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Autore: sopaber    31/01/2022    0 recensioni
(Seconda parte)
Abigail Hill, Summer Evans e Sophie Forbes sono pronte a iniziare il loro quinto anno a Hogwarts. Quello che non sanno ancora é quest’anno non avrà nulla in comune con i precedenti.
Misteri, segreti e amori sono destinati a stravolgere l’altrimenti tranquilla vita delle tre migliori amiche, intrecciandosi come mai prima e legando indissolubilmente i loro destini con quelli degli altri abitanti del castello.
Perché Abby all’improvviso é vittima di terribili incubi ricorrenti, e chi é il misterioso ragazzo che la tormenta nei suoi sogni? Cosa nasconde il Tassorosso per cui Summer ha sempre provato dei sentimenti, e da quando il suo gemello si interessa a lei? Riuscirà Sophie a fare chiarezza tra i suoi sentimenti e a superare quello che ha vissuto durante l’estate con l’unico Serpeverde con cui non avrebbe dovuto avere a che fare?
Tra lezioni di magia e partite di quidditch, nuove amicizie e colpi di scena destinati a generare non pochi pettegolezzi, la vita delle tre ragazze a Hogwarts sta per cambiare per sempre.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'What your eyes have been hiding'
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Capitolo 7 - Ti prometto che ti farai Summer Evans


Quella sera nella torre di Corvonero, mentre tutti gli studenti si preparavano  per andare ormai a dormire, c’era chi stava creando un certo qual trambusto per le scale dei dormitori maschili.
Luke Anderson infatti, bacchetta alla mano, stava cercando di far levitare il proprio materasso lungo la stretta scalinata a chiocciola, e l’impresa si stava dimostrando più ardua del previsto.
“Piano, piano... NON DI NUOVO!” imprecò il ragazzo non appena il materasso si fu incastrato per l’ennesima volta tra i freddi scalini e i muri di pietra. 
Essendo però quasi arrivato alla meta, Luke decise di non arrendersi. Ripose la bacchetta nella tasca dei pantaloni e dopo essersi rimboccato le maniche della felpa nera iniziò a trascinare il materasso di peso, metodo più faticoso ma decisamente più efficace di quello usato fino a quel momento. 
Tra un respiro affannoso e l’altro, il Corvonero ormai madido di sudore e stremato dalla fatica non poté che maledire mentalmente il proprio compagno di stanza che l’aveva costretto a quel gesto improvviso. 
Thano.  
Benché infatti Luke avesse capito quanto fosse insopportabile il ragazzo sin dai primi istanti passati con lui durante i primi giorni di scuola, nell’ultimo periodo la presenza di Thano si era fatta se possibile ancora più irritante. Luke nel corso dei mesi aveva imparato ad ignorare l’atteggiamento borioso, pieno di sé e irritante del compagno cercando di passare in sua compagnia il minor tempo possibile: non a caso Luke stava nella propria stanza giusto il tempo necessario per dormire e prepararsi, per poi trascorrere il resto della giornata fuori in giro per il castello o nel dormitorio dei suoi due migliori amici, Liam e Jacob. Il fatto però che avesse imparato ad evitare il ragazzo, non significava che per Luke quella situazione non fosse una fonte di stress. Purtroppo poi, in quell’ultimo periodo l’atteggiamento di Thano era drasticamente peggiorato, e Luke nonostante avesse stretto i denti e cercato di sopportare per tutti quei mesi il compagno di stanza, sentiva di aver raggiunto il limite.
Thano infatti, per qualche inspiegabile motivo, era diventato ancora più insopportabile e arrogante, e come un martello pneumatico tartassava Luke di commenti fuori luogo e giudizi non richiesti ogni volta che i due si ritrovavano a passare qualche momento insieme nel dormitorio. Thano non gliene faceva passare una: borbottando tra sé e sé o commentando chiaramente ad alta voce criticava il suo modo di vestire, disapprovava le sue compagnie, rimproverava il suo modo di tenere in ordine le cose o sindacava il suo precedente e (a detta sua) scarso livello di istruzione conseguito ad Ilvermony. E se non ce l’aveva con lui, Thano aveva sempre e comunque pronte delle critiche e dei commenti offensivi per chiunque (per la maggior parte delle volte poi, i suoi insulti erano rivolti ad Abby, verso cui il ragazzo sembrava provare un odio atavico), tanto che passarci anche solo pochi minuti assieme era diventata una vera e propria tortura. Inoltre il ragazzo, probabilmente con l’intento di impressionare Sophie, con la quale non aveva ancora del tutto perso le speranze, aveva già incominciato a studiare per i G.U.F.O. tenendo dunque le luci accese e ripetendo paragrafi di pozioni e di incantesimi fino a tarda notte, con il risultato che Luke, che già di suo faceva fatica a dormire per via degli incubi condivisi con Abby, rimaneva sveglio fino a tarda notte e si vedeva quindi privato di quelle che potevano essere delle fondamentali e preziose ore di sonno. 
Sebbene Luke avesse sempre cercato di mantenere un atteggiamento superiore e si fosse limitato ad ignorare Thano, aveva ormai raggiunto un livello di esasperazione tale da non riuscire più a mordersi la lingua e a far finta di nulla, e aveva dunque iniziato a rispondere a tono al ragazzo, senza mezzi termini. Più volte tra i due erano volati insulti davvero poco gentili, e altrettante innumerevoli volte Luke si era dovuto davvero concentrare per evitare di mettergli le mani addosso. Probabilmente solo in quel modo Thano avrebbe abbassato la cresta, ma Luke aveva così tanti problemi in quel momento che non voleva aggiungervi anche dei richiami disciplinari o addirittura un’espulsione dalla scuola. 
Quella sera poi, Thano aveva dato il meglio di sé. Non appena Luke era tornato dall’allenamento di quidditch serale si era buttato sul letto sfinito con l’unico desiderio di provare a farsi almeno qualche oretta di sonno prima dell’inizio dell’ennesimo incubo.
Ma subito Thano, seduto alla scrivania di fronte ad un’esagerata pila di manuali, con tono presuntuoso disse: “Era ora che tornassi, davvero non capisco come possiate perdere così tante ore di studio per giocare a quello stupido quidditch.” 
“Ma chi sei mia madre? Poi sono le dieci e mezza di sera, nessuno studia a quest’ora” rispose Luke con la faccia affondata nel cuscino.
“Gli zotici illetterati non studiano fino a tarda notte, Anderson.” 
“Senti Bennet, lasciami in pace stasera non sono dell’umore di discutere con te” replicò secco lui fingendo di non aver colto l’insulto appena rivoltogli.  In effetti quella sera Luke sembrava abbastanza provato, quell’ultimo mese era stato un vero e proprio inferno per lui, la notte come il giorno. Se infatti durante le ore notturne a stento riusciva a chiudere occhio, quando sorgeva il sole la sua vita non sembrava essere tanto migliore. Alla stanchezza che si accumulava giorno dopo giorno, si sommavano i numerosi impegni tra compiti extra, allenamenti di quidditch, le lezioni con Silente, e la consapevolezza che nonostante le ore passate nello studio del preside tra strani esercizi fisici e mentali gli incubi con Abby non sembravano migliorare affatto; anzi, erano sempre peggio. Tutto questo contribuiva a rendere il ragazzo sempre più intrattabile e di pessimo umore, come raramente lo era stato in tutta la sua vita.
“Ti capisco Luke, anche io questa sera sono alquanto spazientito. Domani è San Valentino, la giornata più futile dell’anno... saremo circondati da mazzi di fiori, cioccolatini e nani canterini per celebrare cosa? L’amore. L’amore non esiste, non è nient’altro che un'attrazione fisica provocata dai nostri ormoni! Quanto stupide possono essere le persone a volte ...” commentò acidamente Thano.
“Dici così solo perché non hai la ragazza” replicò subito Luke stanco dell’atteggiamento di superiorità adottato in continuazione da Thano. 
“E perché tu sei lieto che domani sia San Valentino?” domandò Thano voltandosi verso il letto dove Luke stava disteso.
“Sinceramente non me ne frega proprio niente, semplicemente non critico chi lo festeggia come fai tu che sei solo un invidioso frustrato” 
“Mmm curioso” mormorò Thano assumendo un ghigno meschino “avrei giurato avresti sofferto particolarmente questa festività. Infondo dovrai reggere alla vista della tua insulsa Abigail in compagnia di quel farabutto di Walker, sono sicuro daranno spettacolo domani, è la specialità di quei due spacconi, gradassi e millantatori.” 
Luke sollevò di scarto la testa dal cuscino e puntò gli occhi su Thano, gelido.
“Che hai detto Bennet?”
“Sì forse ho usato parole troppo complesse per essere comprese da te, sarai pure un Corvonero ma i tuoi agghiaccianti gusti denotano la tua totale mancanza di intelletto. Allora proverò ad usare termini più adatti alla tua pochezza di ingegno: pensavo saresti stato geloso di vedere la ragazza che ti piace festeggiare San Valentino con quello sbruffone” rispose Thano, e notando l’espressione contratta del ragazzo di fronte a lui capì di aver fatto centro. “Ci ho preso eh? Anche se fai finta di nulla si vede che ti piace. La difendi sempre, solo se ti piacesse riusciresti a non notare la sua stupidità. Forse lei sarà troppo fessa per accorgersene, ma io ho capito tutto.”
“Non parlare di lei così” replicò immediatamente Luke, colpito su un nervo scoperto. In effetti Thano ci aveva preso, eccome. Nonostante Luke stesse davvero provando a reprimere i sentimenti che provava per la ragazza, vederla giorno dopo giorno insieme a James Walker lo faceva star male, e non poco. 
Era obbligato a passare insieme ad Abby quantità di tempo non indifferenti, e come se non bastasse la ragazza sembrava aver preso davvero in simpatia lui e il suo gruppo di amici, tanto che aveva iniziato a trascorrere in loro compagnia numerose lezioni, rendendo davvero complicato per il ragazzo togliersela in qualche modo dalla testa. Si sentiva uno schifo, e sicuramente il solo pensiero che l’indomani avrebbe potuto vedere eclatanti scene ai suoi occhi poco piacevoli gli faceva salire la nausea. 
“Ancora che la difendi? Sei patetico” rise Thano.
“Stasera mi hai proprio rotto i coglioni Bennet, perché non ti fai una vita invece di cercare di rovinarla agli altri?” domandò Luke alzandosi dal letto e puntando la bacchetta contro il materasso. Il sangue gli stava ribollendo nelle vene. Non sapeva se fosse per l’atteggiamento pesante di Thano o se fosse più per la consapevolezza che purtroppo quell’idiota avesse ragione, ma se non si fosse allontanato da lì immediatamente avrebbe quasi con certezza preso il ragazzo a pugni in faccia. 
“Dove te ne vai?” chiese subito Thano vedendo il compagno intento a far levitare il proprio materasso.
“Ovunque, basta che sia lontano da te, sfigato” rispose secco Luke.
Ed ora eccolo lì, mentre arrancava faticosamente su per la scala del dormitorio maschile trascinandosi dietro il materasso. 
Finalmente però, dopo un enorme sforzo, era riuscito ad arrivare a destinazione.
Rapidamente bussò alla porta in legno battuto di fronte a lui, su cui stupite era affissa una targhetta dorata con sopra inciso “Ray - Lewis”.
Dopo pochi secondi la porta si aprì, e fece capolino la figura un po’ selvaggia di Jacob Ray, a torso nudo e con i lunghi capelli ricci spettinati. Il ragazzo teneva in una mano quello che sembrava essere un libro, con un dito infilato tra le pagine per non perdere il segno.  
“Luke, tutto bene?” domandò il ragazzo nel vedere il volto stravolto dell’amico, e notando l’inconsueta suppellettile che si era portato dietro aggiunse: “perché hai il materasso?”
“Materasso?” chiese la voce di Liam da dentro la stanza, e subito anche il biondo accorse alla porta.
“Problemi con Bennet, non fate domande... posso stare qui stanotte?” li implorò Luke.
“Mai una volta che venga a chiedermi asilo una bella ragazza” sospirò Jacob fintamente addolorato, facendo scoppiare i due amici a ridere. 
“Dai entra” disse Liam, e insieme a Jacob aiutarono Luke a portare dentro il materasso.
Una volta che il materasso di Luke fu portato dentro la stanza e sistemato a terra accanto al letto a baldacchino di Jacob, Liam aggiunse: “Dovresti chiedere a Vitious il permesso di trasferirti qui, Bennet te ne combina una per colore.”
“Lo so, domani gli andrò a parlare, non lo reggo più... scusate se sono venuto qui all’improvviso.” 
“Ma se passi qui la maggior parte del tuo tempo” osservò Jacob lasciandosi cadere sul copriletto blu “lo sai che puoi venire da noi quando vuoi.” 
“Che stavate facendo?” domandò Luke ringraziando con un sorriso sincero l’amico.
“Bella domanda” rispose subito Jacob, “il nostro Liam ha preparato una bellissima poesia di San Valentino per Summer, me la stava leggendo... ma per fortuna ora sei arrivato tu, quindi potrai aiutarmi a distoglierlo dalla malsana idea di farsi l’ennesima figura di merda.” 
“Ma quali figure di merda?” replicò subito Liam risentito, ma Jacob non lo stava già più ascoltando, troppo concentrato nella lettura del suo libro.
“Stai davvero scrivendo una poesia? Non avevi detto di averci rinunciato definitivamente?” chiese Luke confuso. 
“Beh sì, ci avevo perso le speranze dopo quello che era accaduto ad Hogsmeade... ma Abby mi ha detto che dovrei provarci!”
“Abby te lo dice solo perché non le piacciono i gemelli Allen!” replicò Luke.
“Se non avessi speranze con lei non me lo direbbe.” 
“Liam ti confesso che se io fossi una ragazza un bel limone non te lo negherei” si intromise Jacob senza distogliere gli occhi dalla sua lettura, “e sono certo anche io che tu potresti ipoteticamente avere delle speranze con Evans. E credimi, sono fiero che tu abbia finalmente deciso di farti avanti, ma ritengo che lo scriverle una sdolcinata poesia sia una scelta piuttosto imbarazzante, quindi direi di lasciar perdere non credi?”
“Quando a lezione stamattina ho detto a Abby che volevo scrivere una poesia a Summer lei ha detto che era un’ottima idea!” continuò Liam convinto delle sue ragioni.  
“Abby la conosce certo-” mormorò Jacob ma fu bruscamente interrotto da Luke.
“Possiamo smettere di parlare di Abby?”
Jacob alzò le mani in segno di scusa, e Luke continuò: “Grazie. Comunque Liam, io non credo sia una strategia ottimale, e sinceramente non credo funzionerà, ma in ogni caso fai come ti senti...”
“Fai come ti senti? Liam leggigli i primi versi così Luke potrà subito capire che idiozia stai per fare...”
Liam guardò Jacob quasi offeso, e poi spostò il suo sguardo speranzoso su Luke.
“E va bene, fammi sentire questa poesia” disse Luke intenerito dall’atteggiamento disperato dell’amico.
Il ragazzo prese dalla scrivania una busta di carta rosa, da cui estrasse un biglietto del medesimo colore accuratamente ripiegato. 
“Dimmi che è uno scherzo ...” fece Luke trattenendo a stento una risata, ma l’amico non gli diede retta, e schiarendosi la voce iniziò a leggere: 

“La tua voce come acqua d’estate è per me,

Il tuo sorriso come un raggio di luce nella notte più oscura,

Il tuo dolce profumo come un soffio di vita,

Il tuo nome è come musica che accompagna un tramonto lontano.

Oh Summer-”

“No Liam fermo ti prego” lo interruppe subito Luke. “Jacob ha ragione, non ti permetterò di dare questa roba ad Evans.” 
“Grazie al cielo qualcuno che ragiona” commentò distrattamente Jacob impegnato a scrivere qualcosa su un quaderno.
“Ma Luke, devo farlo tu non capisci! Ho bisogno che lei sappia!” si lamentò Liam disperato.
“Ti capisco, lo sai Liam. Ma davvero, è imbarazzante quello che hai in mente di fare, quindi meglio se bruci questo foglietto ed eviti questa bella figura di merda.”
Liam guardò la poesia che teneva fra le mani, e dopo averci riflettuto qualche secondo la ripose con cura nella busta.
“Mi dispiace” disse “io devo farlo.” 
Luke scosse la testa, esasperato. “Come vuoi, io ti ho avvertito. Jacob, ci ho provato, mi dispiace." 
Jacob sempre continuando a sfogliare il libro e a scarabocchiare sul quaderno sospirò. “Lasciamolo fare, se ne pentirà da solo. Liam sappi solo che una volta che la tua dignità sarà finita nel cesso, non ti permetterò di trascinarmi nel fondo con te.” 
“Esci con Andy Rocket, il fondo lo tocchi benissimo da solo” replicò Liam.
“Su questo ha ragione Liam” scoppiò a ridere Luke. 
“Guardate che Andy è un grande, non lo conoscete bene... Io e lui stiamo portando avanti un grande progetto” fece Jacob indicando il libro che aveva davanti.
“Progetto?” domandò Liam.
“Che stai facendo? Pensavo stessi studiando...” mormorò Luke avvicinandosi al letto dell’amico.
“No sto facendo qualcosa di più importante.” 
“Cioè?” chiese ancora Liam avvicinandosi a sua volta all’amico.
“Ma questo non è un libro, è.… l’annuario di Hogwarts dello scorso anno?” commentò sorpreso Luke prendendo in mano l’annuario e iniziando a sfogliarlo.
“Esatto” annuì Jacob tutto orgoglioso.
“E che stai scrivendo lì? Quarto anno: Katrina Bones, Lucy Piterson, Elsa Wolf…" lesse Liam dal quaderno aperto sul letto. “Non dirmi che stai facendo ciò che penso”.
“Io e Andy stiamo scegliendo le ragazze più appetibili dal quarto anno in su, così da non arrivare impreparati alla festa di San Valentino di sabato” confermò Jacob, un enorme sorriso sul volto.
“Più appetibili?” mormorò allucinato Luke.
“Impreparati?” gli fece eco Liam.
“Sì, impreparati. E a mio parere è un’idea geniale, semplicemente ottimizziamo il tempo... alla festa potremo provarci subito con le fortunate senza perdere tempo a selezionare” replicò Jacob fiero.
“Ma voi due siete problematici” scoppiò a ridere Luke.
“Farò finta di non aver sentito” disse Jacob strappando dalle mani dell’amico l’annuario. “Siete così disperati voi due che nonostante il vostro scetticismo sabato vi permetterò di attingere dalla nostra lista, vi ricrederete.”
Così disperati” gli fece il verso Liam, “senti chi parla.” 
“Ti ringrazio per l’offerta ma passo” rispose Luke lasciandosi stancamente cadere sul materasso poggiato a terra.
Jacob gli rivolse uno sguardo malizioso e aggiunse: “Giusto hai ragione, tu dovrai pensare a Megan!”
“Ci risiamo...”
“L’altro giorno dopo la lezione con Silente ci hai fatto un giro no? Questo vuol dire che non sei totalmente ammattito.” 
“Ci ho fatto un giro perché qualcuno le ha detto dove mi trovavo. E non so nemmeno io perché l’ho fatto sinceramente...” 
“E meno male che qualcuno le l’ha detto, se no avresti continuato a sfuggirle chissà ancora per quanto! Te lo dico io, quella è una pantera che ha una voglia matta di sbranarti e in un modo o nell’altro ci riuscirà.” 
“Su questo devo dare ragione a Jacob. Quella non mollerà l’osso facilmente” si intromise Liam che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare i due amici.
“In ogni caso sabato non avrò il tempo per nessuna ragazza, perché metterò la musica alla festa, mi dispiace deludervi.” 
“Io non ti capisco proprio ... i tuoi ormoni non ti pregano di fartela? Non so come tu faccia a resistere, a meno che la tua ex ad Ilvermony non fosse ancora più figa di Megan... com’era la tua ex Luke?”
“Non mi va di parlare della mia ex.” 
“Lui vuole parlare solo di Abby” si intromise divertito Liam. 
“No, ma non voglio parlare nemmeno della mia ex o di Megan. Discorso chiuso.” 
Jacob guardò annoiato Luke per qualche secondo, poi si rivolse a Liam. “E tu?”
“Io cosa?”
“Pensi che vorrai divertirti o continuerai a far voto di castità?”
“Ma quale voto di castità?”
“È più di un anno che non ti fai una ragazza, quindi sì per me questo si chiama voto di castità...”
“Sto bene così Jacob” cercò di chiudere il discorso Liam, ma invano.
“Permettimi di aiutarti” tornò alla carica Jacob.
“Non mi interessano le ragazze della tua viscida lista.” 
“Perché a te interessa solo Summer” gli restituì il favore Luke con un tono fintamene intenerito.
“Sì e allora?” disse subito Liam sulla difensiva lanciando un cuscino addosso all’amico. 
“E allora sabato ci proverai, ma come si deve!” esclamò Jacob mettendosi di scatto in piedi sul letto sicuro di sé. “E ti aiuterò io.”
“Non è il caso, non penso di avere molte speranze...” rispose Liam mogio, guardando verso terra rassegnato.
Jacob scese dal letto con un salto e con rapidi passi raggiunse l’amico, gli prese le spalle e guardandolo dritto negli occhi come un folle gli disse: “Liam sei il mio migliore amico, e sono stufo di vederti così! Preparerò un piano perfetto e ti prometto che ti farai Summer Evans! Fanculo gli Allen!”
“Ok...” mormorò Liam leggermente spaventato dall’atteggiamento dell’amico.
“Ho già qualcosa in mente, e Luke ci aiuterà mettendo la musica giusta, vero Luke?” domandò Jacob.
“L’importante che non mi chiediate di mettere un lento ...” 

