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Autore: Eneri_Mess    09/02/2022    2 recensioni
FINE (Prima parte)
Con il segreto che nasconde, Yokohama è una città dove non si possono dormire sonni tranquilli.
Dal Preludio:
Una mano di Dazai gli strinse il braccio, mentre le dita dell’altra si aggrapparono alla sua camicia sgualcita sul petto. Il nemico barcollò, ma si rimise in piedi, recuperando una delle proprie pistole.
«Chuuya...» ridacchiò Dazai, fuori luogo. «Di nuovo: ho mai sbagliato nel formulare un piano?»
«Smettila!» e la prima nota di supplica si mischiò alla richiesta. «Non sei lucido!»
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 18

When Our Worlds Collide (Parte 2)





 

Just like a supernova exploding
Our two worlds are colliding,

we are endlessly falling
Just like a photograph ageing, fading
The cracks are slowly breaking, 
and we are slowly changing

[Our Worlds Collide - Dead by April]








 

Non proferirono parola per non rompere niente di tutto ciò che stava avvenendo. 

Si conoscevano; la soglia che avevano appena varcato era ancora troppo vicina, una sola sillaba avrebbe potuto innescare una reazione e quella bolla sarebbe scoppiata. 

Nello spazio tra il tetto e l’appartamento di Chuuya capirono che stavano correndo su un precipizio. Nessuno dei due tirò il freno o ci ripensò; non se lo dissero, ma lo volevano entrambi. Si lessero senza problemi.

Accompagnarono i movimenti l’uno dell’altro. Si frugarono nei pensieri, non distinsero a chi appartenessero sospiri e gemiti e assaggiarono le porzioni di segreti che i vestiti avevano sempre nascosto. 

Chuuya sciolse le bende di Dazai con dita ferme e Dazai tolse il collarino a Chuuya un bacio alla volta. 

Rimasero solo ciò che erano, ma non si guardarono mai negli occhi. Era un gioco di corpi e di ossimori. Il timore che l’anima potesse avere un colore diverso li spinse a non scrutare quelle profondità. 

Si volevano. Tratteggiarono il confine al più basilare degli istinti. Era anche troppo per il vissuto che stavano accantonando alle spalle. Ciò che importò a entrambi, in quel momento, fu tutto quello che le loro dita riuscirono a raggiungere. 



 

Dopo una prima volta, la morsa del desiderio lì trascinò come cani affamati verso un secondo orgasmo, togliendo loro il fiato nel buio della camera da letto.

Dazai era riverso su un fianco, il viso affondato nel cuscino, e ansimava a grandi boccate, i polmoni in fiamme. Il respiro di Chuuya era più contenuto, ma non meno affaticato, gli occhi che scivolavano dal viso lucido e arrossato del partner alla pelle che aveva appena finito di divorare. 

«Perché non abbiamo mai fatto sesso invece di picchiarci? Che spreco di occasioni» biascicò Dazai, stirando un ghignò che si deformò presto in un nuovo respiro e nei sobbalzi del petto madido. 

Chuuya rise senza rumore, passandosi le dita tra le ciocche disordinate sulla fronte. Si sentiva leggero.

«Al tempo avrei vomitato soltanto al pensiero.»

Anche Dazai rise sincero e il rosso strinse il lenzuolo con la mano non in vista, con quelle note così inconsuete a entrargli dentro senza permesso, rimbombandogli nel torace. 

«Ho voglia di rifarlo, Lumaca. Ma non adesso…»

«Non hai un cazzo di fiato, Dazai! Ogni tanto provaci ad allenarti un po’.»

L’ex detective esibì una smorfia schifata, recuperando il lenzuolo. 

«Odio lo sport» e nel dirlo, si girò sullo stomaco, abbracciando il cuscino e strusciandoci la guancia. «Ora… ho proprio voglia di dormire.»

Fu il suo ultimo mormorio sommesso, prima che il sonno calasse su di lui. 



 

Chuuya rimase sveglio. 

Osservare Dazai dormire di fianco a lui non gli conciliò il sonno. L’esatto opposto. 

C’erano domande che aveva lanciato via nel momento in cui aveva sentito l’impulso di ricambiare il bacio di Dazai e avere di più, e che ora stavano tornando come formiche operaie nei cunicoli della sua mente.  

Non si stava pentendo. Nonostante non avesse un fottuto indizio su come si sentisse, la sensazione più stabile era di aver finalmente fatto qualcosa che rimandava da troppo. Ed era l’idea che, più di tutte, non sapeva dove ricollocare. 

Quando erano nati certi impulsi verso Dazai? E chiamarli impulsi fu un modo scientifico per prendere le distanze. 

Il desiderio era stato una sofferenza fino al primo orgasmo; il secondo aveva portato la devastazione di una mareggiata, lasciando dietro di sé non solo il torpore fisico, ma anche la consapevolezza di quanto la chimica tra di loro fosse stata appagante. Entrambi avevano saputo cosa e come l’altro volesse il piacere e non si erano messe in mezzo minacce o ritrattazioni. 

Chuuya si passò le mani sulla faccia, fissando il soffitto oscuro della camera. Avevano scelto il buio per consumarsi a vicenda. Yokohama era ancora un insieme di punti luminosi oltre i vetri oscurati che formavano una delle pareti della camera e il rosso si perse per un po’ a guardarle. Questo gli portò alla mente un’altra questione spinta via con tutto il resto. La principale. 

Oda. 

Si stupì di come il pensiero non lo stesse pungolando con più insistenza e fastidio, ma Chuuya non avvertì sapori amari sulla coscienza o di aver fatto qualcosa per cui chiedere scusa. 

Tuttavia, nascose volutamente quella bomba a orologeria. Credere di aver fatto un torto a Oda - o, peggio, sentirsi geloso della sua presenza trasparente che non abbandonava mai Dazai - era l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento. 

Non c’era una parola con la “a” tra lui e lo Sgombro. Faceva già abbastanza fatica ad accettare quello che era successo, insieme alle affermazioni del cazzo che Dazai gli aveva messo in bocca la sera che si erano ubriacati. 

Il piacere ancora languiva in tutti i suoi muscoli e di farsi venire il voltastomaco con implicazioni che non stavano né in cielo né in terra, men che meno tra loro due, era dichiarare guerra a se stesso. 

Poteva - doveva - accettare che sì, ci fosse della fiducia tra di loro. Era il massimo a cui era disposto ad arrivare per giustificare cazzate passate come quella di abbattere un drago in stato di Corruzione senza avere la certezza che Dazai fosse vivo per fermarlo. 

Quella parentesi tra di loro sarebbe stata una scopata occasionale, decise. O più di una, se dava retta a quello che gli si agitava nello stomaco come una fame ancora non del tutto appagata. Poteva ammetterlo. Gli era già capitato di rivedersi con amanti occasionali più di una volta e non aveva implicato altro. Qualcosa di transitorio per l’ebbrezza fisica. 

