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Autore: Joy    04/02/2022    3 recensioni
Da Erwin si è lasciato accarezzare la guancia, prima di rivolgere a me uno sguardo confuso.
Gli ho sorriso, sperando di emulare il tuo: quello capace di sciogliere ogni cuore, e la fronte del bambino si è increspata di un cipiglio sospettoso.
Non mi aspettavo davvero che funzionasse.
Però ha funzionato la mia giacca, gliel'ho offerta perché stava tremando nei suoi miseri abiti, e quando gliel'ho avvolta attorno alle spalle non si è mosso.
Ha sospirato chiudendo gli occhi, immagino per il calore, e ha appoggiato la testa al muro retrostante.

[Scritta per "Il Diario di malattia" gruppo facebbok Hurt/Comfort Italia]
[Kid!Erwin, Kid!Levi, Signor Smith. What if. Sette capitoli in totale, storia completa, aggiornamenti regolari.]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: Kidfic, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hurt/Comfort

Kid!Levi, Kid!Erwin, Professor Smith.

 

Scritta per il Diario di malattia, gruppo facebook Hurt/Comfort Italia

 

 

 

Primo pensiero e ultima parola: il diario del maestro

 

 

 

 

 

1° Entry

 

 

 

Mia cara.

Non riprendermi, ti prego, per il mio indulgere a parlarti attraverso questo diario, so che non volevi.

Ti ho giurato che sarei andato avanti, che ti avrei lasciata appartenere solo ai ricordi e al passato e guardato al futuro, ma sono debole. E come potrei relegarti ai giorni che furono, quando nostro figlio ha i tuoi occhi, il tuo sorriso e il tuo entusiasmo dirompente?

Non negarmi il conforto di cui ho bisogno, adesso che vedo in lui la tua vivacità, la tua compassione, la dolce testardaggine che devolve ad ogni causa ritenga giusta.

Ieri pomeriggio, mentre uscivo dall'emporio del signor Heinrich l'ho trovato chino, sul marciapiede opposto, le ginocchia immerse nelle pozzanghere, di fronte a un bambino malconcio, rannicchiato nei suoi stessi stracci.

Si è voltato, quando l'ho chiamato, e lo scintillio della sua chioma bionda, al primo arrossarsi del cielo al tramonto, mi ha riportato indietro. Ho visto te, mia cara, ho visto la tua fanciullezza che non è mai venuta meno, mentre io dedito ai miei studi, in un bozzolo di libri e inchiostro, trasformavo in puntigliosa anzianità anche gli anni della mia giovinezza.

Mi ha guardato con la stessa immeritata fiducia che tu mi riservavi, come se potessi cambiare il mondo con la mia sola presenza, perché altro non so fare, e mi ha detto solamente: “Papà...”

Ho sentito il tuo “Ludwig...” risuonare nella mia testa.

La stessa intonazione, decisa e supplice allo stesso tempo, di quando non potevi esimerti dal raccogliere per strada qualsiasi bestiola toccasse il tuo buon cuore, e credimi lo so, il permesso che mi chiedevi era una mera gentilezza nei miei confronti, non avresti accettato comunque un no come risposta.

E onestamente, non te lo avrei mai dato.

Né lo farei adesso con Erwin.

Ho chiesto informazioni, mi hanno detto che quel bambino mendica da giorni, ma si rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda. Non è così piccolo da non saper parlare, per cui immagino che semplicemente non voglia.

Non si sa da dove provenga, anche se la sua pelle diafana mi fa pensare alla città sotterranea.

Si è ritirato ancor di più nel suo angolo, serrando gli occhi come se si aspettasse un colpo, quando ho allungato la mano verso di lui, ma si è lasciato convincere dalla voce di Erwin, che forse con troppo impeto -molte imposte si sono aperte scricchiolando sopra le nostre teste-, ha continuato a ripetergli che non gli avremmo fatto del male, che siamo buoni e -mia cara, avrei voluto tu lo sentissi-, che nella nostra casa, quando ci si ammala si riceve un dolcetto dopo ogni medicinale.

Non mi stupisce che il bambino l'abbia guardato incuriosito, penso che a quel punto chiunque sulla strada avesse gli occhi puntati su di noi.

Da Erwin si è lasciato anche accarezzare la guancia, prima di rivolgere a me uno sguardo confuso.

Gli ho sorriso, sperando di emulare il tuo: quello capace di sciogliere ogni cuore, e la fronte del bambino si è increspata di un cipiglio sospettoso.

Non mi aspettavo davvero che funzionasse.

Però ha funzionato la mia giacca, gliel'ho offerta perché stava tremando nei suoi miseri abiti, e quando gliel'ho avvolta attorno alle spalle non si è mosso.

Ha sospirato chiudendo gli occhi, immagino per il calore, e ha appoggiato la testa al muro retrostante.

“Ti porto a casa nostra” gli ho detto, restio ad allontanare le braccia dal suo corpo dopo aver finalmente conquistato quella vicinanza. “Stanotte farà molto freddo. Se non ti piace, potrai andartene.”

Ha sollevato appena le palpebre e ciondolato la testa, ma non si è irrigidito mentre lo sollevavo da terra; si è limitato ad emettere un sospiro e un piccolo gemito, prima di crollare inerme tra le mie braccia.

Ho preso la strada di casa, ed Erwin ha portato le borse della spesa, saltellandomi intorno come non faceva da molto tempo. Sono sicuro che si senta solo.


 

  
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