***

“La Delegazione della Confederazione Internazionale, capeggiata da Jerome Lynx LaPél, nella prima riunione organizzata con il Wizengamot riprese duramente quest’ultimo per non aver saputo eleggere un Ministro in grado di risolvere la situazione…” 
La voce del professor Ruf riecheggiava monotona nell’aula di Storia della Magia in quello stranamente soleggiato mercoledì mattina. Il tono soporifero con cui il fantasma stava spiegando la gloriosa rivolta dei Goblin, accompagnato dal dolce cinguettio degli uccellini udibile nonostante le finestre chiuse, contribuiva a creare un’atmosfera ancora più soporifera del solito. Erano pochi coloro che stavano prendendo appunti: la maggior parte degli studenti nell’aula ronfava con la testa beatamente appoggiata al banco, mentre altri guardavano annoiati di fronte a sé, persi nei loro pensieri. Ma come al solito, il pallido professore da dietro i suoi grandi e spessi occhiali da vista non sembrava accorgersi del totale disinteresse della quasi totalità del suo pubblico, e proseguiva imperterrito nella sua spiegazione.
In uno dei banchi in ultima fila, Frank Rogers stava scarabocchiando forsennatamente sul proprio quaderno, cosa davvero insolita visto che il ragazzo solitamente preferiva copiare gli appunti di Sophie piuttosto che prestare attenzione alla lezione. 
“Ho perso un pezzo, come si chiama la clausola adottata dai membri dell’Alta Corte?” gli sussurrò Summer cercando di buttare un occhio sul quaderno dell’amico.
“E io che ne so Sum, mica sto seguendo …” mormorò di rimando l’amico, guardando allucinato Summer come se avesse appena detto qualcosa di blasfemo.
“E cosa stai scrivendo lì scusa?” domandò Summer confusa.
“Che domanda sciocca, sto stilando la mia famosa lista dei momenti amorosi di questo fantastico San Valentino.”
“Oh no …” replicò Summer sollevando gli occhi al cielo, subito pentita di avergli rivolto quella domanda.
“Come sai” incominciò Frank senza smettere di scrivere “stamattina in Sala Grande ho visto alcune scene interessanti, mazzi di fiori, scatole di cioccolatini e sbaciucchiamenti eclatanti. Devo segnare tutto, così nei prossimi giorni potrò diffondere i miei gossip.”
Effettivamente quella mattina l’atmosfera che si respirava in Sala Grande era piuttosto febbrile, e sotto certi aspetti persino leggermente stucchevole. Ovunque si intravedevano coppiette felici di esprimere con eclatanti gesti il proprio amore, o temerari innamorati che tentavano un disperato primo approccio con la propria cotta del momento, o i perenni single che guardavano acidamente la plateale e smaccata aria d’amore che sembrava aleggiare letteralmente ovunque. Il Professor Silente, da sempre un inguaribile romantico, aveva addirittura incantato per l’occasione il soffitto della Sala Grande di modo che dal cielo azzurro pallido piovessero dei coriandoli rosa a forma di cuore. Insomma, ovunque ci si voltasse si poteva percepire chiaramente che quel giorno l’unico protagonista era l’amore, come d’altronde ad ogni San Valentino.
Quell’anno però ci sarebbe stata una novità, che a detta di Frank avrebbe reso più piccante quel quattordici febbraio. Solitamente infatti, sotto suggerimento del Tassorosso, il coro della scuola si era fatto carico di un impegno alquanto imbarazzante: consegnare in giro per il castello lettere d’amore e cantare i cosiddetti San Valentino musicali. Per quel quattordici febbraio però, i vari componenti del coro si erano tassativamente rifiutati di svolgere quel servizio che a quanto pare solo Frank voleva portare avanti. Per il ragazzo infatti la possibilità di poter ricevere dai mittenti stessi lettere e componimenti romantici per poi andare a consegnarli direttamente ai destinatari era una fonte inestimabile di chiacchere. Era l’unico modo per essere davvero il reporter principale di informazioni il giorno più sdolcinato dell’anno, vedere con i propri occhi chi riceveva cosa e le conseguenti reazioni, insomma, essere davvero (come lui amava dire) “in prima linea”.
Di fronte quindi al rifiuto dei suoi compagni, Frank non poteva di certo rinunciare alla sua fonte primaria di pettegolezzi, così fondamentale quel giorno dell’anno. Per tanto aveva deciso di sfruttare la sua neo posizione da prefetto per proporre ai professori una soluzione economica ma allo stesso tempo elegante che avrebbe messo tutti d’accordo, in modo da non penalizzare gli inguaribili romantici o chi fosse troppo timido per dichiararsi apertamente. 
E fu così che quella mattina, nel bel mezzo della colazione, le porta della Sala Grande si erano spalancate ed aveva fatto ingresso una dozzina di nani dall’aria arcigna che indossavano ali dorate e tenevano nelle loro paffute mani delle piccole arpe. Frank Rogers era salito sulla piattaforma rialzata su cui era situato il tavolo dei professori, e con loro grande sorpresa tutto orgoglioso aveva urlato: “Vi presento i vostri cupidi di San Valentino, consegnate a loro le vostre lettere d’amore e le vostre poesie, saranno felicissimi di consegnarle al vostro amato o alla vostra amata.”
Sebbene Frank avesse dotato i nani di quei bizzarri accessori con l’unico intento di farli sembrare degli amorini, il risultato era piuttosto bizzarro, a tratti inquietante. L’espressione imbronciata dei nani, sommata al loro aspetto leggermente grottesco, tradiva quello che doveva essere il loro compito della giornata: essere i postini dell’amore. 
Di fronte a quell’agghiacciante spettacolo e soprattutto all’atteggiamento compiaciuto di Frank, Summer si sentiva leggermente sconvolta.
“Questa è in assoluto una delle peggiori idee di Frank” aveva mormorato Abby senza riuscire a distogliere gli occhi allucinati dai corpicini paffuti e seminudi dei nani. 
Ma per fortuna, almeno per il momento, la classe del quinto anno non aveva ancora avuto modo di assistere all’imbarazzante spettacolo degli amorini di Frank.
“Quest’anno ti stai proprio impegnando vedo” sussurrò Summer, dopo aver anche lei abbandonato ogni tentativo di seguire la lezione del professor Ruf. “Prima i nani alati, poi il resoconto della colazione …”
“I miei cupidi amorosi sono un’idea geniale, ho detto loro di tenere una lista dettagliata dei loro servizi, una sorta di ricevuta per sapere chi manda cosa a chi” rispose Frank sorridendo furbo.
“Una ricevuta?” chiese Summer confusa.
“Lascia perdere, termini tipici del sistema fiscale e tributario dei Babbani.”
“Potete fare un po’ di silenzio voi due?” domandò brusca Sophie che seduta nel banco di fronte al loro stava disperatamente cercando di prendere appunti. “Il professore sta spiegando, non è carino parlarci sopra, in più non riesco a seguire.”
“Sì insomma ragazzi, non è educato” le fece il verso Abby, che seduta accanto a lei si era senza tanti problemi voltata verso i due Tassorosso.
“Sto prendendo gli appunti anche per te Abby, quindi non fare casino mi sembra il minimo” replicò Sophie senza smettere di scrivere.
“Ha ragione questa volta” mormorò Abby ai due amici, per poi sbadigliare coprendosi la bocca con una mano.
“Perché non approfitti di questa lezione per dormire un po’? Ti vedo stanca …” le fece Summer.
Abby per tutta risposta fece un cenno con la testa verso Luke Anderson, che a qualche banco di distanza dormiva beatamente con la testa appoggiata sul banco condiviso con Jacob Ray e Liam Lewis. 
“Lascio dormire un po’ lui, stamattina mi è sembrato più provato del solito. Stanotte abbiamo fatto un altro, immancabile, terribile incubo.”
“Abby ma che te ne frega di Anderson!” saltò su Frank.
“Frank che cattiveria, povero Luke” disse prontamente Summer.
“Dico, oggi è San Valentino, Abby deve essere assolutamente riposata per il nostro James che di sicuro vorrà-” ma una gomitata precisamente sferrata da Summer nelle costole del ragazzo impedì a Frank di terminare la frase. 
“Sei squallido Frank” commentò subito Abby divertita dall’esasperante comportamento dell’amico.
“E poi che ne sai che Luke non dovrà fare niente a San Valentino, insomma magari ha bisogno di recuperare le forze pure lui” aggiunse Summer guardando verso il Corvonero.
“Ma no, Luke non farà nulla oggi” intervenne prontamente Abby.
“E tu che ne sai? Insomma è da un po’ che si vocifera che Megan l’abbia puntato, quindi è solo questione di tempo. Come si dice, l’americano è sempre piaciuto” mormorò Frank accarezzandosi il mento.
“Sono abbastanza sicura che questa espressione non esista” replicò Abby. “E poi no lui non è il tipo che si farebbe una come Megan.”
“Certo come no! Non esiste ragazzo che non si farebbe Megan, e Gray a parte, lui è proprio carino, è impossibile che nessuna ci provi” mormorò Frank.
“Sono sicura che non se la farà Megan, discorso chiuso. E comunque IO conosco un ragazzo carino con cui qualcuno dovrebbe affrettarsi a combinare qualcosa…” cambiò bruscamente discorso Abby, e notando che Summer non aveva afferrato l’antifona. “Sto parlando di Liam, Sum.”
“Ancora con questa storia Abby?” domandò scocciata Summer.
“Sì Sum, ancora con questa storia. Liam è così carino, divertente, un bravo ragazzo… stareste così bene insieme, perché non provi ad uscirci almeno una volta?” iniziò a piagnucolare Abby.
“Perché non mi interessa forse?” rispose sarcastica Summer.
“Perché sta di nuovo sotto un treno per Alex” sentenziò sicuro Frank. 
“E allora?” chiese Summer notando lo sguardo di rimprovero sul volto di Abby.
“E allora Sum, solo perché ora è tornato carino con te, non vuol dire che non possa ricadere nelle sue strane abitudini … che vuole da te sto ragazzo? Non si sa… Insomma lo sanno tutti, il lupo perde il pelo ma non il vizio.
“Che hai detto? Cosa c’entrano i lupi?” saltò su Summer con voce esageratamente acuta, subito sull’attenti.
“E’ un modo di dire Sum …” mormorò Abby e notando l’espressione leggermente stupita dell’amica aggiunse: “Stai bene?”
“Sì sì scusa…” sussurrò Summer sorridendo. Ma la verità era che no, non stava così bene. Per un attimo fu presa dall’irrazionale paura che Abigail fosse venuta a conoscenza del segreto di Alex. In quell’ultimo mese aveva davvero imparato a rendersi conto di quanto fosse difficile condividere e mantenere un segreto simile, la paura che qualcuno potesse venire a conoscenza della cosa da un momento all’altro era tanta, e il solo pensiero che Alex stesse convivendo con quel terrore da anni la faceva sentire forse ancora peggio. Inoltre vedere il modo con cui i suoi amici parlavano di Alex, dipingendolo come un lunatico incapace di capire cosa volesse dalla vita, la faceva leggermente innervosire. Loro non sapevano nulla, eppure continuavano a giudicare lei e il suo riavvicinamento al ragazzo. Certo non era colpa loro, fino a qualche mese prima Summer condivideva i loro stessi pareri, eppure ora che lei sapeva la verità le risultava difficile sopportare quelle battutine e quelle leggere critiche. Ogni volta doveva mordersi la lingua spinta dall’impellente desiderio di urlare che no, Alex non era uno stronzo incostante, ma un ragazzo costretto ad una condizione terribile che gli impediva di vivere una vita normale come tutti i suoi coetanei. 
Ma ovviamente questo non lo poteva dire, ed era dunque obbligata a sopportare le critiche dei suoi amici senza possibilità di giustificarsi in modo sensato. Ai loro occhi non era niente di meno che una sottona. E tutto questo la faceva soffrire, e molto.
Se è per questo non puoi nemmeno stare con il ragazzo che ti piace, pensò inavvertitamente Summer, come ogni qual volta che si immergeva in quelle riflessioni. Cosa che contribuì a peggiorare immediatamente il suo umore. 
Per quanto fosse enormemente dispiaciuta per la condizione che Alex sopportava da ormai dieci anni, non poteva che pensare anche al fatto che probabilmente tra lei e il ragazzo che tanto le piaceva non ci sarebbe mai potuto essere un futuro. Questo elemento in particolare, la stava logorando lentamente. Lei ci teneva moltissimo ad Alex, ma in quei momenti si ritrovava a fantasticare su come sarebbe stato frequentare un ragazzo normale. E come poteva non riflettere su ciò: vedere Abby vivere la sua felice storia con James, o Sophie che, seppur di nascosto, poteva comunque stare con il ragazzo di cui era innamorata, la faceva inevitabilmente penare. 
Non che fosse gelosa di loro, anzi, era contentissima nel vedere quanto le sue amiche fossero felici e spensierate nell’ultimo periodo. Ma allo stesso tempo però desiderava anche lei poter vivere un amore giovanile come tutti i suoi compagni, invece di contare quanti giorni mancassero alle lune piene o di cercare disperatamente un modo per far sì che la metamorfosi di Alex fosse un po’ meno dolorosa. 
Ma all’improvviso qualcuno bussò alla porta dell’aula, distogliendo Summer dai suoi pensieri. 
“Avanti …” mormorò tedioso il professor Ruf.
Le porte si spalancarono, e fecero ingresso nell’aula una dozzina di nani i quali, data la loro espressione ancora più irritata di quella sfoggiata durante la colazione in Sala Grande, avevano chiaramente già fatto il giro di parecchie aule.   
“Prima o poi sarebbe dovuto accadere …” mormorò Abby guardando preoccupata lo strambo gruppo di improbabili visitatori.
“Oh…” disse il professor Ruf sorpreso, non era abituato ad alcun tipo di interruzione durante le sue lezioni, “beh suppongo che dobbiate consegnare le lettere di San Valentino giusto?”
“Sì, possiamo iniziare? Ci mancano ancora un bel po’ di aule da visitare, e vorremmo finire prima di pranzo” rispose burbero uno degli amorini. 
Senza aspettare alcun segnale di assenso da parte del professore, uno dei nani estrasse dal sacco che si portava appresso uno spesso plico di lettere.
“Evvai si comincia” lanciò un gridolino eccitato Frank battendo le mani. 
“Clara Hunter?” mormorò il nano, e una ragazza di Grifondoro seduta ai primi banchi dell’aula alzò timidamente la mano. Il nano si avvio verso la ragazza seguito dai suoi compari, e con fare antipatico le consegnò un bigliettino rosso a forma di cuore dicendo un “Buon San Valentino” privo di un qualsiasi tipo di sentimento. 
“Scommetto che è stato Klark, Serpeverde del terzo anno …” commentò eccitato Frank, senza preoccuparsi di abbassare il tono della voce.
“Harry Jhonson e Emily Carter?”, e altri due studenti si alzarono in piedi arrossendo lievemente.
“Chi ha scritto a Jhonson? Penso che sia la prima lettera di San Valentino che riceve, che tenero. E Carter poi? Quella fa così la difficile” continuò a commentare Frank, senza pudore.
“Abbassa un po’ la voce Frank, è già abbastanza imbarazzante così per questi poveri ragazzi, almeno evita di sbandierare i fatti loro ai quattro venti!” lo rimproverò subito Summer, che si sentiva profondamente a disagio per i suoi compagni.
“Liam Lewis?” chiamò il nano con aria annoiata.
Il Corvonero leggermente confuso si alzò in piedi, e prese dalle mani del cupido una busta color malva. Fece appena in tempo a sedersi che sia Luke che Jacob li furono subito addosso.
“Chi te lo manda?” domandò Luke eccitato.
“Non lo so …” bisbigliò Liam disorientato.
“E allora leggi no?” si intromise Jacob fuori di sé.
Liam aprì la busta da cui estrasse un biglietto che, con una calligrafia elegante, recitava: 

Vorrei trovare il coraggio per venirti a parlare e dirti quello che provo per te. O.

“Wow, il nostro piccolo Liam ha baccagliato” fece divertito Luke scompigliando i capelli dell’amico. 
“Magari è uno scherzo, io non credo che … Insomma O., chi dovrebbe essere? Magari non è nemmeno una ragazza …” balbettò Liam rosso in viso.
“Ma figurati se non è una ragazza, quanta poca autostima hai?” replicò Luke divertito, ma prima che potesse aggiungere altro Jacob si avventò sul bigliettino che Liam teneva tra le mani ed iniziò ad annusarlo.
“Questo è innegabilmente odore di ragazza, O. è di sesso femminile lo percepisco.” 
“Che segugio Jacob …” disse Luke divertito.
“Beh ma a me che importa, non so chi sia sta ragazza” fece Liam puntando gli occhi sulla busta rosa contente la poesia per Summer che spuntava dal quaderno degli appunti.
“Senti Liam, c’è una ragazza che prova qualcosa per te e che non ha il coraggio per venirti a parlare, ti vuoi svegliare o no?” sentenziò annoiato Jacob.
“Se non ha il coraggio di venirmi a parlare come faccio a sapere chi è? E poi insomma, magari è brutta!” provò a giustificarsi Liam.
“Odio quanto ti atteggi da Sommelier della figa. Stai a bocca asciutta da tempo immemore, non hai voglia di divertirti un po’?” chiese Jacob sconvolto.
“E poi magari è solo timida …” intervenne Luke, ma prima che l’amico potesse ribattere uno dei cupidi urlò ad alta voce: “Luke Anderson?”
Jacob guardò allucinato verso il compagno, il quale con un’espressione mista tra lo stupito e il compiaciuto si alzò in piedi. Il nano si avvicinò al ragazzo e prima di consegnarli un semplice cartoncino rosso fuoco, privo di busta, disse: “Ritengo giusto informarti che la ragazza che ti manda questo biglietto mi ha letteralmente obbligato a strappare di fronte a lei tutti i bigliettini scritti per te da altre ragazze. Non mi prendo alcuna responsabilità di quello che è successo, voi adolescenti siete fuori di testa.”
Luke interdetto si sedette e voltò il bigliettino, su cui si leggeva semplicemente: 

Sabato sarai mio.

