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Autore: moira78    11/03/2022    5 recensioni
Una raccolta di missing moments in ordine cronologico, che ripercorrono momenti del manga e del romanzo appena accennati dall'autrice o mai approfonditi. Una mia personale interpretazione dei capitoli più belli e significativi incentrati sull'evoluzione del rapporto tra Candy e Albert e non solo.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing Moments'
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Alcuni dialoghi di queste one-shot sono ripresi dal manga. Tuttavia, non ne detengo i diritti e li uso senza scopo di lucro.

 
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Cascata

Il fuoco scoppiettava già da un po' e, nonostante la temperatura mite, Albert avvicinò le mani per scaldarle, controllando al contempo che la zuppa e i pesci che aveva pescato fossero pronti. Poupee gli strofinò il musetto sul ginocchio e d'istinto le fece una carezza sul capo. Nel giro di pochi istanti, anche il daino e i conigli si accostarono a lui in cerca di coccole e, ridacchiando, riservò a ognuno un gesto d'affetto.

"Calmi, ce n'è per tutti!", scherzò sedendo a gambe incrociate, divertito da quel tenero assalto.

Di colpo, raddrizzò il capo, in ascolto: se l'era sognato? O era il richiamo lontano di un uccello notturno? Il rumore della cascata alla sua destra copriva quasi del tutto gli altri e Albert si convinse che non fosse nulla d'importante. Tornò a girare la zuppa di legumi e verdure con un vecchio mestolo, controllando la stabilità della rudimentale struttura in legno che aveva creato per sostenere la pentola con un gancio, e di nuovo la sua attenzione fu attirata verso la cascata.

Non me lo sono sognato, è un grido d'aiuto!

Senza perdere un istante, corse verso l'argine del fiume, in tempo per vedere una piccola barca precipitare dall'alto e un corpicino minuto sbalzato fuori. Tentando di restare lucido, afferrò una corda e la assicurò all'albero dietro di sé, legandosi l'altra estremità in vita, diviso tra la necessità di essere veloce e quella di stringere bene la fune per evitare di essere trascinato a sua volta dalla corrente.

Dopo essersi tolto con gesti fluidi la giacca e gli stivali entrò in acqua e, per fortuna, la vide quasi subito e la trascinò fuori dal fiume: era solo una ragazzina.

E ha anche qualcosa di familiare...

La stese accanto al fuoco, asciugandola con un asciugamano pulito e accertandosi che non avesse bevuto. Accostò l'orecchio alle sue labbra e lei emise un verso, sputando via un fiotto di acqua, ma non aprì gli occhi. Albert valutò, dal suo respiro sempre più regolare, che non aveva bisogno di rianimazione e le sedette accanto per osservarne le reazioni, rabbrividendo e concedendosi qualche minuto per asciugarsi un poco prima di rimettere la giacca e gli stivali.

Questa ragazza...

Al collo aveva qualcosa, incredibilmente la forza della corrente non le aveva strappato la catenina con i due pendenti. Albert aggrottò le sopracciglia, scrutando i due oggetti: uno era una croce dorata, mentre l'altro...

Non è possibile! Ma allora è proprio lei!

I capelli biondi, i riccioli, quelle piccole lentiggini sul naso... no, non si era sbagliato! La conferma arrivò quando poté vedere gli smeraldi riflessi nei suoi occhi: erano annebbiati dallo sfinimento per quell'avventura e Albert si affrettò a tranquillizzarla, dicendole che era al sicuro.

Ma guarda un po' che incontro! La bambina delle lumache che strisciano... qui?

La mente volò a quel giorno di tanti anni prima, su quella splendida collina, dove una ragazzina che non poteva avere più di sei anni aveva dato sfogo al suo dolore o alla sua rabbia piangendo ad alta voce. Dentro di sé, nonostante fosse in fuga da una realtà che a malapena stava cominciando ad accettare, Albert aveva sentito il bisogno di fare qualcosa per lei e aveva cominciato a suonare la sua cornamusa. Era come se il destino gli avesse bisbigliato all'orecchio, prima di uscire di casa di nascosto, che era giusto restare vestito con il kilt di famiglia portando lo strumento. Non era più un atto di ribellione, era mutato in un modo per cancellare il pianto della bambina e vedere il suo splendido sorriso: e Albert ne era stato contagiato.

A distanza di anni, poteva dire che la forza e la determinazione con le quali era andato avanti da quel giorno in poi avevano ricevuto una spinta proprio da quel sorriso sincero.
E ora, lei era di nuovo lì, davanti a lui, e forse le aveva appena salvato la vita.

Scosse la testa, ancora incredulo, coprendola con la coperta più pesante che trovò nello zaino e slegando la fune dall'albero, per poi riporla.

La seconda volta che aprì gli occhi, prima ancora di mormorare il suo ringraziamento, lo guardò con più attenzione e gridò.

Gridò e svenne.

Albert rimase perplesso: le aveva dunque fatto così paura? Certo, non si radeva da quando aveva deciso di allontanarsi da casa, tuttavia...

Poupee si avvicinò di nuovo, cominciando a emettere brevi squittii come se gli stesse parlando. Quasi comprendendola, o solo dando voce ai suoi stessi sospetti, Albert le rispose: "Lo so che sono un po' cambiato da quando avevo diciassette anni, ma non ti sembra una reazione esagerata comunque?".

Non capì la risposta della sua piccola puzzola, ma non gli parve affatto gentile e la liquidò con un gesto. Decisamente, da quando si era auto esiliato aveva imparato il linguaggio degli animali molto meglio di quello degli uomini.