Con quell’ultima certezza, Chuuya respirò a fondo e si concesse di quietarsi col sonno. 



 

* * *



 

«…zai. Ohi, Dazai!»

Chuuya scrollò lo Sgombro per la spalla aumentando l’insistenza, ma ottenne soltanto mugolii scoordinati e che la faccia del partner affondasse ancora di più nel cuscino che stava abbracciando. Sbuffò con sonorità dalla bocca. Certe cose non sarebbero cambiate neanche in quel mondo sottosopra. 

«Che cazzo, Dazai, alzati! Devi farti una doccia!»

Quello che l’ex detective disse non fu intelligibile, ma neanche propositivo. Chuuya se lo caricò di peso con tutto il lenzuolo scuro e lo scaricò di malagrazia in bagno, chiudendosi la porta alle spalle prima che le lamentele gli piombassero addosso. 

«Azzardati a fare casino con i miei prodotti e ti ammazzo!» ci tenne a urlare per farsi sentire quando avvertì l’acqua iniziare a scorrere. Anche se, quel ti ammazzo, suonò bugiardo alle proprie orecchie. 

Un tempo infinito più tardi, Dazai riemerse dal bagno con un asciugamano avvolto sui fianchi, mentre con un altro si stava frizionando i capelli. 

«Lumaca, il tuo accappatoio è troppo piccolo.»

Chuuya gli regalò un’occhiata obliqua, tornando a sfogliare una rivista e rispondendogli con un dito medio. Aveva la bocca occupata a masticare un pezzo di quello che ormai era considerabile più un brunch che una colazione, e non si rovinò il sapore mandandolo a quel paese. 

Dazai si buttò a sedere ai piedi del letto rifatto e qualcosa cadde in terra per effetto del rimbalzo. Di fianco all’ex detective c’era un cambio di vestiti e un esagerato numero di rotolini di bende. 

Il Duo Nero si scambiò un’occhiata cauta e silenziosa. 

Era una situazione che si sarebbe scritta da sola. Dazai avrebbe esordito con una battuta delle sue sulle premure di Chuuya e quest’ultimo avrebbe permesso alla prima vena rabbiosa di esplodere per essere stato preso in giro.

Nessuno dei due disse nulla. Il che, a lungo andare, sarebbe stato più problematico che rompere la bolla in cui stavano galleggiando. 

Chuuya si sforzò di trovare qualcos’altro. Camminare sui carboni ardenti non faceva per lui.

«Ohi» e indicò la seconda poltrona di fianco al tavolino e al carrello con la colazione che si era fatto portare. «Mangia qualcosa.» 

Suonò molto patetico. Dazai risaltellò in piedi, ma per dargli le spalle, frugare tra i vestiti e mettersi solo l’intimo. Non prese in considerazione il resto degli indumenti e si buttò invece di pancia sulle coperte. 

«Questo letto è troppo comodo» sospirò soddisfatto, dondolando come un bambino. «Anche questo te lo ha consigliato Yumiko-chan?» 

L’insinuazione immusonì Chuuya, che non replicò, dando terreno a Dazai per continuare. 

«È enormeeeee! Ci fai dei festini? Hai organizzato delle orge? Perché non ne sapevo proprio niente!»

Tu hai scelto di andarci a letto ed è troppo tardi per lamentarsi, lo rimbeccò il suo cervello prima che Chuuya si mettesse a urlare al vento. Di nuovo, l’asticella stava per raggiungere quel picco in cui sarebbe stato più facile buttare tutto all’aria. 

«Mi piace stare comodo, idiota.»

«Comodo con quante persone? Perché qui in quattro ci si dorme alla grande! Se poi sono persone alte come te anche di più…»

La voce di Kouyou che gli chiedeva di contare fino a dieci sembrò ridere di lui e delle sue disgrazie. 

«Sono un Dirigente della Port Mafia, non mi porto nessuno in camera da letto! Le basi Dazai, cazzo!»

Il rosso sembrò aver affermato qualcosa di ragionevole, perché lo Sgombro restò in silenzio più del dovuto, per poi mettersi seduto e fissare il partner con troppa serietà per risultare naturale. 

«Vuol dire che abbiamo sverginato il tuo letto stanotte?» 

«… cosa?» 

La domanda rimbalzò tra le tempie di Chuuya un paio di volte prima che il rosso accettasse di averla sentita davvero. Si massaggiò la faccia con una mano tentando di impedire l’assalto di una nevrosi alle dodici del giorno più catastrofico della sua esistenza. 

Cosa gli era saltato in mente di scoparsi Dazai? Che diavolo era successo la notte prima su quel tetto per cui il suo istinto, il suo corpo, la sua mente, tutto di lui, avevano creduto fosse una buona idea appoggiare una decisione così… così… 

Non trovò la parola adatta. Se ne ripeté un quantitativo esagerato e nessuna era un complimento o aveva una connotazione positiva nascosta da qualche parte. 

Neanche dirsi che fosse stata la libido funzionò. Se c’era stata da qualche parte della tensione sessuale mascherata era nei guai da molto più tempo di quel che credeva. Non poteva essere stato attratto da Dazai, andava oltre ogni ragionevole senso di autoconservazione. E se sì, quando aveva battuto la testa ed era successo? Ci doveva essere una spiegazione logica che gli sfuggiva. 

«Ehi, Lumaca, Lumacaaaaa! Voglio la colazione a letto!» si lamentò l’ex detective, tornato a dimenarsi sulle coperte. 

«Scordatelo!» Chuuya letteralmente abbaiò, calpestando i buoni propositi di non belligeranza. Se la cosa tra di loro doveva iniziare e finire subito i suoi nervi avrebbero solo potuto ringraziarlo.

Dazai sbuffò annoiato. 

«Allora non c’è niente per cui rimanere svegli. Torno a dormire» brontolò, gattonando fino alla testata del letto e iniziando a disfare le coperte. 

«Cristo, ma cos’hai, cinque anni!?» 

I passi di Chuuya calcarono così tanto sul pavimento che dal piano inferiore qualcuno dovette sentirlo nonostante l’insonorizzazione generale del palazzo. Affondate le dita nel piumone, diede uno strattone pieno della frustrazione per essersi cacciato in quella situazione. 

Dazai artigliò la coperta come un gatto, tirando dall’altra parte. 

«Siamo già alla violenza domestica!?» e dato che il rosso era in vantaggio a livello di forza, agguantò un cuscino, tirandologlielo in faccia. 

Fu una dichiarazione di guerra e Chuuya balzò con un grido sul proprio letto, usando lo stesso cuscino con cui era appena stato colpito. Rotolarono e scompigliarono il poco ordine che c’era, rischiando più volte di finire sul pavimento, finché Dazai non si impegnò il minimo indispensabile a fregarlo e salirgli a cavalcioni sulla schiena, tenendogli fermi i polsi sopra la testa. 