“ODDIO!” esclamò Jacob quasi cadendo dalla sedia.
“Cosa?!” domandò Luke perplesso.
“Tu sai chi te lo manda vero?!” fece Jacob, fissando con gli occhi spalancati il bigliettino che Luke si rigirava tra le mani. 
“Posso immaginarlo …” mormorò Luke.
Jacob si mise le mani tra i capelli, ansimando.
“Puoi immaginarlo e reagisci solo così?”
“Scusate ma posso sapere chi l’ha mandato?” si intromise Liam che non stava capendo di chi stessero parlando i due amici.
“L’ha mandato Megan fottutamente figa Gray!” sussurrò Jacob quasi incredulo delle sue stesse parole.
“Forse” aggiunse Luke. “Non è firmato!”
“Forse? È lei fidati, conosco la sua scrittura, l’anno scorso mi ha firmato l’annuario e SO CHE E’ LEI! E ti giuro Luke, se sabato non te la fai io non ti rivolgerò mai più la parola.”
“Jacob te l’ho già spiegato …” provò a dire il ragazzo ma non riuscì a terminare la frase.
“VOI DUE MI FARETE MORIRE! Vi hanno scritto delle ragazze e voi fate i preziosi ma cosa devo fare con voi? Luke ti ha scritto Megan Gray e ha pure intercettato tutte le altre lettere per te, insomma vuol dire che vuole proprio te!”
“No, vuol dire che Megan è una psicopatica” replicò Luke.
“E poi c’erano altre lettere! Altre ragazze che desiderano il tuo corpo … non ho mai avuto un amico così ambito” continuò Jacob con occhi stralunati, noncurante della constatazione di Luke.
“Grazie eh …” fece Liam che si sentì chiamato in causa da quell’affermazione.
A pochi banchi di distanza, mentre gli amorini di Frank riprendevano la loro consegna dopo aver discusso animatamente con Thano il quale aveva provato a infilare le mani nel loro sacco convinto che non potevano non esserci lettere per lui, Abigail Hill allungava il collo cercando di capire qualcosa della conversazione dei tre Corvonero. Senza capire bene il perché, voleva sapere chi avesse mai potuto mandare una lettera d’amore a Luke Anderson facendo sparire addirittura i biglietti di tutte le altre ragazze.  
“Chi gli avrà scritto secondo te?” chiese infatti a Sophie, cercando di aguzzare la vista. 
“Mmm boh non so … Megan? Non hai detto che una volta è venuta ad aspettarlo fuori dall’ufficio di Silente?” rispose Sophie calma.
“Ma figurati se Megan adesso manda bigliettini d’amore, insomma non lo farebbe mai, o no?” continuò Abby alzandosi leggermente dalla sedia, ma l’unica cosa che riusciva ad intravedere era un cartoncino rosso.
“Magari ha deciso di sistemarsi, che ne so …” disse Sophie, ma di fronte all’espressione inorridita di Abby aggiunse: “Ma scusa Abby di che ti preoccupi tu?”
“Beh è un mio amico e sai quanto io odi Megan… Lui si merita una brava ragazza non una troia come quella!”
“Se ti preoccupi così tanto di una lettera per un tuo amico, non oso immaginare cosa farai quando vedrai il bottino di San Valentino di James” sentenziò Sophie con sguardo malizioso. 
Quelle semplici parole bastarono perché la Grifondoro si dimenticasse della misteriosa ammiratrice di Luke. Abby rivolse uno sguardo gelido all’amica, riducendo gli occhi a due fessure.
“Ho già detto a James che le sue stupide letterine le userò stasera per alimentare il fuoco nella nostra Sala Comune, riusciremo a scaldarci per un anno intero probabilmente.”
Sophie scosse la testa divertita, non poteva di certo biasimare Abby.
“A proposito di James” fece però Abby in tono furbo. “Quest’anno mia cara Sof spero tu ti sia trattenuta dall’inviargli una delle tue letterine anonime…”
“Ma cosa stai dicendo Abby? Quali letterine?” replicò Sophie subito sulla difensiva. 
“Andiamo Sof, a me puoi dirlo …”
“Ma dirti cosa?!”
“Guarda che ho sempre notato il modo che hai di guardarlo, le tue battutine … e lo scorso San Valentino ti ho beccato in camera intenta a scrivere un bigliettino su carta gialla. L’unica lettera gialla di tutto il castello l’ha ricevuta proprio James” continuò Abby tranquilla.
“Non- non so davvero di cosa tu stia parlando” tergiversò Sophie rossa in viso mentre incominciava a ravanare nella borsa nella disperata ricerca di chissà cosa. Per fortuna, fu salvata da quel momento d’imbarazzo dal professor Ruf.
“Allora, le lettere sono finite …  possiamo riprendere la lezione?” fece infatti il fantasma, chiaramente seccato da tutta quella perdita di tempo. 
“Ancora un attimo, abbiamo un San Valentino musicale” disse uno dei nani. 
“Oddio che emozione” strillò Frank portandosi una mano alla bocca.
“Allora il San Valentino musicale è per … Summer Evans?”
Ci fu un attimo di silenzio, prontamente interrotto dalla risata di Abby.
La Tassorosso dal canto suo, totalmente nel panico, cercò di farsi piccola accasciandosi sul banco. Non voleva essere vista, né tantomeno ricevere quel maledetto San Valentino musicale.
“Summer Evans? E’ presente?” ripeté il cupido guardandosi attorno seccato.
“CERTO E’ QUI!” gridò Frank sollevando il braccio dell’amica.
“Frank stai zitto!” lo avvertì subito lei, ritraendo il braccio.
Summer odiava essere al centro dell’attenzione, e soprattutto odiava quel genere di sorprese. Ora tutti la stavano guardando, alcuni leggermente incuriositi, altri come Abby quasi sull’orlo delle lacrime per le risate.
“Allora Summer Evans, ecco il tuo San Valentino musicale” disse uno dei nani alati, e dopo essersi schiarito la voce, insieme ai suoi colleghi intonò: 

“Summer, adorata Summer, tu mi piaci tanto

Mi piacerebbe portarti in giro come un vanto.

Sei bella e sei solare,

Sei come una giornata al mare.

Amici da sempre noi siamo,

Ma mi piacerebbe dirti ti amo.

So che sono solo il tuo compagno Tassorosso,

Il tuo Alex son io e mi son commosso”

Summer rimase a bocca aperta, senza saper bene cosa dire. Mentre attorno a lei la maggior parte dei presenti scoppiava a ridere e i nani alati finalmente lasciavano l’aula, la povera ragazza voleva solo sprofondare sotto terra, incredula al pietoso spettacolo a cui aveva appena assistito.
Come aveva potuto Alex fare una cosa del genere? Sapeva quanto lei odiasse quel genere di cose, non erano da lei quelle sorprese eclatanti, o per meglio dire imbarazzanti.
Ma oltre a quel senso di profondo imbarazzo che la stava letteralmente uccidendo, c’era un’altra cosa che le dava alla testa. Alex le aveva chiaramente detto che tra di loro le cose sarebbero rimaste così com’erano sempre state, due buoni amici senza possibilità di cambiamento. Summer aveva compreso e accettato la realtà delle cose, nonostante la sofferenza che quella consapevolezza le aveva inevitabilmente procurato. E ora Alex che faceva? Le mandava un San Valentino musicale totalmente noncurante dei suoi sentimenti.
Aveva lui stesso tracciato una sottile linea invisibile tra l’amicizia e quella che poteva essere una possibile relazione, e ora l’aveva superata. In un modo così imbarazzante poi.
La campanella suonò, decretando il termine di quella terribile lezione. Summer si alzò immediatamente, ritirò tutte le sue cose in fretta e furia e prima che potesse ricevere un qualsiasi tipo di commento dai suoi amici era già fuori dall’aula. Questa volta Alex l’avrebbe sentita.
L’unico in tutta l’aula che non aveva minimamente riso era Liam Lewis, che ancora seduto al suo posto fissava il punto dove Summer era appena sparita. 
Il ragazzo prese la poesia che con tanto impegno aveva scritto per la Tassorosso, e senza perdere tempo la strappò con le sue stesse mani. Forse davvero non c’era più niente da fare.
“Tutto bene Liam?” gli chiese Luke posando una mano sulla spalla dell’amico.
“Non proprio…” mormorò mesto il ragazzo.
“Dai Liam non fare così, penso sia stata la cosa più imbarazzante che abbia mai visto, solo la tua poesia avrebbe potuto battere questi livello di cringe” scherzò Jacob, ma vedendo l’espressione avvilita di Liam aggiunse: “Dai Liam, ho un piano perfetto per sabato, vedrai che non falliremo”
“E anche dovessimo fallire, c’è pur sempre O.” commentò maliziosamente Luke dando un leggero spintone all’amico.

***

Jake sobbalzò spaventato dal suono della campanella. Si era quasi assopito seppur seduto scomodamente sotto l’arcata della finestra di fronte all’aula di incantesimi.  
Quella mattina il Serpeverde si era svegliato particolarmente di cattivo umore, con l’unica voglia di riversare la propria irritabilità sugli altri. Così aveva trascorso la prima metà della lezione di incantesimi a fare interventi fuori luogo e battute poco simpatiche (rivolte in particolare al gemello che sedeva a qualche baco di distanza da lui) con la sola volontà di creare disturbo e trambusto in classe.
Nonostante il professor Vitious fosse conosciuto per essere un uomo estremamente paziente, questo sembrava non valere quando si trattava di Jake Allen.
Erano ormai tantissime le volte in cui il Serpeverde era stato sbattuto fuori dall’aula dal piccolo professore nel corso di quei sei anni, e anche quella mattina le cose non erano andate diversamente.
Nonostante i primi mansueti ammonimenti del professore infatti, Jake non aveva cessato un attimo di sghignazzare con il suo vicino di banco di fronte alle sue stesse battute a voce così alta da impedire a Vitious di riuscire a proseguire con la spiegazione della lezione.
Enormemente incollerito Vitious, sbraitando con il dito minacciosamente puntato contro il Serpeverde, aveva infine cacciato il ragazzo dall’aula.
Jake aveva quindi passato ciò che restava di quell’ora appoggiato al muro nel corridoio, totalmente indifferente per ciò che era appena accaduto. Era così abituato ad essere punito e sbattuto fuori dalle lezioni che non ci faceva nemmeno più caso. Inoltre non poteva dirsi dispiaciuto, insomma ai suoi occhi saltare le lezioni non era affatto una punizione, ma una vera e propria manna dal cielo.
Il Serpeverde si stiracchiò, finalmente era arrivato l’intervallo. Dopo essersi alzato lanciò un’occhiata alla porta di fronte a sé. Nessuno dei suoi compagni era ancora uscito, probabilmente Vitious li stava trattenendo assegnando compiti dell’ultimo minuto.
Jake fece spallucce, tanto meglio che non fosse dentro con i suoi compagni, avrebbe perso minuti preziosi dell’intervallo per segnare dei compiti che tanto non avrebbe comunque mai fatto.
Ma proprio appena ebbe incominciato ad incamminarsi verso il bagno, con la coda dell’occhio notò una ragazza dai corti capelli biondi che stava camminando spedita proprio nella sua direzione.
“Guarda guarda chi si vede, Evans in arrivo!” urlò Jake sfoggiando il suo solito sorriso strafottente, ma subito capì che qualcosa non andava: a giudicare dal passo deciso e dalla inusuale espressione di rabbia sul volto solitamente così pacifico della ragazza, non era difficile intuire che Summer Evans fosse per qualche motivo incollerita.  
Non appena Summer ebbe raggiunto il Serpeverde senza nemmeno ricambiare il saluto, ancora ansante per la corsa appena fatta, disse semplicemente: “Dov’è tuo fratello?!”
“Buongiorno anche a te Summer, io sto bene e tu? Sono contento anch'io di vederti... questo significa salutare Evans, si tratta di educazione” fece Jake con tono sarcastico.
“Bene grazie, non ho bisogno di ricevere lezioni di educazione da te, Allen...” replicò subito la ragazza, guardandosi attorno con gli occhi ridotti a due fessure. “Piuttosto sai dirmi dove si trova Alex oppure no?”
“È ancora in classe dovrebbe uscire adesso” rispose Jake facendo un cenno verso la porta dell’aula ancora chiusa. “Vitious starà dando i compiti... perché tutta questa fretta di vedere il mio fratellino poi?”
“Perché penso di volerlo uccidere!” sbottò Summer quasi urlando, non curante del gran numero di studenti che stava iniziando ad affollare il corridoio attorno a loro. Era davvero incollerita per il gesto che il Tassorosso aveva compiuto, per non parlare poi dell’imbarazzo che aveva provato a causa di quella tremenda poesia letta davanti a tutti i suoi compagni. Difficilmente si sarebbero dimenticati di quelle strofe, e sicuramente per giorni i suoi amici avrebbero riso di lei. 
“Oh... e che ha fatto scusa?” domandò Jake accigliato. Durante quelle ultime settimane si era abituato a vedere Summer e Alex sempre insieme in perfetta sintonia, non riusciva davvero ad immaginare cosa il gemello potesse aver fatto alla ragazza per averla fatta infuriare in quel modo. A giudicare dall’espressione rabbiosa di Summer infatti, Alex doveva averla combinata davvero grossa.
“Mi ha mandato dei nani canterini che mi hanno letto una poesia tremenda davanti a tutti quando-” ma Summer non riuscì a terminare la frase, Jake era letteralmente scoppiato a ridere. 
“Lo trovi così divertente?” sbuffò Summer accigliata e ovviamente infastidita dalla reazione del Serpeverde. Probabilmente lui non era a conoscenza del discorso durante il quale poco tempo prima lei e Alex si erano ripromessi di rimanere solo amici per il bene di entrambi.
“No scusa Evans” si riprese Jake sforzandosi per non scoppiare nuovamente a ridere. “È che non credevo te la saresti presa così tanto”
“Come scusa?”
“Dico non pensavo che questa sorpresa ti avrebbe fatto arrabbiare in questo modo... se no non te l’avrei mai fatta” continuò Jake di nuovo sul punto di ridere.
“Sei stato tu?” domandò sconvolta Summer, non riuscendo a capire che cosa stesse accadendo.
“SORPRESA!” fece Jake alzando le mani divertito.
“Ma tu sei un deficiente Jake! Ma perché l’hai fatto!?” urlò Summer colpendo con forza la spalla del ragazzo con uno schiaffo.
“Ahia! Evans era uno scherzo” replicò il ragazzo divertito. “Volevo prenderti un po’ in giro, pensavo che così facendo magari avrei aiutato te e il mio fratellino a svegliarvi un po’.” 
“Ma come ti permetti? Non è affar tuo il rapporto tra me e tuo fratello, stanne fuori Jake” sbottò nuovamente Summer sferrando altri schiaffi contro la spalla del Serpeverde.
“Smettila Evans mi fai male!” la supplicò Jake tentando di ripararsi dagli attacchi micidiali della Tassorosso, ma senza riuscire a smettere di ridere.
“Sei uno stupido, non è stato divertente! Sai quanto io odi queste cose!”
“Proprio per questo ti ho preparato questa sorpresa, sapevo che l’avresti odiata!” continuò divertito il ragazzo cercando di sfuggire alla furia omicida di Summer.
Jake non sapeva bene perché avesse fatto ciò che aveva fatto. Pochi giorni prima, alla notizia dell’ingaggio da parte di Frank Rogers dei nani canterini per il San Valentino, a Jake era balenata la bizzarra idea di scrivere una imbarazzante poesia d’amore per Summer, a nome di Alex. Sapeva che questo avrebbe infastidito la ragazza, e lui amava vederla in difficoltà. Solo in quei momenti la ragazza riusciva a tirare fuori quel suo lato così inaspettatamente spontaneo e disinvolto che a lui piaceva tanto. E se poi questo avesse potuto creare un po’ di scompiglio tra lei e il buon samaritano Alex tanto meglio.
“Se non avessi beccato te, avrei inveito contro Alex che poverino non c’entrava nulla!” inveì nuovamente Summer.
“E questo credimi sarebbe stato molto divertente” replicò il ragazzo annuendo convinto.
“Sei-un-cretino-Jake-Allen” tuonò Summer colpendo ripetutamente il ragazzo con la borsa dei libri.
“Che cosa succede qui?” risuonò la voce di Alex alle loro spalle.
La porta dell’aula di Incantesimi si era finalmente spalancata, e senza che né Summer né Jake se ne accorgessero Alex insieme ai suoi compagni di classe era uscito nel corridoio, trovandosi di fronte la bizzarra scena di Summer Evans la mansueta Tassorosso che prendeva a borsate Jake Allen.
Ora Alex, affiancato dai suoi due inseparabili amici Ektor e Joe, stava guardando attonito Summer e Jake.
“Meno male che sei uscito fratellino, Evans stava dando di matto dalla voglia che aveva di vederti” disse Jake portando automaticamente le mani a protezione del volto, pronto ad un altro assalto da parte della ragazza.
“Che cosa?! No!” replicò subito Summer rossa in viso. “Cioè non che non volessi vederti Alex... È che tuo fratello mi ha mandato un San Valentino musicale da parte tua!”
“Che cosa?!” domandò sconvolto Alex rivolgendosi ora al fratello.
“Sempre a fare la spia Evans, che prefetto diligente che sei” fece Jake guardando con astio la ragazza.
“Hai solo da non fare queste cazzate, Jake!” replicò prontamente Summer, per poi voltarsi verso Alex. “Pensavo fossi stato tu, quindi stavo per venire ad ucciderti!”
“Jake sei proprio un coglione, perché non mi lasci in pace una buona volta?” chiese Alex realmente infastidito.
“Come sei noioso fratellino, era uno scherzo giusto per creare un po’ di pepe nella vostra noiosa amicizia illibata” spiegò Jake ignorando gli epiteti poco gentili che Summer gli stava rivolgendo. “Siete davvero privi di umorismo, stareste davvero bene insieme!” 
“Jake smettila!” lo ammonì Alex “non sono affari tuoi quello che facciamo io e Summer, impara a stare al tuo posto!”
“Era uno scherzo Alex!”
“Beh non mi ha fatto ridere, e a quanto pare nemmeno Summer ha gradito più di tanto la sorpresa … Si può sapere perché devi sempre comportarti così?”
“Mi ero dimenticato che i Tassorosso non sanno che cosa significhi scherzare, scusate” si affrettò a dire Jake alzando le mani in segno di resa. “Ora non vi preoccupare, me ne vado, così potete fare gli amiconi senza che la mia presenza vi crei disturbo, ci si vede!” 
E detto questo il Serpeverde si allontanò senza aggiungere altro.
Summer rimase con gli occhi puntati sulle larghe spalle del ragazzo, finché non lo vide sparire in mezzo alla folla di studenti. 
Era più confusa che mai. Jake a volte faceva delle cose totalmente prive di senso che la lasciavano enormemente basita. 
“Che idiota ...” mormorò Alex.
“Ti giuro che a volte faccio davvero fatica a capirlo!” disse Summer, ma notando l’espressione contrariata di Alex aggiunse: “dai non prendertela così, l’importante è che io abbia capito che quell’imbarazzante sorpresa non era da parte tua!”
Il viso di Alex sembrò rilassarsi, e finalmente sulle labbra apparve un sorriso.
“Non ti avrei mai fatto una sorpresa del genere! Ti conosco troppo bene, so per certo che non avresti apprezzato.”
“Esatto, dovevi sentirla, una poesia d’amore tremenda! E poi dopo il discorso che abbiamo fatto … insomma sarebbe stato strano mi avessi preparato una sorpresa per San Valentino no?”
“Già…” mormorò Alex, e i due ragazzi rimasero per qualche breve secondo a fissarsi imbarazzati.
“Beh Alex, io e Joe dobbiamo andare in bagno, ci vediamo poi a Trasfigurazione” disse Ektor, che fino a quel momento era rimasto assieme all’amico Joe ad ascoltare senza fiatare.
“Già, noi andiamo, ciao Summer” gli fece eco Joe, lanciando uno strano sguardo ad Alex.
“Ciao ragazzi!” li salutò allegramente Summer.
Alex aspettò che i suoi due amici si fossero allontanati, per poi esordire con un: “Senti Sum... non prenderla male, ma in realtà avevo un pensierino da darti.”
Summer strabuzzò gli occhi, e sentì le guance avvampare.
“Non agitarti non si tratta di un’altra bizzarra sorpresa, non è nulla di che in realtà...  ma insomma San Valentino è una festa in cui bisogna dimostrare affetto no?” provò a tergiversare il ragazzo.
“Beh sì... suppongo sia così, affetto, volersi bene, questo genere di cose no?” intervenne Summer chiaramente in difficoltà.
Davvero Alex le aveva fatto una sorpresa per San Valentino?
“Anche se ci siamo detti che tra noi le cose devono rimanere così come sono, ci tenevo a farti un piccolo pensierino per insomma, ricordarti che a te ci tengo” sussurrò Alex, fissando intensamente negli occhi la ragazza, la quale sembrava aver perso totalmente l’uso della parola.
Alex frugò dentro lo zaino e tirò fuori una piccola busta bianca.
“Tieni” disse porgendo la busta a Summer.
La ragazza afferrò la busta e mormorò un semplice quanto imbarazzato: “Grazie”
“Non è davvero nulla di che, non spaventarti” fece il ragazzo grattandosi imbarazzato la testa, “è solo un pensierino davvero.”
“No beh grazie, è un gesto gentile da parte tua” replicò Summer, ma fu subito interrotta dal suono della campanella che annunciava il termine dell’intervallo.
"Bene, io vado ora, ho la McGrannit! Ci vediamo più tardi?” domandò Alex sorridente, leggermente più tranquillo.
“Certo, ci vediamo dopo” rispose Summer, che sentiva il proprio cuore scoppiare di fronte a quel sorriso ai suoi occhi così perfetto.
Non appena Alex si fu allontanato, Summer trasse un respiro profondo per provare a calmarsi. Guardò la piccola busta bianca che reggeva tra le mani tremanti, senza capire bene perché stesse reagendo in quel modo.
In fondo è solo una semplice busta, non c’è bisogno di agitarsi tanto, provò a convincersi Summer mentre a passo lento Incominciava a dirigersi verso la lezione di Rune antiche.
Senza smettere di camminare la ragazza aprì con delicatezza la busta, e ne estrasse un piccolo bigliettino dello stesso colore che con una calligrafia semplice ed ordinata riportava: 

Per ringraziarti di tutto ciò che fai per me, e soprattutto per dimostrarti quanto io tenga a te (anche se preferirei dimostrartelo in un altro modo, ma come sai non possiamo).

 L’ho conservato per tutto questo tempo, non mi scorderò mai di quel giorno.

Buon San Valentino Summer.

Alex

Summer si fermò di botto e guardò confusa il biglietto. Reggendo la busta si accorse che c’era qualcosa di piccolo al suo interno. Vi infilò la mano ed estrasse un vecchio e sbiadito tappo di Burrobirra.

