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Autore: Christine_Heart    12/03/2022    1 recensioni
La porta del Sanctum Sanctorum si chiuse con una certa forza.
"Papà, papà!" chiamò a gran voce Eugene correndo per l'ingresso.
"Eugene, che cosa succede?" domandò Stephen andandogli incontro.
"Ho visto Spider-Man!" esclamò felice il bimbo stringendo le buste colorate con i nuovi acquisti appena fatti.
[Ironstrange] [SupremeFamily] [Tony Stark AU] [AU] [Wong]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo 3000'
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Capitolo 1

Non era stato facile crescere Eugene, ma era stato piacevole. Eugene era sempre stato un bimbo adorabile dal sorriso contagioso, spontaneo e curioso, che amava addormentarsi tra le braccia di Stephen, ascoltare la voce di Tony e ridere assieme a Peter. Dopo la sua prima parola, tutto era diventato più normale, più semplice, più divertente e più ricco d'affetto.

Un pianto disperato e forte, riecheggiò per tutto il Sanctum Sanctorum.
Stephen si svegliò di soprassalto, trascinando con se Tony.
"Che cosa succede?" domandò Tony guardandosi intorno.
"Mi sono riaddormentato." spiegò svelto Stephen alzandosi in piedi.
"Tranquillo, tu vai da lui prima che faccia crollare il tetto." scherzò Tony.
"Io vado a preparargli il latte." disse alzandosi dal letto.
Stephen chiuse in vita la vestaglia e si avviò verso il corridoio.
"Eugene." chiamò per tranquillizzarlo.
"Tesoro, ti ho sentito, sto arrivando." gli disse calmo.
Ma una volta arrivato alla camera del bambino, Eugene non stava più urlando, nessuna lacrima per attirare l'attenzione. Il suo bambino stava ridendo allegro, una risata gioiosa riempiva la stanza.
Stephen aprì la porta e trovò Mantello che si librava leggero sul bambino, mentre provava a nascondere dietro i bordi il volto che non aveva.
Stephen sorrise avvicinandosi alla culla.
"Grazie Mantello." gli disse con un cenno del capo.
Poi guardò Eugene che stava facendo di tutto per scoprirsi.
"Siamo di buon umore oggi, vero?" domandò al piccolo che rise di nuovo.
Stephen lo prese in braccio, cullandolo un po' in attesa della pappa e Eugene afferrò l'indice del padre con la sua piccola manina. 
Poco dopo arrivò Tony con il biberon pronto.
"Mi dispiace, lo so che oggi toccava a me..." iniziò a dire Stephen mentre Eugene mangiava tranquillo fissado gli occhi del papà.
"Non finire questa frase." lo fermò immediatamente Tony. 
E Stephen spostò lo sguardo sul marito come per dire:"Ma è così!"
"E' nostro figlio, non tuo figlio." lo corresse Tony.
"E' una scelta che abbiamo fatto insieme, e ce ne prendiamo cura insieme."
Stephen abbassò gli occhi mortificato, si sentiva così in colpa.
"Eri stanco Stephen." gli disse paziente Tony.
"Può succedere, ero stanco anch'io." continuò Tony.
"Ma abbiamo risolto e ora Eugene sta facendo colazione tranquillamente."
Ma Tony conosceva quel silenzio e riconosceva quella faccia, chissà cosa si stava agitando nella sua testa. Si avvicinò a Stephen con passo lento, e gli pizzicò la guancia con una certa forza.
"Non voglio più sentirti dire una frase del genere mi sono spiegato." gli disse serio, e con una certa severità nella voce, segno che si era arrabbiato veramente.
"Sì, va bene." sorrise Stephen rincuorato.
"E un bacio non me lo merito?" domandò Tony sorridendo a sua volta.
Stephen rise, e stringendo con più sicurezza Eugene, si chinò per baciare le labbra del marito. Eugene rise felice agitando le manine.


Per Stephen era ora di andare a letto, ma avvicinandosi alla porta socchiusa del figlio vide un movimento sospetto.
"Mantello, che ci fai qui?" chiese piano Stephen aprendola.
Il mantello si fermò a mezz'aria per voltarsi verso Stephen, agitò una delle sue placche dorate come per salutarlo e poi indicò il piccolo.
Suo figlio era seduto nel suo letto, nascosto sotto le coperte, mentre la luce di una torcia si spostava da una parte all'altra.
"Eugene, puoi accendere la luce sul comodino e dirmi che cosa succede?" chiese Stephen incrociando le braccia al petto.
Il movimento della torcia si fermò, e il bimbo mosse la testa in un deciso no.
Stephen sospirò, si avvicinò al letto e accese la piccola lampada.
"Spegni la torcia per favore." disse poi.
"Allora?" chiese paziente il padre, spostando la coperta.
"Ho fatto un brutto sogno?" confessò il bimbo.
"Sul serio?" chiese Stephen dispiaciuto.
Il bimbo annuì chinando gli occhi così simili ai suoi.
Stephen si sistemò al suo fianco.
"Me lo vuoi raccontare?"domandò accarezzandogli la testa.
"Non era così pauroso in verità" disse il bimbo piano.
"Sai che sei al sicuro qui vero?"
Ma Stephen aveva la strana sensazione che il suo bambino non si sentisse affatto al sicuro dopo l'incubo, e quindi agì di conseguenza.
"Mantello per favore, puoi fare la tua magia?!" domandò gentile Stephen.
Mantello annuì e veloce come il vento si spostò in tutta la camera analizzando ogni punto, compreso l'armadio e sotto il letto. Ne riemerse soddisfatto.
"Visto, è tutto tranquillo." disse calmo Stephen.
"Ora dormi, va bene." aggiunse alzandosi.
Prese la torcia dalle mani del figlio e la poggiò sul comodino.
"Mantello, ti va di rimare con lui?" chiese facendogli l'occhiolino.
Mantello annuì e si accucciò sul letto accanto al bambino, Stephen sorrise, coprì  meglio il figlio, e dopo aver augurato buonanotte uscì dalla stanza.

Il giorno dopo

"Buongiorno!" esclamò felice Tony vedendo Eugene entrare in cucina.
"Dormito bene?" domandò Stephen mentre Mantello si posizionava al suo fianco.
"Sì, molto bene." affermò il piccolo stiracchiandosi e sbadigliando.
Poi si sistemò a sedere e prese la tazza di latte che Tony gli stava offrendo.
"Peter non c'è?" chiese afferando un biscotto.
"Credo dorma ancora" spiegò Stephen bevendo il suo caffè.
"Possiamo andarlo a svegliare se vuoi?!" affermò Tony.
"Tony" lo rimproverò Stephen da dietro la tazza.
"No okay, non possiamo." sorrise Tony accompagnato da Eugene.

