Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Joy    08/02/2022    0 recensioni
Da Erwin si è lasciato accarezzare la guancia, prima di rivolgere a me uno sguardo confuso.
Gli ho sorriso, sperando di emulare il tuo: quello capace di sciogliere ogni cuore, e la fronte del bambino si è increspata di un cipiglio sospettoso.
Non mi aspettavo davvero che funzionasse.
Però ha funzionato la mia giacca, gliel'ho offerta perché stava tremando nei suoi miseri abiti, e quando gliel'ho avvolta attorno alle spalle non si è mosso.
Ha sospirato chiudendo gli occhi, immagino per il calore, e ha appoggiato la testa al muro retrostante.

[Scritta per "Il Diario di malattia" gruppo facebbok Hurt/Comfort Italia]
[Kid!Erwin, Kid!Levi, Signor Smith. What if. Sette capitoli in totale, storia completa, aggiornamenti regolari.]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: Kidfic, What if? | Avvertimenti: nessuno
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2° Entry

 

 

 

Il bambino ha la febbre.

Una febbricola persistente come quella che tante volte ha afflitto te, mio tesoro.

Non ho potuto fare a meno di preoccuparmi.

“Da quanto tempo ti senti così?” gli ho chiesto, memore dei lunghi periodi di debolezza che ti coglievano, ma lui ha scrollato le spalle senza emettere un solo suono.

Quando la sofferenza è costante, si confonde facilmente con la normalità, ne so qualcosa, anche se il malessere che ha riempito la tua assenza non ha sintomi esterni.

Il tepore della cucina gli ha tinto le guance di rosso, più di quanto abbia fatto la febbre durante il tragitto; l'ho depositato su una sedia discosta dal tavolo, ancora avvolto nella mia giacca e gli offerto un piatto della zuppa che avevo preparato per cena.

Erwin si è seduto al suo fianco per mangiare con lui e il bambino mi è sembrato più a suo agio: ho fatto la stessa cosa sedendomi dall'altro lato, dopo aver distribuito le stoviglie.

Il cucchiaio gli è scivolato di mano, finendo sul pavimento, e lui si è fatto immobile come una statua, teso e terrorizzato come se avesse appena commesso un crimine.

“Non importa” mi sono affrettato ad assicurare.

Si è rilassato, ma ho comunque evitato di avvicinarmi troppo mentre gliene porgevo uno pulito.

“Capita spesso anche a me” si è sentito in dovere di chiarire, per empatia, nostro figlio, e io non ho potuto che confermare, preso com'ero dall'affetto e dall'orgoglio che Erwin suscita nel mio cuore stanco, ogni giorno di più.

Ho confidato che succedeva anche a te, mia cara, e mi hanno guardato entrambi con occhi spalancati e labbra socchiuse.

Spero non ti dispiaccia se ho rivelato un segreto che sarebbe dovuto rimanere tra noi due; è un ricordo dolce, per me, la tua vivacità, e ho parlato a fin di bene: con entrambe le mani tumefatte dai geloni, non penso che avrebbe potuto tenere a lungo la presa, in ogni caso.

Mi sono offerto di aiutarlo a mangiare, ma lui ha scosso la testa con vigore, chiudendo le dita rosse e gonfie sul manico del cucchiaio. Gli ho dato, allora, due fazzoletti puliti in cui potesse avvolgerle, ma lui non ha saputo che farsene, né mi ha permesso di mostrarglielo.

È stato Erwin a fargli vedere come fare: ha preso quelle piccole mani tra le sue e le ha avvolte ognuna in un fazzoletto, annodando le cocche sui palmi con un esultante: “Ecco fatto!”

Ho evitato di fargli notare che in quel modo non sarebbe riuscito a mangiare lo stesso.

E mi compiaccio di aver tenuto a freno la lingua, perché mi avrebbe smentito all'istante, ingoiando velocemente metà della zuppa che aveva nel piatto.

Sono stati i brividi che hanno preso il sopravvento, tuttavia, a impedirgli di finire il pasto, non l'artistica fasciatura eseguita dal nostro bambino.

Lo hanno colto d'improvviso, con violenza: è quasi caduto dalla sedia.

L'ho afferrato prima che avvenisse, e lui ha emesso un tale pietoso pigolio, raggomitolandosi su se stesso e coprendosi la testa con le braccia, che non sono riuscito a pensare lucidamente per diversi secondi. Anche Erwin è rimasto pietrificato dalla scena.

Tu avresti saputo cosa fare, amore mio.

Ho pensato a te in quegli istanti, alla tua voce soffice, alle mani delicate in grado di carezzare la più fragile delle creature senza farle male: io sono sempre stato goffo il doppio di te e capace la metà.

“Non aver paura” gli ho detto.

E avrei voluto che suonasse rassicurante come quando hai pronunciato tu quelle stesse parole, la prima volta che mi hai preso per mano tra le lenzuola, conducendomi dove non ero mai stato.

Ho sentito così forte la tua mancanza da non accorgermi di averlo inconsciamente stretto tra le braccia.

Si è calmato, però.

Tu, mio unico amore, riesci a indicarmi la via anche attraverso il solo ricordo.

Guidi ancora le mie mani.

E io non

Se non fosse per Erwin

Ho notato solo allora che il bambino aveva i capelli umidi e i vestiti bagnati: un'altra delle tante cose che a te non sarebbero sfuggite.

“Un bagno caldo, sarebbe d'aiuto” ho borbottato, più per me stesso che per lui, e quello mi ha guardato con tale speranza negli occhi, prima di appoggiare la guancia al mio petto e sospirare, che non ho avuto bisogno di ponderare quel pensiero; l'ho adagiato sulla poltrona davanti al camino e sono andato a prendere la tinozza.

È più piccolo di Erwin e più magro di quanto lui sia mai stato. Mi è sembrato anche reticente a lasciarsi spogliare, così ho steso un lenzuolo tra le spalliere di due sedie, per creare un po' di riservatezza e nostro figlio si è opportunamente seduto dall'altro lato del paravento, con un risoluto: “Vi aspetto qui, papà.”

Il bambino mi ha guardato con volto concentrato e sguardo intenso, ma credo che alla fine sia stata la sua debolezza, più che la sua volontà, a permettermi di lavarlo; ha continuato ad osservarmi, però.

Il suo viso caldo nella mia mano, mentre lasciavo scorrere il panno insaponato sulla sua pelle, è stato l'esito di quell'esame, a cui non dubito, mi abbia sottoposto fin dal primo istante.

Il maestro scrutinato dal bambino.

Non sono altro che un paradosso, senza di te, amore mio.

 

  
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