Sarebbe bastato un attimo per liberarsi, ma Chuuya restò immobilizzato dal sentire l’affanno dello Sgombro nell’orecchio. Lo ricollegò in un battito alla alla notte appena trascorsa e scelse di prolungare quella sconfitta. Dazai gli faceva effetto e negarlo sarebbe stato insensato. 

«Ti è piaciuto stanotte?» 

Per quanto fosse la voce di Dazai, quel tono caldo, curioso, al di là del provocatorio o del capriccio, non lo aveva mai sentito. Il rosso ghermì le lenzuola e gli scoccò un’occhiata con la coda dell’occhio. 

«Sì.» 

Poteva incazzarsi quanto gli pareva, con Dazai o con la propria stupidità, ma restava il fatto che una scelta l’aveva fatta e intendeva rimanere coerente con se stesso. 

Lo Sgombro stirò un sorrisino così sincero da lasciare disarmati, spostando poi l’attenzione alla nuca del partner e leccandosi le labbra. 

«Non sono abituato a sentirti dire tanti sì nei miei confronti.»

Chuuya non era abituato a quell’intimità senza maschere, quindi erano in due. Ma per il bene di entrambi, roteò gli occhi con esasperazione. 

«Hai intenzione di combinare qualcosa di utile oggi?»

L’espressione dello Sgombro prese una piega da cui straripò la malizia. Chinandosi, lasciò un lungo bacio sul collo, sospirandogli vicino all’orecchio.

«Stavo pensando di farti un pompino.»

Non c’era modo per Chuuya di mascherare il fremito che lo attraversò per interno, non con Dazai sedutogli sopra. 

«Ti faccio emozionare con poco.» 

Un pompino da quel bastardo di Dazai Osamu sarebbe merce di scambio

Il pensiero scappò a Chuuya mentre si muovevano in sincrono. Lui si slacciò la fibbia della cintura e i pantaloni e l’ex-detective glieli sfilò insieme all’intimo. L’idea sempre più chiara che non ne sarebbe uscito per intero da quella storia fu l’ultima coerenza che il cervello concesse alla Lumaca. Almeno, avrebbe fatto di tutto per godersela. Il rosso si sistemò contro la testiera del letto e lasciò al partner campo libero. 

La sera prima, anche se ci fosse stato il tempo per i preliminari, non sarebbero riusciti a distillarne il giusto piacere. Troppo coinvolti e con l’urgenza di consumarsi prima che l’incanto potesse finire, avevano scelto strade più rapide per raggiungere l’apice. Niente pensieri, niente ripensamenti, soltanto l’istinto grezzo, a tratti animalesco. 

Ed è stato un bene, pensò Chuuya, perché essere cosciente e vedere la bocca di Dazai schiudersi sulla propria eccitazione lo scosse più di quanto avesse mai potuto scommettere. 

«Cristo…» esalò, portandosi una mano sugli occhi. 

Merda, aggiunse tra sé, perché da quella situazione non si sarebbe più tirato fuori. Avrebbe potuto dare un calcio allo Sgombro e allontanarlo da sé, raccogliere le quattro cose sparse per terra che erano i suoi vestiti e sbatterlo fuori dall’appartamento. Forse quella era davvero l’ultima chance all’orizzonte per avere salva la sanità mentale. 

Ma il gemito che si lasciò sfuggire, insieme al brivido che gli irrigidì il bacino, raccontarono un’altra storia. Lanciare un’occhiata al viso di Dazai e incrociarne gli occhi lo eccitarono ancora di più, e di più, e di più, senza lasciargli lo spazio di concentrazione necessario a valutare se stesse almeno facendo un lavoro decente. 

Aveva le sinapsi completamente andate al solo pensiero che la bocca di Dazai fosse sul proprio- 

«Cazzo…» gemette, e l’imprecazione gli uscì sghemba. Non voleva afferrargli la testa, ma il pensiero era già in ritardo sull’azione mentre le dita trovavano un appiglio nelle ciocche ancora umide dalla doccia. Il ritmo della lingua e della bocca di Dazai non variarono e Chuuya sospirò in quello che suonò come un singhiozzo. 

Il rosso non teneva davvero conto della durata delle proprie performance. Dipendevano da troppi fattori e variabili - serate programmate e sveltine in missione, quindi non gli era mai interessato soffermarcisi o preoccuparsene. Quella volta seppe di essere durato davvero poco per i propri standard. 

«Fanculo…» bofonchiò dopo che l’orgasmo lo coinvolse di prepotenza. Dazai non si spostò e Chuuya gli strinse di più i capelli, per riflesso alla consapevolezza che stesse ingoiando. Non si sentì padrone delle proprie palpitazioni e continuò a imprecare. 

Non aveva nulla, ma proprio nulla da recriminare alla propria vita sessuale. Aveva fatto i suoi errori, le cazzate e le figuracce come tutti e non si era fatto mancare esperienze e piaceri diversi anche solo per togliersi delle curiosità, ma in quel momento, quella parentesi con Dazai - deglutì il vuoto - lo stava mettendo alla prova. 

Il miglior sesso di sempre. Dirlo a voce alta era fuori discussione, perché solo pensarlo, per una cazzo di notte di cui aveva solo flash e sapori e gemiti confusi come ricordo, e per un maledetto singolo pompino, era assurdo. Ciononostante, non riuscì a trovare niente a cui paragonare il piacere totalizzante che gli stava languendo in ogni fibra, materiale o mentale. Trovarsi ad associare il tutto a Dazai era una blasfemia. E ne voleva ancora. 

Quando però abbassò lo sguardo, lucido e reduce dal collasso, l’ex detective era sparito. 

Seguì un attimo di smarrimento frastornato, utile a fargli riprendere i contatti con la realtà e rendersi conto che lo Sgombro si era abbozzolato tra lenzuola e coperte, l’espressione beata di chi ha conquistato un forte. 

«Dazai, il pranzo» sospirò Chuuya, recuperando l’intimo. «Non mangi da ieri a pranzo.» 

In risposta, Dazai si accoccolò ancora meglio nel suo nuovo e morbido sarcofago da cui spuntava solo la sua faccia da schiaffi.

«Puoi imboccarmi» mormora, finendo con lo sbadigliare. 

Tempo di rimettersi i pantaloni e il rosso si accorse che stava imprecando da solo. L’ex detective era già nel mondo dei sogni. 


* * *



 

«Sto morendo di fame.»

Dazai neanche aprì gli occhi. Era ancora un involtino informe di lenzuola scure, con un muso lungo insofferente. 

Dalla poltrona su cui era stravaccato, lo sguardo di Chuuya abbandonò la lettura per osservarlo muoversi come una larva appena nata. Sospirò. L’ora di cena era passata da un pezzo e l’idiota aveva tirato a dormire come un sasso anche quando aveva provato a svegliarlo. 