Poco dopo Tony si recò a lavoro nel suo laboratorio alle Stark Industries e Peter dopo essersi svegliato con calma uscì per raggiungere alcuni amici.
Anche Wong quella mattina aveva alcune commissioni da svolgere e non perse tempo, aprendo un portale arancio diretto alla sua prima tappa.
"Io vado" annunciò sbrigativo.
"D'accordo, a dopo Wong." lo salutò Stephen.
"Ma dove..." si chiese guardandosi intorno.
Eugene era rimasto con lui, ma non era più al suo fianco.
Alzò gli occhi appena in tempo e...
"Eugene!" esclamò spaventato.
Afferrò suo figlio un secondo prima che il portale si chiudesse sulla sua mano.
Stephen lo tenne stretto contro il suo petto per qualche istante prima di fulminarlo con lo sguardo, seriamente arrabbiato.
"Io cosa ti avevo detto?" gli chiese alzandosi in piedi.
"Credevo di essere stato chiaro" affermò furioso.
"Allora Eugene?!" domandò ancora senza abbassare la voce.
E Mantello intanto continuava a tirargli la manica del maglione.
"Mantello smettila, sto cercando di rimproverare mio figlio." lo riprese con la stessa severità. Mantello incrociò i suoi lati offeso.
"No, ha fatto una cosa pericolosa, non lascerò correre." rispose Stephen deciso.
Mantello scosse il capo e Stephen capì cosa stava cercando di dirgli.
Si fermò a guardare suo figlio. 
Sembrava veramente dispiaciuto e impaurito dal fatto che aveva quasi perso un braccio per essersi avvicinato troppo ad una cosa che gli era vietata.
Stephen sospirò e s'inginocchio davanti al figlio.
"Eugene, sono serio non voglio che ti avvicini ai portali senza di me, si stava chiudendo, potevi farti male." disse rilassato.
Stephen cercò gli occhi del piccolo e gli sorrise con affetto.
"Siamo d'accordo?" domandò poi paziente.
"Sì" annuì Stephen all'unisono con il figlio.
"Non l'ho fatto apposta, credevo di essere abbastanza distante." mormorò il bimbo tirando su col naso. "Volevo sentire il vento." aggiunse dispiaciuto.
"Lo so." disse il padre poggiandogli una mano incoraggiante sul braccio.
"Scusa" mormorò Eugene.
Gli occhi di Stephen si addolcirono.
"Grazie per esserti scusato." disse poi con un sorriso.
Gli accarezzò la guancia come per tirarlo su di morale.
"Bene, che cosa vuoi fare oggi?!" chiese Stephen ormai calmo.
"Mi puoi aiutare a sistemare le mie pietre?" domandò indeciso Eugene.
"Le volevo mettere accanto ai modelli scheletro dei dinosauri, vicino al T-Rex e il Triceratopo, ma non ci arrivo." continuò.
Stephen sorrise e si rimise in piedi.
"Mi sembra una buona idea" gli disse allungando la mano.


 
Capitolo 2

Tre giorni dopo

Eugene correva veloce giù per le scale, seguito a ruota da Peter e da Mantello che non perdeva occasione di stare con loro. 
"Papà, possiamo andare al cinema?" domandò Eugene entrando nella biblioteca al piano terra. Non aveva ancora capito il perchè, ma quella al terzo piano era severamente vietata e chiusa a chiave.
"Certo che potete, ma a vedere cosa?" domandò Stephen alzando gli occhi dal libro che stava leggendo.
Eugene si bloccò sul posto, fermandosi a pensare.
"Eugene, avevamo detto niente film di paura, niente zombi." gli ricordò Stephen poggiando il libro sulle gambe.
"Non ci sono gli zombi" confessò subito il piccolo.
"E allora?!" lo incoraggiò Stephen.
Ma ancora nessuna risposta.
"Ragazzi?!" li richiamò  con tono leggermente severo.
"Va bene, va bene..." si affrettò a rispondere Peter alzando le mani.
"Niente cinema, in verità mi ha chiesto di accompagnarlo a fare spese"
"Spese?" domandò Stephen perplesso.
"Credeva gli dicessi di no." confessò Peter.
"Dovrei dire di no adesso." disse fermo Stephen.
Sistemò il segnalibro tra le pagine, e chiudendo il volume lo appoggiò sul tavolino.
"Non voglio bugie Eugene, e non voglio che le fai dire a tuo fratello." lo rimproverò Stephen con tono calmo.
"Possono essere pericolose, e si usano solo..."
"In caso di assoluta necessità" rispose il bimbo come se fosse ovvio.
"E questa era una di quelle volte?" domandò Stephen serio.
"No." rispose sincero Eugene.
"Sono nei guai?" domandò poi il piccolo abbassando gli occhi.
"No, non sei nei guai Eugene. Non proprio." gli rispose Stephen con un mezzo sorriso. "Sono solo curioso. Perchè dirmi così?"
"Volevo comprare dei libri per migliorare, non so leggere benissimo, e mi serve  una mano da Peter per scegliere qualcosa di carino. Volevo farvi una sorpresa ecco tutto." confessò il bambino.
"Tutto qui?" chiese Stephen inarcando un sopracciglio.
Eugene annuì e Stephen si alzò in piedi per avvicinarsi al figlio:
"Dovresti imparare a costruire meglio le tue scuse se vuoi fare sorprese così carine." gli disse accarezzandogli i capelli.
"Quanto vi serve?" domandò poi Stephen guardando Peter.
"Oh no, abbiamo..." provò a spiegarsi. 
"Tranquillo Peter non è il mio fondo, né il fondo per l'emergenza." gli disse con un leggero sorriso e un piccolo occhiolino.

Poco dopo

Peter teneva per mano Eugene, ascoltando attentamente quello che gli stava raccontando, ma all'improvviso si fermò, agitato.
"Peter, tutto bene?" chiese Eugene tirandolo.
Ma Peter non si spostava di un passo, si voltò alla sua destra, e si rese conto del perchè il suo senso di ragno l'aveva messo in guardia.
Strinse con più forza la mano del fratellino, poi l'accompagnò sotto un'arcata in mattone e guardandolo negli occhi gli disse:
"Eugene, rimani qui, e non ti muovere per nessun motivo"
"Dove vai?" chiese Eugene senza capire.
Peter si guardò intorno alla ricerca di una scusa perfetta.
"Ah ecco io, io...vado ad aiutare quella vecchietta ad attraversare le strada." rispose balbettando appena mentre indicava la signora. 
"Sai una questione di cortesia." continuò annuendo.
"Torno subito." gli disse con un sorriso.
"Va bene." rispose gentile il piccolo.
"Bravo Eugene." 
Peter sparì in mezzo alla folla, si voltò solo un secondo per assicurarsi che Eugene riuscisse a rimanere dove gli aveva detto, poi si allontanò.
Eugene intanto dondolava sul posto, pensieroso.
Un movimento veloce contro il sole, un suono che fendeva l'aria e in un secondo Spider-Man era davanti a lui, tranquillamente seduto sul lampione dalla parte opposta della strada. Gli fece cenno di fare silenzio mentre i passanti si fermavano incuriositi e ammirati. Spider-Man fece un salto all'indietro ritrovandosi sulla facciata della banca. Pochi secondi, un allarme, e tre persone con passamontagna uscirono di corsa dalla porta principale della banca, diretti alla macchina parcheggiata lì davanti. Spider-Man attirò l'attenzione dei malcapitati con un fischio, li immobilizzò con un due ragnatele, e scendendo piano accanto a loro, prese le due borse piene di soldi. La polizia arrivò poco dopo, arrestando i rapinatori, mentre Spider-Man riconsegnava la refurtiva. La polizia si soffermò a dire qualcosa mentre l'applauso del pubblico continuava, poi Spider-Man con un salto e un lancio di ragnatela si ritrovò sospeso in aria, si voltò verso Eugene, e lo salutò con la mano prima di sparire dietro un grattacielo.
Eugene non poteva credere ai suoi occhi.
"Eugene" si sentì chiamare.
"Eugene, tutto bene?" chiese Peter avvicinandosi.
Eugene gli corse incontro, gli afferrò le mani, e con gli occhi che brillavano di gioia gli disse tutto d'un fiato che aveva visto Spider-Man.
"Davvero?" chiese Peter sorpreso.
"Ha fermato quei ladri." affermò il bimbo indicando la polizia.
"Ma che..." Peter si fermò prima di aggiungere altro.
"Maledizione, me lo sono perso." aggiunse deluso. 
Eugene rise divertito.
"Vogliamo andare?" chiese tranquillo Peter.

