Capitolo 3
Telefonata
POV Robert
E chissà se vale la pena di passare la vita a correre
o se invece la migliore mossa non sia di starmene
immobile…
Così
come mi ero addormentato mi risvegliai col suono della
sua voce, la voce di quella magnifica ragazza che avevo sognato e sognato per
tutta la notte…e per le notti successive.
Di
solito mi limitavo a sognare la sua immagine, come se fosse sbiadita, lontana e
irraggiungibile, immaginando un nostro eventuale incontro..
Questa volta era stato diverso. Era chiara, presente, delineata
in ogni suo particolare, perfetta. Non ricordavo nemmeno cosa sognavo; ormai sognavo solo lei ed era difficile ricordare ogni singolo
sogno. Ciò che ricordavo era lei. L’immagine della bellezza.
Così,
andai avanti per una settimana, accontentandomi di sognare quella creatura la
notte e pregando di ricevere una miracolosa e attesa telefonata di giorno.
Ero
tornato a Londra. Era inutile restare lì: non solo ero convinto che non mi
avrebbero chiamato, ma anche se lo avessero fatto sarebbero passati giorni.
E infatti i giorni passavano e la sua immagine cominciava a
sbiadire nuovamente.
Avevo
quasi perso le speranze quando il 17 gennaio, esattamente dieci giorni, 2 ore e
27 minuti da quel pomeriggio della mia audizione, squillò
il cellulare.
Numero
sconosciuto.
Iniziai
ad agitarmi e a fissare il cellulare come un ebete. Perché
non rispondevo? Perché me ne stavo lì impalato?
Stupido, rispondi!
Rimasi
impassibile fino al quarto squillo. Quando mi convinsi che il cellulare non
avrebbe risposto da solo e realizzai che se non mi
muovevo avrebbe smesso di squillare, risposi.
Catherine.
Avevo ottenuto la parte! Non potevo crederci! Come poteva essere?!
“La
tua performance è stata molto intensa, è abbiamo scelto te” disse come se fosse
la cosa più normale di questo mondo.
Certo
non potevo negare che l’audizione era stata intensa. C’era stata sicuramente
una specie di connessione a prima vista, ma credevo che fosse stata troppo
intensa e che avesse sfociato nel ridicolo. Non che ricordassi molto; era stato tutto così naturale che non
ricordavo nemmeno di aver recitato. Forse era quello il motivo per cui ero tanto sbalordito.
Uscii
in terrazza a prendere una boccata d’aria e realizzare
quello che avevo appena saputo. Finalmente lo shock passò e tutto fu chiaro. A
quel punto esplosi in una fragorosa risata e non potei fare a meno di urlare: “CE
L’HO FATTAAAAAAAAAAA” fu un urlo disumano, ma non riuscii proprio a contenermi!
Notai allora che il mio vicino mi fissava come se fossi un pazzo, ma non me ne
fregava per niente! Ero al massimo della felicità! Che
strana cosa la vita! Mi ero presentato a un provino,
senza sapere bene di cosa trattasse il film, senza aver studiato il libro o il
copione – che avevo letto un paio di volte - e tutto per una ragazza, e per uno
strano scherzo del destino, ero stato preso! Finalmente la fortuna si era
accorta di me, e sperai che non mi lasciasse per
almeno un paio di giorni. Catherine era stata chiara e veloce, immagino perché fosse molto impegnata. L’indomani avrei preso
un aereo che era già stato prenotato per me, e un taxi mi avrebbe portato al
Grand Hotel di Los Angeles dove avrei incontrato gli altri, il resto del cast,
e avrei rivisto lei; e il giorno dopo sarebbero già iniziate le prove. Le
riprese erano già state rimandate di un paio di settimane a causa del casting del protagonista – parte che avevo ottenuto io J - e non si poteva più aspettare; perciò avremmo
dovuto concentrare le prove in tre giorni.
“So
che è tutto molto affrettato, ma il budget non è altissimo e dobbiamo muoverci.
Tre giorni basteranno! E comunque sono sicura che ti
troverai bene con Kristen.” mi aveva spiegato
Catherine.
“E
poi faremo due chiacchiere a proposito..” aveva continuato con tono un po’ preoccupato - ma lì per lì
non ci badai - per poi darmi gli ultimi dettagli sul viaggio e lasciandomi
subito dopo a decifrare quello che voleva dire; ma non ci pensai più di tanto.
Ciò che ora mi preoccupava era altro.
TRE
GIORNI DI PROVE!!!
Era
una follia, ma al momento non ero capace di pensare in modo obiettivo: ogni
follia era ben accolta, se c’era lei.
Anzi,
non vedevo l’ora di iniziare e vederla di nuovo. Mi sembrava
ancora strano a pensarci, come se non stesse accadendo veramente.
In
quel momento un altro atroce problema mi assalì.
TRE
GIORNI DI PROVE!!! Pensai questa volta in preda al
panico.
Non
ero pronto. Mi avevano scelto ma non avevo idea di
cosa avrei dovuto fare. Non conoscevo il mio personaggio, sapevo solo che era bellissimo,
tenebroso e tormentato, e di nuovo mi chiesi per quale assurdo motivo avevano
scelto me. Avrei fatto una pessima figura, e non
potevo - non volevo - permettermelo davanti a lei così brava e professionale. Accidenti
a me!
Però,
riflettendo, mi resi conto che non era troppo tardi e potevo sempre rifarmi.
Avevo portato il libro con me e decisi di iniziare da
quello, dal punto principale. Così iniziai ad avventurarmi in “Twilight”
cercando di capire la profondità del personaggio attraverso le parole di Bella,
che narra in prima persona, da un punto di vista strettamente
personale. Inaspettatamente il libro mi prese più di quanto immaginassi,
dovuto probabilmente alla mia testa che vagava immaginando quali scene avrei
girato con lei. Feci una pausa solo per
mangiare e ripresi subito, così per il tardo pomeriggio avevo
finito. Ne ero orgoglioso e già sentivo di aver
raggiunto un traguardo. Ora il copione! Ma sapevo che
sarebbe stato più fluido e semplice. Ero certo che nel giro di un paio d’ore
avrei finito anche quello…e non mi sbagliavo.
Erano
le 9 e avevo il cervello fuso: vampiri, sangue, James, ballo, alberi, ninna
nanna, biologia, profumo, pianoforte, radura, sole, diamanti,
furgone, incidente, ospedale…
Avevo
le idee un po’ confuse e un leggero mal di testa, ma mi bastò richiamare alla
memoria la sua immagine, la sua figura e la sua voce
per sentirmi subito meglio.
Feci
i bagagli e dopo una estenuante e lunghissima
telefonata ai miei genitori decisi di andare a dormire per cancellare le
occhiaie e le borse sotto gli occhi. Va bene che il mio personaggio era tecnicamente morto, ma meglio aspettare almeno un giorno
per calarmi direttamente nella parte. Con quell’aspetto mi avrebbero spedito
indietro da dove ero venuto e non avrei certo potuto impedirlo. Mi stesi sul
letto distrutto e mi addormentai poco dopo con un pensiero fisso in testa: di
lì a due giorni dovevo dimostrare quanto valevo, dovevo
cambiare.
Avrei
smesso di balbettare e di sentirmi insicuro. Avrei cambiato atteggiamento,
avrei stretto amicizia con tutti e sarei stato affabile e alla mano. Dovevo dare
del mio meglio per non deludere nessuno, per non deludere
lei.
…e tanto
se l’onda
arriva, arriva e basta!
Non serve perderci la testa.
E allora tanto
vale sorridere.