Era stata una giornata slavata per Chuuya. Cominciata tardi, era passata con suoni ovattati, azioni a metà e la testa da un’altra parte. Qualcuno gli aveva chiesto dove fosse finito Dazai e lui se l’era cavata con una mezza verità - Starà dormendo da qualche parte - e gesti fintamente irritati. 

La cosa buona era che i riflessi condizionati al nominare il partner non erano stati ancora inquinati come i suoi pensieri. Al sentire il nome di Dazai, era in grado di usare un tono scocciato e gesticolare in maniera violenta, mascherando il pantano mentale in cui era affondato fino alla gola. 

Lo Sgombro iniziò a districarsi dall’involto, senza mancare di sbadigliare e lagnarsi di essere ancora più stanco di prima.

Dai due conti che si era fatto Chuuya, era quasi certo che l’ex detective non chiudesse occhio da un paio di settimane - a essere generosi. Non serbava ricordi di un Dazai particolarmente dormiglione, più pigro o capace di fingere di riposare in maniera molto efficace. Non si mise a questionare e prese il cellulare. Sapeva riconoscere la vera stanchezza quando la vedeva. 

«Venti minuti e la cena sarà qui» borbottò, tornando al proprio libro. Fu inutile. Vedere Dazai muoversi nel suo campo visivo lo distrasse in continuazione. Il suo stomaco brontolò così forte che Chuuya gli lanciò un’occhiata impietosita. 

«Venti minuti sono un’infinità di tempo e io morirò di fame. È atroce» biascicò Dazai, tenendosi l’addome come se lo avessero ferito mortalmente. Alzò il viso contrito da cucciolo bastonato sul partner. «Tu stai fermo lì a permetterlo!»

«Va’ a sciacquarti la faccia, magari ti svegli» fu il commento laconico del rosso, schermadosi col libro. 

«Senza cibo non ne ho le forze… il bagno è troppo lontanooo!» 

La porta del bagno si affacciava su uno dei lati del letto, quello di Dazai. 

«Buona dipartita allora.» 

Dazai crucciò la fronte e cambiò lamentela. 

«Voglio mangiare a letto.»

Bastò a far riabbandonare la lettura a Chuuya. 

«Scordatelo nella maniera più assoluta. Non lo riempirai di briciole. Non ho intenzione di cambiarlo di nuovo prima di domani.»

Lo Sgombro sbatté le ciglia con la sua inconsumata innocenza. 

«Quindi stanotte facciamo il bis?»

«Se non hai intenzione di risprofondare a dormire» replicò Chuuya senza pensarci. Rifletté in ritardo su come avesse accettato senza indugi. Guardò le righe del libro come scusa e intanto cercò un motivo valido, senza trovarlo, ma non si sentì un idiota nel non avere una ragione per cui dire di no. 

«Allora non devo neanche vestirmi!» trillò allegro l’ex detective, alzandosi finalmente dal letto e incespicando, tra uno stiracchiarsi e l’altro, verso il bagno. 

Prima fu l’acqua che scorreva in bagno, poi ascoltare Dazai canticchiare leggero, infine la percezione di un certo tepore languido nel basso ventre; alla fine Chuuya non riuscì a leggere più di due righe e trovarne senso compiuto. 

Sbuffò tutta l’aria che aveva nei polmoni e si abbadonò completamente contro lo schienale della poltrona, reclinando la testa e poggiandosi sulla faccia il libro aperto. Chiuse gli occhi e pensò alla voglia di gridare e tirare qualche pugno a un sacco da boxing. 

Aveva in loop da quella mattina gli avvenimenti delle ultime ventiquattro ore, come un film la cui pellicola era stata tagliata e reincollata più volte, dandogli flash di momenti precisi, ma incoerenti tra loro. Quando questi finivano, prima che si riavvolgessero per ricominciare,  c’era lo spazio dedicato a quelle domande in sospeso buttate via frettolosamente. 

E lì sarebbero rimaste. Stavano per replicare la notte precedente, ma con cognizione di causa e non un altro rush confuso e sbrigativo, in cui il mondo aveva smesso di pesare sulle loro spalle con confini, pregressi e annessi. Non poteva negare di esserne già eccitato. 

«Une Saison en Enfer, mmh… Suona come un regalo di Verlaine-san.»

Chuuya percepì la presenza di Dazai solo una volta che ebbe parlato. Non trasalì né scattò, lasciando che l’ex detective raccogliesse il libro dal suo viso e lo girasse per leggerlo. 

«Eri serio col francese» commentò con una smorfia, sfogliando le pagine. «Ti si addice. Sei così teatrale e melodrammatico, per questo sapevo che leggi e scrivi poesie» e lo disse riconsegnandogli il libro e andando a sedersi, ranicchiandosi con le gambe al petto, sulla seconda poltrona. 

Chuuya schioccò la lingua, stizzito. 

«Lo so che frugavi tra le mie cose in passato.»

«Un paio di volte ho mandato Akutagawa a farlo. Mi ci sono voluti giorni a farmi obbedire, ma alla fine l’ho convinto che fosse un’esercitazione.»

«Tu sei proprio uno stronzo. Non mi stupisco che quel ragazzino abbia così tanti complessi.»

Dazai sospirò esasperato. 

«Perché lo trattate tutti come un moccioso? Ha vent’anni.»

«Disse l’adulto con la mania dei suicidi.»

«Aaah… non ricordo neanche quando ho tentato l’ultima volta, ci sono troppi casini» si lamentò lo Sgombro alzando le mani e poi lasciandole ricadere con fare drammatico. 

Suonarono al citofono dell’appartamento e Chuuya fu contento di distendere le gambe nell’andare ad aprire. Era decisamente su di giri come non si sentiva da qualche tempo. 

Tornò con il carrello della cena e trovò Dazai seduto sulla sua poltrona, di nuovo intento a sfogliare il libricino di Verlaine. 

«Qui è più caldo» di giustificò e la Lumaca roteò gli occhi, lasciando perdere in partenza. 

Chuuya restò a guardare il partner sbaffarsi la cena di gusto in silenzio, facendo scivolare lo sguardo più volte sui movimenti delle lunghe dita mentre si portava le diverse porzioni del piatto sushi alla bocca, ignorando totalmente le bacchette. A volte si leccava i polpastrelli, altre recuperava un chicco di riso con la lingua. 

Il rosso rammentò di nuovo gli ansimi di quella stessa bocca riempire il buio della stanza e dei suoi sensi, le stesse mani che si erano aggrappate alle sue spalle - lasciandogli anche qualche graffio - e le labbra che qualche ora prima erano avvolte intorno alla sua erezione. 

Si risistemò in poltrona, passandosi una mano sulla faccia e scoccando un’occhiata all’orologio, come se il loro fosse davvero un appuntamento. Non erano neanche le undici. Avevano l’intera notte. 

