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Autore: L i a r    05/09/2009    7 recensioni
Lo fissò negli occhi per un momento – quel giorno erano grigi, dannazione, grigi e tristi – e poi tornò a rimirarsi i piedi. Una risata amara fece sobbalzare il più piccolo “Gli altri non sanno che sei qui, vero?” Gli altri.
“…No” sbuffò Max. “Non c’è alcuna ragione per cui debbano saperlo”
[Ronnie x Max]
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfic non è scritta a scopo di lucro, i fatti descritti non sono realmente accaduti e blablabla.



There's no more pain, now  .






Quel fottutissimo vetro era opaco e tutto graffiato; quando era entrato nella stanza il riflesso della lampada a neon aveva fatto il resto e ci aveva messo un po’ a riconoscere nella figura sfocata, da lontano, la persona di Ronnie.
Aveva avuto un attimo di smarrimento, aveva corrucciato la fronte e poi, avvicinandosi, aveva sorriso.
Ronnie guardava le sue mani poggiate a palmo in su sulle ginocchia; avvertendo con la coda dell’occhio una figura che si sedeva dall’altro lato alzò la cornetta e la portò all’orecchio, ma lo sguardo rimase inchiodato dov’era.
“Ciao” mormorò Max nel suo ricevitore. L’altro alzò lo sguardo scoprendo finalmente chi era venuto a trovarlo. Non lo aveva chiesto alla guardia di proposito per vedere da sé chi ancora si ricordava della sua esistenza.
Lo fissò negli occhi per un momento – quel giorno erano grigi, dannazione, grigi e tristi – e poi tornò a  rimirarsi i piedi. Una risata amara fece sobbalzare il più piccolo “Gli altri non sanno che sei qui, vero?” Gli altri.
“…No” sbuffò Max. “Non c’è alcuna ragione per cui debbano saperlo”
“Giusto – rise ancora, era stata sempre così grave e singhiozzata la sua risata? – come non dovevano sapere…”
“Smettila” lo interruppe. Non voleva sentire ancora quel discorso. Basta basta basta.
“Beh, come stai?”
“Come sto? Cazzo, Max, sei il solito idiota.”
“Così idiota che non ricordo più perché sono venuto qua.”
“Già, vorrei saperlo anch’io. Perché sei venuto qua dopo che…” non era abbastanza coraggioso per continuare, adesso, anche se la stessa immagine balenò nella mente di entrambi.
Ronnie urlava e Max urlava e Ronnie scagliava oggetti con rabbia, e Max urlava e iniziava a piangere che era stanco e…
Ronnie poggiò la testa sul vetro; sembrava vuoto, così in contrasto col ricordo che l’altro aveva di lui, e iniziò a canticchiare a bassa voce, quasi impercettibile: “I drag your body to the cellar where we lay, the wax it melts away, I kiss your face...”
Max s’irrigidì, drizzando la schiena e quasi indietreggiando. Faceva male, quello, quella voce e quei versi in quel momento, quella voce che non aveva lo stesso vigore di un tempo, appassita, spenta, e per questo ancor più dolorosa.
Era diviso fra due istinti, quello di correre via, lontano il più possibile e dimenticare tutto, e quello di sfondare il vetro, a costo di sentire le schegge perforarlo e abbracciare quel guscio che una volta era Ronnie. Solo una volta, perché non era giusto che andasse a finire così, perché due persone che hanno passato la vita a scaldarsi avevano il diritto di aversi ancora, no? Avevano il diritto di sentirsi parte l’uno dell’altro; avevano il diritto di ricominciare, di ignorare tutto quello che stava succedendo. Avevano il diritto di fregarsene del passato e degli altri e pensare solo al loro calore.
“How it hurts in the worst way, now that you're gone, it's so wrong…”
“No, Max, dannazione!” diede un pugno al vetro, digrignando i denti. “Non sono io quello che se n’è andato. Non sono io.”
“Sì.” Ronnie alzò lo sguardo, sorpreso, mentre Max singhiozzava stringendo convulsamente la cornetta e asciugava con rabbia le lacrime.
Piccolo bastardo, non poteva piangere così davanti a lui, coi suoi fottuti occhi argento da cui sembrava venire la tristezza di tutto il mondo, non poteva mostrarsi così debole ora che non poteva superare i chilometri che li separavano in quei pochi centimetri trasparenti.
