ero la prima a fare un’affermazione del genere, e non mi sarei reputata di
gran lunga più in estasi di qualsiasi diciottenne incontri l’amore ricambiato,
se non fosse stato per la natura dell’oggetto del mio appassionato sentimento.
Mi
avevano insegnato che a volte questa ineguagliabile emozione ci porta ad essere
meno razionali del solito, a valutare le cose che abbiamo davanti con il cuore
e non con la mente.
Ci porta ad idealizzare, insomma, quello che è
– o dovrebbe essere- l’oggetto dei nostri sogni.
Ma anche
se il mio cuore avesse voluto spingermi ad un atto del genere, ed anche se la
perdita del mio senno era più che evidente in
sua presenza, era estremamente difficile, forse quasi
impossibile, che io potessi esaltare ancor di più i suoi pregi.
Lui era
perfetto.
Con il
suo carattere così enigmatico, con la sua riservatezza, con la sua graduale
allegria, con il suo immancabile fascino.
Io lo
amavo e lui amava me.
Lentamente
lasciai andare le corde che tenevo serrate nelle mie mani, e mi volsi a
guardare dietro di me.
Due
alberi protendevano i rami verso di lui, lo incorniciavano con la loro folta
chioma, mentre mi osservava, immobile, appoggiato su uno di essi.
Era
splendido, nella sua camicia bianca, arrotolata sulle maniche, nei suoi jeans
scuri, attorniato dalla magnificenza del bosco, come se anche la natura volesse
rendere omaggio alla sua bellezza.
Scesi
rapida, e camminai, sorridendo, verso di lui.
S’illuminò.
Era
rimasto fermo ad aspettarmi, mentre mi libravo sull’altalena che aveva fatto
apparire, splendido, raggiante d’amore per me.
Era da
due giorni che stavamo insieme. I due giorni più meravigliosamente perfetti
della mia esistenza. Lui era tutto ciò che avevo sempre desiderato, tutto ciò
di cui avevo bisogno, qualcuno da cui sarebbe stato impossibile separarsi.
Mi
accorgevo, ogni attimo che passava, di respirare solo in funzione di lui.
L’amore
era qualcosa di travolgente.
Ero
serrata nella sua magia e non avevo alcuna voglia di sfuggirvi.
“È
strano.”, dichiarò lui, piano.
Sorrisi.
“Che
cosa?”, chiesi, curiosa.
Ricambiò,
con uno sguardo che definirei rapito.
“Credo di
non essermi mai sentito così.”, affermò, soddisfatto.
Lo
fissai, perplessa.
“Così
bene?”, domandai.
Lui alzò
le sopracciglia.
“Tu che
dici?”, ribatté, contrariato.
Sorrisi e
lui addolcì la sua espressione.
“Credo
che tu sia la persona giusta per me.”, dichiarò, quasi con difficoltà, come se
fosse qualcosa di duro da ammettere.
Aggrottai
le sopracciglia. Dove voleva arrivare con questi discorsi?
Sospirò.
“Credo
che tu sia diventata il mio scopo.”, concluse, sempre con quell’aria pensosa.
Quelle
parole mi colpirono profondamente.
Non potei
fare a meno di contemplarne lo sguardo assorto, annebbiata dalle lacrime.
Qualche
tempo prima mi ero interrogata su quale ragione ci fosse nel vivere. Non
riuscivo a capacitarmi di essere una presenza passiva di quella terra, non
riuscivo ad accettare il fatto che le mie esperienze non avessero peso, in un
universo così vasto ed incontrollato. Mi ero chiesta perché esistevo.
Era per
queste riflessioni che adesso capivo il significato celato nella sua
affermazione. Perché anch’io sentivo la stessa cosa. Perché finalmente tutto
aveva senso. Perché adesso vivevo in funzione di qualcun altro e mi sembrava
che ogni tessera fosse tornata al suo posto.
Sollevò
lo sguardo e mi fissò, preoccupato.
“Ti
faccio piangere?”, chiese, avvicinandosi a me, con la sua camminata perfetta ed
i suoi movimenti fluidi ed eleganti.
“Non è da
tutti i giorni essere lo scopo di qualcuno, non credi?”, obbiettai,
riprendendomi.
“Giusto!”,
esclamò, convinto. “Dovremmo festeggiare.”
Stavo per
chiedergli in che modo, ma lui mi aveva già stretto a sé. Mi lasciai andare al
suo abbraccio, mentre la mia mano stringeva la sua schiena al mio corpo.