***

La porta del Sanctum Sanctorum si chiuse con una certa forza.
"Papà, papà!" chiamò a gran voce Eugene correndo per l'ingresso.
"Eugene, che cosa succede?" domandò Stephen andandogli incontro.
"Ho visto Spider-Man!" esclamò felice il bimbo stringendo le buste colorate con i nuovi acquisti appena fatti.
"Davvero?!" chiese Stephen meravigliato.
"Sì, e mi ha anche salutato." continuò con lo stesso entusiasmo.
"Fantastico." gli disse Stephen contento.
"Lo vado a dire a papà Tony." disse Eugene avviandosi su per le scale.
"Tony non c'è Eugene, è a lavoro, ma stasera sarà felice di ascoltarti."
"Allora vado a fare un disegno, così la spiegazione sarà più bella."
Eugene corse su per le scale, seguito dallo sguardo del padre fin dove possibile, poi Stephen si voltò con un sorriso verso Peter: 
"Stai bene?!" domandò tranquillo.
"Sì, niente di serio" sorrise Peter.
"Sicuro?" continuò Stephen.
"Sì, e poi guarisco facilmente." rispose Peter con una alzata di spalle.
"Eppure mi ricordo che una sera ho dovuto medicarti un taglio."
"Vero, è stato premuroso da parte tua, ma sarebbe guarito per mezzanotte."

Per tutta la sera Eugene non parlò di altro, raccontando di come Spider-Man era arrivato all'improvviso, di come aveva fermato quei tre delinquenti, e di come si era fermato a guardare proprio lui. Poi con la stessa passione mostrò cosa gli aveva comprato Peter. Tirò fuori tre piccoli libri per bambini, spiegando che erano adatti alla sue età e che voleva una libreria, perchè leggere non sembrava così male, due action figure in miniatura di Baby Yoda spiegando che gli sarebbe sicuramente piaciuto una volta visto, o almeno così aveva detto Peter, e uno tsum tsum di Spider-Man per ricordarsi quello strano ma bellissimo incontro.


 
Capitolo 3

Compleanno di Eugene 17 Gennaio

Tony bussò con delicatezza alla porta dello studio di Stephen.
"Avanti." si sentì dire.
Entrò, ma Stephen sembrava sovrappensiero, troppo concentrato con altro, per dargli retta in quel momento. Notando la distrazione del marito Tony disse:
"Posso tornare se hai da fare."
"Non sono mai troppo occupato per te." rispose svelto Stephen, e con un sorriso staccò gli occhi dal monitor del computer.
"Eppure sembrava una cosa così interessante." continuò Tony avvicinandosi.
"Solo una consulenza medica, sono pur sempre un dottore." gli spiegò Stephen con un sorriso voltandosi verso Tony che ormai era a due passi da lui.
"Quindi stavi aiutando una persona?" chiese Tony curioso.
"Sì, ma non la mia persona." disse Stephen prendendogli le mani.
"Di che cosa hai bisogno?" gli chiese poi attirandolo verso di se.
"Di un bacio o meglio ancora possiamo chiudere la porta e fare altro?!" 
"Bel tentativo." ridacchiò Stephen.
"Che cosa posso fare per te?" gli chiese prima di avvicinarlo al suo volto per baciargli le labbra. Tony lo assecondò senza fretta.
"Potresti lasciare questo studio, e scendere giù di sotto a festeggiare il compleanno di tuo figlio" gli disse poi guardandolo negli occhi con un sorriso.
"E' già sveglio?" domandò Stephen stupito.
"Dimmi quale bambino non si sveglia presto il giorno del suo compleanno."
Stephen annuì divertito, si alzò e scese al piano di sotto mano nella mano con Tony. Eugene era in cucina con Peter e Wong a sistemare gli ultimi festoni.
"Buongiorno." salutò Stephen entrando nella stanza.
"Papà!" esclamò felice Eugene correndogli incontro.
"Tanti auguri piccolo mio." gli disse Stephen prendendolo in braccio.
Lo sistemò su un lato, e gli baciò la guancia con affetto.
"Posso aprire i miei regali?" domandò il piccolo.
"Certo, perchè no." rispose Stephen con un sorriso.
"Prima il mio." disse subito Peter afferrando il suo pacchetto sul tavolo.
Eugene si avvicinò per prendere il regalo ben impacchettato. Peter aveva deciso di comprarlo da solo con i suoi risparmi e di tenerlo nascosto fino il giorno del compleanno. Malgrado sapesse che cos'era sembrava più in fermento lui del fratellino. La carta si strappò con poche mosse, e Eugene mostrò tutto felice il giocattolo al suo interno. Era uno Spider-Man giocattolo alto 30 cm.
"Ti piace?" chiese Peter curioso.
"E' bellissimo Peter, perfetto." rispose emozionato.
"Grazie,grazie,grazie!" esclamò abbracciando il fratello.
Tony e Stephen sbiancarono praticamente assieme. Il regalo di Peter era molto simile a quello che loro avevano scelto per il figlio.
"E adesso?" domandò Tony sottovoce.
"Vuoi togliere la soddisfazione al vero Spider-Man di regalare un suo giocatolo, ad un suo piccolo fan?" domandò Stephen continuando a guardare il figlio tutto contento con il suo nuovo amico stretto tra le mani.
"No, ma..." Tony alzò le spalle in segno di resa non sapendo cosa rispondere.
"E' suo fratello Tony" disse Stephen guardandolo.
"Lo so, e sono d'accordo con te, ma cosa facciamo?"
"Ci penso io" disse piano Stephen.
Così lo stregone con un movimento lento ed ipnotico delle mani, trasformò il piccolo pacchetto in uno più grande e quadrato con una carta color pastello.
"Cosa hai fatto? Che cos'è?" chiese Tony stupefatto.
"Gli piacerà lo stesso credimi." rispose tranquillo Stephen.
"Il tema non è cambiato." disse indicando prima la felpa scura che indossava il marito, e poi il giocattolo del figlio.