Finalmente, la ragazza parve riprendersi del tutto e Albert colse l'occasione per chiederle, senza giri di parole: "È la mia faccia che ti fa paura? Devo essere orrendo se svieni per questo!". Lei rimase rannicchiata sotto la coperta, mettendosi a sedere, e Albert le porse una ciotola. "Tieni, è una minestra calda".

"È... è stato lei a salvarmi?", chiese con voce tremante, accettandola.

"Sì, però... perdere i sensi appena hai visto la mia faccia...". Cercando di comprendere le ragioni della ragazzina mentre si grattava la barba sul mento, Albert decise di sollevare gli occhiali scuri sopra la testa e mostrarle quantomeno il suo sguardo.

Come se eliminare quella barriera avesse sancito la fine di ogni spavento, la bambina si azzardò a dirgli, con tono titubante: "Farebbe meglio a non mettere quegli occhiali... credevo che fosse un pirata!".

Trattenendo a stento l'impulso di ridere per non farla sentire presa in giro, Albert le chiese di non dargli del lei e le presentò anche Poupee. Dopo un primo momento di panico, la ragazzina fece conoscenza con il piccolo animale e con tutti gli altri che, pian piano, cominciarono ad attorniarla.

Sentono di potersi fidare di lei. Chissà come è finita quaggiù...

"Io mi sono presentato, vuoi dirmi come ti chiami?", le chiese cominciando a raccogliere la pentola e le coperte.

"Mi chiamo Candice, ma tutti mi chiamano Candy".

Albert le sorrise: aveva davvero un nome molto dolce. "Vorresti venire a casa mia, Candy? Ti prometto che non mi trasformerò né in un pirata, né in un lupo mannaro, ma tu hai bisogno di stare al caldo e il fuoco non è sufficiente per asciugarci del tutto".

"Abiti qui vicino?", domandò lei alzandosi in piedi con Poupee in braccio e aiutandolo a mettere le stoviglie nella sacca.

"In un certo senso...", tergiversò.

Quando arrivarono alla capanna, Albert accese il fuoco, servì della cioccolata calda e la sua nuova amica si mise persino a pulire la casa. Di certo non le mancavano lo spirito d'iniziativa e anche una buona dose di vivacità: a dire il vero, non gli parve molto diversa dalla bambina chiacchierona che lo aveva scambiato per un extraterrestre sette anni prima.

Da extraterrestre a pirata... è già un miglioramento.

Sorridendo tra sé, ascoltò la sua storia. A quanto pareva serviva in casa Lagan, per questo era così brava con le pulizie. Ma la cosa che lo sconvolse fu sapere che era felice di aver incontrato qualcuno senza casa come lui, quando le riferì che la capanna non era sua, ma degli Ardlay.

Quella notte, Albert si sistemò con una coperta sul pavimento, lasciandole il letto per riposare. Tuttavia, riuscì a prendere sonno molto tardi, perché quella ragazzina aveva toccato nel proprio cuore corde che credeva sopite da tempo: i suoi occhi, così sinceri e luminosi, seppure di colore diverso, gli ricordarono quelli di Rosemary.

La sua spontanea freschezza, la sua sincerità così schietta... come ha fatto una ragazza come lei a finire dai Lagan?!

Ma fu la mattina dopo che quello stupore mutò rapidamente in indignazione. Mentre preparava la colazione, Candy gli raccontò, con una tranquillità disarmante, che dormiva nelle stalle. Pur non mostrando i suoi reali sentimenti, Albert si irrigidì e nella mente cominciò a prendere forma il desiderio ardente di proteggerla. Di renderla felice.

Come una moderna Cenerentola, però, sembrava a proprio agio con quella vita scomoda e il suo sorriso parve illuminare la capanna come nemmeno il sole ormai alto riuscì a fare. Nel momento in cui Candy dichiarò che per lei era ora di tornare, Albert desiderò tenerla con sé e non lasciarla più andare. Ma capì che non poteva, perché di fatto non era che un vagabondo costretto a nascondersi e non era sicuro che quella vita si addicesse a lei più di quella che faceva in casa Lagan.

Perlomeno io le darei sempre un riparo per riposare...

Con la morte nel cuore, le spiegò che strada prendere dalla collina per tornare all'inizio del fiume e quando lei gli chiese come avrebbe potuto rivederlo rimase piacevolmente sorpreso. A dire il vero, si sentiva più tranquillo sapendo che si sarebbero tenuti in contatto, così le spiegò che le sarebbe bastato mettere un messaggio in una bottiglia perché arrivasse fino a lui quando avesse soffiato il vento del sud.

Vedendola andare via correndo e salutandolo come se si conoscessero da sempre, Albert si sentì felice. Davvero felice. Forse era perché aveva appena trovato uno scopo nella propria vita, oltre a quello di nascondersi in attesa di tempi migliori; forse fu perché, come diceva Candy, erano simili e si erano ritrovati; o forse per quel sorriso eterno che sfoggiava nonostante le ingiustizie della vita, un po' come quello che cercava di avere sempre anche lui.

Hai ragione, Candy. In qualche modo siamo simili. E io mi prenderò cura di te in ogni modo possibile, perché sei una ragazzina speciale e meriti di sorridere sempre.

"Adoro i tuoi sorrisi, piccola Candy", mormorò voltandosi e tornando verso la capanna, con Poupee che squittiva saltandogli sulla spalla.
 
   
 
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