Mi
accarezzò il profilo delle spalle, mi sfiorò il collo con delicatezza,
posandovi lievemente le labbra, e mosse piano un dito sulle mie guance,
disegnandone i tratti.
Lo
guardai, persa nella notte dei suoi occhi scuri, che era come una pianura
enorme, rischiarata dalla luna, con la sua luce argentea e dalle stelle, con i
loro bagliori dorati.
Mi
strinse con più forza, mentre il mio corpo si arrendeva, inerte, a quella
piacevole pressione.
Mi baciò,
dapprima piano, con tenerezza, poi con più desiderio.
Accomunata
dalla sua passione strinsi con la mano i suoi capelli, profumati di foglie, e
risposi al suo gesto, cercando di rendere manifesto tutto l’amore che provavo.
Nel
contempo, mentre quell’esperienza travolgeva e contentava i miei desideri
fisici, il mio cuore scoppiava esuberante, la gioia traboccava e sentivo le
onde delle mie emozioni rompere ogni argine.
I nostri
corpi, stretti all’ombra di enormi querce e rovere, proiettavano un’unica ombra
sul terreno umidiccio, disegnando il profilo della nostra unione.
I miei
dubbi, le mie certezze persero il loro valore, i miei sentimenti si
sbriciolarono, per lasciar posto a quell’unica, intensa sensazione.
Quando mi
lasciò con delicatezza e mi strinse al suo petto, sentii che sarebbe stato per
sempre il mio unico, vero desiderio.
E non mi
sbagliavo.
“Ti
amo.”, sussurrai, felice.
Mi
rispose con un analogo bisbiglio.
Sorrisi,
radiosa.
Ma i miei
pensieri riandarono subito a toccare le incertezze che mi angosciavano.
La
consapevolezza che lui mi amasse, che desiderasse farlo, che sperasse con tutte
le sue forze di non abbandonarmi mai, non scalfiva la mia decisione. Da quando
avevo pronunciato la parola sì alla nostra unione, quella certezza non mi aveva
mai abbandonato.
Avevo
scelto di stare con lui, di sfruttare al meglio il tempo che ci era stato
concesso, di vivere l’amore che provavo per lui con tutte le mie forze. Ma non
lo avrei mai, mai costretto ad abbandonare il suo mondo, che nulla aveva a che
fare con il nostro. Il posto in cui era nato, la sua terra natia era quella, e
non avrei potuto strapparlo da lì. Senza contare che la sua magia si fondava
sull’energia dell’amore che alleggiava in quel luogo e avrebbe dovuto
rinunciarvi.
Non
volevo esserne la causa.
Non
potevo esserla.
Ma ora,
mentre trascorrevo con lui i momenti più belli della mia esistenza, m’imponevo
di non pensare alla nostra separazione, che presto o tardi sarebbe avvenuta.
Volevo
solo godermi quei momenti accanto a lui, incurante di quello che sarebbe
accaduto dopo.
Lo
strinsi più forte e lui ricambiò.
Ci
sedemmo sull’erba.
“Sai,
amor mio.”, iniziò, calmo.
Sussultai
a sentirmi chiamare così, ma non lo interruppi.
“Dovresti
smetterla di pensare al fatto che ci dovremmo separare, perché non succederà.”,
dichiarò.
Chinai il
capo, scuotendolo con forza.
“Non
cambierò idea.”, affermai, decisa.
Lui,
inaspettatamente sorrise.
“Sai,
l’altro ieri sono stato un po’ brusco nel reagire a questa tua affermazione. Mi
spiace.”, si scusò, guardandomi.
Corrugai
la fronte e cercai d’interromperlo, ma non me lo permise.
“Mi sono
espresso male. Cercherò di spiegarti il motivo della mia determinazione a non
lasciarti.”, seguitò, sempre pacato.
Attesi,
impaziente.
“Sebbene
tutti mi dicono che sono molto altruista,”, asserì, pensoso, “credo di essere
piuttosto egoista quando scelgo di stare con te. Credo di pensare solo a me
stesso.”
Lo
osservai, poco convinta.
“Quando
ho perso Anne, è stata la cosa più terribile che mi potesse accadere. Io non
potrei mai, mai sopportare di lasciare di nuovo la persona che amo.”
Rimasi
immobile, colpita da quell’affermazione.