Dopo la festa, organizzata in un locale carino vicino casa, dove Eugene e i suoi amici si erano potuti divertire in sicurezza sotto lo sguardo vigile di Stephen, Tony, Peter e Wong (Eugene aveva insistito per averlo alla sua festa, continuava a dire che era come invitare uno zio) Stephen era stato chiamato a Kamar-Taj per risolvere un'emergenza.

Tarda notte

Tony sentì un rumore sordo provenire dalla stanza.
"Stephen." chiamò cercandolo nel letto.
"Scusa, non ti volevo svegliare, ti avrei lasciato un biglietto." si sentì rispondere nella semi oscurità della camera da letto.
"Dove stai andando?" domandò Tony una volta visto in piedi vicino all'armadio.
"Ho un problema da risolvere, non ti preoccupare." rispose tranquillamente Stephen infilandosi i pantaloni.
"Torna a dormire" disse con un sorriso rivolto al marito.
"Se faccio tardi, di' a Peter di divertirsi con i suoi amici questo weekend." concluse prima di aprire un portale. Lanciò un bacio a Tony e poi sparì.

***

Stephen dormiva da ore, e ormai era quasi mezzogiorno.
Tony si avvicinò al marito per capire se poteva lasciarlo solo.
"Stephen." lo chiamò piano accarezzandogli il volto con due nocche.
L'uomo mugugnò appena e poi si decise ad aprire gli occhi.
"Non ti ho sentito rientrare ieri notte." disse piano Tony sedendosi al suo fianco.
"Perchè sono tornato questa mattina presto." spiegò Stephen stanco.
"Sei stato via a lungo, doveva essere un vero problema."cercò di capire Tony.
Ma Stephen si limitò ad annuire ed a nascondere un grosso sbadiglio.
"Hai difficoltà a dormire ultimamente." gli fece notare Tony.
"Non è vero." rise Stephen con dolcezza.
"Dormi poco lo stesso." affermò Tony convinto.
"Deve essere complicato essere lo stregone supremo." aggiunse preoccupato.
"Non mi lamento." rispose Stephen alzando le spalle.
"Peter è partito?" domandò poi.
"Sì, non vedeva l'ora" annuì Tony ridendo.
Stephen stava facendo una grande fatica a tenere gli occhi aperti.
"Ascolta facciamo così, porto Eugene con me in laboratorio, e tu ti riposi."
"Ma sei sicuro?" domandò Stephen cauto.
"Certo, Eugene è un bambino molto curioso, troverà qualcosa da fare sicuramente, e a me fa piacere stare un po' con lui ."
"Di' la verità, ti sentivi un po' tagliato fuori." indagò Stephen.
"Beh, lo vedevo interessarsi alle tue magie, e ha molti interessi in comune con Peter... sì, mi sentivo un po' escluso." confessò Tony con un sorriso.
"Ti ha chiesto come potevano funzionare gli ologrammi." gli ricordò il marito.
"Hai ragione." s'illuminò Tony.
"Ma non credo che abbia capito." aggiunse poi facendo ridere il marito.
"Dai, cerca di riposare." aggiunse poi alzandosi dal letto.
"Jarvis sarà contento di rivedere Eugene." concluse prima di salutarlo con un bacio veloce.


 
Capitolo 4

Tony e Stephen avevano bisogno di un po' di tempo per loro, e visto che per Peter non era un problema stare con il fratellino, avevano deciso di cenare fuori in un ristorante di lusso. Si erano vestiti eleganti e dopo gli ultimi consigli, avevano lasciato i ragazzi da soli a godersi la serata. Peter non aveva perso occassione, e dopo aver organizzato una cena a base di pizza, si erano seduti sul divano e aveva dato il via al film.

Al ristorante

Tony e Stephen erano seduti ad un tavolo tondo coperto da una bella tovaglia bianca, un centro tavola composto da rose rosse e una bottiglia di champagne sistemato in un secchiello con ghiaccio.
"Sembri nervoso?" chiese Tony aprendo la bottiglia di champagne.
"Scusa, ma è strano cenare senza i ragazzi." spiegò Stephen quasi imbarazzato.
"I bambini sono a casa." ridacchiò Tony versando lo champagne in un calice.
"Lo so, ma sto iniziando a pensare se abbiamo fatto bene a lasciarli da soli, magari potevamo rimanere con loro, non era così importante..."
Tony si alzò, senza preavviso e senza lasciare il calice di champagne, si chinò sulle labbra di Stephen, che in un secondo smise di parlare, e assaporò la bocca del marito con gli occhi sgranati.
"E' sempre stato un buon modo per frenare i tuoi pensieri." gli disse piano Tony poggiandogli una mano sulla schiena. Stephen annuì leggermente rosso in viso.
"Scusa." mormorò schiarendosi la voce.
Tony scosse il capo e riprese il suo posto guardandolo sereno .
"Ti capisco, ma ogni tanto fa bene anche a noi staccare la spina."
"Sì, probabilmente hai ragione." 
"Sta tranquillo, fin quando non senti l'ambulanza o un altro tipo di sirena, va tutto bene." gli disse sincero e con un sorriso porgendogli il calice.
"Brindiamo?" chiese poi alzando il suo.
"A noi" dissero all'unisono con un leggero tintinnio dei bicchieri.

Dopo qualche oretta

La porta del Sanctum Sanctorum si chiuse con lentezza.
Stephen aveva appena iniziato ad allentare la cravatta blu, quando Tony gli si avventò addosso, reclamando le sue labbra con una tale voglia da fargli girare la testa. La schiena di Stephen colpì contro una parete, ma non ci fece caso, distratto da un tocco leggero che gli accarezzava la nuca.  
Tony si distaccò gentilmente dopo qualche secondo, e Stephen respirò poggiando le mani contro il petto del marito quasi a volerlo trattenere.
"E questo per che cos'era?" chiese divertito Stephen.
"Grazie per avermi fatto compagnia questa sera." gli disse Tony felice.
"Non c'è bisogno che mi ringrazi, è stato un piacere." 
"Ne avevamo bisogno." sorrise Stephen gentile.
"Ma non ne avevi voglia." gli disse onesto Tony.
"Non dire così che mi fai sentire in colpa." rispose svelto Stephen turbato.
"Certo che ne avevo voglia." confessò quasi arrabbiato.
"Ho sempre voglia di stare con te." aggiunse senza arrossire.
"E' che non siamo più solo tu ed io." disse sconfitto.
Tony sorrise e si avvicinò per baciarlo di nuovo.
"Sei un papà molto premuroso." gli sussurrò all'orecchio.
"Ciao!" sentirono dire dal salotto.