Il suo cuore perse un battito.
Non poteva crederci. Alex l’aveva conservato per tutto questo tempo. Quello non era un semplice tappo di Burrobirra, era il motivo per cui si erano rivolti la parola per la prima volta, due anni prima.
Anche Summer non si sarebbe mai potuta scordare di quel giorno, quando aveva dovuto partecipare di malavoglia al compleanno di Ronny Eriksen, cacciatore della squadra di Tassorosso ed allora ragazzo della compagna di stanza di Summer, Madeline Palmer. Maddy (così Summer era solita chiamarla), la quale non voleva assolutamente stare da sola insieme ai compagni di squadra del suo ragazzo, aveva invitato Summer, che allora era una delle sue poche amiche. Summer dal canto suo non era molto allettata all’idea di partecipare ad un compleanno a cui non era nemmeno stata formalmente invitata, dove per giunta non conosceva nessuno se non la ragazza del festeggiato. Ma ovviamente, spinta dai sensi di colpa e dalla pressione di Maddy (senza contare poi l’insistenza di Frank, che riteneva quella un’occasione imperdibile per ricavare nuovi scoop), Summer aveva ceduto, e si era ritrovata un sabato pomeriggio seduta ad un tavolo dei Tre manici di scopa con una decina di persone con cui non aveva mai nemmeno parlato, completamente a disagio.
Summer aveva subito notato il bel ragazzo seduto di fronte a lei, non ci aveva mai parlato prima ma sapeva per certo che lui era Alex Allen, il bel Tassorosso famoso per la sua gentilezza e bontà. Naturalmente Summer, troppo timida per proferire parola, era rimasta in silenzio, fino al momento in cui la sbadata Madama Rosmerta (probabilmente troppo impegnata già allora a fare gli occhi languidi ad Edward Richardson seduto a qualche tavolo più in là) non le aveva posato di fronte al naso una burrobirra non ancora stappata.
Summer, già di suo non abituata allo stappare bottiglie, aveva provato in più modi a sforzare il tappo, ma proprio non voleva saperne di aprirsi.
La ragazza era totalmente nel panico, terrorizzata dall’idea di stare per fare la figura dell’idiota davanti a tutti, una delle sue paure più grandi.
“Dammi la bottiglia, il tappo è duro” le aveva detto gentilmente Alex, che ormai da qualche minuto stava osservando divertito i disperati tentavi di aprire la Burrobirra di quella ragazza così carina seduta davanti a lui.
Summer un po’ in imbarazzo di fronte a quel bellissimo sorriso, nel porgergli la bottiglia sfiorò la mano del ragazzo. E in quel momento che sembrò durare per sempre, accadde. I due ragazzi si guardarono negli occhi per la prima volta, e da quel momento non sarebbero più stati in grado di fare a meno l’uno dell’altra.
Summer portò il vecchio tappo scolorito vicino al cuore che sembrava star battendo all’impazzata.
Alex aveva conservato quel tappo per ben due anni, aveva conservato con cura un oggetto all’apparenza così insignificante ma che in realtà custodiva il ricordo del loro primo incontro: forse anche lui in quel momento aveva provato quello che aveva sentito lei.
Summer, completamente commossa, ripose con cura il tappo e il bigliettino nella busta, e senza nemmeno accorgersene sulle sue labbra era spuntato un sorriso a trentadue denti.
Poche ore prima era stata pervasa da un forte senso di malinconia rimuginando sul fatto che la relazione tra lei e Alex sarebbe rimasta ancora per molto tempo in quella fase di stallo di amicizia. Ma ora, di fronte a quel gesto così piccolo ma allo stesso tempo così importante, non poteva che sentirsi enormemente fortunata. Forse tra lei e il Tassorosso le cose sarebbero andate avanti in quel modo ancora per molto, moltissimo tempo, ma non le importava: andava bene così. Aveva avuto modo di conoscere un ragazzo fantastico, che teneva a lei come nessuno aveva mai fatto prima, quel piccolo vecchio tappo ne era la prova. Anche se forse quella non era la storia d’amore che aveva sempre sognato, non avrebbe dato via quello che aveva con Alex per nessun amore adolescenziale al mondo. 
Summer strinse la busta con forza tra le mani. 
Forse quel San Valentino non faceva poi così schifo.   
 

II

“Alt, dove credi di andare Frank?” esclamò Abby, facendo un balzo in avanti e afferrando il braccio dell’amico appena in tempo. Il Tassorosso infatti, le spalle piegate e la testa china nel tentativo di passare inosservato, stava cercando di sgattaiolare via senza farsi notare. 
“Io? Devo solo di andare in bagno…” squittì il ragazzo, cercando di assumere un’aria innocente senza molti risultati: gli si leggeva in faccia che era stato colto in flagrante. 
“Interessante, quindi non stavi cercando di seguire Summer per vedere cosa succede tra lei e Alex?” chiese Sophie con l’aria di chi la sa lunga, uscendo a sua volta dall’aula di Storia della Magia e affiancandosi ai due amici.
Frank, che stava cercando di liberarsi dalla presa ferrea di Abby, capitolò. “Oh e va bene, ma non ditelo come se fossi una brutta persona… so che siete curiose anche voi!”
“Per quanto mi riguarda, io meno vedo Allen uno - o anche Allen due, non ne voglio sapere né di uno né dell’altro - e meglio è” dichiarò Abby, risoluta. “Poi dopo quello che ha appena fatto… bleah.”
“Frank io sono curiosa” concesse Sophie, con tono gentile. “Ma Summer ci racconterà poi tutto, non è certo il caso di andare a spiarla.”
“Va bene va bene, avete vinto voi” si arrese Frank, alzando le mani in segno di resa. “È solo che non mi sarei mai aspettato una mossa simile da parte di Alex, insomma uscire così allo scoperto, che gesto romantico…”
“Che cosa imbarazzante vorrai dire” lo corresse Abby sbuffando. “Non so quante volte dovrò ripeterlo, non so davvero che avessi in mente quando hai deciso sta cosa dei nani, giuro che preferirei morire piuttosto di trovarmene davanti uno che canta per me, ma che imbarazzo!” 
“Come esageri, io trovo che sia una cosa carina, e visto il numero di messaggi che stanno consegnando oggi, vuol dire chiaramente che molti altri nel castello la pensano come me.”
“O piuttosto prova che Hogwarts è pieno di spostati come te!”
Sophie li lasciò battibeccare, guardando distrattamente il flusso di studenti che si era riversato nei corridoi per l’intervallo. Da quel mattino l’atmosfera che si respirava nel castello era febbrile, piena di risatine, sguardi ammiccanti, battute provocanti e guance che arrossivano. C’era così tanto amore nell’aria da far perdere la testa ad alcuni, e far venire la nausea ad altri; in ogni caso, per tutti valeva la stessa cosa: nessuno voleva davvero restare da solo quel giorno. 
Mentre si spostavano verso l’aula della lezione successiva, Frank e Abby non sembravano affatto intenzionati a smettere di discutere.
“Se James ti mandasse un nano canterino non ti dispiacerebbe affatto!” stava affermando Frank, facendo delle critiche di Abby una questione personale. 
“Oh, lo ucciderei invece. E poi non ha bisogno di fare una roba del genere per dimostrarmi che ci tiene a me.”
“Giusto, lui può dimostrartelo in ben altri modi, facendo ben altro…
“Frank…” lo prevenne la Grifondoro, presagendo dove il ragazzo volesse arrivare a parare. 
“Eddai Abby non puoi tenermi all’oscuro della vostra vita sessuale per sempre, io sto morendo qui! Un piccolo indizio? Piccolo piccolino? Avete già -”
“FRANK ROGERS!”
Sophie, che in genere non si perdeva mai un’occasione per dire la sua in discorsi di questo tipo, seguiva i due amici in silenzio, persa nei suoi pensieri. Non ci teneva particolarmente alla festa di San Valentino, ma il fatto di non potersi far vedere apertamente insieme all’unico ragazzo con cui voleva stare per qualche strano motivo sembrava pesarle più del solito quel giorno. Certo, aveva appuntamento con Thomas quel pomeriggio, però non era la stessa cosa. Aveva particolarmente voglia di stare con lui senza doversi preoccupare di niente o di nessuno… 
Da quando Jake li aveva beccati nel suo sgabuzzino ed era così venuto a conoscenza della loro relazione, Thomas era più ossessionato che mai dal timore che Abby lo venisse a scoprire in un modo simile e non li perdonasse, e ogni giorno la sua ansia cresceva; per entrambi poi, il fatto di doversi sempre nascondere era ogni giorno più difficile. E se da un lato avrebbe rinunciato volentieri a tutta quella segretezza che era stata quasi bella all’inizio ma che ormai era solo più un peso, dall’altro la sola idea di dichiarare pubblicamente la loro relazione la terrorizzava. Tuttavia, sentiva che lei e Thomas erano quasi arrivati a un punto di rottura, dopo il quale sarebbero stati obbligati ad uscire allo scoperto, che lo volessero o meno…
Una visione surreale e a dir poco grottesca distolse la Grifondoro dai suoi pensieri. 
“Oh-oh” esclamò, interrompendo Frank ed Abby e indicando loro un punto poco lontano. “Pericolo in vista!”
Alayna si stava facendo largo nel corridoio affollato tirando gomitate a destra e manca, allungando il piccolo collo paffuto all’inverosimile alla chiara ricerca di qualcosa, o meglio di qualcuno. Non appena aveva individuato Frank infatti, gli occhi le avevano cominciato a brillare e si era diretta verso di lui più sicura che mai. Già quello di per sé sarebbe stato uno spettacolo preoccupante, ma il peggio era che la Tassorosso stava tenendo per mano, praticamente trascinandola dietro di sé con la forza, uno dei nani incaricati di trasmettere i messaggi d’amore in giro per la scuola. Quest’ultimo non sembrava star apprezzando particolarmente il fatto di essere trascinato in quel modo e si stava dimenando con furia, cercando di mordere il più forte possibile il polso di Alayna per liberarsi dalla sua presa; la ragazza tuttavia, continuò a camminare imperterrita in direzione di Frank, incurante degli sguardi sconvolti che l’accompagnavano a mano a mano che si faceva strada tra i compagni. “Ah, adesso vediamo se non cambi idea sui tuoi maledetti nani” esclamò Abby, rivolgendosi a Frank con fare vittorioso, senza riuscire a trattenersi. “Credo proprio che la dolce Alayna abbia una sorpresa per te e voglia assicurarsi che arrivi a destinazione.” 
Una rapida occhiata più approfondita alla scena che le si stava per parare davanti però la fece sentire male per l’amico: nonostante fossero in disaccordo, non si meritava certo quello che stava chiaramente per succedere. “Scherzi a parte, forse ti converrebbe scappare Frank…”
Ma era troppo tardi. 
Alayna si fermò di botto davanti a loro, con un sorriso a trentadue denti - troppo tirato per essere naturale - stampato in faccia e gli occhi esageratamente sgranati e sporgenti; questo, i codini asimmetrici in cui aveva raccolto i capelli e i brillantini che le ricoprivano apparentemente a casaccio la faccia le conferivano leggermente l’aria di una squilibrata.
“Bene, ora puoi cominciare” disse sottovoce al nano che aveva trascinato fin lì, lanciandolo senza tanti complimenti per terra ai suoi piedi. 
Il nano si rialzò imprecando sotto voce e la guardò con fare arcigno. “Non mi è chiaro perché siamo dovuti venire fino a qui per recitare una poesia che mi hai dettato tu stessa -”
La Tassorosso proruppe in una risata acuta nel tentativo di coprire quelle ultime parole. Ora, un gruppetto di studenti di passaggio si era fermato a guardare la scena, incuriosito. “Ma cosa dici! Ah ah! Frankuccio, zuccherino, non hai scelto certo il nano più sveglio tra quelli disponibili vero? Comunque adoro il fatto che tu abbia composto una poesia per me, è così dolce da parte tua!”
Frank sbiancò. “Che cosa? No io non ho mai…” balbettò, cercando di elaborare quello che stava succedendo senza riuscire però a trovare una via di scampo. 
“Scusa, sbaglio o il nano ha appena detto che sei stata tu a dirgli la poesia?” si intromise Sophie, con fare scettico.
Alayna le lanciò un’occhiataccia, quindi lanciò con urgenza uno sguardo eloquente al nano, il quale alzò gli occhi al cielo e, rassegnato, cominciò a cantare: 

Oh mia dolce metà, 

in te risiede la mia felicità,

Alayna mio unico vero amore, 

che io desidero con tanto ardore.

Perdonami per averti lasciata,

non avrei potuto fare scelta più sbagliata.

Sogno di te tutte le notti,

di poterti stringere tra le mie braccia forti,

di poter le tue labbra sfiorare,

e il tuo corpo divino ancora toccare…

“Sto per vomitare” mormorò Abby, guardando Sophie sconvolta e fingendo un conato.
Sophie ricambiò l’occhiata dell’amica, a sua volta sgomenta; al loro fianco, Frank - il cui unico desiderio era chiaramente quello di scappare da lì - lottava con le sue gambe che tremavano, improvvisamente molli, e si rifiutavano di collaborare. Sembrava più che altro prossimo allo svenimento. 
Dopo quella che parve un’eternità, quell’orrenda proclamazione giunse finalmente al termine. Il nano, con fare scorbutico, si dileguò in un secondo; Alayna, invece, si rivolse a Frank con fare civettuolo, sbattendo le palpebre decisamente più del necessario. 
“Oh, Frankino mio, sei sempre il solito, così romantico. Anche tu mi manchi…”
Detto questo, la ragazza spiccò letteralmente un salto in avanti e si gettò di peso su Frank e, approfittando del fatto che tutti sembravano troppo sconvolti per reagire, posò le sue labbra su quelle del povero ragazzo.
Frank cacciò un urlo con tutto il fiato che aveva in gola e, liberandosi in fretta e furia da quella presa da sanguisuga corse via (prontamente inseguito da un Alayna che non voleva saperne di arrendersi), in mezzo alle risate più sonore di tutti i presenti.
Abby e Sophie rimasero immobili per un istante, non sapendo se fosse il caso di inseguire l’amico o meno; infine, troppo sconvolte per parlare, decisero in mutuo accordo di allontanarsi verso il cortile della Torre dell’Orologio.
“Questa scenata sì che farà il giro del castello in breve tempo, povero Frank” commentò dopo un po’ Sophie, scuotendo la testa. “E per una volta non sarà nemmeno lui a dare il via al gossip.”
Abby sembrava stesse ancora cercando di riprendersi. “Ti giuro che ho i brividi. Siamo d’accordo, si è auto inviata una poesia solo per poter pretendere che Frank gliene avesse scritta una?”
“Assolutamente.”
“Quanto devi essere spostata per fare una cosa del genere?”
Le due ragazze uscirono all’aperto e un vento leggero scompigliò loro i capelli. Nonostante avesse smesso di nevicare solo da qualche giorno, e negli angoli più in ombra del cortile piccoli cumuli di neve non si fossero ancora sciolti, il cielo quel giorno era bello sereno e l’aria era quasi mite.
Qualche temerario aveva deciso di passare l’intervallo all’aperto, approfittando dell’inaspettato sole, e tra questi c’erano un paio di Serpeverde che entrambe le ragazze conoscevano fin troppo bene.
“Oh guarda c’è Thommy!” esclamò Abby. “Ti dispiace se ci fermiamo un attimo a salutarlo?”
“Eh? No, perché dovrebbe dispiacermi?” si trovò costretta a rispondere Sophie, cercando di agire con naturalezza.
“Ottimo, grazie.  Devo approfittare delle rare volte in cui lo becco in giro, perché ultimamente non riesco mai a stare con lui, è molto strano non trovi? Credo mi nasconda qualcosa…” 
Sophie emise un verso strozzato che riuscì con un po’ di difficoltà a camuffare con un colpo di tosse. “Se lo dici tu…”
Thomas Blake e Paul Rew erano in piedi vicino a una delle panche di pietra, ancora bianca di neve, che circondavano il cortile. Il biondo e il moro, gli alti co-battitori della squadra di quidditch di Serpeverde, non passavano certo inosservati e un discreto numero di sguardi si voltavano verso di loro da parte delle ragazze che attraversavano il cortile durante l’intervallo. Tuttavia, erano così intenti a scherzare tra di loro che non si accorsero nemmeno subito delle due Grifondoro che venivano loro incontro. 
Thomas era mezzo di spalle, ma anche così erano evidenti le diverse buste e i cartoncini le cui sfumature variavano dal rosa pastello al rosso scarlatto che teneva in mano, incastrati sotto una grossa scatola di cioccolatini. Anche Paul aveva un bel gruzzolo di lettere tra le mani, ma Sophie non ci fece quasi caso, gli occhi fissi sul bottino del biondo. Thomas prese un cioccolatino rosa a forma di cuore dalla scatola e se lo portò alla bocca con fare soddisfatto. 
“Chiunque mi abbia mandato questi, ha buon gusto. Spero proprio di riceverne altri!”
Paul notò le due ragazze che si erano ora fermate alle spalle dell’amico ed assunse un’espressione leggermente imbarazzata.
“Mmm Thommy, forse non dovresti dire queste cose” tossicchiò, cercando di essere discreto.
“E perché mai? Davvero adoro il giorno di San Valentino. Per noi giocatori di quidditch, poi, è una pacchia, sembra che le ragazze facciano a gara per mandarci qualcosa.”
Paul diede una gomitata all’amico, facendogli cenno con la testa di voltarsi, e solo quando Thomas si voltò capì perché avrebbe fatto meglio a stare zitto; per la sorpresa gli andò di traverso il cioccolatino che aveva appena messo in bocca. 
“A-abby” farfugliò, la bocca impastata dal cioccolato. Deglutì a fatica, quindi sorrise all’amica, fingendo di non aver praticamente notato la presenza di Sophie al suo fianco. “Ciao, tutto bene?”
“Ehi Thommy” lo salutò allegramente Abby, allungando una mano per prendere un dolce dalla scatola tra le mani del ragazzo senza farsi tanti problemi. 
Thomas si sforzò di rivolgere nient’altro che un cortese segno di saluto a Sophie; le offrì un cioccolatino con un sorriso sincero. “Ne vuoi uno Forbes?”
“No grazie, Blake” fece la Grifondoro, secca.
In un primo momento, Thomas aggrottò la fronte di fronte a quel rifiuto così duro, non capendo cosa avesse fatto di male. Era un gesto gentile offrirle qualcosa no? Poi però, notando le sopracciglia inarcate della ragazza e l’espressione minacciosa con cui stava guardando le lettere che spuntavano da sotto la scatola di cioccolatini, Thomas ebbe l’improvvisa sensazione di tenere tra le mani una sorta di bomba, e la certezza di essere in pericolo. In grave pericolo. 
Abby si voltò a guardarla stranita. “Da quando in qua rifiuti del cioccolato? Ti senti bene Sof?” le chiese.
“E se fossero imbottiti di filtro d’amore?” rispose Sophie, guardando con sospetto e odio crescente quella scatola dall’aria tanto innocente.
“Ma no, avrei già sentito gli effetti” obiettò Thomas con cautela; Paul, colto da un improvviso dubbio, guardò preoccupato il cioccolatino che aveva a sua volta in mano e lo annusò a lungo prima di mordicchiarlo con cautela.
“È semplice cioccolato” confermò, nell’intento di smorzare la tensione. “Puoi stare tranquilla.” 
“Beh, allora sono sicura che siano andati a male, fossi in voi li butterei via” rispose Sophie, più acida di quanto avrebbe voluto. 
“Guarda che sono davvero buoni” le assicurò Abby guardandola stupita ancora una volta, prima di cacciare la questione con una scrollata indifferente delle spalle. “Ma fai come ti pare. Comunque, sapete cosa ha appena fatto quella pazza della vostra compagna di classe, Alayna?” chiese quindi, rivolgendosi a Thomas e Paul, e raccontò loro quello che era appena successo sotto i loro occhi.
“Beh Paul, almeno non ti ha più fatto avances e si è concentrata sul suo ex” commentò Thomas, spintonando divertito l’amico. 
“Non avete idea di come sia averla in classe” disse Paul, chiaramente traumatizzato da quel racconto.
“Ma poi una poesia cantata da un nano, che imbarazzo” ripetè Abby per quella che sembrò essere la centesima volta da quella mattina. 
“Davvero, non vorrei mai che capitasse a me” concordò Paul, e Abby annuì nella sua direzione con trasporto. Paul Rew era probabilmente l’unico degli amici di Thomas che la ragazza non detestava. Anzi, per essere un Serpeverde, gli ispirava anche una qual certa simpatia.
“Dai che esagerati” li prese in giro Thomas, ridendo delle loro facce inorridite. “Io ne ho ricevuto uno alla seconda ora, ma non è niente di che, alla fine se ci pensate è una cosa diverten-”
Thomas incrociò per una frazione di secondo lo sguardo stralunato di Sophie alle spalle di Abby e si affrettò a cambiar rotta, fissando lievemente imbarazzato un punto indefinito tra le sue scarpe. 
“Dicevi?” lo incalzò Sophie, con tono falsamente interessato.
“Una cosa di cattivo gusto, sì sì, proprio brutta e di cattivo gusto” asserì Thomas con veemenza.
Paul guardò l’amico scuotendo impercettibilmente la testa e con un lieve sospiro si portò all’indietro i capelli castani che gli cadevano con calcolata noncuranza fino alle spalle; quella conversazione rischiava di degenerare da un momento all’altro, se lo sentiva. 
Abby aggrottò la fronte di fronte a quel cambiamento di opinione, ma si limitò a prendere un altro cioccolatino.
“Beh, in ogni caso, bel bottino quest’anno direi Thommy. Vorrei chiederti se c’è qualcosa da parte di qualche tua nuova fiamma ma evito così non invado la tua privacy giusto?” ironizzò la Grifondoro. 
Non gli aveva ancora completamente perdonato l’atteggiamento distaccato e freddo che stava avendo nei suoi confronti nelle ultime settimane, né tantomeno le reazioni esagerati che aveva avuto ogni qualvolta avessero affrontato l’argomento ragazze. Thomas ogni volta che la incrociava cercava di essere più gentile del solito con lei per rimediare, ma quei brevi incontri e quei brevi scambi di battute, per quanto amichevoli e naturali, non bastavano a far dimenticare ad Abby il comportamento strano e inspiegabile che caratterizzava il ragazzo tutto il resto del tempo.
“Ah-ah divertente, frecciatina ricevuta grazie Abby” replicò il Serpeverde, facendole il verso. “Se ti regalo quel che resta dei cioccolatini riesco ad abbonirti un po’?”
“Sicuramente aiuterebbe” ammise Abby, accettando la scatola che il ragazzo le porgeva con un sorrisetto furbo sulle labbra. “Vedo che mi conosci bene.”
La Grifondoro offrì nuovamente un dolce all’amica. “Eddai Sophie mangiane uno, magari ti leva quel broncio dalla faccia, si può sapere che ti prende?”
“Ho detto che io quelli non li mangio” sibilò la ragazza stizzita, allontanando con un gesto brusco la mano di Abby. “E quello che mi prende è che credo sia da sfacciati regalare dei cioccolatini a qualcuno a caso a San Valentino.”
“Come la fai lunga, non fare l’ipocrita, quante volte l’avrai fatto tu?”
“Ma cosa dici?” esclamò Sophie, lanciandole un’occhiata di traverso.
“Eh?” chiese invece Thomas, tutto a un tratto interessato.
“Senti se è vero che non hai mai inviato a James una lettera, come tanto affermi, allora sicuramente saranno stati dei cioccolatini!”
“Abby per la barba di Merlino, basta” la implorò Sophie, alzando gli occhi al cielo. 
Per la barba di Merlino le fece il verso Abby, prendendola in giro.
“E perché mai avrebbe dovuto inviare dei cioccolatini a Walker?” domandò Thomas, sbigottito, facendo uno sforzo immane per non rivolgere la domanda direttamente a Sophie.
Abby lo ignorò e si voltò verso la ragazza. “Senti va tutto bene, ti credo se dici che quest’anno ti sei trattenuta perché ora sto con lui, ma non pensare che non abbia mai notato come lo guardi…”
“E come lo guarda?” insistette Thomas, spalancando gli occhi.
“Come voi ragazzi guardate Gray” spiegò Abby, facendo la dovuta smorfia di disgusto nel pronunciare il nome della Serpeverde e con una nota di irritazione nella voce. In fondo, sapeva che Sophie non avrebbe mai fatto niente con James e che si limitava ad apprezzare l’aspetto del Grifondoro, come d’altronde chiunque altro; una parte di lei comunque, quella incline a cedere alla gelosia, ora che si trattava del suo ragazzo non gradiva più di tanto la cosa, specie se veniva da una delle sue migliori amiche, e riteneva che Sophie meritasse decisamente di essere un po’ tormentata per le battutine che aveva da sempre fatto su James Walker. 
“Insomma, so che James riscuote un qual certo successo, ma qui parliamo della mia migliore amica, ti rendi conto Thommy? Non è incredibile?” 
“Davvero incredibile” si limitò a mormorare il Serpeverde, lanciando uno sguardo enigmatico a Sophie, che improvvisamente era arrossita e che era chiaramente in imbarazzo. “Sei piena di sorprese Forbes.” 
Nei begli occhi azzurri c’era un guizzo quasi divertito e le labbra erano leggermente incrinate, come se il ragazzo, dopotutto, si stesse godendo la piega che aveva preso quella discussione; lo stesso non si poteva certo dire di Sophie, che non riusciva a trovare nulla di positivo in quella situazione decisamente scomoda. 
“Ti ho già detto che non ho mandato nulla a James, se non mi credi sono affari tuoi Abby.”
“Non quest’anno allora, però…” la stuzzicò ancora l’altra Grifondoro.
Sophie incrociò le braccia e sbuffò infastidita, guardando altrove.
“Perdonatela, in genere è un po’ meno noiosa” si scusò Abby per lei. “Dai Sof sai che scherzo, un po’ almeno. Non prendertela. Seriamente, che ti succede oggi? È perché è San Valentino e sei sing… insomma si tratta di Edward?” aggiunse, abbassando la voce e rivolgendo un’occhiata impensierita all’amica.
“Richardson?” si affrettò a dire Thomas, ogni traccia di sorriso bonario sparita dal suo volto. “Cosa dovrebbe centrar-”
Paul, che aveva passato gli ultimi minuti a dondolare sul posto con disagio crescente, decise che era ora di intervenire, interrompendo l’amico prima che si lasciasse trasportare e dicesse qualcosa fuori luogo. Si schiarì la gola e prese in mano la situazione.
“Ooook Thommy, direi che è ora che andiamo. Ragazze, scusate, ma dobbiamo essere a Cura delle Creature Magiche prima che risuoni la campanella, quindi grazie per la compagnia, e buona continuazione.”
Detto questo, strattonò il secondo Serpeverde per trascinarlo via da lì e, dopo un saluto frettoloso, i due ragazzi scomparvero.
Abby, chiaramente convinta che Sophie fosse di umore così strano proprio quel giorno a causa della comunque ancora recente rottura di Edward, decise di chiudere un occhio sul suo comportamento senza senso e di smettere almeno per il momento di tormentare l’amica. Così, riportò il discorso su Alayna e Frank e Sophie ritrovò ben presto il suo carattere di sempre.
Le due Grifondoro ritrovarono l’amico una decina di minuti più tardi davanti all’aula di Rune Antiche. Quando il Tassorosso raggiunse le due ragazze aveva l’aria sconvolta: i capelli erano scompigliati, la cravatta era di traverso e aveva il fiato corto. Nel bagno in cui aveva cercato rifugio si era imbattuto in Mirtilla Malcontenta, e nella fretta di andarsene per poco non era incappato nuovamente in Alayna, che lo stava ancora aspettando fuori e dalle cui grinfie era riuscito a sottrarsi che per un soffio.
“Sai Frank, questa storia deve finire, non puoi permettere che quella ragazza continui a comportarsi così” commentò Abby, sinceramente preoccupata per l’amico. “Non è normale!”
“Dovresti parlarle” concordò Sophie, “e questa volta seriamente. Deve darsi una calmata.”
Frank per tutta risposta si limitò ad annuire, ancora scosso. Lo sapeva e quello che era appena successo era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Sì, avrebbe cercato di mettere un punto finale a quella storia una volta per tutte. 
“Sia maledetto il giorno in cui mi sono messo con lei!”
L’intervallo stava per finire, ma il corridoio in cui si trovavano pullulava ancora di studenti che volevano approfittare della tanto agognata pausa fino all’ultimo secondo; solo di Summer non c’era ancora traccia, cosa normale dato che aveva dovuto percorrere mezzo castello di corsa per andare a cercare Alex. Mentre aspettavano di poter entrare nella classe, poco lontano da loro Sophie vide un popolare Grifondoro del settimo anno donare un enorme mazzo di rose rosse a una Tassorosso del sesto, tra fischi generali e commenti ammirati o invidiosi. Frank ovviamente non si perse la scena e girò la testa così di scatto attirato dal gossip che si portò la mano al collo per massaggiarlo; Sophie, invece, non poté fare a meno di pensare ad Edward. Chissà cosa le avrebbe fatto, se fossero stati ancora insieme. 
Sicuramente qualcosa di dolcissimo e spettacolare, pensò la ragazza, non potendo fare a meno di sentirsi un po’ triste e al tempo stesso più in colpa che mai.
Se lei si sentiva sola per il semplice fatto di non poter passare San Valentino mano nella mano con il ragazzo con cui comunque era fidanzata, chissà allora come stava vivendo quella giornata Edward.