“Tu
cerchi di consentirmi di vivere felice, affermando che vuoi che io torni nel
mio mondo, ma lontano da te, non saprei più esserlo.”, concluse, illuminandosi.
Incurvai
le labbra, in un sorriso amaro.
“E se il
nostro amore finisse? Potresti mai sopportare di aver lasciato il tuo posto,
per restare con me?”, domandai, scuotendo il capo.
“Non
succederà.”, esclamò, determinato.
Evitai il
suo sguardo.
“E se,
alla lunga, stando con me, rimpiangessi la vita che hai perso per sempre?”,
chiesi ancora, sconvolta da una così dura prospettiva.
Lui
tacque per alcuni istanti, poi, con delicatezza, ma deciso, sollevò il mio
viso, affinché lo guardassi negli occhi.
“Emily,
mi dai una definizione d’amore?”, chiese, contrariato.
Lo fissai
perplessa.
“Te la do
io.”, disse, severo. “L’amore è la strada dei sogni, senza nessun rimpianto,
mai. Ed io, tesoro, in te ho trovato l’amore. Lo capisci?”
Lo
guardai, incerta e colpita dalle sue parole.
Mi
lasciai abbracciare da lui, confusa.
S’intravedeva
appena uno scorcio di quel cielo azzurro così bello, dall’ampia vetrata che mi
sovrastava. Eppure mi sembrava che fosse il più suggestivo.
Le
sfumature azzurre più scure si alternavano a quelle più chiare, in un magico
incrocio di tonalità, solcate da sprazzi di candore puro, creato da rade
nuvole. Riuscivo a scorgere solo le bionde fasce di luce, nate da un sole caldo
e luminoso, che completavano il dipinto che si era costruito dinanzi a me.
Era
splendido.
Non
potei fare a meno di contemplarlo, incantata.
Forse,
oltre quel fantastico paesaggio, aldilà di quei colori così armoniosi, c’era la
sua realtà. Sospesa nella più vasta distesa di blu che potesse esistere, retta
da una forza di magia ed incanto.
Potevo
io meritare tanto?
“Allora?”,
domandò, guardandomi con gli occhi luminosi e ansiosi.
Mi
voltai, a fissarla.
Era
semplicemente fantastica.
La
maglia le aderiva perfettamente sul corpo, ne risaltava le forme perfette, il
viso aggraziato, gli occhi scuri e profondi.
Annuì,
con decisione.
“Credo
che dovresti comprare quello.”, annunciai, sorridendole.
Si
fissò allo specchio, indecisa, poi assentì.
“Penso
proprio che ascolterò il tuo consiglio.”, affermò, convinta, poi si voltò verso
di me. “E tu?”
La
guardai, eloquente.
“Non
hai trovato nulla che ti piace?”, mi domandò, divertita.
Scossi
il capo.
Rise.
“L’hai
presa piuttosto bene. Lizzy non l’avrebbe fatto.”, dissi, ripensando alla mia
amica, con un moto di tristezza.
“Sto
cominciando a conoscerti …”, replicò,allegra.
M’illuminai.
Sophie
mi aveva letteralmente trascinato via, perché l’accompagnassi a fare un giro al
centro commerciale. Aveva detto che suo fratello mi aveva presa tutta per sé e
che non era giusto. Non aveva accettato opposizioni di nessun genere.
Avrei
trascorso il pomeriggio in sua compagnia, punto e basta.
Mi
piaceva stare con lei, la sua simpatia mi rallegrava. Anche se la lontananza
da Matt, anche per un solo pomeriggio,
si faceva sentire.
Sospirai.
Avevo
ripensato moltissimo a quello che mi aveva detto, ma non avevo praticamente
concluso nulla. Alla fine, avevo rimandato a futura riflessione.
“Be’,
ti va se facciamo ancora un giro?”, chiese, incerta.
Annuii.
“Certo
che sì, Sophie.”, assentii, riscuotendomi.
“Bene!”,
esclamò.
Camminare
per i negozi con Sophie era a dir poco imbarazzante. Continui sguardi si
posavano su di lei, sulla sue esuberante grazia e bellezza, sul suo corpo perfetto.
Quasi tutti i ragazzi che passavano rimanevano incantati a fissarla, con
sguardi ebeti.
Sorrisi,
mentre un tipo rischiava di andare a sbattere contro un vetro.
Sophie
lo ignorò, sebbene se ne fosse accorta.