"Ciao!" esclamò Peter mentre la porta di casa si chudeva.
"Che combinate?" chiese Tony entrando in salotto.
"Guardiamo un film" rispose piano Peter.
"Oh, Star Wars..." disse Stephen meravigliato.
"Eugene era curioso." spiegò Peter al quanto felice.
"E ti sta piacendo?" domandò Stephen ad Eugene baciandogli il capo.
"Shh, altrimenti non sento." rispose il bimbo spostando il volto del padre.
"Scusa." rise Stephen accarezzandogli i capelli.
"Vi lasciamo soli." disse Tony ridendo.
"No, rimanete qui, guardatelo con noi!" esclamò il bimbo fermando la mano di Tony poggiata sul divano, senza distogliere gli occhi dallo schermo.
Stephen e Tony si guardarono con un sorriso.
Senza rispondere si sistemarono accanto ai ragazzi. 
Peter passò loro i pop corn, senza disturbare la visione di Eugene, che sembrava molto preso dal giovane Luke Skywalker.


 
Capitolo 5

Eugene era un bambino che si trovava bene a scuola, socievole che faceva amicizia facilmente, ma alle volte si sfrenava troppo.

Il cellulare di Tony squillava senza sosta, ma lui aveva le mani occupate.
"Jarvis, puoi vedere chi è che chiama?" chiese senza distrarsi.
"Insegnante di Eugene." disse la voce di Jarvis.
"L'insegnante?!" domandò Tony stranito con un sopracciglio sollevato.
"Sì signore." rispose Jarvis come se fosse ovvio.
"Rispondi dai." accordò e Jarvis cliccò sull'icona verde. 
"Salve. Sto parlando con il papà di Eugene?" chiese la donna educata.
"Sì, sono io." rispose Tony come se fosse ovvio.
"Ecco, chiedo scusa per il disturbo ma..."
Tony sospirò e si limitò ad ascoltare, senza la giusta importanza, fin quando non sentì le parole Eugene e male nella stessa frase.
"Che cosa?" domandò sconvolto lasciando tutto e afferrando il cellulare.
"Sì, mi dispiace. Il bambino stava giocando con i suoi amici ed è caduto. Non sembrava niente di grave, ma vuole tornare a casa." spiegò la donna.
"Arrivo subito." disse chiudendo la conversazione senza neanche salutare.
Lasciò il telefono sul tavolo, corse a lavarsi le mani, e si infilò in fretta e furia una camicia bianca, chiudendo i bottoni con una certa velocità.
"Jarvis, puoi salvare le ultime modifiche fatte?" domandò mentre pettinava i capelli con le dita per dargli un senso.
"Certo signore." rispose gentile la voce.
"Grazie, continuiamo domani." salutò Tony svelto.
Afferrò la giacca, le chiavi e uscì svelto dal laboratorio.

***

Tony parcheggiò la macchina nel primo posto vuoto che riuscì a trovare.
Spalancò la portiera, uscì dall'auto e la richiuse con un tonfo.
Entrò nella scuola e con passo svelto si avviò verso l'infermeria. 
"Eugene!" chiamò Tony preoccupato.
Il bimbo si voltò a guardarlo. Aveva gli occhi arrossati per il pianto e una brutto taglio sulla fronte. Eugene allungò le mani verso il suo papà.
"Oh, tesoro mio." disse piano Tony abbracciandolo.
"Stai bene?" gli chiese subito dopo sollevandogli il volto.
"Sono caduto mentre giocavo con Tobey e Andrew".
La maestra di Eugene continuava a scusarsi e a spiegare che cosa era successo, ma Tony non riusciva a prestare attenzione. Il suo unico pensiero in quel momento era portare suo figlio lontano da lì, e aiutarlo al meglio, visto che il taglio sulla fronte continuava a sanguinare malgrado i primi soccorsi.
"Sì d'accordo, non fa niente." disse alla fine alzando una mano per sospendere quella conversazione che sembrava ripetersi all'infinito.
"Ora lo porto a casa con me, se non ci sono problemi." aggiunse con un certo tono guardando l'insegnante negli occhi.
La maestra annuì, spiegando che era tutto sistemato e che potevano andare.
"Vieni Eugene." disse Tony prendendolo in braccio con attenzione.