«La qualità del cibo qui mi era mancata» sospirò soddisfatto Dazai, concludendo con un ultimo sorso di sakè che gli lasciò le labbra umide. Il tempo di mettere giù l’ochoko e il suo sguardo incontrò quello della Lumaca. Aveva un sorriso furbo, ma poco serio. 

«Secondo round?»

Chuuya lo guardò sconsolato come avrebbe fissato una macchia sul muro. 

«Non ti sforzi neanche di creare l’atmosfera.»

La faccia dell’ex detective assunse un’espressione pensosa. Si guardò in giro, finché gli occhi non gli caddero sul vaso di cristallo del carrello portavivande con dentro un’unica rosa rossa decorativa. 

«Potrei-»

«No!» lo fermò secco Chuuya, disgustato e con un morso di imbarazzo ad accendergli le gote. Gli era bastato solo immaginare quell’idiota di Dazai con la rosa in bocca a fare qualche scenata pietosa. Si sentì fisicamente obbligato a togliere il vaso dal raggio d’azione dello Sgombro, perché non c’era da fidarsi. 

«Insomma, Chuuya, che atmosfera vuoi?» sbuffò Dazai, incrociando le braccia. «Ieri non hai fatto tante storie.»

«Ieri a malapena abbiamo realizzato quello che stava succedendo!»

«Mmh, touché» concesse il partner, esibendo poi un altro ghigno dei suoi. «Però siamo bravi a improvvisare.»

Il rosso non replicò. Meditò su quell’affermazione, guardandolo apertamente in faccia. 

Cosa abbiamo improvvisato di preciso?

«Cosa significa questo per te?» chiese, traducendo il proprio pensiero con la sensazione di un prurito fastidioso tra le scapole che non riusciva a raggiungere con le dita. 

«Be’, che anche quando non sappiamo cosa fare-»

«Non quello, idiota» sospirò Chuuya, stringendosi il ponte del naso tra le dita. Riaprì la mano e iniziò a indicare se stesso e poi Dazai, in gesti poco chiari anche a lui e che tradivano quella tensione pruriginosa al centro della schiena. Sapeva solo che tra lui e lo Sgombro mettere le cose in luce era impossibile, ma avevano appena ribaltato sette anni di odio

«Voglio capire questa cosa. Di io e te, io e te, che facciamo sesso.»

L’ex detective prese a picchiettarsi il mento con un dito, osservando il soffitto in cerca di ispirazione. 

«Se la metti così…» iniziò a formulare, mugugnando a mezza bocca. «Dall’esterno potremmo sembrare un racconto gotico, per chi ci conosce.»

La sola idea che qualcuno di loro conoscenza li beccasse in quel frangente fece fremere la Lumaca. 

«Riguardo noi…» riprese lo Sgombro. «Ti senti a disagio?»

«No.»

Chuuya seppe di aver risposto troppo velocemente. Scosse la testa. 

«Non è disagio, ma io ti detesto.»

Dazai separò le gambe e si indicò una coscia. 

«Ti assicuro che dai tuoi morsi di ieri» e puntò poi anche un fianco e la spalla, «il tuo detestarmi è cristallino.» 

C’era del divertimento nel suo ghigno, ma anche della soddisfazione che non rese facile a Chuuya l’autocontrollo. Avvertì la saliva invadergli la bocca e le sue papille rielaborarono il ricordo del sapore che aveva quella pelle piena di cicatrici. Era questione di minuti riottenere un assaggio, porzioni intere, per sé. I suoi dubbi non avevano poi così tanto valore in quel momento.

Il rosso si alzò e si piantò davanti a Dazai, fissandolo con l’intensità con cui gli avrebbe tirato un pugno. 

L’ex detective ricambiò, in attesa, e con una domanda indistinta nell’espressione.  

Chuuya rinunciò. 

La verità era che non aveva idea di cos’altro dire senza mordersi la coda.

Sapeva di chi avrebbe dovuto chiedere - Oda - ma, per la seconda volta, scelse di non farlo. Nella maniera più infantile, non ne aveva voglia. Era eccitato - era visibilmente impossibile da nascondere, ma in quel momento Dazai non gli restituì un appiglio per dipanare il dilemma, nonostante quel fantasma fosse proprio lì accanto a loro. 

Sembravano invece d’accordo nel continuare il discorso della sera prima. 

Chuuya usò lo schienale della poltrona come punto di appoggio e si abbassò a baciare Dazai. 

Niente più scambi confusi. Chuuya volle assaggiare le labbra di Dazai per ciò che erano. Non così sottili, morbide il giusto, al sapore amaro di alcool e di qualcosa che non sarebbe mai rimasto uguale per troppo tempo. Il sapore del suo partner. 

Gli afferrò la mascella, non con irruenza ma con la voglia di sapere, spingendo la lingua a conoscere la bocca allo stesso modo. Si ripeté di non cedere all’urgenza, di calibrare e assaporare. 

Dazai lo seguì con lo stesso ritmo. Con le dita sciolse dalle asole i bottoni della sua camicia, con una cadenza dettata dai loro baci, dalle labbra stuzzicate e dagli occhi che ogni tanto si guardavano, registrando per la prima volta quella nota dissonante in un rapporto fatto di Ti odio

Quando la camicia del rosso scivolò in terra, il passo successivo fu verso il letto. 



 

Si concessero più tempo, più battibecchi mescolati a baci e morsi, meno fretta, più attimi in cui espandere il piacere. 

Chuuya amò avere il controllo. 

Affondò i denti, le dita e la propria eccitazione in Dazai, con la sensazione di poterlo tenere fermo, di averlo catturato, anche soltanto per pochi minuti, di avere la sua sfuggevole presenza in trappola sotto di sé.

La frenesia del fuoco d’artificio che avevano consumato la sera prima aveva avuto l’impatto di due forze della natura che avevano finalmente trovato il giusto terreno in cui combinarsi. Chuuya aveva ricevuto piacere, ne aveva dato e ne aveva preso con avarizia, gola e lussuria. 

Dazai aveva rallentato insieme al partner. Era stato più vocale, i suoi gemiti si erano fatti più lunghi e meno confusi dal bisogno. Chuuya li aveva ascoltati, li aveva assecondati, li aveva stimolati con avidità. 

La prima volta di quella notte li lasciò più stanchi e più soddisfatti della sera precedente. Lo Sgombro ansava di nuovo contro il cuscino e con molto meno fiato della Lumaca. Chuuya ghignò. 

«Sei un disastro» commentò, riavvicinandosi all’ex detective con senza alcuna buona intenziona. 

Prima che Dazai potesse articolare una risposta, il rosso gli si mise a cavalcioni sopra, immerse le dita nella morbidezza dei suoi capelli e lo strattonò per avere accesso alla sua spalla e morderlo. Il gemito vibrò per tutto il suo corpo e Chuuya ne fu deliziato. 