“Come
va tra te ed il mio fratellone?”, domandò, curiosa.
Le
sorrisi.
Nonostante
fosse di due anni più piccola di me, mi
raggiungeva in quanto altezza. Ne incontrai gli occhi scuri, non senza
ammirazione e, forse, un pizzico d’invidia.
“Credo
che vada bene.”, risposi,ripensando agli ultimi giorni, totalmente estasiata.
Lei
annuì.
“Matt
è proprio cotto, sai. Era tanto che non lo vedevo così allegro.”, mi informò,
evidentemente felice per lui.
Mi
faceva piacere. Non potevo fare a meno di ricordare la freddezza di Matt i
primi giorni, il suo profondo dolore, che sembrava non potesse essere scalfito.
Ora lui era diverso, lo avvertivo. Ne sentivo la diffusa contentezza quando mi
guardava, quando mi parlava, quando mi abbracciava. Ero consapevole che non
avrebbe mai dimenticato Anne, ma percepivo che il suo amore per me era pari a
quello che io provavo per lui.
Avrei
solo voluto che non ci fosse una distanza così abissale a separarci.
Un
mondo intero.
“A
cosa pensi?”, mi chiese Sophie, incuriosita.
Mi
accorsi di averla ignorata e mi ripresi.
“Nulla
d’importante.”, replicai, scuotendo il capo.
Lei
non indagò oltre.
“E
a te, come va con Richie?”, domandai, fissandola negli occhi.
S’illuminò
subitaneamente.
“Tutto
è perfetto, come al solito. Lo adoro e lui adora me, almeno lo spero.”, affermò
e dal suo sguardo trapelava quanto fosse innamorata di lui.
“Mi
fa sentire come se fossi la migliore ragazza del mondo. Come se in me si
concentrasse l’essenza stessa della sua esistenza.”, seguitò, gli occhi che
brillavano.
Riconobbi
in quello che diceva ciò che provavo per Matt, avvertii il reale senso di
quelle parole e mi sentii felice perché apparteneva anche a lei.
“Io
lo amo, perché è l’unico che si riuscito a farmi sentire così appagata.”,
concluse, sorridendomi.
Ricambiai,
individuando nelle sue frasi l’intensa emozione che ne era racchiusa.
“Piuttosto.”,
disse poi, abbandonando l’aria incantata che aveva assunto parlando del suo
ragazzo.
“Perché
non vuoi dire ai tuoi della tua storia con Matt?”, m’interrogò, curiosa.
M’incupii.
Aveva
toccato un tasto dolente.
Rimasi
un po’ in silenzio, cercando di ponderare la mia risposta.
“Non
voglio che i miei lo sappiano, perché …, se dovessimo separarci … non vorrei
che si preoccupassero per me, ecco.”, dichiarai, seria.
“Separarvi?”;
domandò, stupita.
“Prima
o poi tornerete a casa vostra, Sophie. Non posso certo trattenerlo qui.”,
replicai, triste.
La
vidi aggrottare le sopracciglia, ma capii che anche lei riconosceva quella
eventualità.
Sentii
il vento scompigliarmi i capelli, facendoli volare, luminosi, attorno al mio
viso. I miei occhi, color smeraldo, erano riflessi sul celeste terso del mare,
sul quale ondeggiavano le rocce del promontorio, il muretto del molo e gli
alberi, che si stagliavano folti, in lontananza.
Era
piacevole stare lì, con le gambe abbracciate al petto, ad osservare il moto
continuo delle acque, il mutamento dei riflessi, a seconda della luce, che pian
piano calava su di esso.
Mi
sentivo felice, appagata da quello che ora era il ritmo che scandiva le mie
ore, dal lui, che era onnipresente in me e che lo sarebbe sempre stato, dalle
mie amicizie, dall’affetto che sentivo rivolto a me. Non avvertivo le tristezze
e i dubbi che mi affliggevano, che, sebbene tutt’altro che abbandonati, erano
lontani e fiochi.
Ero
appagata. In pace.
Il
nuovo sentimento, che mi aveva avvolto nelle sue spire, che mi stringeva e mi
riscaldava il cuore, era pieno di sorprese.
I
risvolti di quell’intensa emozione erano sempre in grado di stupirmi: Matt era
una continua scoperta.
Era
in grado di farmi sentire così bene, che quasi non riuscivo a credere a quello
che mi stava accadendo.
Neanche
la paura, che mi accomunava a Sophie, sembrava più avere importanza, adesso che
ero con lui.