***

Stephen chiuse la porta dietro di sè, avviandosi verso l'uscita dell'ospedale.
"Tony?!" chiamò sorpreso notando un'uomo a lui familiare inginocchiato davanti ad un bambino seduto su una sedia di plastica blu.
Tony si voltò alzandosi, e Stephen gli sorrise.
"Siete passati a prendermi, che carini." disse loro contento.
"Sì, no, cioè...Eugene si è fatto male." balbettò Tony prima di dire la verità.
"Che cosa?" domandò sconvolto Stephen fermandosi di fronte al marito.
"E' caduto a scuola." spiegò Tony leggermente agitato.
"Ho provato a chiamarti ma..."
"Silenzio il cellulare quando sono qui." rispose subito Stephen prendendo il cellulare per controllare le chiamate e i due messaggi persi.
"Sì, lo so." rispose Tony cosciente del fatto che non c'aveva pensato subito.
"E perchè siete ancora in sala d'aspetto?" domandò Stephen stranito.
"Ci hanno detto di aspettare." rispose nervoso Tony.
"Da quanto siete qui?" s'informò Stephen calmo.
"Non lo so Stephen, so solo che sono stanco di aspettare."
"Calmati." gli sussurrò bonario Stephen.
"Sono calmo." rispose Tony con lo stesso tono di prima.
Stephen abbozzò un sorriso come a dire:"Sì, certo.", poi guardò suo figlio. Sistemandosi il capotto si accovacciò davanti al piccolo.
"Ciao Tesoro." lo salutò con un sorriso.
"Mi puoi dire dove ti fa male?" chiese gentile notando il taglio sulla fronte.
Eugene scosse il capo e si passò una mano sugli occhi.
"Perchè no?!" domandò Stephen rimanendo a bocca aperta.
"Prometti di non arrabbiarti con me?" si assicurò il bimbo.
"Tesoro, mi sono mai seriamente arrabbiato con te per tutte le volte che sei caduto?" chiese Stephen in pensiero.
"No..." rispose sincero Eugene.
"Papà Tony si è arrabbiato con te?" continuò Stephen.
"No...ma dici sempre di fare attenzione però."
"E' vero, ma gli incidenti possono capitare."
Il bimbo tirò su col naso e deglutì impaurito.
"Eugene." chiamò piano Stephen.
Stephen sembrava preoccupato, non arrabbiato con lui.
"Tesoro, voglio solo sapere come stai." 
E dopo quelle parole Eugene guardò suo padre negli occhi.
"Allora, dove ti fa male?" domandò di nuovo Stephen con un altro sorriso.
"Qui." disse Eugene sfiorandosi il polso sinistro.
"Posso?" domandò Stephen avvicinando le mani con fare professionista.
Eugene annuì, e Stephen controllò il polso con calma.
Si sentì un leggero "Hmm", poi  Stephen prese in braccio suo figlio, e senza pensarci troppo si avviò verso il magazzino dell'ospedale, prendendo Tony per mano. 
"Lo puoi fare?" chiese Tony scioccato capendo la sua intenzione.
"Non credo..." rispose Stephen aprendo la porta.
"Ma ormai è fatta." disse entrando.
Stephen sistemò Eugene su una sedia, poi voltò le spalle al piccolo cercando il necessario. Tony si piazzò al fianco del bambino con braccia conserte.
Una volta pronto, Stephen indossò dei guanti di lattice blu.
Accarezzò la testa di Eugene e gli disse:
"Non aver paura, farò subito."
Per prima cosa Stephen afferrò un sacchetto bianco e azzurro, lo agitò appena e poi lo spezzò in due. Si sentì un leggero click, e spigando ad Eugene che era solo del ghiaccio secco, e che avrebbe sentito un po' di fresco lo poggiò sul polso.
Poi aprì il disinfettante, ne versò qualche goccia su un pezzo di garza.
Istintivamente Eugene si spostò all'indietro, lontano dal padre.
"Stai fermo Eugene, non ti farà male." gli disse calmo Stephen.
La porta del magazzino si aprì. Tony si voltò a guardare senza il minimo timore, Stephen continuava a disinfettare il taglio senza lasciare il mento di Eugene.
"Voi chi siete, cosa ci fate qui?" chiese l'infermiera appena entrata.
"Dottor Stephen Strange." scandì con chiarezza Stephen.
"E sto facendo il lavoro che qui non viene svolto." aggiunse chiaro.
"Mi scusi?!" chiese sbalordita la donna.
"Mi ha sentito." rispose bruscamente Stephen.
Poi sistemò il cerotto sulla fronte del figlio, e Eugene gli tirò la manica del cappotto, preoccupato per l'aggressività del padre.
Stephen sospirò sconfitto, rendendosi conto che forse aveva esagerato.
"Chiedo scusa, non volevo..." disse Stepehn tirandosi su.
Finalmente guardò la donna in viso e si rese conto di conoscerla.
"Ma avete lasciato un bambino in attesa da minuti e non ho visto nessuna emergenza, non ci vuole niente ad occuparsi di un taglio sulla fronte, e di una lieve contusione al polso." disse protestando con una certa energia.
Ma la donna non perdeva il suo sguardo severo.
"Ripagherò i danni" aggiunse Stephen facendo le virgolette per aria alla parola danni.
"Infondo ho solo preso del disinfettante, un cerotto e del ghiaccio secco."
"Non è questo il punto." disse la donna decisa.
"Andiamo Lucy, mi conosci." disse infine Stephen lasciando cadere le braccia lungo il corpo con fare esasperato.
"Ti ho aiutato più volte, mi devi un favore." aggiunse convinto.
"Ma non così" rispose arrabbiata Lucy stringendo la sua cartellina al petto.
"Sto solo curando mio figlio." gli spiegò Stephen come se fosse ovvio.
"Non so se te ne sei accorda, è piccolo, sanguina, e sarà sicuramente stanco."
"Voglio solo aiutarlo e portarlo a casa." concluse calmo.
Lucy guardò Eugene che continuava a tenere fermo il ghiaccio.
"E va bene. Ma non farlo diventare un vizio." l'avvertì l'infermiera puntando un dito arrabbiato contro di lui.
"Hai la mia parola." disse Stephen grato.
Lucy afferrò ciò che gli serviva e uscì dal magazzino.
Stephen sorrise, poi notò che il figlio aveva del rosso anche sul labbro inferiore.
"Ti sei morso il labbro." gli disse preoccupato.
"Posso vedere?" domandò avvicinando il pollice.
Stephen studiò per alcuni secondi la bocca del piccolo.
Annuì quando si rese conto che non era nulla di grave, poi alzò lo sguardo su Tony. Non si era mosso da vicino al figlio, e sembrava ancora visibilmente preoccupato. 
"Sono abbastanza convinto che in un altro universo non ho voluto figli."
"Cosa?" domandò Tony ancora perplesso da tutta quella storia.
"Niente." rispose Stephen distratto e si voltò di nuovo.
Afferrò un recipiente trasparente e frugò dentro. Tirò fuori un lecca lecca al gusto anguria e lo allungò al bambino che lo afferrò soddisfatto.
"Sei stato veramente bravo." gli disse Stephen buono.
"Lo apriamo in macchina va bene." aggiunse scompigliandogli i capelli.
"Devi tenere il ghiaccio ancora per qualche secondo."

***

Una volta in macchina Stephen aiutò Eugene a sedersi nel seggiolino, gli allacciò la cintura, gli sistemò il ghiaccio sul polso e gli aprì il dolcetto.
Eugene si addormentò poco dopo averlo finito, e Stephen aspettò ancora qualche secondo prima di interrompere il silenzio che era piombato nell'auto.
"Tutto bene?" domandò Stephen a bassa voce.
"Perchè me lo chiedi?" chiese Tony teso.
"Non lo so, prima mi sei sembrato piuttosto...spazientito?!"
"Solo piuttosto, sto migliorando allora." rise Tony nervoso.
"Tony" lo richiamò Stephen.
"Scusa, ma aspettare mentre mio figlio piange, senza riuscire ad aiutarlo o tranquillizzarlo non fa per me." rispose infastidito.
"A me sembrava tranquillo."
"Stephen sai di cosa sto parlando." disse sbattendo una mano contro il volante.
Poi guardò nello specchietto retrovisore temendo di aver svegliato suo figlio.
"Sono corso in ospedale per una cosa da niente." aggiunse ancora.
"Hai fatto la cosa giusta Tony." gli disse sincero Stephen.
"Non potevi sapere che era una cosa da niente." aggiunse sicuro.
"Il dottore in casa sono io." gli ricordò con un sorriso.
E Tony aprì la bocca per protestare, ma la richiuse rendendosi conto che il marito aveva ragione. Stephen lo guardò, sembrava più convinto e tranquillo adesso, forse aveva capito che il suo panico, era un panico giustificato.
"Preferisco quando si sbuccia le ginocchia, so cosa fare in quel caso." disse Tony e senza trattenersi iniziò a ridere seguito dal marito.