***

Il Grifondoro in questione era compostamente seduto al banco che era solito occupare nell’aula di Trasfigurazione e osservava con uno sguardo vacuo l’abbondante quantità di doni che aveva davanti a sé. Un trio decisamente mal assortito di quelli che avrebbero dovuto essere dei teneri cupidi alati - ma che in realtà non erano altro che degli arcigni nani travestiti malamente e dal carattere tutt’altro che incline all’amore e alle smancerie - era infatti appena passato a trovarli, con leggero disappunto della McGranitt. La professoressa, seduta rigida come suo solito dietro alla cattedra, quel giorno stava interrogando uno studente dopo l’altro e non era stata molto contenta di essere interrotta per una decina di minuti buoni, tempo di cui avevano avuto bisogno i grotteschi amorini nel tentativo di effettuare tutte le consegne indirizzate a quella particolare classe. Non che la cosa fosse sorprendente, il lavoro lì non poteva certo mancare: in quella singola classe del sesto anno erano concentrati una mezza dozzina di popolari giocatori di quidditch, più un paio delle ragazze più ambite dell’intero castello, e quindi l’operazione consegna dei doni di San Valentino aveva richiesto più tempo del solito. Ora, la professoressa McGranitt aveva finalmente potuto ricominciare con le sue interrogazioni e il resto della classe ne stava approfittando per commentare sottovoce quanto ricevuto. 
Edward aveva davanti a sé la prova dell’affetto e del sostegno di quella che sembrava essere quasi la metà della popolazione femminile del castello, eppure si sentiva più solo che mai. Mentre apriva uno ad uno i bigliettini davanti a sé e mentre leggeva velocemente le lettere a lui indirizzate, la sua mente era tutt’altrove, in un’aula occupata da una classe del quinto anno, dove sicuramente Sophie era ben attenta a prendere appunti, con quel suo sguardo concentrato che gli piaceva tanto… l’aveva intravista quella mattina nel cambio dell’ora da lontano, intenta a ridere con Frank e Abby, una matita di traverso sulla testa a tenerle fermi i lunghi capelli boccolosi, quella matita che sempre si scordava di sfilare finita una lezione, e sulle labbra quel sorriso che ancora lo faceva sciogliere… Ogni volta che la vedeva provava un dolore fisico. E non poteva fare a meno di odiarla per averlo lasciato e al tempo stesso desiderarla più che mai. Provava talmente tanti sentimenti contrastanti nei confronti della ragazza che a volte non li capiva nemmeno lui, e gli sembrava di impazzire. Ma quello che prevaleva su tutti, in quel giorno dedicato all’amore e agli innamorati, era la tristezza. 
Cazzo, quanto gli mancava.
Accanto a lui, James stava facendo sparire con gesti pigri a una a una le innumerevoli lettere e i coloratissimi cartoncini profumati che aveva ricevuto senza neanche degnarsi di aprirli; tuttavia, nonostante stesse continuando a muovere pigramente la bacchetta senza sosta da qualche minuto ormai, la pila che riempiva il suo banco continuava ad essere incredibilmente voluminosa. 
“Abby voleva avere l’onore di bruciare tutto stasera in sala comune” commentò sottovoce il Grifondoro, “ma sono dell’idea che è meglio non veda davvero con i suoi occhi queste lettere, non voglio istigare i suoi istinti omicidi.”
“Ci potreste fare un falò con tutto quello che hai ricevuto” mormorò Edward in rimando, con aria assente.
“Anche tu non scherzi” gli fece notare James, alludendo alla pila di doni che occupava il banco dell’amico. “E stai leggendo tutto, come ogni anno. Sei troppo buono.”
“Sai che leggo solo perché mi dispiace pensare a quelle povere ragazze che si sono sforzate per niente…”
“Lo so, per questo tu sei il gentile tra noi due e io lo stronzo. Voglio dire, perché continuano a inviarmi tutta sta roba? Nessuna ha speranze con me, e quest’anno meno che mai!”
“Povero James Walker, hai troppe ammiratrici, questi sì che sono i problemi della vita” lo prese in giro Edward con un ghigno. “E che sfacciate. Non ti lasciano in pace nemmeno ora che sei fidanzato…”
“Tu invece ora che sei tornato in piazza hai riscosso ancora più successo del solito, c’è qualcosa di interessante tra tutti quei bigliettini?” ammiccò James, godendosi il buon umore improvviso dell’amico.
Edward scosse la testa e si rabbuiò impercettibilmente.
“Mi dispiace, sono stato indelicato, so che non hai ancora superato la storia con Forbes” si scusò il Grifondoro, rendendosene subito conto e maledicendosi tra sé e sé. “Come ti senti oggi?”
L’amico alzò le spalle con aria rassegnata e si aggiustò il ciuffo di capelli scuri che era solito ricadergli sulla fronte. 
“Non è certo il San Valentino che avevo previsto, penso proprio che me ne starò tutto il pomeriggio in biblioteca per sfuggire alle coppiette sdolcinate e felici. Senza offesa per te e Abby. Anzi, voi siete dei santi per il fatto che mi sopportate. Per come mi sto comportando ultimamente, con voi due in particolare, meriterei davvero di restare da solo, mi sento una vera merda…”
“Piantala” lo interruppe James con un gesto della mano, cercando di non dare importanza a un comportamento che in realtà lo preoccupava molto, in quanto indice di quanto il compagno ancora stesse male per la rottura con Sophie. “Ti sei già scusato a dovere con entrambi, non devi aggiungere altro. Lo sappiamo che stai passando un periodo difficile e che non sei sempre in te, e sei perdonato.”
In effetti, Edward si era sentito recentemente in dovere di porgere delle scuse ufficiali ai suoi due migliori amici per l’atteggiamento scostante, lunatico e il più delle volte passivo-aggressivo che stava avendo nell’ultimo periodo. Non lo faceva certo apposta, era più forte di lui, ma se ne vergognava e ci teneva che Abby e James sapessero quanto in realtà apprezzasse la loro infinita pazienza nei suoi confronti e il fatto che nonostante le innumerevoli volte in cui sembrava far di tutto per allontanarli loro gli stessero vicino.
“Va proprio a giorni, e oggi non è il migliore, tutto qui” borbottò infine Edward, senza che ce ne fosse il bisogno.
James gli lanciò uno sguardo comprensivo e gli batté una mano sulla spalla. “Andrà meglio presto, vedrai.”
“Io so cosa ti farebbe stare meglio” sussurrò una voce bassa e mielosa alle loro spalle. “Quello di cui hai bisogno è di distrarti Eddy, oggi più che mai, e io posso decisamente aiutarti…”
Madison Adams, seduta accano a Kayla Jimenez nei banchi dietro a quelli dei due Grifondoro, aveva chiaramente sentito tutta la discussione. Ora, sensualmente sporta in avanti verso Edward, lo guardava con uno sguardo scaltro e senza filtri che non lasciava minimamente dubbi sulle intenzioni della ragazza.
La Corvonero si sporse ancora un po’ di più e posò una mano sulla spalla di Edward, mormorando con voce soave all’orecchio del ragazzo. “Lascia che ti aiuti. Se capisci cosa intendo…”
Dal fondo della classe, si levò un fischio sommesso e le risatine di un paio di ragazzi. Jake Allen non si era perso lo spettacolo della gonna della divisa di Madison che ondeggiava pericolosamente corta a causa della posizione assunta dalla ragazza, e non aveva esitato a indicarlo ai suoi vicini dell’ultima fila.  Madison li degnò solo di un breve e annoiato sguardo di disprezzo prima di riconcentrarsi su di Edward; Kayla, accanto a lei, si voltò a fare un bel dito medio nella direzione di Jake e dei suoi compagni.
Se nel fondo dell’aula il brusio aumentava nonostante le occhiate severe che la professoressa McGranitt rivolgeva sistematicamente in quella direzione, verso le prime file regnava un silenzio quasi religioso, interrotto solo da brevi scambi di battute sussurrate. Proprio davanti alla cattedra, Anthony Harvey aveva lo sguardo puntato su Albert Branson, seduto accanto alla professoressa McGranitt e intento a rispondere alle sue complesse domande sulla Trasfigurazione Teorica Umana. Anthony non perdeva di vista il suo ragazzo nemmeno per un secondo, tenendo le dita incrociate e infondendogli fiducia con lo sguardo. Da quando si erano ufficialmente messi insieme, non li si vedeva più l’uno senza l’altro, e non avevano bisogno di chissà quale spettacolare gesto di San Valentino per provarsi reciprocamente il loro amore; erano un tutt’uno, ai loro occhi e agli occhi di tutto, e quello bastava.
Poco più in là Ektor Crawford, un Tassorosso dal fisico longilineo e dai capelli color sabbia che gli ricadevano scompigliati sulla fronte e sul viso dall’aria gentile stava guardando divertito il suo compagno di stanza nonché vicino di banco, un ragazzo leggermente più basso e dal fisico più tarchiato, i cui cortissimi capelli neri incorniciavano un viso su cui spiccava uno spesso paio di occhiali a lente quadrata. Jonathan Barker era intento a contare e ricontare la mezza dozzina scarsa di bigliettini striminziti che aveva appena ricevuto. 
“Non capisco” sospirò quindi, sistemandosi i pesanti occhiali sul naso e scuotendo la testa. “Proprio non capisco.”
“Cosa non capisci Joe?” chiese Ektor a bassa voce, che aveva già immaginato quale fosse il problema dell’amico e stava cercando di controllare la sua voglia di ridere. 
“Guarda quanti pochi San Valentino ho ricevuto!” constatò il primo ragazzo, aggrottando le sopracciglia in un’espressione chiaramente contrita.
“Capirai. Se è per questo io ne ho ricevuti solo un paio, ma non ne faccio una tragedia…”
“Tu non conti, stai con Catherine da quando eravamo al primo anno, sei sistemato e accasato. Io vorrei solo la tua stessa fortuna, non mi sembra di chiedere molto. Voglio trovarmi anche io una ragazza per bene, ma ogni anno è la stessa storia: a San Valentino ricevo solo una manciata di proposte e nessuna che sia seria!”
Jonathan aveva l’aria pensierosa e leggermente rattristata. Da sempre era contento per l’amico che aveva trovato quella che chiaramente era la sua anima gemella poche settimane dopo il loro ingresso a Hogwarts, una Corvonero dell’allora secondo anno. Ogni tanto, tuttavia, lo invidiava; senza cattiveria, però lo invidiava. Cosa non avrebbe dato per trovare anche lui il vero amore. Anche se non ne faceva un’ossessione, in particolari giorni - e San Valentino era decisamente uno di quelli - si abbatteva più che in altri. Avrebbe voluto condividere il suo stato d’animo con Alex Allen, di cui lui e Ektor erano migliori amici da sempre e di cui custodivano il grande segreto, ma neanche con lui poteva sentirsi capito: il ragazzo non era forse messo molto meglio in ambito sentimentale per tutte le complicazioni che la sua condizione implicava con Summer Evans, però quantomeno lui l’aveva trovata, quella giusta.
Il Tassorosso in questione era seduto poco distante da loro e fissava senza davvero vederlo il libro davanti a lui, lo sguardo assorto. Aveva impilato ordinatamente la discreta quantità di pensieri ricevuti e li aveva riposti con rispetto ma senza darci tanta importanza in un angolo del banco. La sua mente era altrove, ancora non riusciva a capacitarsi di come il fratello avesse potuto mandare un San Valentino musicale a Summer da parte sua. Possibile che dovesse sempre mettersi in mezzo e rischiare di rovinare tutto? Tuttavia, non era solo il fastidio nei confronti di Jake a tormentarlo e a tenergli la mente occupata. No, il vero problema era un altro. Summer gli era sembrata contenta di ricevere un pensiero da parte sua, e non se ne pentiva minimamente, però con quel semplice gesto che aveva, dopo lunghe riflessioni, infine deciso di fare, gli si apriva un abisso di dubbi e dilemmi a cui non sapeva trovare una soluzione. Era stato lui stesso a dire alla ragazza che tra di loro non poteva nascere niente, non in quel momento perlomeno, a causa della sua condizione troppo complicata, ma non riusciva ad accettarlo. Sapeva di non aver alcun diritto su di lei dopo aver messo le cose così in chiaro, e non voleva assolutamente illuderla con gesti romantici o false speranze, non poteva accettare di rischiare di farla star male o di deluderla. Aveva già sofferto troppo a causa sua e nonostante questo aveva fatto quello che nessun altro avrebbe mai fatto per lui, standogli vicino nei suoi momenti peggiori e non arrendendosi mai. No, doveva prendere una decisione una volta per tutte, e non tornare più indietro, Summer si meritava almeno questo. E sapeva benissimo che la cosa più logica e sicura sarebbe stata lasciare le cose così come erano, eppure non riusciva a fare a meno di volere di più. Forse era avventato, forse era egoista, ma non poteva fare a meno di dirsi che magari una possibilità l’avevano, come Summer stessa gli aveva detto, se solo ci avessero provato. Forse, era arrivato il momento di mettere da parte la ragione e buttarsi a cuore aperto. Alex si era dato fino alla festa di Sa Valentino per prendere una decisione definitiva. La domanda era: quale era la scelta più giusta? E se avesse deciso di farsi avanti una volta per tutte, avrebbe avuto il coraggio di andare fino in fondo?
L’unica cosa di cui era sicuro, era che non poteva rischiare di perderla.
Preso com’era da tutti questi pensieri, era normale che Alex non stesse seguendo la discussione sussurrata che stava avendo luogo tra i suoi due migliori amici.
“Non ricominciare Joe, non è perché sei troppo nerd” stava dicendo in un fil di voce Ektor. “Ok che quegli occhiali potresti cambiarli perché ti danno l’aria da imbranato (“ah-ah grazie” commentò Joe lanciandogli un’occhiataccia), però sei pur sempre un giocatore di quidditch, le ragazze quello vedono in te, fidati. Forse per quello non trovi nessuna che ti proponga qualcosa di serio, sai hai troppo l’aria dello sportivo che attira solo per altro.”
“Tutte balle per rincuorarmi, non funzionano Ektor!” ribatté Jonathan, sconfortato. “E hai toccato proprio il tasto sbagliato, ecco un’altra cosa che non capisco.”
“Sentiamo, cos’altro non capisci?” disse Ektor confuso, non capendo perché l’amico stesse improvvisamente indicando il banco di Alex con fare insistente. 
“Ecco, lui ha avuto più successo di noi, ma non di tanto” spiegò Jonathan, alzando gli occhi al cielo come se stesse dicendo qualcosa di ovvio. “E guarda invece i banchi di Walker, o Richardson, o persino Jake Allen: noi tre insieme non facciamo nemmeno un terzo di quello che hanno ricevuto loro singolarmente. E non è giusto è solo perché sono popolari in quanto giocatori di quidditch, ma lo siamo anche noi!”
“Ah sì? Perché, esiste una squadra di quidditch di Tassorosso?” commentò sprezzante Jake Allen, con un ghigno sul bel volto sottile.
Preso dalla foga di quello che stava dicendo, Jonathan aveva parlato con veemenza e dimenticandosi di tenere la voce bassa, e si era così fatto sentire da metà della classe.
“Scusate, vi avevo scambiati per elfi domestici che spazzano il campo. Non è così?” continuò il Serpeverde, implacabile.
Kayla scoppiò a ridere e si sporse a battergli il cinque. “Questa non era male Allen. Piccoli innocenti Tassi, guarda le facce che stanno facendo!”
“Stai zitto Jake!” sbottò invece Alex ad alta voce, richiamato improvvisamente alla realtà dall’intervento del fratello e girandosi a squadrare il gemello con disprezzo. “Non ti sembra di aver già fatto abbastanza di oggi?”
“Non sfogare le tue insoddisfazioni sentimentali così, non risolverai le tue frustrazioni sessuali prendendotela con me fratellino” ribatté Jake a tono, per nulla intimorito da quel confronto.
“Allen! E Allen! Si può sapere perché state urlando nella mia classe?” intervenne in quel momento la professoressa McGranitt, alzandosi dall’alta sedia in legno su cui era seduta e guardando i gemelli Allen con fare minaccioso. “Possibile che ad ogni lezione dobbiate avere da ridere?”
“Mi scusi professoressa” si fece prontamente avanti Alex, abbassando lo sguardo e rigirandosi a sedere correttamente. “È colpa di Jake ha cominciato a-”
“Alex, non importa se comincia lui” lo interruppe severa la McGranitt. “Se il signor Allen non è in grado di comportarsi in modo civile, dimostra tu di essere superiore, oppure mi troverò costretta a togliere dei punti anche a Tassorosso... SIGNOR ALLEN MA COSA STA FACENDO? È FUOCO QUELLO?”
Jake infatti era intento, tutto tranquillo e incurante del rimprovero della professoressa, a dar fuoco alle lettere scarlatte che aveva sul banco, toccandole una ad una con la punta della bacchetta. Una sottile spirale di fumo stava cominciando a levarsi dal fondo dell’aula. A quella vista, la McGranitt sobbalzò così di scatto che il suo caratteristico cappello da strega a punta si inclinò. Si portò una mano al cuore e con l’altro aggiustò il copricapo; quindi, rivolse a Jake uno sguardo così sottile e minaccioso che il Serpeverde non poté che obbedire.
“Lo spenga subito!” intimò, le labbra strette e la voce gelida. “Venti punti in meno a Serpeverde. E si è appena guadagnato una settimana di punizioni nel mio ufficio.”
“Sarà un piacere tenerle compagnia professoressa, sono sicuro che ci divertiremo” disse Jake con fare sardonico, sfoggiando un sorriso.
La professoressa McGranitt, alzò pericolosamente un sopracciglio. “Vuole fare un mese forse? No? Allora faccia come ho detto e veda di non disturbarmi più.”
Jake si zittì. Con un gesto annoiato e per niente pentito operò un contro incantesimo su quello che restava delle lettere bruciacchiate sul suo banco. Poi, approfittando del fatto che la McGranitt aveva riportato la sua attenzione su Albert e sulla sua interrogazione, Jake prese a frugare tra i bigliettini che si erano salvati, imitato da Kayla. Quando ne trovavano uno particolarmente imbarazzante, lo leggevano ad alta voce; quindi, dopo aver sfottuto il o la sfortunata mittente, lo gettavano con disprezzo nel fuoco che ardeva nel grande camino alle loro spalle riscaldando l’aula.
Qualche banco più avanti, il trio di Tassorosso lo guardava con disappunto.
“Tanto le punizioni con quelli della sua specie non servono a niente” soffiò Jonathan contrariato, sentendosi ferito nel suo orgoglio di Tassorosso. Era quello dei tre che meno sopportava le battutine costanti che riceveva la loro casa.
“Su, lasciamo perdere, non vale la pena di farsi venire il nervoso per Jake Allen” cercò di rabbonirlo Ektor. Era quello dei tre più pacifista e tranquillo.
“No, Joe ha ragione, le punizioni che gli danno le colleziona, non servono a niente” disse Alex, duro. Era quello dei tre che meno sopportava Jake Allen. “Ma un giorno il professor Piton smetterà di proteggerlo e di impedire le punizioni che gli proibiscono il quidditch. Allora forse il messaggio passerà.”
“Non credo succederà mai, è il capitano e non possiamo negare che sia bravo, Piton farà di tutto per tenerlo in squadra” commentò Ektor pacatamente, obiettivo.
“Mi dispiace dirlo ma sono d’accordo con lui” aggiunse Jonathan, sconsolato.
Alex strinse i pugni e fece per voltarsi verso il fratello per dirgliene ancora quattro. Non poteva finire lì, non poteva avercela sempre vinta lui.
Per sua fortuna, proprio in quel momento dei colpi risuonarono sulla porta della classe.
La professoressa McGranitt gemette suo malgrado vedendo i due cupidi che, senza aspettare di essere invitati, entrarono nell’aula. “Ancora? Non finirà mai questa storia? Oggi è impossibile fare lezione, non si può andare avanti così insomma!” 
“Solo un momento signora” disse uno dei due nani, dirigendosi verso James Walker. “Abbiamo avuto una consegna extra dell’ultimo minuto.”
“E se proprio vuole saperlo” borbottò sottovoce l’altro, andando a fermarsi davanti a Jake Allen, “siamo meno contenti noi di lei.”
I due cupidi alati posarono con malagrazia sui banchi dei ragazzi due enormi, identiche scatole di cioccolatini a forma di cuore, poi se ne andarono sbattendo la porta. Jake e James fissarono entrambi quella consegna extra, stupiti: le due scatole erano identiche, se non per il fatto che quella del Serpeverde era accompagnata da un cartoncino verde smeraldo, quella del Grifondoro da uno rosso fuoco. 
“Che storia è questa? Non saranno mica ripieni di filtri d’amore?” si chiese James, preoccupato.
“Chi te lo manda? Cosa dice il cartoncino?” fece Edward, fissando altrettanto confuso quell’insolito dono. 
James prese il pezzo di cartone rosso tra le mani e lo aprì. Non ci mise più di un paio di secondi a leggere le poche righe che vi erano vergate sopra, ma il contenuto del cartoncino era così surreale che dovette rileggerlo una seconda e una terza volta per essere sicuro di quello che aveva davanti agli occhi.