Matt
aveva profondamente rivoluzionato la mia vita, in un modo straordinario, che mi
rendeva fantasticamente gioiosa e serena.
Sembrava
che avessi raggiunto l’apice della mia possibile allegria, sembrava che ogni
sogno si fosse realizzato.
Avrei
solo voluto che anche per Lizzy fosse stato così.
L’avevo
sentita, quel pomeriggio. Era felice per me, per il mio sogno d’amore coronato,
ma sentivo che stava male. E non sapevo cosa fare. Non si era mai abbattuta a
quel modo, non era mai stata così giù. Quasi non riconoscevo. Era diversa, non
rideva quasi più.
Era
insopportabile vederla così.
Ma,
sinceramente, non sapevo cosa fare.
Non
potevo incoraggiarla, perché l’avrei illusa. Charlie non era di questo mondo:
non poteva, anche se si fosse affezionato a lei, donarle la felicità che
meritava.
D’altro
canto, non potevo certo dirglielo.
Avrei
voluto che si affezionasse a qualcun altro, qualcuno che potesse realizzare i
suoi progetti assieme a lei, ma sentivo che era impossibile. Non era pronta.
Era troppo innamorata di lui.
Sospirai,
sconfitta.
Presi
il libro che avevo accanto e ricominciai a leggere, cercando di rilassarmi.
Ultimamente
mi ero data ai classici della letteratura ottocentesca.
Avevo
riletto parecchie storie d’amore che conoscevo, presa dall’irresistibile
impulso di scoprire in che modo questo grande sentimento si realizzasse nelle
diverse persone, nelle diverse esperienze.
Il
libro che accompagnava la mia presenza sul molo era Persuasione, di Jane
Austen. Lei era l’autrice dei romanzi che prediligevo, il suo modo di scrivere
era ironico e realistico, coinvolgente e, a volte, persino divertente.
In
realtà, da una prima impressione, ne avevo ricavato un giudizio non troppo
favorevole. I ritmi lenti che scandivano la lettura mi avevano dapprima
annoiato e l’attesa di una qualche risoluzione mi risultava insopportabile.
Ma,
ad una seconda lettura, mi ero accorta del senso profondo che scorreva tra
quelle parole, avevo imparato ad apprezzare la protagonista, quale personaggio
degno di stima e di rispetto, e ne avevo scorto la profondità dei sentimenti.
Mi
piaceva rileggere ancora quella storia e riviverne l’intensa emozione che
trapelava dalle sue frasi. M’immedesimavo in lei, comprendevo la sofferenza
provata a causa delle imposizioni della sua famiglia.
Ma
di quel romanzo, ciò che in assoluto adoravo erano i luoghi, che con l’occhio
della mente immaginavo attorno a me, come le strade affollate di Bath, dove la
protagonista avrebbe rivisto lui …
Fu
proprio per il pressante desiderio di rivivere quelli ambienti, che m’immersi a
tal punto nella lettura, da non sentire quei passi alle mie spalle.
“Hai
occupato il mio posto.”, dichiarò una voce, facendomi immediatamente
sobbalzare.
Il
libro mi sfuggì dalle mani e rischiò di andare a finire in acqua, ma Charlie,
con un movimento fulmineo, lo afferrò al volo.
“Ciao,
Emily.”, salutò, trattenendo appena una risata.
Mi
portai d’istinto una mano al petto.
“Ti
sembra il modo di spuntare alle spalle della gente?”, obbiettai, terrorizzata.
Lui
inarcò un sopracciglio, con aria divertita, porgendomi il libro.
“Non
credevo venisse qualcuno qui. Sai, avevo cominciato a considerarlo un luogo di
mia esclusiva proprietà.”, replicò, accomodandosi, agilmente, accanto a me.
Ricambiai
il sorriso, che sembrava illuminare perennemente il suo volto.
“E
che cosa faresti qui, tutto solo?”, chiesi, guardandolo.
Lui
sogghignò.
“Tu
cosa stavi facendo?”, ribatté, osservandomi a sua volta.
“Leggevo.”,
risposi, con un’alzata di spalle.
Sorrise.
“Vengo
qui a riflettere.”, dichiarò lui. Notai subito un cambio di tono e di
espressione.
Charlie
era una ragazzo con molti segreti, lo percepivo, ma, nonostante lo considerassi
oramai un amico vero e proprio, non mi sembrava appropriato indagare.