Quella stessa sera

"Toc toc, posso entrare?" domandò Tony bussando alla porta.
"Entra" disse Eugene senza guardare la porta socchiusa.
Eugene stava giocando in camera sua, tra i vari protagonisti della sua nuova avventura, il suo peluche preferito, un cervo di nome Milo, semi nascosto nella tenda indiana che Tony aveva costruito per lui. Una bella tenda bianca con tanto di lucine incorporate, e un cartello che pregava gentilmente i mostri di stare alla larga. Tony si sdraiò per terra e si avvicinò al figlio.
"Come stai? Ti fa male?" domandò Tony mettendo la testa nella tenda.
Eugene guardò la benda ben stretta al suo polso sinistro.
"Non tanto, da solo un po' di fastidio." spiegò Eugene tranquillo.
E Tony annuì con un legger pat pat sulla gamba.
"Sei arrabbiato con Tobey e Andrew?" domandò subito guardando Tony.
"Ma no tesoro." sorrise incoraggiante.
"Gli incidenti possono capitare, soprattutto quando giocate."
Ma Eugene sembrava ancora dispiaciuto per l'accaduto.
"Guarda cosa ho trovato?" aggiunse allora contento Tony.
Si mise seduto e afferrò qualcosa che aveva nascosto accanto al letto.
Lo mostrò al figlio con un sonoro Tadan!
"Hai trovato il modellino del Brontosauro!" disse elettrizzato Eugene.
"Sì, esatto." rispose contento Tony sorridendo.
Eugene schizzò fuori dalla sua tenda e afferrò il giocattolo.
Il bimbo sembrò quasi saltellare sul posto. Strinse forte la scatola contro il suo petto, e così dal niente si allungò a baciare la fronte del padre, ringraziandolo.
Tony rimase sorpreso, ma poi sorrise intenerito. Infondo Eugene era sempre stato un bimbo affettuoso, e lo dimostrava con qualsiasi cosa, quindi perchè no con un semplice giocattolo.
"Ehi, sembriamo contenti qui, che cosa succede?" domandò Peter entrando nella camera. Gli stava venendo un colpo quando ha visto il fratellino rientrare prima da scuola e con un cerotto in fronte. E mentre Stephen bendava il polso del piccolo per evitare complicazioni, Peter cercava di capire che cosa era successo.
"Papà l'ha trovato!" esclamò Eugene stringendo di nuovo il gioco.
"Che cosa?" domandò Peter con un mezzo sorriso e il sopracciglio sollevato.
Eugene gli mostrò la scatola tutto felice.
"Ma è fantastico!" esclamò Peter prendendola.
"Mi aiuti a montarlo?" domandò Eugene speranzoso.
"Ovvio che sì!" rispose subito Peter mettendosi seduto sul tappeto.
Eugene lo seguì prendendo Milo con se.
Tony si fece da parte con un sorriso.
Si avvicinò alla porta e prima di accostarla di nuovo disse:
"Quando vi chiamiamo per la cena scendete subito capito?!"
Si sentì rispondere con un sì detto all'unisono.

***

Due giorni dopo 

Stephen si stava avviando al piano di sopra, quando sentì la porta aprirsi.
"Peter, a casa per mezzanotte." gli ricordò senza fermarsi.
"Non fare tardi." precisò Tony con un leggero nocchino sul capo.
"Sì, d'accordo, buonanotte." rise Peter massaggiandosi la testa.
Poi uscì tenendo stretto il regalo che aveva con se.
Tony scosse il capo e raggiunse Stephen.
"Metto a letto Eugene, e ti raggiungo." gli disse fermandosi.
"Non ci mettere troppo." scherzò Tony.
Stephen rise e aprì la porta della camera del figlio.
Era stranamente vuota. Stephen si guardò intorno, poi sospirando si mise seduto sul letto e poggiò l'occorrente sul comodino.  
"Eugene, sono stanco, e vorrei andare a letto, quindi per favore esci fuori." gli disse pazientemente, aspettando una risposta.
"Eugene." lo chiamò di nuovo sentendolo ridere sottovoce.
"Eugene, non voglio chiamarti un'altra volta."
"Lo so che sei dietro la tenda." disse alla fine sicuro.
"Come?" domandò il bimbo sorpreso uscendo allo scoperto.
Stephen era quasi tentato di dirgli la verità, di confessargli che riusciva a vedere i piedi che sporgevano appena sotto la tenda, ma chissà poi quale altro nascondiglio si sarebbe inventato.
"Sono uno stregone, so molte cose." disse alla fine soddisfatto.
Il bimbo fece una smorfia avvicinandosi al letto.
"Non è giusto." disse infastidito.
"Mi dispiace, ma è così." sorrise Stephen trionfante.
"Possiamo non mettere la crema stasera." aggiunse poi Eugene sbuffando.
"No Eugene." rispose pacato Stephen.
"Per favore." implorò Eugene con tono piagnucoloso.
"Ho detto di no, Eugene." continuò senza scomporsi.
"Ma non mi piace, mi fa schifo e puzza." disse infuriato Eugene sbattendo un piede per terra e incrociando le braccia al petto arrabbiato.
"Vuoi riprovare?" chiese Stephen con uno sguardo di avvertimento.
E Eugene conosceva bene quel tono di voce.
Sapeva che stava facendo qualcosa che al suo papà non piaceva.
Un'altra parola sbagliata o un gesto di troppo e sarebbe finito in castigo o nell'angolo a riflettere sul suo comportamento, e a lui questo non piaceva. 
Eugene si immobilizzò, sciolse le braccia e afferrò il bordo della sua felpa celeste con le orecchie da gatto sul cappuccio. 
Ed eccolo lì il faccino triste a cui nessuno poteva resistere, con il labbro tremulo e gli occhioni lucidi pronti a diventare lacrime.
Stephen sospirò, e stava per avvicinarsi al figlio quando:
"Scusa, ma ho detto la verità, non mi piace davvero." confessò il piccolo.
"Lo so tesoro, ma ti sta aiutando a guarire." gli spiegò Stephen calmo.
"E sai che sono piuttosto rigido sulla salute tua e di Peter."
"E per davvero non ha un buon odore." continuò il bambino dispiaciuto.
"So anche questo, ma sono le erbe che uso." rispose con gentilezza.
Stephen si alzò in piedi e si accovacciò di fronte al figlio.
"Eugene, non c'è bisogno di piangere, non sono arrabbiato." gli disse piano.
"Ma lo sembravi, perchè ho detto delle cose brutte." spiegò il bimbo.
"Ti giuro che non lo sono." gli disse con una mano sul cuore.
"E non erano cose brutte, erano cose giuste, ma dette nel modo sbagliato." gli disse piano e gli asciugò una lacrima che si era incastrata sotto l'occhio.
"Coraggio, devi sopportare questa benda ancora per qualche sera."
"E va bene, ma devi fare piano." disse il bimbo ormai convinto.
"Certo, non ti preoccupare." gli disse Stephen prendendolo per mano.
L'aiutò a sedersi sul letto, poi s'inginocchiò di fronte a lui, e con molta attenzione iniziò a srotolare la benda dal polso. Il gonfiore era sparito.
"Vedi, stai già meglio, ti fa meno male giusto?"
"Sì, oggi mentre facevo i compiti, sentivo meno fastidio." confessò il bimbo.
"Bene, molto bene." gli disse Stephen fiducioso.
"Allora possiamo perdonare l'odore forte di questa crema, perchè a quanto pare sta facendo il suo dovere." disse Stephen prendendone un po' e spalmandola sulla pelle del figlio. Eugene annuì tappandosi il naso.
Stephen sorrise, poi prese una benda pulita e la strinse intorno al polso del figlio, assicurandosi che non fosse troppo stretta. Poi si alzò in piedi e fece sparire la benda sporca e la ciotola ormai vuota.
"Papà?!" chiamò Eugene mettendosi sotto le coperte.
"Sì Eugene." rispose Stephen senza muoversi.
"Mi puoi raccontare una favola della buonanotte?"
Stephen guardò la sveglia del bambino. Era tardi e doveva già essere a letto, ma pensò che forse era il caso, visto i troppi no già detti.
"Una corta, perchè è già tardi, chiaro?" domandò prendendo il libro.
Eugene annuì, e poco dopo si lasciò cullare dalla voce del padre fino ad un sonno tranquillo e profondo.