«Tu sei un bruto» mugugnò l’ex detective, ma con un sospiro lungi dall’essere contrario mentre la Lumaca lo riempiva di succhiotti dove ancora non ne aveva lasciati. 

Dazai era più alto, ma prono com’era in quel momento, Chuuya non lo considerò più insormontabile o così inarrivabile. Sapeva di avere una certa preferenza nel dominare a letto, gli piaceva, ma ancora una volta, con Dazai, la sensazione fu diversa. Toccò corde più profonde, come l’idea di poterlo tenere vicino a sé più di quanto era mai stato, di stuzzicarlo, di portarlo allo stremo e poi assaggiare il suo vero sapore. 

«Vuoi continuare a torturarmi?» sussurrò Dazai, scoccandogli un’occhiata sottile corredata di un sorrisetto altrettanto infingardo. Non c’era alcuna lamentela nel suo tono, semmai una nota di fame, la stessa che ancora fluiva nelle vene del partner. 

«Non ti sta dispiacendo» ribatté Chuuya, raddrizzandosi per far scorrere le dita lungo la schiena di Dazai in una carezza che lo fece rabbrividire per il solletico leggero. 

«Non ti preoccupi più di io e te una volta che abbiamo cominciato.»

Eccolo là, pensò Chuuya sbuffando dal naso. Doveva ancora aspettarsele le stoccate di Dazai. Avere l’orgasmo piacevolmente sospeso in sé gli consentì di non provare subito l’istinto di incazzarsi e prendere le distanze. 

«Tentare di capire che ti gira per la testa è questione di sopravvivenza personale» borbottò, tirandogli di nuovo i capelli e abbassandosi a mordergli la base del collo. Il giorno dopo avrebbe messo sicuramente le bende e lui poteva divertirsi a lasciare segni dove non era lecito, trasgredendo qualche regola. 

La risata di Dazai assomigliò a un gorgoglio canzonatorio. 

«Sono tanto pericoloso?»

Chuuya non rispose, perché la replica che aveva in mente avrebbe portato il discorso su Odasaku e la bloccò in gola, cercando un’alternativa. 

«Non voglio ritrovarmi incastrato con te in qualcosa di-» 

Prese un respiro troppo rumoroso per non palesare la propria difficoltà nel trovare un termine adeguato. Non sapeva neanche lui di cosa stesse parlando, ma aveva l’urgenza di non restare appeso in quel modo. 

«Pretenzioso.»

Dazai fu scosso da una risata sincera e che non provò neanche a mascherare. 

«Pretenzioso?» ripeté e c’era della goduria che non aveva niente a che fare con i sensi. 

Chuuya cacciò un insulto. Dazai sapeva che non aveva idea di che pesci prendere, ma poté almeno nascondere il rossore in faccia restando alle sue spalle. 

«Stai già pensando al futuro, Chuuya?»

«Cristo, no! Devo ancora metabolizzare di essere a letto con te.» 

«Hai ragione» convenne Dazai, riassumendo quella sua espressione anticipatrice di qualche cavolata. 

«Ho fatto sesso con te Lumaca: che schifo!» 

Chuuya gli tirò i capelli. 

«Senti un po’, Sgombro! Hai dato tu il la!»

«Il mio era solo un bacio estetico. Un biglietto di ringraziamento.»

Il rosso ebbe l’impulso si spingergli la faccia nel cuscino e soffocarcelo. 

«Non vai in giro a baciare la gente così per ringraziarla!» abbaiò, mentre la sua mente si chiedeva anche di cosa Dazai volesse ringraziarlo visto che non aveva fatto niente. Ma il punto della discussione era un altro e il pensiero sfumò. 

«Un bacio è un bacio! Vedi? Sei stato tu a iniziare, anni fa! Cosa dovrebbe significare!?»

Il rosso restò a corto di risposte. In tutta onestà, era stupito del fatto che una propria affermazione fosse rimasta così impressa a Dazai. Se doveva ritenerlo un vanto, anche quell’idea fu accantonata. 

Chuuya voltò Dazai e prese la sua bocca, scaricando tutta la frustrazione per quel discorso senza senso. 

Non regalo baci. Bacio chi mi interessa. Se lo voglio. Se ha valore.

Era succube delle proprie stesse parole, ma preferì riprendere col sesso e reprimere le domande che gli avrebbero portato mal di testa. 



 

Finirono di nuovo a corto di fiato. Mentre il petto si alzava cercando più aria possibile, l’ex detective biascicò qualcosa sul fatto che Chuuya lo volesse uccidere. Il rosso non replicò - ansante anche lui e contento così. Gli tirò però un pizzicotto nel fianco e godette nel vedere lo Sgombro rannicchiarsi contro di lui e quasi mordersi la lingua. Rise di gola. 

Quattro anni fa non sarebbe mai successa una cosa del genere, pensò in un battito rubato a una consapevolezza ancora priva di forma. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro. 

«Come funziona questa cosa ora?» chiese Dazai quando ne fu in grado, posando gli occhi sulla testa rossa. «Iniziamo a litigare e poi ci saltiamo addosso? Perché io sono sfinito. Mi arrendo.»

«Anche io» concesse Chuuya, lanciandogli un’occhiata a propria volta, per poi tornare a fissare il soffitto. 

La calma che calò iniziò presto a pizzicare di aspettative. Erano entrambi fin troppo svegli, senza alcuna traccia di sonno e la Lumava avvertì distintamente la curiosità dello Sgombro addosso. 

Con una smorfia e una scrollata della testa, Chuuya finalmente si arrese. 

«Oda… saku» si limitò a dire, calzando involontariamente le ultime sillabe. 

«Stavi per convincermi che non me lo avresti più chiesto.» 

Il rosso si ostinò a imbruttire la penombra del soffitto. Sentì che, pur di non parlarne, avrebbe potuto davvero andare al terzo round e rimandare ancora. Era una possibilità che stava prendendo seriamente forma nella sua mente. Avere Dazai gli stava dando l’ebbrezza di un vino raro e costoso ed era già successo in passato che era arrivato a farsi fregare pur di berne uno. 

Di fianco a lui, l’ex detective non proferì nulla e Chuuya espirò tutta la propria poca pazienza. 

«Allora? Devo cavarti le parole di bocca?»

Dazai si stiracchiò, abbracciando un cuscino e affondandoci il mento. 

«Dimmi tu cosa vuoi sapere.»

L’occhiataccia che gli lanciò il partner cozzò contro l’innocenza disonesta delle sue ciglia sbattute con noncuranza.

«Che vuol dire cosa voglio sapere!?» 

Chuuya si sentì un cretino nei ripetere la frase, ma fu più forte di lui. 