Mi
volsi verso il mare, sospirando.
Lui,invece
posò il suo sguardo verso di me.
“I
tuoi dubbi e quelli di Sophie sono del tutto infondati.”, affermò, serio, d’un
tratto.
Mi
riscossi.
“Non
ti seguo.”, replicai, confusa.
Lui
mi sorrise.
“Ti
stai ponendo l’eventualità di separarti da Matt. … Non succederà.”, spiegò,
lanciandomi uno sguardo penetrante, con i suoi occhi gelidi e scuri.
Non
potei a fare a meno di rabbrividire.
“Non
gli permetterò di restare con me, perché …”, iniziai, ma lui m’interruppe.
Mi
sorrise.
“Tu
non conosci bene Edward e Kate, ma sono veramente dei genitori fantastici.”,
esordì, lasciandomi di sasso.
Cosa
c’entrava?
Al
mio sguardo perplesso, lui mi fece segno d’attendere.
“Tengono
talmente tanto al loro figlio, che gli
avrebbero sconsigliato vivamente di andare così in fondo con te, se si fosse
profilata la possibilità di vederlo soffrire ancora.”, concluse, pacato.
Ero
ancora più confusa.
“Che
vuoi dire?”, domandai, fissandolo con aria stupita.
Sbuffò,
spazientito.
“E
se invece di separarti da Matt, andassi con lui?”, chiese, come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
Scossi
il capo, più calma.
“Io
non posso.”, dichiarai, tranquilla. “Non ho poteri magici.”
Scoppiò
a ridere, una risata strana, amara, fredda, che mi gelò.
Non
aggiunse altro ed io non ebbi il coraggio di chiedere ancora.
Charlie
mi sembrava veramente strano, e quel discorso non aveva senso. Era diverso dal
solito … o forse era semplicemente un risvolto della sua personalità che non
conoscevo.
Non
riuscivo a capire cosa stesse cercando di dirmi.
Il
silenzio che calò fra di noi si protrasse per parecchio, senza che io riuscissi
ad interromperlo.
Ad
un certo punto, sospirando, riprese, in tono più sereno: “Ti sei divertita con
Sophie? So che quando va in giro per vestiti è instancabile.”
Sorrisi.
“Sono
abituata con Lizzy.”, replicai, ricambiando il sorriso.
Lui
sogghignò.
“Si,
ho notato. Mi sembra che la tua amica sia molto propensa a questo tipo di
attività.”, asserì, ripesando a qualcosa che non potevo sapere.
Rimasi
colpita da quella frase, intuendo che aveva mal compreso il carattere della mia
amica. Mi sentii in dovere di difenderla.
“Elizabeth
è molto meno superficiale di quanto credi.”, esclamai, fredda. “Dovresti
conoscerla, prima di giudicarla.”
Lui
parve colpito dalle mie parole.
Si
voltò verso di me e prese ad osservarmi, divertito.
“Scusami.”,
disse, senza perdere quella sua espressione. “Hai ragione.”
Poi, mi porse una mano e soggiunse: “Credo che il tuo ragazzo ti desideri.”
Zalve a tutti, cari lettori! Pubblico questo cap con un ritardo enorme, ma non ho avuto la possibilità di aggiornare prima. In questo cap. emerge uno degli ostacoli fino ad ora più importanti dell'amore, appena coronato, di Matt ed Emily! Spero di non avervi deluso e di non aver fatto troppi errori di virgole.
Ma, invece di annoiarmi con le mie inutili chiacchiere, passo a rispondere alle recensioni:
Padme Undomiel: Sono super contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Si, l'intervento di Sophie è stato decisivo, lo ammetto... Ma io adoro quella ragazza! Per quanto riguarda Charlie sono assolutamente d'accordo con te! Scusami tantissimo per gli errori di virgole, ma lo sai... sono una distrattona! Aspetto i tuoi commenti su questo capitolo! Grazie!XDXD tvtb
Mistery Anakin: Sono felice di averti sorpresa con il cap precedente e che ti sia piaciuto! Perdona il colossare ritardo nel soddisfare la tua curiosità, ma non è colpa mia, te lo assicuro! Spero che anche questo capitolo ti piaccia ed aspetto tuoi commenti! XD Tvtb
Ringrazio di cuore anche tutti quelli che hanno letto i precedenti capitoli e che leggeranno anche questo! Alla prossima,
Shine