Caro James,

con questo dolce pensiero volevo ringraziarti per avermi difeso l’altro giorno. So che l’hai fatto perché sono uno dei tuoi amici più cari, e volevo ricordarti che lo stesso tu sei per me. Il legame che ci unisce è unico e raro, e come tale ne avrò cura. Mai ti deluderò.

Non è molto da noi macho parlare di queste cose, ma in un giorno tanto speciale come quello di San Valentino ci tenevo ad esprimerti quanto io tenga a te e alla nostra salda amicizia.

Con affetto sincero,

il tuo amico per sempre Frank.

James rimase imbambolato a fissare il foglio tra le mani, sbattendo le palpebre attonito come per assimilare quanto aveva appena letto. Tutto si sarebbe aspettato, meno che quello.
“Ma che cazz-?” riuscì solo a dire, mentre accanto a lui Edward soffocava una risata incredula.
James alzò gli occhi e incrociò lo sguardo di Jake. Sul viso del Serpeverde vide lo stesso sgomento che era sicuro fosse dipinto sul suo. L’espressione allibita di Jake non lasciava spazio a dubbi: era chiaro che anche lui avesse appena ricevuto la stessa identica cosa. 

***

La campanella che segnava la fine dell’ora e, per quel giorno, la fine delle lezioni suonò e un rombo sommesso sembrò scuotere il castello fin nelle sue fondamenta mentre centinaia e centinaia di studenti si alzavano dalle loro sedie all’unisono. James salutò con un cenno veloce Edward e, buttatosi la borsa con i libri su una sola spalla si diresse velocemente là dove sapeva di trovare Abby. Quando arrivò davanti alla classe di Rune Antiche, constatò che era stato abbastanza rapido da precedere l’uscita della classe della Grifondoro e ne fu contento: aveva una sorpresa in mente e voleva che innanzitutto la sua ragazza lo trovasse lì ad aspettarla. 
James si appoggiò con nonchalance al muro e incrociò le braccia, un mezzo sorriso a increspargli le labbra. Non vedeva l’ora che Abby scoprisse cosa aveva in mente per lei.
Mentre il corridoio cominciava a riempirsi di studenti diretti a pranzo, la porta di fronte a lui si aprì e la classe del quinto anno cominciò a uscire. Luke Anderson, seguito dai due Corvonero con cui lo si vedeva sempre in giro, gli lanciò un’occhiata infastidita; seguivano due ragazze che guardarono il Grifondoro ridacchiando tra di loro. James notò a malapena tutto ciò: i suoi occhi erano già puntati sulla piccola figura dietro di loro che si stava spostando una ciocca dei lunghi capelli scuri dietro l’orecchio e che era immersa in una discussione con la Tassorosso accanto a lei, Summer. Non appena Abigail Hill notò il suo ragazzo, un sorriso a trentadue denti le illuminò il viso e si affrettò a raggiungerlo. James si staccò dal muro con fare disinvolto e l’afferrò subito per la vita attirandola a sé per salutarla con un lungo bacio che attirò non pochi sguardi. 
Summer tossicchiò per ricordar loro che non erano soli, e i due si staccarono; Abby aveva un sorriso imbarazzato ma per nulla dispiaciuto sul volto, James invece aveva l’aria compiaciuta e si limitò a posare un braccio attorno alle spalle della ragazza per tenerla stretta a sé.
“Evans” disse, in saluto alla Tassorosso. 
Prima che Summer potesse rispondere con qualcosa di più che un semplice gesto del capo, dall’aula uscì di corsa Frank che si diresse immediatamente nella loro direzione muovendo esageratamente le braccia per salutare il nuovo arrivato.
“James!!” squittì, chiaramente esaltato. “Hai ricevuto il mio pensiero? Ti è piaciuto?”
James alzò gli occhi al cielo chiamando a sé tutta la pazienza di cui era in possesso. Si trattava pur sempre di uno dei migliori amici di Abby, e non voleva essere più
stronzo del necessario.

“Un po’ esagerato, non credi Rogers?” dissi quindi, sollevando leggermente un sopracciglio. 
“Oh, nulla è esagerato per un amico come te” ribatté Frank con un enorme sorriso a illuminargli gli occhi e liquidando la questione con una mano come per dire che non era stato nulla di che. “Sono contento ti sia piaciuto, ne ero sicuro!!”
“Non ha detto esattamente che gli è piaciuto Frank…” commentò Summer, cercando di essere delicata ma obiettiva. 
Quando Frank le aveva rivelato, la sera prima nella sala comune, l’idea che aveva avuto per James e Jake, aveva cercato in ogni modo di dissuaderlo, invano. 
“Aspetta, aspetta” intervenne Abby, che era all’oscuro di tutto e non era sicura di quello che stava succedendo. “Tu sai di cosa stanno parlando Sum?”
La Tassorosso le spiegò velocemente cosa fosse successo, e James le allungò il cartoncino che aveva ricevuto poco prima con la faccia che diceva chiaramente che era meglio non aggiungesse niente. Frank continuava a guardare tutti e tre radioso, evidentemente incapace di concepire il disagio crescente che lo circondava. 
“Ooook” se ne uscì Abby dopo aver letto il corto messaggio, non sapendo se scoppiare a ridere o preoccuparsi per la salute mentale dell’amico. “E io che mi preoccupavo per Sof. Questo è strano persino per te, lo sai vero Frank?”
Abby rilesse il cartoncino facendo contraendo il volto e fece per aggiungere qualcosa, ma fu preceduta da un grido che rimbombò nel corridoio, sovrastando il rumore di una decina di conversazioni in corso.
“ROGERS!!!”
Jake Allen si stava facendo largo tra gli studenti che affollavano il corridoio con passo arrabbiato e uno sguardo nero, incurante delle occhiate stupite che stava attirando su di sé.
“Sono io o il nostro Jake non sembra contento?” esclamò Frank, notando come il Serpeverde avesse assottigliato gli occhi non appena l’aveva individuato. “Non capisco proprio perché.”
“AMICI CHI? MA TI PARE UNA COSA NORMALE DA FARE? ORA MI SENTI!”
Summer sospirò di fronte all’espressione ancora più confusa di Frank che suo malgrado aveva cominciato a indietreggiare per battere in ritirata e non riuscì a trattenersi: “Ma come non eravate amiconi voi due?”
“Vieni Nanerottola, andiamo” sussurrò James all’orecchio di Abby, facendo correre un piacevole brivido sulla schiena della ragazza. “Ho in mente un modo migliore per trascorrere il nostro tempo oggi che guardare Allen che fa a pezzi Rogers.”
I due Grifondoro si allontanarono uno accanto all’altro, incuranti del resto del mondo. Mentre camminavano, Abby si strinse ancora di più al suo ragazzo, con fare possessivo.
“Qualcuno vuole marcare il territorio?” ridacchiò James, notandolo.
“Oggi sembra che tutte ti guardino più che mai” gli fece notare Abby, indicando con un gesto secco del capo gli sguardi sognanti che un paio di ragazze che stavano passando accanto a loro non stavano riuscendo a nascondere bene.
“Che guardino, vedranno solo quanto sono contento con te” ribatté il Grifondoro, chinando lievemente il capo per dare un rapido bacio sulla fronte alla ragazza. 
“Che guardino e vedano ben che sei mio” aggiunse lei, ignorando quel tenero gesto, troppo intenta a guardare con aria truce attorno a sé. “E non ho ancora cominciato a chiederti cosa hai ricevuto stamattina…”
“Sai, per essere una che mi aveva avvisato del suo problema con la gelosia, la stai gestendo meglio del previsto” le disse James, deviando il discorso. 
“Io NON ho un problema con la gelosia. Sono le altre ragazze che hanno un problema con te, è diverso” obiettò Abby, facendo scoppiare a ridere il Grifondoro.
“No sono serio, la stai gestendo bene.”
“Beh, sì, è vero, mi sta richiedendo un qual certo sforzo ma ne sono abbastanza fiera.”
“Questo e altro per stare con James Walker, giusto?”
Abby gli tirò una gomitata, divertita, e non trovò niente da ribattere. 
“Ma non stiamo andando a pranzo?” chiese poi la ragazza, notando che anziché scendere verso il piano terra stavano salendo.
“In realtà no, ho una sorpresa per te…” le disse James, enigmatico, guidandola verso una rampa di scale.
Giunti in un corridoio deserto, il ragazzo le chiese di chiudere gli occhi e di non sbirciare. Nonostante stesse ormai morendo dalla curiosità, Abby si impegnò a non guardare dove stessero andando e si affidò alle forti braccia di James che la guidavano con sicurezza.
I due si fermarono per un istante, quindi Abby fece ancora un passo avanti e fu investita da un’aria calda e profumata. Quando riaprì gli occhi, i sospetti della ragazza furono confermati e un sorriso estasiato le curvò le labbra.
Si trovava nel suo adorato, agognato bagno dei prefetti. La vasca si stava riempiendo rapidamente grazie ai getti multicolori che scendevano dagli innumerevoli rubinetti che la circondavano, e bolle dalle forme, colori e profumi più svariati aleggiavano tutto attorno. Ma non era finita lì: accanto alla vasca, sul pavimento di marmo lucido su cui risplendevano i decori dorati della stanza, c’era un enorme telo su cui era appoggiata un cesto contenente una quantità incredibile di cibo, compresi i dolci di Mielandia preferiti da Abby. Come tocco finale, un numero incalcolabile di petali di rosa rossa era sparso un po’ ovunque nel bagno, a rendere l’atmosfera dolce e romantica.
Era tutto bellissimo.
James richiuse a chiave la porta alle loro spalle e guardò con aria soddisfatta la ragazza che aveva ancora la bocca semi aperta di fronte a tanta meraviglia.
“Ecco qui, il bagno è nostro per tutto il pomeriggio.”
“Come hai fatto a fare tutto questo? E se il bagno fosse stato occupato? Ma davvero possiamo starci tutto il pomeriggio??” chiese Abby, sbalordita, senza riuscire a distogliere lo sguardo da davanti a sé.
James scoppiò a ridere. “Forse non lo sai, ma il bagno dei prefetti si può prenotare, e io mi sono assicurato che fosse nostro per tutto il tempo che vogliamo.”
“Aspetta, se si può prenotare perché la sera della vigilia ci siamo imbattuti in Albert?”
“Beh, ovviamente noi non l’avevamo prenotato, non volevamo lasciare tracce dato che il nostro festino era clandestino… e Branson deve aver deciso all’ultimo di venire qui, perché fino a quel pomeriggio stesso il bagno risultava libero per tutta la sera, cosa che ci aspettavamo tra l’altro visto che erano appena cominciate le vacanze.”
Abby annuì tra sé e sé, tornava tutto. “Però come hai fatto ad avere il bagno tutto per noi proprio oggi?”
“Se te lo dico prometti di non prendermi in giro?”
La Grifondoro si voltò verso il ragazzo che era rimasto accanto alla porta, tentennando; lo guardò intrigata, e fece segno di sì.
James si passò una mano a scompigliarsi i capelli castani, con aria quasi imbarazzata. 
“A San Valentino effettivamente è alquanto richiesto il bagno dei prefetti come luogo per un appuntamento. La verità è che io l’ho prenotato mesi fa, in modo da essere sicuro di avere io questo posto. Quando hai accettato a venire al ballo con me per l’esattezza.”
“James, stiamo parlando di prima del ballo, non potevi essere sicuro che sarebbe andata bene - e infatti guarda come è finita quella sera! - e che sarei stata qui con te oggi. Neanche stavamo insieme” obiettò Abby, incredula.
James scrollò le spalle, e con un mezzo sorriso le rivolse uno sguardo sincero e senza filtri. “Alla peggio avrei approfittato della vasca per annegare i miei dispiaceri. Ma io già sapevo che l’unica cosa che avrei voluto fare a San Valentino era essere qui, con te e solo con te.”
Abby rimase per un momento senza parole ad assimilare quella dichiarazione. Poi sorrise, intenerita, sentendosi immensamente fortunata.
“A volte mi chiedo perché ci ho messo così tanto ad arrendermi alle tue avances, quanto tempo sprecato” disse, scuotendo la testa. 
“Io me lo chiedevo da anni” scherzò James, lanciandole uno sguardo ammaliante. “Però ora possiamo recuperare tutto il tempo perduto.”
“Tu in fondo hai sempre creduto che avessimo una possibilità vero?”
“Sempre.”
Abby sospirò, tornando a guardare rapita tutto quello che il ragazzo aveva preparato per lei. Si sentiva così bene in quel momento, così in pace con se stessa. Non c’era una sola cosa che non andasse nella sua vita, perché era lì con James, ed era tutto quello che contava. Era tutto così perfetto.
James sembrò leggerle questi pensieri nella mente.
“Quindi non è troppo?” chiese, avvicinandosi ad Abby e cingendole i fianchi da dietro.
“Assolutamente no” sussurrò Abby, ancora incantata. “È tutto magnifico. Non so come ringraziarti per aver organizzato tutto questo!”
“Io un’idea ce l’avrei” disse James con voce calda e bassa, facendola girare su se stessa e guardandola con una scintilla che gli brillava negli occhi. 
“Scemo” lo schermì Abby, ma non si fece pregare.
La Grifondoro si alzò sulla punta dei piedi e posò le labbra su quelle morbide e invitanti di James, che si schiusero al solo tocco delle sue. Il ragazzo affondò una mano nei suoi capelli, avvicinando con decisione ancora di più il volto di Abby al suo, mentre con l’altra mano la teneva saldamente in vita. Come sempre, Abby si sentì inebriare dal buonissimo profumo del ragazzo e premette ancora di più il suo corpo contro quello scolpito del ragazzo. Con un unico gesto sicuro, James la sollevò e si diresse verso il muro, appoggiando con delicatezza ma decisione la schiena della ragazza contro la parete. Piegò leggermente la testa e cominciò a baciarle il collo, lentamente, scendendo di più, sempre di più. Abby avvinghiò le gambe attorno ai fianchi di James, fremendo nel sentire il respiro caldo e affannato del ragazzo sulla sua pelle. Quando lui tornò alla ricerca delle sue labbra, lei era pronta: mentre con le mani scendeva e risaliva dai capelli al collo del Grifondoro, ricambiò il bacio con passione crescente, incapace di fermarsi. 
Era come se fosse impossibile per loro resistersi, attratti da una chimica più forte di qualsiasi altra cosa. Come se non fosse mai abbastanza, quasi volessero fondersi in un tutt’uno, bramosi l’una di ogni centimetro del corpo dell’altro. 
E al contempo, non era solo qualcosa di fisico. Erano avvolti in un benessere totale, connessi da qualcosa di più grande di loro.
Erano insieme, ed era tutto quello di cui avevano bisogno. 
Per entrambi, il miglior San Valentino di sempre. 