«Il tuo amico è vivo. Il tizio per cui mi hai rintronato la testa per mesi e per cui te ne sei andato! Stai sconvolgendo la vita di tutti pur di-»

Non sapeva come continuare. Pur di Riaverlo? Fargli ricordare che esisti? Cosa eravate? Cambiò discorso. 

«E ora scopi con me! Che cazzo Dazai, voi due andavate a letto insieme! Lui non era un qualcuno random!»

«Neanche tu lo sei» rilanciò lo Sgombro con un’ovvietà fuori luogo, stropicciandosi un occhio col dorso della mano. 

Chuuya si sforzò di ricacciare indietro il fremito che lo colse. La domanda Che cazzo intendi!? gli salì alle labbra con la velocità di un treno, ma si bloccò dall’esternarla. C’era una parte di lui che non voleva compromettere quella linea su cui stavano camminando con irruenza e che, come un vicolo troppo stretto, attraversava ingombranti questioni di tutta una vita di conoscenza. 

Stava in silenzio da troppo tempo e si ritrovò a fissare negli occhi Dazai. Aveva i pensieri scoperti, nudi, di fronte al Demone Prodigio, ma non trovò un filo del discorso da continuare che non fosse tagliente. 

«Non stare sulle spine, Chuuya» mormorò Dazai con un sospirò pieno di sottesi che morirono nella federa del cuscino. Chiuse gli occhi e si mise più comodo. La sua voce fu una carezza pacata. 

«Tu e Odasaku siete due strade molto diverse, ma le ho scelte entrambe. Non è complicato.»

Il desiderio di alzarsi e andare a sbattere la testa contro il muro fu una tentazione forte per il rosso. 

«A te il concetto di normale non ti sfiora neanche per sbaglio» commentò stizzito, conscio di suonare davvero squallido. 

Le labbra di Dazai si piegarono in una smorfia contrariata. 

«Normale rispetto a chi? Al giudizio di un certo numero di persone? Se molte di loro agiscono in un modo, allora normale diventa assoluto per tutti?»

Era una constatazione semplice e incisiva quanto un chiodo che entrava perfetto al primo colpo di martello. Chuuya si passò le mani sulla faccia non avendo una replica degna da esprimere.

Lui sentiva uno standard e Dazai ci metteva meno di uno sbadiglio a confutarglielo e farglielo sentire alieno. Non erano discorsi nuovi ed erano sempre stati limiti tra di loro, ponti sospesi con le travi di legno non del tutto sicure. L’ex detective aveva sempre ragionato per tangenti per cui lui aveva avuto difficoltà a stargli dietro, non era un mistero e non era cambiato. 

«Anche per Odasaku è così?» se ne uscì, cercando di spostare il tiro e la prospettiva. I labirinti di Dazai rischiavano di scottare, oltre a far sentire stupidi, però lì in ballo c’era qualcosa di delicato. 

«Non si sentirà-» 

Geloso? Abbandonato? Arrabbiato? 

Chuuya odiava scegliere le parole. 

«Non si sentirà deluso per questo?» e indicò loro, il letto, la stanza. C’era tanto e, improvvisamente, c’era molto poco pensò. Quattro scopate nel buio e nel silenzio di un segreto. Più probabilmente uno sfogo allo stress. 

Dazai ridacchiò di quella titubanza e Chuuya lo detestò intensamente. Lui non ci trovava proprio nulla da ridere. 

«Se Odasaku non riacquista la memoria non ci sarà niente per cui farlo soffrire. Ma dubito ne rimarrebbe deluso» aggiunse e, nel dirlo, si girò supino, continuando a stringere il cuscino contro il petto e raccogliendo i pensieri fissando il soffitto. 

«Odasaku è…»

Fece un gesto per aria, come ad afferrare qualcosa con malinconia. 

«Ha questa indole per cui, in qualsiasi modo sei fatto, lui finirà con l’accettarti. Prova stupore per le cose più insignificanti o strane. Non parla molto, sai? E a volte dice delle cose davvero buffe. Cerca sempre di capire, come se ogni cosa per lui fosse nuova… Una volta mi raccontò che fu leggendo un libro che decise di cambiare vita.»

Chuuya restò ad ascoltare la voce di Dazai come fosse stata uno strumento musicale. Suonava giocoso, ma ogni corda vibrava sbiadita, in ricordo di qualche colore più tiepido, ma senza riuscire realmente a imitarne il calore ormai spento. Gli sembrò di osservare un paesaggio lavato dalla pioggia, dove il panorama era bello, eppure era un ricordo annacquato dal grigiore. 

«Un altro tipo particolare» commentò il rosso, iniziando a capire cosa dovesse aver attirato Dazai a interessarsi a Odasaku. «Vi siete trovati.»

«Quando ancora non sapevamo chi ci fosse dietro al Conflitto della Testa di Drago, Odasaku fu mandato a controllare un posto dopo l’ennesima carneficina. Lì è incappato in Shibusawa.»

«Cosa!?»

«Non aveva capito che fosse l’arteficie del massacro» ridacchiò Dazai, scuotendo la testa. «Pensò si trattasse di un detective della polizia e si comportò di conseguenza.»

«… ma è un idiota» scappò alla Lumaca, mentre si passava una mano sulla faccia. 

«È… Odasaku. Se lo è ancora.»

Chuuya non guardò più verso lo Sgombro, sentendosi in dovere di lasciare dello spazio a quella tristezza non mascherata tanto bene. Si concesse di restare lì. Non si sentiva di troppo e non voleva neanche andarsene, desiderando, forse egoisticamente, di sapere cosa quel sentimento significasse per il proprio partner. 

Il silenzio fu lungo, ma non teso. Riflessivo. 

C’erano tante domande a fluttuare nella mente del rosso. Sarebbero potuti andare avanti fino all’alba probabilmente, ma tra queste, una continuava a rimanere al centro della folla e a fissarlo come uno sconosciuto che lo conosceva. 

«Quindi… cosa siamo?» si sforzò di chiedere. Se qualcuno, quattro anni prima, gli avesse profetizzato una cosa simile gli avrebbe riso in faccia. «Siamo due che scopano occasionalmente?»

Dazai voltò il viso verso di lui, sospirando con pazienza. 

«È così importante definire cosa siamo?»

«Sì.»

Chuuya non ci pensò due volte ad ammetterlo, senza vergogna. Con lo Sgombro non si aveva il tempo di realizzare un cazzo che alle spalle si avevano già delle macerie. Una parte di lui, la più conservatrice e che ancora lo biasimava per le scelte delle ultime ventiquattro ore, continuava a battere l’idea che tutto sarebbe finito come sempre: in cenere. E il rosso non trovava come dare torto a se stesso, senza qualcosa di concreto da stringere. Per quanto a parole. 

«Che ne dici di scopa-partner?» replicò Dazai, prendendosi il mento tra pollice e indice per sottolineare la trovata geniale. 

La Lumaca schioccò la lingua, disgustato e pentito. 

«Lasciamo perdere.»