Restò in silenzio per un po’, guardandolo davvero, finalmente, ripercorrendo i suoi tratti che conosceva alla perfezione; poteva quasi sentirne la morbidezza sotto le dita.
Aveva una pelle incredibilmente pallida, Max, anche in confronto alla sua e – dannazione – come faceva ad avere sempre quell’espressione indifesa? A volte lo detestava per quello, e odiava se stesso per la sua tendenza malsana a proteggerlo sempre, sempre.
Prese un respiro prima di parlare “Ehi. Frena, non c’è nulla per cui piangere.” Da dove venivano quel sorriso e quella voglia di confortarlo che non riusciva a ignorare? “Tanto fra poco sarò fuori e…” e? Si passò una mano fra i capelli, sospirando. “Sarò fuori e potremmo…cercare di…”
Max annuì, tremante, e cercò di sorridere a sua volta. Ma le sue labbra si strinsero subito dopo – aveva delle labbra incredibilmente carnose, Dio quanto gli mancavano, le sue labbra e il suo modo così innocente di baciarlo… - e mugugnò “Ronnie…” la sua voce era quasi quella di un bimbo capriccioso.
“Cosa?” ghignava ora, mentre pensieri non propriamente puri gli danzavano in testa. Smettila, cercò di imporsi, non ricordi che ti ha sbattuto fuori di casa dicendo che era stanco di te?  
“Quando uscirai…noi – indicò prima se stesso e poi lui – credo che…noi…” si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo.
Ronnie alzò un sopracciglio, immobile, cercando di non scoppiare a causa di un filo di speranza che premeva contro il suo stomaco.
Attese che l’altro continuasse dicendosi che non poteva assolutamente essere quello che stava pensando, né ora né mai, quindi fottuta inutile speranza, brucia all’inferno.
“Cosa noi, Max?” ringhiò, irrequieto. Se non avesse terminato il concetto entro tre secondi sarebbe impazzito, davvero.
Il più piccolo lo fissò sorpreso da tanta veemenza, ma poi volse gli occhi al soffitto arrossendo.
“Va bene – si risolse alla fine – quello che voglio dire è: quando uscirai da questa fottuta galera e sarai di nuovo fuori e potrai avere una vita sociale, quando insomma potrai vivere libero di nuovo senza nessuna restrizione e-“
“Cazzo, arriva al punto!”
“Credi che noi due potremmo riprovare a…” la sua voce frettolosa si spense subito, e Max strinse gli occhi quasi aspettandosi un’esplosione.
“A…Stare insieme?” tentò Ronnie, la voce incolore.
Il bassista annuì piano, una volta, quasi come se non volesse farsi vedere.
“Ah.” Fu l’illuminante risposta del cantante. Max lo guardò da sotto in su, speranzoso, impaurito e fremente insieme. Era buffo, e anche tenero.
Il più grande scoppiò a ridere, non si sentiva così sollevato da…da quanto? Da secoli.
“Si, Max. Dannazione, certo che si.”
L’altro alzò la testa di scatto, stringendo la cornetta “D…davvero?”
“Ma si, pezzo di idiota, vorrei ricordati che sei stato tu a lasciarmi, no?” ghignava ancora, felice.
“A-ah. Si. Giusto. Vero.” Sorrise timidamente, sentendosi il volto scottare. “Senti, io-“
“Ehi, bello, devi andartene, i trenta minuti sono passati.”
Max si voltò indietro deluso, annuì e poi guardò di nuovo oltre il vetro. Sentiva che lo sguardo di Ronnie avrebbe sciolto il vetro da un momento all’altro, e di sicuro non avrebbe rallegrato le guardie. Quindi si alzò lentamente, senza perdere il contatto visivo. “Ciao…” mormorò, la voce bassa come all’inizio del loro incontro ma con un tremore diverso.
Riagganciò e poi, prima di voltarsi, mimò con le labbra “Ti amo.”






Angolo dell'autrice: solo un piccolo sclero su sti due che sono troppo carini assieme *___* Credo di essere andata OOC tantissimo ma boh, non si può mai sapere quando sono persone reali, e soprattuto se sono coppie di cui solo noi fangirls sappiamo l'esistenza XD
Ringrazio Ory_StarDust_95 perché mi sopporta e solo Dio sa quanto è difficile -___-" Beh. In ogni caso. Spero vi sia piaciuta <333 Lasciate un commentino, anche se vi ha fatto schifo *___* Chuu, Liar <3
  
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