III 

“Dimmi se non siamo dei buoni amici, stiamo sprecando ore preziose nel giorno di San Valentino per andare in biblioteca” commentò James dopo essere uscito dopo di Abby dal bagno dei prefetti. Lui e la Grifondoro avevano passato tutto il pomeriggio insieme e, presi dal senso di colpa di lasciare Edward da solo in biblioteca, avevano deciso di raggiungerlo per tenergli compagnia. Sapevano che l’umore dell'amico durante quel giorno sarebbe stato ancora più a terra del solito e il solo pensiero che fosse da solo a studiare il 14 febbraio faceva star male entrambi. 
Edward infatti soffriva ancora per la rottura con quella che pensava essere la ragazza perfetta per lui e vedere attorno a sé tutti innamorati e felici lo stava distruggendo; non riusciva a non pensare a come sarebbe stato quel giorno se avesse ancora avuto al suo fianco Sophie. Sarebbe stato tutto diverso e sicuramente non avrebbe passato l’intera giornata a studiare per cercare di dimenticare che giorno fosse. 
I suoi due amici erano consapevoli di quanto il ragazzo stesse male e così avevano abbandonato il meraviglioso bagno dei prefetti per passare del tempo con lui, nella speranza di poterlo distrarre. 
“Siamo degli amici perfetti, vorrai dire. Io non ci vado nei giorni normali in biblioteca, avrei fatto a meno di andarci oggi… però non voglio che stia solo, non oso immaginare come si senta” aggiunse Abby. Era difficile per lei godersi quella giornata e intanto pensare che uno dei suoi più cari amici fosse chiuso in quel luogo polveroso per evitare di incrociare la felicità degli altri.
“Io faccio ancora fatica a capire se stia meglio. Alcuni giorni mi sembra normale, altri è scontroso e insopportabile e altri ancora è depresso. Vorrei fare qualcosa per aiutarlo ma non sembra volere l’aiuto di nessuno.”
“Penso abbia solo bisogno di tempo. Appena avrà superato tutto sono sicura tornerà come prima, sono passati neanche due mesi… bisogna avere pazienza.”
“Lo so, è passato poco tempo ma non mi va di vederlo così. Non vedi come cambia umore di continuo? Non è normale” disse James continuando a camminare. Anche lui non riusciva ad accettare che il suo migliore amico fosse così lunatico. Ma non era il fatto che rispondesse male o fosse scontroso a preoccuparlo, era il pensiero che dietro quel comportamento lui stesse peggio di quanto potesse immaginare. Tutti sapevano quanto tenesse a Sophie e la rottura con quest’ultima l’aveva cambiato in poco tempo.
“Penso se ne renda conto anche lui, altrimenti non si sarebbe scusato del suo comportamento degli ultimi giorni. Spero solo che torni tutto alla normalità presto” continuò Abby guardando affranta il ragazzo che aveva al suo fianco. 
“Lo spero anche io. Voglio godermi del tempo con te senza sensi di colpa, non sai quanto mi sia costato andarmene dal nostro appuntamento…” mormorò James avvicinandosi a lei per baciarla.
“A chi lo dici” annuì Abby ricambiando sorridente il bacio. “Ma solo perché eravamo nel bagno dei prefetti, non per altro…” continuò ridendo.
James rise per poi scuotere la testa guardando divertito la ragazza che invece si fermò improvvisamente, distratta alla vista di qualcuno. 
“Quello non è Thomas?" chiese poi la Grifondoro dopo aver notato il biondo alla fine del corridoio. "Ti dispiace se sto un po’ con lui? È anche lui da solo oggi, magari per una volta possiamo passare del tempo assieme, poi ti raggiungo in biblioteca da Edward.”
Abby era consapevole che Thomas avesse qualcosa che non andasse e voleva stargli vicino. Qualunque cosa fosse era chiaro lo facesse stare male, non era da lui dileguarsi di continuo e rispondere freddamente. Per questo, nonostante i ripetuti comportamenti bizzarri, Abby non si dava per finta e continuava a provare a parlare con il Serpeverde. Era pur sempre parte della sua famiglia e non si sarebbe lasciata scoraggiare facilmente. In più sapeva che Thomas avesse avuto problemi con i genitori nell'ultimo periodo e aveva paura fosse quello il motivo di tanto nervosismo. 
“Vai, ci penso io a Edward…" replicò James. “Ma da quando siamo diventati due baby-sitter?” continuò ironico, prima di salutare la ragazza con un bacio. Era da settimane che per un motivo o per l'altro i due ragazzi finivano per prendersi cura dei propri amici ed era diventata ormai abitudine lasciare a metà i loro appuntamenti. 
“A quanto pare da quando ci siamo messi insieme… ci vediamo dopo” disse Abby sorridente per poi raggiungere di fretta il Serpeverde che sembrava particolarmente agitato. 
“Thomas!” esclamò correndogli incontro.
Il ragazzo, completamente sudato e di corsa, si girò di scatto dopo aver sentito nominare il suo nome. E quando vide che la ragazza che lo stava chiamando era Abby, l'ansia iniziò a chiudergli lo stomaco. Ormai stare vicino alla Grifondoro da solo gli creava un certo disagio, sapeva cosa le stesse nascondendo e non riusciva più a sopportare quella situazione. Non sopportava avere segreti con lei, risponderle male e sentirsi sempre sotto pressione. Negli anni precedenti passano sempre del tempo assieme e ora Thomas non riusciva a trovare qualche minuto neanche per scambiarci due parole da soli. E non era solamente il tempo a frenarlo, erano sensi di colpa che provava ogni qual volta le rivolgesse la parola. 
"Abby…" mormorò lui dopo essersi fermato. 
"Che ci fai vestito con la divisa di Quidditch?" chiese la Grifondoro dubbiosa. Era un giorno di festa e vedere il ragazzo sudato e chiaramente stanco era segno che fosse appena arrivato dal campo. 
"Allen ha messo un allenamento oggi, dicendo che solo le fighette festeggiano San Valentino" rispose Thomas frettolosamente, guardandosi in giro. Era in estremo ritardo e nonostante si sentisse in colpa a liquidare velocemente la sua amica, doveva andare da Sophie il prima possibile. Era troppo tempo che lo stava aspettando da sola nella loro aula. 
"L'ho sempre detto che è uno stronzo… Come si fa a mettere un allenamento proprio oggi pomeriggio?" esclamò Abby contrariata da ciò che aveva appena sentito. Era assurdo che per colpa del gemello, tutti i giocatori Serpeverde dovessero passare il pomeriggio di San Valentino in campo invece di passarlo con le rispettive ragazze. 
"Meglio così, almeno ho fatto qualcosa…" tentò Thomas, pensando fosse meglio far credere alla ragazza che non avesse altro modo di passare quella giornata. 
Intanto continuava a guardare altrove; non riusciva neanche a guardare la Grifondoro in faccia e l'unico modo di superare quell'imbarazzo era andarsene. 
"Scusa Abby, ma devo proprio andare…" continuò nel tentativo di allontanarsi da lei. Gli dispiaceva continuare a scappare ma era il modo migliore per evitare strane domande da parte sua e sentire quella terribile sensazione di imbarazzo misto a sensi di colpa. In più era in estremo ritardo, non era neanche riuscito a farsi una doccia e cambiarsi dopo l'allenamento per poter arrivare prima da Sophie, e questo lo rendeva ancora più nervosa del solito. 
"Dove devi andare? Volevo stare un po' con te almeno oggi, so che sei da solo e-" iniziò la Grifondoro ma venne brutalmente interrotta. 
"Abby lo sai che non ho bisogno della compassione di nessuno… comunque devo andare da Allen, mi ha chiesto di raggiungerlo per fare... una cosa" inventò su due piedi Thomas tentennando e guardando a terra. Aveva usato la prima scusa che gli era venuta in mente, sperando che la Grifondoro non facesse altre domande, ma non andò come previsto. 
"Ma scusa lui non c'era all'allenamento? Non eravate già insieme?" chiese, corrugando la fronte. Le sembrava insensato quello che il Serpeverde stesse dicendo, se poco fa erano insieme al campo che ragione c’era di andare dal loro capitano per di più dall’altra parte del castello? Non faceva domande per impicciarsi nei suoi affari, aveva capito che Thomas non amasse l'invasione della sua privacy, ma voleva solo capire perché anche quella volta non potesse stare con lei anche solo per pochi minuti. 
"È andato via prima” improvvisò il Serpeverde, chiaramente in difficoltà. “Poi da quando ti interessa dove vado o cosa faccio?" chiese, sempre più freddo. 
Thomas non riusciva a gestire quella situazione come avrebbe voluto e ne era pienamente consapevole. Non appena Abby faceva una domanda di troppo, finiva per andare nel panico per la paura che scoprisse qualcosa e così si ritrovava a stare sulla difensiva, rispondendo con distacco. 
"Da quando preferisci fare qualsiasi cosa basta che non ci sia io in mezzo" rispose la Grifondoro guardando negli occhi il ragazzo. Era da mesi che quella scena si ripeteva: ogni volta che si avvicinasse a Thomas, lui trovava scuse assurde per andarsene e quando riusciva a rubargli del tempo, le rispondeva male quasi come fosse un peso anche solo parlare con lei.
"Beh Abby fatti due domande, stai diventando peggio di mia madre… forse per quello che preferisco fare altro" rispose Thomas per poi maledirsi immediatamente per ciò aveva detto. Non pensava niente di ciò che aveva brutalmente pronunciato e avrebbe tanto voluto tornare indietro e rimangiarsi tutto, soprattutto dopo aver visto la ragazza assumere un'espressione affranta, di nuovo. 
"Vaffanculo Thomas! E io che volevo passare solo del tempo con te, sono proprio insopportabile hai ragione!" sbottò Abby prima di girare i tacchi e andarsene, più arrabbiata che mai. Era stata fin troppo paziente e non poteva sopportare ancora una discussione con lui. 
Perché Thomas si comportava in quel modo con lei? Perché non voleva più parlarle o passare anche solo alcuni minuti con lei? Le era sembrato normale quella mattina quando aveva parlato con lui insieme a Sophie e Paul e ora Thomas sembrava un'altra persona. 
La Grifondoro non riusciva a darsi pace e ogni motivazione per il continuo comportamento ambiguo dell'amico le venisse in mente, le sembrava insensata. Iniziò addirittura a pensare avesse fatto inconsciamente qualcosa di male per meritarsi tutto quell'astio gratuito. Forse era colpa della sua relazione con James, o del fatto che a causa delle lezioni con Silente non riuscisse a trovare lo stesso tempo per lui che trovava negli anni precedenti. Eppure niente di tutto ciò le sembrava essere la ragione plausibile; non potevano nemmeno essere gli esami o i voti ricevuti a renderlo così irascibile, dato che il ragazzo stava riuscendo ad alzare la media della maggior parte dei corsi in poco tempo. 
Abby era certa di una cosa sola: era stufa di preoccuparsi per un ragazzo che non faceva altro che trattarla in malo modo ed evitarla. Non era solita farsi mettere i piedi in testa ed era stanca di sentirsi dare risposte sempre più fredde da parte dei suoi amici. 
A quanto pare Edward non era l'unico a comportarsi in modo strano da quasi due mesi. 

***

Nel frattempo Thomas era rimasto fermo a guardare la ragazza diventare un puntino lontano, avrebbe voluto fermarla e raccontarle ogni cosa. Spiegarle perché era così freddo negli ultimi mesi e perché trovasse sempre scuse per dileguarsi. 
Stette immobile per alcuni secondi per poi iniziare a camminare verso l'aula dove Sophie la stava aspettando. Non poteva più andare avanti in quel modo. Era stufo di rispondere male alla persona a cui teneva di più al mondo, era stufo di non poter passare del tempo con lei e di sentirsi così tanto sotto pressione da far uscire dalla bocca frasi orrende senza un motivo valido. Ogni giorno finiva per rimuginarci sopra e si era reso conto di non poter più aspettare. 
Non appena fu davanti alla porta dell'aula dove ormai passava sempre più tempo, Thomas fece un profondo respiro e aprì la porta con una pesantezza addosso che forse non aveva mai provato prima. Lo sguardo abbattuto di Abby gli era rimasto impresso e non riusciva in nessun modo a cacciarlo via. 
Non era giusto farla stare così male e inoltre non era giusto vivere così male una relazione perfetta come quella con Sophie. 
Thomas era sicuro di essersi rovinato la giornata da solo, ma l'espressione felice della Grifondoro che lo accolse con il suo solito sorriso dolce lo fece ricredere. Come sempre, Sophie avrebbe fatto scomparire ogni preoccupazione. 
Non appena incrociò gli occhi con i suoi, il peso che aveva sentito addosso fino a poco tempo prima sembrava essere completamente scomparso. 
"Scusami per il ritardo. Lo so, sono un fidanzato pessimo ma Jake ci ha messo un allenamento oggi… e non sono neanche riuscito a farmi una doccia prima di venire qua" spiegò Thomas per poi baciare la sua fidanzata. Si sentiva così in colpa di aver sprecato al campo tutto il pomeriggio. 
"Ti va bene che riesci ad essere affascinante anche così" commentò Sophie sorridendo al ragazzo. 
Il Serpeverde iniziò a spiegare meglio le ragioni del suo estremo ritardo finché non si ritrovò a parlarle di ciò che lo aveva tormentato per tutto il tragitto dopo l'incontro con Abby. Per quanto Sophie fosse riuscito a distrarlo, doveva parlargliene e doveva farle capire quanto quel segreto lo stesse sfinendo. 
"Ho appena incrociato Abby e mi ha fatto di nuovo mille domande e le ho nuovamente risposto male. Io non posso più reggere questa situazione, e questa volta lo dico seriamente. Non ce la faccio più a mentire, a scappare, o risponderle male per potermene andare! Sta diventando snervante… avevo timore persino a guardarla in faccia quando le parlavo e tutto questo mi sembra assurdo. Dobbiamo parlare e dirle tutto!" sbottò Thomas sedendosi affianco alla Grifondoro. Non poteva più far passare altro tempo, stava vivendo troppo male e non era giusto, né per lui né per Abby. 
"Lo so, sta diventando insostenibile anche per me, te lo assicuro. Non hai visto come fa sempre più attenzione a come mi comporto? Penso anche io che ormai sia meglio parlargliene, ci ho pensato parecchio oggi" disse Sophie sempre più convinta di quella decisione dopo tutte le riflessioni che si era trovata a fare quella mattina. Era ora di raccontare tutto quanto ad Abby. 
"Ti giuro che questa situazione mi sta snervando. La sto evitando di continuo e penserà che io la odi quando invece sto solo odiando me stesso per comportarmi così. Non posso più aspettare ancora altrimenti impazzisco. Quindi sono contento di sapere che sei d'accordo a parlargliene finalmente" 
"Credo sia ora di ammetterle tutto quanto. Anche se come sempre non voglio immaginare la sua reazione, mi spaventa ogni giorno di più pensare a come la prenderà" disse Sophie abbassando lo sguardo. Era quella la ragione che la frenava a parlare con la ragazza, era consapevole che non l'avrebbe presa bene e il timore della sua reazione aveva fatto posticipare il fatidico giorno. 
"Prima o poi lo doveva sapere e ormai è passato troppo tempo, più aspettiamo più c'è il rischio che ci scopra e io voglio che lo sappia da noi non in altro modo" continuò il Serpeverde guardando negli occhi la ragazza. 
"Si, dobbiamo parlargliene noi, è la cosa più giusta. Non oso immaginare se lo scoprisse lei da sola…" replicò Sophie sicura che se l'amica avesse scoperto da sé cosa le stessero nascondendo, avrebbe dato di matto. 
"Possiamo parlargliene in questi giorni?" chiese Thomas speranzoso. 
"Ci ho pensato, ma forse non è meglio aspettare dopo la festa di sabato? È entusiasta di passarla finalmente insieme a James e non vorrei che gliela rovinassimo a parlargliene prima… so già che non la prenderà benissimo" 
"Hai ragione. Allora però gliene parliamo subito dopo la festa, okay?" 
"Okay, è giusto che lo sappia. Poi io sono stufa di nascondermi, soprattutto oggi quando tutti potevano finalmente ricevere lettere e io da te non ho potuto ricevere nulla, per colpa della nostra relazione segreta" disse Sophie affranta. Aveva passato tutta la mattina a rimuginare sul fatto che, a causa del loro segreto, non potessero farsi vedere insieme il giorno di San Valentino in giro o farsi regali se non di nascosto. Voleva vivere la sua relazione normalmente, come tutti i ragazzi della loro età. 
"Chi ti dice che ti avrei mandato una lettera o altro?" domandò Thomas guardando dubbioso la ragazza per poi scoppiare a ridere. 
Sophie fece lo stesso, ma il parlare dei tipici regali da innamorati le fece venire in mente l'altro motivo che l'aveva fatta stare in pensiero nelle ultime ore: le fatidiche ammiratrici segrete che avevano mandato al suo ragazzo numerosi doni. 
"A proposito di lettere e cioccolatini.  Mi sembra di aver capito che hai parecchie ammiratrici..." tentò Sophie, guardando distrattamente verso la finestra. 
Thomas si voltò di scatto a guardare la ragazza che aveva ora un'espressione contrariata.
La Grifondoro infatti aveva cercato con tutta se stessa di mantenere la calma ma il pensiero che il suo ragazzo fosse così ricercato tra le donzelle della scuola le stava dando alla testa. Da quando l'aveva visto ingozzarsi di cioccolatini a forma di cuore non era riuscita a frenare la gelosia che la stava divorando lentamente.
Si era così concentrata a pensare a come sarebbe stato se lei e Thomas avessero potuto vivere la loro relazione alla luce del sole, che non aveva neanche lontanamente pensato al fatto che il biondo, anche per il segreto che da tempo ormai stavano nascondendo, avrebbe ricevuto lettere o cioccolatini da diverse ammiratrici. 
Sapeva benissimo che Thomas Blake oltre ad essere oggettivamente di bell'aspetto ed essere stato con la più popolare di tutta Hogwarts, giocava nella squadra di quidditch di Serpeverde, caratteristica che provocava un certo successo tra le numerose studentesse di tutte le case. Avrebbe dovuto immaginare che qualcun'altra l'avesse puntato, eppure vederlo così tranquillo gustarsi come se niente fosse quei cioccolatini, l'aveva fatta innervosire più del dovuto. 
E ora che ce l'aveva davanti, nonostante riuscisse ad essere ai suoi occhi perfetto persino sudato ancora con la divisa addosso e nonostante facesse fatica a pensare lucidamente data la sua vicinanza, Sophie non riusciva a godersi quel momento senza tirare fuori ciò che aveva visto poche ore prima. 
"Parecchie ammiratrici?" domandò Thomas, facendo il finto tonto. Aveva capito benissimo dove la ragazza volesse arrivare. 
"Si, mi sembra di capire che sei molto desiderato dalle ragazze" disse Sophie pronunciando con disprezzo l'ultima parola "e che questo non ti dispiaccia affatto, non è vero?" 
"Non mi dispiace ricevere dolci pieni di cioccolato e zucchero Sof, a chi dispiacerebbe? Ma farei a meno delle poesie anonime… alcune sono davvero imbarazzanti, anche se aumentano sicuramente la mia autostima" replicò il Serpeverde, divertito dalla piega che quella conversazione stava prendendo. 
"Scusa? Quindi qualcuna ti ha pure scritto una poesia?" domandò Sophie con le sopracciglia alzate e la bocca semi aperta. 
"Si vuoi leggerla? Dice che ho dei bei occhi" continuò Thomas divertito mentre fingeva di cercare dei fogli nel borsone appoggiato malamente a terra. 
"NO, non voglio leggere niente di quello che quelle sciacquette ti hanno scritto, non mi interessa." 
"Non ti interessa?" 
"No, non mi interessa." 
"Giusto, come ho fatto a non pensarci. A te interessa un certo James Walker, chissà quante poesie hai scritto su di lui…" mormorò Thomas, ripensando a cosa invece Abby avesse raccontato. 
"Thomas! Io non ho scritto un bel niente e tanto meno mi interessa James, ti prego" si giustificò la Grifondoro, guardando imbarazzata altrove. 
"Guarda che puoi dirmelo, anche a me non interessa se scrivi componimenti in versi su di lui." 
"Ti ripeto che non scrivo un bel niente. Piuttosto tu quante lettere hai ricevuto? Sempre se non erano troppe e sei riuscito a contarle…" 
"Effettivamente ne avevo così tante che ho perso il conto… mi aiuti tu a contarle Sof? Sicuramente in due facciamo più in fretta" insistette Thomas senza distogliere lo sguardo dalla ragazza. 
"Volentieri, prima però tu mi aiuti a scriverne una a James? Sai quelle che ho scritto gli anni scorsi erano pessime!" scherzò la Grifondoro, cercando di non dargliela vinta. 
"Okay hai vinto, ora basta. Queste cose non riesco neanche a sentirle… per non parlare del fatto che è il ragazzo di Abby" disse Thomas alzando le mani in segno di resa. Non voleva sentire altro. Nonostante sapesse che Sophie scherzasse, non ne era totalmente convinto e sentirla parlare così del più ambito dell'intera scuola non lo allettava affatto. 
"Che c'è?" chiese Sophie puntando gli occhi sul ragazzo che le stava sorridendo compiaciuto. 
"Quindi sei gelosa…" disse lui sempre con quel sorriso beffardo sul volto. 
"Non sono gelosa, forse sei tu quello geloso" replicò la Grifondoro avvicinandosi al ragazzo. 
"Forse… sai ho dei difetti anche io. E poi non sono James Walker, ti devi accontentare" scherzò Thomas beccandosi una gomitata da parte di Sophie.
Per lei non esisteva nessun altro al di fuori di Thomas, nemmeno il più desiderato della scuola. 