«Suona davvero così terribile? Proviamo! Dai, scopa-partner, chiudiamoci nello sgabuzzino!» cincischiò lo Sgombro, punzecchiandolo con un dito sulla guancia. «L’importante è non farsi beccare in flagranti, no?»

«Scordati che fuori da questa stanza combineremo qualcosa» ringhiò Chuuya, tentando poi di mordergli la mano per farlo smettere. «Non ho intenzione di dare spiegazioni a nessuno.»

Anche perché non so spiegarlo a me stesso, cazzo, aggiunse tra sé. 

«Oh, non è così difficile Chuuya! Devi dire: Dazai è troppo bello e irresistibile, sono caduto ai suoi piedi!»

«Seh, contaci.»

L’ex detective stava sorridendo come un ragazzino. 

«Insisto a dire che sei tu che hai cominciato, fraintendendo le mie intenzioni.»

«Continua a raccontartela così, Sgombro.»

«Aaah, vedi? Mi fai pentire» sospirò acuto Dazai, con il dorso della mano appoggiato alla fronte, preso dalla propria tragedia. «Dovevo solo stringerti virilmente la mano e basta. Potevo limitarmi ad amare Odasaku, invece eccomi qui, coinvolto mio malgrado con te, Lumaca.»

Chuuya si irrigidì e scattò a fissarlo a occhi spalancati. 

Il silenzio batté tre secondi e Dazai realizzò.

«Merda.»

«… cazzo» esalò il rosso, scattando a sedere. 

«No, no, noo!» lagnò l’ex detective, nascondendo la faccia nel cuscino. 

«CAZZO!» 

Chuuya stavolta non si trattenne, quasi saltando sul posto. 

«Lo hai ammesso!»

Qualsiasi cosa Dazai stesse dicendo uscì senza senso, soffocata dalla federa. Tentò di rotolare verso il bordo del letto e darsi alla fuga, ma il partner lo inchiodò dov’era, cercando al contempo di strappargli il cuscino.

«Ripetilo!»

«No!»

«Hai detto amare! Lo ami! Lo hai ammesso! Tu. Lo. Ami!»

Dazai desistette dalla lotta e rimase fermo, fingendosi morto, col cuscino saldamente ancorato alla faccia. Dopo quasi un minuto in cui Chuuya non si fece abbindolare da quella tattica insulsa e disperata, lo Sgombro capitolò, rilassando le spalle. 

«… Atsushi è stato il primo a capirlo» mormorò, ripensando alla visita fatta alla tomba di Odasaku prima del casino con Shibusawa. 

Chuuya ghignò come fosse stata una vittoria personale. 

«Ribadisco: mi piace molto quel ragazzino.»

Il nuovo sospiro di Dazai somigliò molto a uno sbuffo sconfitto, mentre abbandonava la protezione della federa e si passava le mani sulla faccia, lasciandoci i palmi ben schiacciati a imprimere la vergogna per essersi scoperto. Chuuya, di nuovo sopra di lui, era tronfio come un conquistatore. 

«Non c’è proprio motivo per esaltarsi così» mormorò lo Sgombro non trovandoci nulla di interessante. Era una ghigliottina sulla sua testa e, per una volta, non voleva sapere cosa si provasse a morire in quel modo. Erano quattro anni che quella lama gli si incideva nella pelle, languendo invece di dargli il colpo di grazia. 

«Oh, oh! Tu che ammetti di amare qualcuno!» ribadì Chuuya, sordo alla supplica. Era euforico. 

Si alzò dal letto in un balzo e recuperò la propria vestaglia, uscendo dalla stanza ma lasciando la porta aperta per farsi sentire mentre urlava dall’altra parte dell’appartamento. 

«È ora di festeggiare! Cazzo, ti sei incastrato da solo! Tutto questo è magnifico!»

«Chuuuuuuya!» lagnò Dazai senza forze. «Sei un essere minuscolo e orribile!»

La Lumaca non diede segno di aver sentito gli ultimi appellativi. Tornò armato di due calici e una bottiglia. 

Dazai lo fissò malissimo. 

«Hai preso seriamente dello champagne?»

«Oh sì» esultò il partner, liberando la bottiglia dal sigillo e sparando il tappo contro il muro dietro a Dazai come un colpo di pistola, facendolo trasalire. 

«Auguri, stronzo! Che l’amore sia con te!»

Tutta la faccia di Dazai era stanca e avvilita. 

«Stai sbrodolando ovunque» fece presente, ma fu una constatazione che cozzò contro l’ingiustificato buon umore del rosso. Si ritrovò con un calice cacciato in mano, mentre il partner riempiva il secondo oltre la misura consona all’eleganza. 

Il cin cin di Chuuya fu a senso unico, visto lo zero entusiasmo di Dazai a prestarsi alla propria sconfitta. 

«Ho bisogno di godermi questo momento» commentò la Lumaca dopo essersi scolato il primo giro. I suoi occhi scintillavano di trionfo. «Il momento in cui Dazai Osamu, l’essere più infame sulla faccia della Terra, è stato piegato dal sentimento più normale che esista. Un brindisi a Odasaku per averti reso umano!» 

«Credo mi stai venendo mal di testa» brontolò Dazai col muso, tentando di tirarsi fuori da quella pantomima. 

Chuuya non abboccò. C’era della malizia sinistra nel suo sguardo. 

«Dormirai altri venti ore appena avremo finito. Ho un’idea su come usare il resto dello champagne» e nel dirlo, scosse la bottiglia davanti alla faccia di Dazai, per poi piegarsi in avanti e rubargli un bacio con un sorrisetto gongolante. 

«Ti odio.»

«Anche io.»




To be continued.



SCUSATE SE NON HO ANCORA RISPOSTO AI COMMENTI T___T
Non ci abituiamo a questi aggiornamenti (anche perché ora inizia il cowt), ma anche oggi (e domani) avevo bisogno di gioie. Cercherò di rifarmi appena possibile e risponde al vostro affetto. 
È tipo tardissimo e io devo volare a dormire, ma questo capitolo è stato un parto ed è davvero tanto importante per gettare le basi del futuro. 
Probabilmente vi aspettavate più rating rosso ma non ne scrivo da tempo ;; sono solo un sacco di pensieri dal POV del povero Chuuya (in cosa ti sei cacciato, sul serio?). 
Ci sono di nuovo riferimenti a Dazai, please (devo cambiare una battuta) e alcune cose prese dal prequel di Dead Apple (uscito su Bungou Mayoi; la parte dove si dice che Odasaku ha incontrato Shibusawa!). 
Altro al momentoi non ricordo... magari scriverò qualcosa sulle stories di instagram (ehi, venite a parlarmi lì UU mi trovate su @nolongerflawless.fanfic!) 
Buonanotte!


Prossimo capitolo → When our worlds collide (Parte 3) 

 
   
 
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