***

Erano passate ore ormai da quando Abby aveva trascinato di peso una delle pesanti poltrone rosse di fronte al ritratto della Signora Grassa. Ma di Sophie nessuna traccia. 
La Grifondoro infatti, dopo essersi svegliata da uno dei suoi soliti incubi che tormentavano le sue notti e aver aperto di soprassalto gli occhi, si era accorta che il letto poco lontano dal suo fosse ancora fatto, chiaro segno che la compagna di dormitorio non fosse ancora rientrata. 
Abby era andata a dormire con la convinzione che la sua amica sarebbe tornata di lì a poco ma non andò come previsto: le ore continuavano a passare e Sophie non aveva ancora varcato la porta del dormitorio. 
Per questo Abby si era decisa a trasferirsi nella Sala Comune dove avrebbe aspettato l'amica, anche per tutta la notte. Non era mai successo che la Grifondoro non tornasse a dormire, era pur sempre Sophie Forbes, il prefetto più perfetto della scuola e non era da lei comportarsi in quel modo. 
Sophie aveva già saltato la cena ma nessuno tra i suoi amici si era preoccupato troppo, la ragazza era infatti solita passare ore sui libri spesso anche durante i pasti e la stessa Abby non ci aveva fatto caso. Ma ora che erano le tre di notte, Abby non poteva più fare finta di niente. 
La preoccupazione stava aumentando a vista d'occhio e insieme a lei la paura che le fosse successo qualcosa. Non era normale che passare tutta la notte fuori e che non avvisare nessuno dei suoi amici; solo Summer, da come le aveva detto a cena, aveva visto Sophie insieme ad Anthony nel pomeriggio ma ora non poteva essere con lui, e non poteva essere con nessun altro, visto che era il giorno degli innamorati e lei era felicemente single da mesi. Fino a poco tempo prima non si sarebbe preoccupata tanto di saperla fuori a dormire, vista la relazione con Edward, ma ora che motivo aveva di stare fino a tarda notte in giro per il castello? Dov'era? Ma soprattutto con chi era? 
Abby scosse la testa, rannicchiandosi nella grossa poltrona. Era sicura che Sophie non fosse con nessuno e questo la faceva agitare ancora di più. E se fosse successo qualcosa? Doveva avvisare qualcuno? 
Per un attimo pensò di avvisare Summer della scomparsa dell'amica, forse insieme avrebbero trovato una spiegazione o sarebbero andate a cercarla per capire dove fosse finita. 
E proprio mentre Abby stava pensando a come risolvere quella situazione che tanto la stava facendo agitare, un cigolio stridulo la fece voltare verso il grosso quadro appeso alla parete. 
Sophie era finalmente entrata nella Sala Comune, superando il dipinto con il minor rumore possibile e non appena vide Abby, in piedi proprio di fronte a lei, trattenne un grido. 
"Sophie dove diavolo eri?" esclamò Abigail avvicinandosi a lei. Poco le importava se l'aveva spaventata, doveva sapere tutto quanto. 
Sophie ancora impaurita, mentre si metteva una mano sul cuore, mormorò: "Oddio! Sei pazza? Mi hai fatto spaventare!"
"Ah quindi sei tu spaventata, Sophie? Cosa dovrei dire io che ti aspetto da ore senza avere la minima idea di dove fossi?" urlò Abby senza la paura di svegliare i loro compagni di casa. Era pur sempre mattino presto e probabilmente tutti stavano dormendo beati, tranne le due Grifondoro nella Sala Comune. 
"Scusami Abby, è che io…" tentò Sophie, prendendosi del tempo per trovare una scusa plausibile. Non credeva di trovare la sua migliore amica sveglia a quell'ora e non aveva neanche pensato a come spiegare la sua assenza per tutte quelle ore. Era convinta di trovare Abby addormentata nel suo letto, come succedeva spesso nelle ultime ore della notte. Non aveva pianificato di dormire fuori ma dopo aver passato l'intero pomeriggio e la sera insieme a Thomas, era rimasta addormentata affianco a lui e solo ora si era resa conto di aver fatto un casino. 
"Scusa un corno! Mi sono spaventata a morte… pensavo ti fosse successo qualcosa!" gridò Abby. 
"Mi dispiace dI averti fatta preoccupare, ma sto bene e non mi è successo nulla" disse Sophie, tra uno sbadiglio e l'altro. 
Abby la fissava, in attesa di una spiegazione. 
"Non pensi di dovermi almeno dire dove fossi finita? Non mi sembra normale tornare all'alba, non credi?" 
"Si, io…" tentò Sophie guardando per terra. 
"Tu?" 
"Io sono stata… in biblioteca a studiare, per questo non c'ero a cena. Ma poi mi sono addormentata e mi sono svegliata solo ora, quando mi sono accorta di dov'ero sono corsa qui" cercò di giustificarsi Sophie, tutto d'un fiato. 
Abby stette in silenzio, mentre la fissava nel tentativo di capire se stesse mentendo o meno. Aveva notato come Sophie avesse esitato troppo prima di rispondere. 
"Non mi racconti balle vero Sof? Sai quanto odio quando le persone mi mentono e non mi sembri molto sicura di quello che dici." 
"Lo so, è che sono ancora addormentata… è già tanto se riesco a formulare una frase di senso compiuto" disse Sophie nella speranza di essere convincente. "Ti confermo che ero in biblioteca, come una povera secchiona… " 
"Avrei dovuto immaginarlo, era ovvio che fossi in biblioteca… dove altro poteva essere Sophie Forbes?" chiese ironica Abby, autoconvincendosi a credere alle parole dell'amica. Forse non aveva alcun motivo di preoccuparsi tanto o di non credere a Sophie. Non le avrebbe mai mentito e non aveva alcuna ragione per farlo. 
"Già, dove altro avrei potuto essere?" chiese Sophie mentre l'ansia stava pervadendo ogni centimetro del suo corpo. 
"Non è da tutti rimanere fuori a dormire per studiare… quasi quasi speravo in qualche avventura notturna" sospirò la Grifondoro stiracchiandosi. 
"Abby! Nessuna avventura..." la riprese Sophie. Eppure Abby non aveva tutti i torti, quel giorno non era stata in biblioteca neanche un secondo. Era la prima scusa che le era venuta in mente e forse la più plausibile tra tutte quelle che avrebbe potuto inventarsi. 
"In ogni caso sono contenta tu stia bene. Mi sono davvero preoccupata…" disse Abby per poi abbracciare l'amica. "Si sono invertiti i ruoli, chi l'avrebbe detto che avrei dovuto aspettarti nel cuore della notte su una poltrona come una mamma premurosa?" 
"Si, non ti si addice molto questo ruolo. Sono io solitamente la premurosa tra le due. Non so come avrei reagito io al tuo posto."
"Beh almeno io avrei potuto essere da James. Ora dato che sei single, era ancora più strano saperti in giro…" 
"Hai ragione, ora che non ho un ragazzo non avevo molte ragioni di non essere nel dormitorio" mormorò Sophie spostando lo sguardo. Non poteva continuare a mentire in quel modo e la scelta che avevano preso con Thomas si confermava essere la migliore. 
Dovevano raccontarle tutto quanto, ma non era quello il momento opportuno. 
"Comunque meglio se mi riposo ancora un'oretta prima della lezione. Vi raggiungo subito dopo colazione" disse Sophie, prima di salutare l'amica e tornare nel suo dormitorio. Come sempre, non poteva sopportare di ingannare così Abby, che era stata sveglia addirittura tutta la notte per la preoccupazione. 
Abby, tranquillizzata dal sentire che la sua amica fosse sana e salva e non fosse finita in qualche guaio durante la notte, rimase ancora per un po' nella Sala Comune. Sapeva che non sarebbe riuscita a dormire ancora se fosse tornata nel suo letto e non poteva neanche raggiungere subito Edward e James nel loro dormitorio. Così decise di aspettare davanti al camino acceso, ripensando a cosa fosse appena successo. 
Nonostante si fosse sforzata di credere alle scuse di Sophie, qualcosa non le tornava. Forse era colpa del tono poco convinto che la ragazza aveva usato poco prima o il fatto che non era da lei addormentarsi in giro per la scuola, per di più di notte. 
Non era la prima volta che Abby aveva notato strani comportamenti da parte di Sophie, ma non ci aveva mai dato troppo peso. Aveva troppi pensieri nella testa tra gli incubi, la relazione con James e gli esami ed era difficile riuscire a rendersi conto di tutto ciò che le capitasse attorno. Eppure non si poteva dire non si fosse accorta di come l'amica fosse più strana del solito. Spesso scompariva, in particolare durante le pause dalle lezioni o nel pomeriggio si dileguava velocemente trovando sempre la scusa dello studio. 
Certo, era plausibile credere che Sophie si fosse chiusa in biblioteca per parecchio tempo, in fondo tutti gli anni si ritrovava a studiare fino a tardi per portarsi avanti con le esercitazioni, ma Abby non ne era totalmente convinta. Era troppo strano che Sophie fosse stata tutta la notte fuori, non era da lei violare il coprifuoco e in più era troppo tranquilla e rilassata per aver passato ore ed ore probabilmente stravaccata in malo modo su una sedia scomoda. 
Sophie, se fosse davvero stata in quel luogo polveroso, sarebbe sicuramente rientrata con l'affanno e il nervoso per non aver avuto il tempo di prepararsi con calma come tutte le mattine, invece era calma e sembrava particolarmente felice. In più era strano che si fosse alzata casualmente proprio un'ora prima della colazione e non nel pieno della notte, chi sarebbe riuscito a dormire per tutte quelle ore senza rendersi conto di non essere nel proprio comodo letto? E poi come mai aveva bisogno di riposare ancora se aveva dormito più del solito?
E c'era un'altra cosa che non quadrava: possibile che Madame Prince non si fosse accorta che Sophie Forbes fosse rimasta addormentata su uno dei grandi tavoli? O che nessuno prima di uscire dalla stanza l'avesse svegliata? Non era l'unica a stare fino alla chiusura e sicuramente qualcuno, vedendola riposare fino all'ora della chiusura, le avrebbe fatto notare dove si trovasse. 
Aveva subito creduto alle scuse dell'amica ma dopo averci rimuginato sopra per tutto quel tempo, si rese conto che non avessero alcun senso. 
C'erano troppi elementi che non le tornavano e in un colpo solo le vennero alla mente tutte le volte che Sophie si era comportata in maniera bizzarra, facendo cose che normalmente mai avrebbe fatto. Abby non ci aveva mai riflettuto davvero e in quel momento era arrivata alla conclusione che la sua compagna di dormitorio le stesse nascondendo qualcosa. E non solo per l'ultima vicenda, era certa ormai che l'amica mantenesse un segreto da tempo. 
Come aveva fatto a non pensarci prima? Se solo avesse fatto più attenzione anche i mesi precedenti, probabilmente avrebbe notato ancora più atteggiamenti fuori dal normale.
Così Abby, ancora persa tra i mille pensieri, dopo essersi andata a cambiare velocemente nella sua stanza, si decise a dirigersi verso il dormitorio di James ed Edward. Doveva parlarne con qualcuno ed aveva deciso di raccontare tutto al suo ragazzo, probabilmente l'avrebbe aiutata a fare chiarezza su quella strana situazione.
La ragazza dopo aver raggiunto la scala a chioccola che portava ai dormitori maschili, si ritrovò davanti alla targhetta dorata con incisi i cognomi dei due Grifondoro a lei più cari. 
Bussò più volte alla porta con la speranza di trovare James da solo per poter parlare tranquillamente di Sophie senza ferire i sentimenti dell'amico. 
E dopo pochi secondi la porta si aprì rivelando, come sperato, il sorriso smagliante di James Walker capace di distrarla da qualsiasi cosa. 
James infatti non appena scorse la piccola figura fuori dal suo dormitorio, non poté fare a meno di sorriderle dolcemente. Nonostante fosse ormai abituato a vederla di continuo, era sempre una gioia quando Abby veniva a trovarlo di sorpresa.
"Ehi James, posso entrare?" chiese la Grifondoro notando come il ragazzo si stesse ancora sistemando la cravatta giallo-rossa. 
"Devi entrare" disse lui, per poi avvicinare di più il suo viso al suo con lentezza per baciarla, senza darle modo di controbattere. 
"Perché quella faccia? Non hai di nuovo dormito?" domandò ancora, dopo essersi allontanato e aver chiuso la porta alle loro spalle. Aveva notato come Abby avesse nuovamente gli occhi stanchi nonostante il leggero trucco, ma purtroppo era diventata anche per lui un'abitudine vederla così stanca e ancora non riusciva a darsi pace al pensiero di non poter far nulla. 
"Si, non ho di nuovo dormito niente ma questa volta i sogni non c'entrano, se non in parte. Sophie è stata fuori tutta la notte" iniziò Abby. "Ero preoccupata le fosse successo qualcosa, così non sono riuscita a chiudere occhio" raccontò subito, notando come il ragazzo fosse da solo nella stanza. Era sempre strano menzionare Sophie in presenza di Edward.
"Forbes che non torna a dormire?" domandò perplesso James, corrugando la fronte. Tutti sapevano quanto Sophie facesse attenzione a non compiere infrazioni e sapere che avesse violato il coprifuoco per così tanto avrebbe sconvolto chiunque. 
"Già… strano, eh?" concordò Abby, alzando le spalle. "Però se sai il perché è successo, non è poi così strano" continuò, quasi trattenendo una risata. 
"E perché è successo?" chiese il Grifondoro per spronarla a continuare, curioso. 
"Ha detto che si è addormentata in biblioteca e ci è rimasta fino a poco fa… anche se non ne sono totalmente convinta" spiegò Abby. Per quanto volesse credere alle parole dell'amica, non riusciva a mettere a tacere i suoi mille dubbi. 
"Fai bene a non essere convinta Abby. Forbes non era in biblioteca, ci sono stato io fino alla chiusura e ti assicuro che lei non c'era." 
La voce ovattata di Edward da dietro la porta del bagno, fece quasi sussultare la ragazza. Era convinta di essere sola con James. 
"Edward scusami, non sapevo ci fossi anche tu" disse imbarazzata Abby. Sapeva quanto Sophie fosse ancora un tasto dolente per lui e a sapere lui fosse ancora nella stanza non avrebbe mai menzionato l'accaduto. Ma forse la sua presenza l'avrebbe aiutata a fare chiarezza. 
"Tranquilla Abby" mormorò lui dopo essere uscito dal bagno, con i capelli perfettamente pettinati e la divisa sistemata in maniera impeccabile. 
"Quindi non l'hai vista?" continuò Abby, curiosa. 
"No, non l'ho vista. Ho aiutato Madame Prince a sistemare alcuni libri e quando ha spento le ultime lampade, non c'era nessuno. Tanto meno lei" spiegò Edward, non pronunciando neanche il nome della ragazza. 
Il Grifondoro era effettivamente rimasto fino all'ultimo secondo in biblioteca; dopo che i suoi due amici erano passati a trovarlo, aveva infatti deciso di stare rinchiuso in quel posto finché gli fosse stato permesso. Non aveva alcuna intenzione di incrociare altri innamorati per i corridoi, gli erano bastate le scene raccapriccianti della mattina. Così aveva approfittato del fatto che Madame Prince dovesse ordinare alcuni manuali in uno dei tanti scaffali per stare lontano dal quell'atmosfera surreale che aleggiava in tutto l'edificio. Per questo era sicuro che Sophie non fosse in biblioteca, lui stesso aveva controllato che non ci fosse nessuno prima di seguire la bibliotecaria oltre l'uscita. 
"Lo sapevo!" esclamò Abby sedendosi affianco a James sul suo letto. "Quindi mi ha mentito… Forse i miei dubbi sono fondati, penso di aver capito cosa mi nasconde" continuò, ripensando alla conclusione a cui era arrivata poco prima di entrare nel dormitorio dei due ragazzi. 
"E cosa ti nasconde?" chiese James, non riuscendo ad immaginare cosa Abby avesse in mente anche quella volta. 
"È sicuramente qualcosa che fatica a dirmi, qualcosa che si tiene dentro da tempo ormai e non sa come ammetterlo…" disse Abby, quasi sussurrando. 
"Cioè?" chiese subito Edward che ascoltando la ragazza, si illuse che finalmente anche la sua amica avesse notato ciò di cui lui si era accorto ormai da tempo. 
"Ed, non so se ti farà piacere sentirlo ma…" continuò la Grifondoro abbassando lo sguardo. Ci aveva pensato e ripensato e aveva finalmente capito il perché di tanti segreti. 
Sophie le stava nascondendo qualcosa che non riusciva in nessun modo a dirle, qualcosa che la faceva sentire sbagliata e che Abby avrebbe fatto fatica a credere. 
Mai avrebbe pensato ad una cosa simile ma era ormai palese e le sembrava assurdo non averlo realizzato prima. 
"Penso che Sophie sia gay!" esclamò la Grifondoro, alzandosi frettolosamente in piedi. 
Era ovvio che Sophie le stesse nascondendo una relazione con una ragazza. Altrimenti perché avrebbe dovuto tenerla all'oscuro così di ciò che aveva fatto quella notte? Ora tutto tornava, le scuse che usava per allontanarsi, la tranquillità che aveva quella mattina nonostante l'accaduto e gli insoliti atteggiamenti dell'ultimo periodo. 
Abby era sicura che la ragione fosse una sola: Sophie stava con una ragazza. La Grifondoro le raccontava sempre ogni cosa le succedesse e se questa volta non l'aveva fatto, era solo perché era qualcosa più grande di lei. Sophie faceva fatica ad ammettere a se stessa fosse gay e così anche ai suoi amici. Abby era ormai più che convinta di aver fatto centro. 
"Che cosa? Ma ti prego!" intervenne James, ridendo. 
"Che c'è? Guardate che sono sicura!" ribadì seria Abby. 
Perché James non la stava prendendo sul serio? 
"Abby, sei sulla strada sbagliata. Sophie non è lesbica e sono sicuro ti stia nascondendo ben altro" asserì Edward, guardando la mora e posando una mano sulla maniglia della porta. 
"Che cosa allora?" domandò curiosa la ragazza. 
"Non sono certo io a dovertelo dire. Ci vediamo a colazione!" continuò, uscendo velocemente dalla stanza. 
Edward non avrebbe potuto sopportare quella conversazione a lungo. Abby non aveva capito assolutamente nulla e pensare che i suoi dubbi fossero sempre più fondati gli stava dando alla testa. Sophie era stata fuori tutta la notte ed Edward non poté fare a meno di pensare che la ragazza potesse aver passato quel tempo con il Serpeverde che più odiava. 
Mentre lui era finito per andare a letto il prima possibile affinché i pensieri non prendessero il sopravvento e lo tenessero sveglio un'altra notte, la ragazza forse se la stava passando con un altro. 
"Non potevi dirmi ci fosse anche Edward? Almeno non avrei parlato di Sof davanti a lui" domandò Abby, sedendosi di nuovo affianco al fidanzato. 
"Senti Abby, deve superarla. Non possiamo fare attenzione a cosa diciamo per il resto della vita." 
"Hai ragione" mormorò lei, appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo. 
"James, io sono certa che sia lesbica. Sicurissima, perché ridi?" continuò spostandosi per guardarlo dritto in faccia. 
"Eddai Abby, Forbes è la ragazza meno lesbica che esista sulla faccia della terra" disse James, ancora con un mezzo sorriso sul volto. Come poteva Abby essere convinta di una cosa del genere? 
"So che può suonare strano visto che stiamo insieme e che lei è una tua amica… ma non hai mai notato come mi guarda a volte?" domandò, non sapendo bene come continuare. Non gli era facile ammetterlo ma più volte aveva notato certi sguardi che la Grifondoro le aveva rivolto. 
"Come ti guarda?" chiese Abby, puntando gli occhi su quelli di James. 
"Come volesse… come dire, spogliarmi con gli occhi…" spiegò James, trattenendo un'altra risata. 
"Oddio ti prego! Non voglio pensarci, e non voglio neanche sapere se ti abbia mai mandato delle lettere a San Valentino…" rabbrividì lei, coprendosi disgustata il volto. 
"Beh se proprio vuoi saper-" 
"No, non voglio sapere niente. In ogni caso, ora sono sollevata e meno preoccupata. Sophie è lesbica, caso chiuso. E se ti guarda in quel modo lo fa per far credere a tutti noi che le piacciano i ragazzi. Anche la relazione con Edward sarà stata una copertura…" disse Abby collegando finalmente ogni cosa. 
"Merda, era per quello che lui ci sta così male?" esclamò poi strabuzzando gli occhi. 
Ora le era tutto più chiaro: nessuno avrebbe mai lasciato uno come Edward, se non perché si fosse accorto di essere attratto dal sesso opposto. E così era successo a Sophie che secondo lei aveva lasciato il ragazzo perfetto solo dopo aver capito di amare una donna. 
"Ma se anche Edward ti ha detto che stai farneticando." 
"Edward lo dice perché deve mantenere il segreto, capisci? Dovrà essere lei a dirmelo" replicò Abby sempre più convinta. 
"Se lo dici tu…" sussurrò James. 
Non sarebbe servito a niente convincerla del contrario, la Grifondoro era arrivata ad una sola conclusione e solo quella per lei aveva senso: Sophie Forbes era lesbica.

 

   
 
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