 
Capitolo 6

La sera di Halloween  

Stephen stava decidendo se sfumare ancora il viola intorno agli occhi, o se lasciare il trucco così, quando Eugene entrò nella camera da letto.
"Che ne dici? Come sto?" domandò voltandosi verso il figlio.
"Mi piace moltissimo." rispose Eugene annuendo.
"Ma i capelli sono ancora troppo ordinati." fece notare il bambino.
"Supreme Strange non li ha così perfetti."
"Così va meglio?" domandò Stephen agitando un po' la testa.
Il bimbo alzò il suo pollice in segno di approvazione.
"Quindi farai magie stasera?" domandò speranzoso.
"No, piccolo furbetto." rise Stephen spegnendo la luce.
"Papà, non mi va di mettere la maschera di Spider-Man." disse il bambino mostrando il pezzo di plastica colorato che si teneva su con un filo nero.
"Posso fare Spider-Man  senza maschera?" domandò scendendo le scale.
E nascondendo il disagio che quella domanda gli aveva procurato, Stephen gli disse che non c'era nessun problema.
Mantello si avvicinò a loro, svolazzando felice, pronto ad uscire.
"Dai Mantello, vieni dopo con Tony." gli ricordò calmo Stephen.
E Mantello offeso gli voltò le spalle.
"Mantello, te l'avevo detto." continuò Stephen.
"Per favore." lo supplicò cercando di prendere un lembo, ma Mantello si spostò prontamente, svolazzando un po' più in alto.
"Papà, se vuoi, può venire con me." disse Eugene convinto.
"Ma tesoro, non è un gioco per bambini." lo riprese buono Stephen.
"Lo so, faccio attenzione. E se Mantello rimane sospeso, non si sporca ed io rimango al caldo." spiegò onesto il bambino guardando il padre.
Stephen guardò Mantello che sembrava annuire, poi guardò Eugene che lo supplicava con lo sguardo, e sospirò.
"E va bene, ma dovete fare molta attenzione, intesi?" chiarì alzando un indice in segno di avvertimento. Entrambi annuirono soddisfatti.
Stephen prese Mantello, e con attenzione lo poggiò sulle spalle del figlio, lo sistemò intorno al collo, e gli sorrise. Poi schioccò le dita.
"Che cosa hai fatto?!" domandò Eugene sorpreso.
"Una piccola illusione." specificò Stephen.
"Perchè?" chiese Eugene senza capire.
"Meglio non dare nell'occhio, e più facile se Mantello sembra sospeso in aria, con semplici fili trasparenti." spiegò Stephen allungandogli il secchiello a forma di zucca per le caramelle.
"Ma perchè?" insistette Eugene prendendolo.
"Fuori, forza." gli disse Stephen con un buffetto sul sedere.
Chiuse la porta del Sanctum Sanctorum, e si avviarono lungo il sentiero.
Pochi passi e Eugene si ritrovò a salutare con la mano uno dei suoi migliori amici, che lo stava aspettando con la mamma.
"Ciao Eugene!" esclamò felice Andrew correndo da lui.
"Ma che bel costume!" gli disse impressionato.
"Anche il tuo mi piace tantissimo." rispose Eugene educato, toccandogli il cappello  nero e grande da pirata e l'orecchino finto.
"Grazie" rispose gentile Andrew.
"Andiamo Tobey, Martha e Clary ci aspettano" aggiunse poi.
Eugene e Andrew si avviarono svelti verso il luogo d'incontro.
"Senza correre" si fece sentire Stephen.
I bambini rallentarono il passo, e Stephen si avvicinò alla mamma di Andrew, salutandola educato, poi attraversarono la strada tutti insieme.
Pochi secondi e da due bambini si passò ad un gruppetto di sei bambini. I genitori rimanevano un po' in disparte, a chiacchierare e a ridere, mentre i bambini si spostavano da una casa all'altra per dolcetto o scherzetto.
Ogni tanto i bambini si fermavano per scambiarsi le piccole conquiste o mangiare qualcosina,e in uno di questi momenti, qualcuno pensò bene di fare loro uno scherzo. Uscì fuori da dietro un cespuglio, con un forte Boo! e i bambini colti alla sprovvista, urlarono spaventati. Stephen sì voltò immediatamente verso i piccoli pronto a qualsiasi cosa. Tony intanto rideva divertito, abbassando la maschera nera. Stephen sorrise mentre con gli occhi cercava automaticamente suo figlio e la sua reazione ben dipinta sul volto, prima di tornare su Tony, e scuotere il capo.
"Papà!" lo rimproverò Eugene arrabbiato.
"Ci hai spaventati." continuò il piccolo.
"Mi dispiace, ma avete iniziato senza di me?!" rispose offeso.
"Ma sei tu che hai fatto tardi papà!" precisò Eugene.
"E' vero, e per farmi perdonare..." iniziò Tony frugando in una busta che aveva con sè  "Cioccolato per tutti." disse mostrando il contenuto e iniziando a distribuire barrette. "Da mangiare rigorosamente dopo cena." aggiunse una volta finito.
I bambini iniziarono subito a lamentarsi per quel divieto.
"No no, non voglio litigare con i vostri genitori." rispose irremovibile Tony.
"Eugene vale anche per te." aggiunse guardando di sbieco il figlio.
"E va bene. Ma tu...da cosa sei travestito?" chiese il bambino curioso mettendo via il suo cioccolato.
"Non si capisce? Da Sherlock Holmes." rispose Tony sistemandosi il cappotto nero e passandosi una mano tra i capelli per scompigliarli ancora di più.
"Mi sono dovuto arrangiare, visto che un certo Mantello era sparito." disse a braccia conserte mentre Eugene rideva da dietro la mano.
Il gruppetto di bambini si spostò e Eugene rimase a guardare suo padre.
"Voleva venire con noi." gli sussurrò sincero.
"Non fa niente avevo capito." gli disse Tony abbassandosi.
"Vai raggiungi i tuoi amici, ma non vi allontanate troppo." gli disse sorridendogli e sfiorandogli la punta del naso con un dito.
Eugene si avvicinò ai suoi amici, e Tony si voltò per salutare gli altri genitori e scusarsi per il ritardo. Quando il gruppo si rimise in marcia, Tony afferrò Stephen per un braccio e lo avvicino a sè.  
"Tenebroso." gli disse guardandolo.
"Smettila" gli rispose Stephen a denti stretti.
"Sei sexy." continuò Tony ammiccando verso di lui.
"Tony, basta così" lo riprese Stephen a bassa voce.
"E questo trucco ti dona." proseguì Tony davvero ammirato.
Stephen alzò gli occhi al cielo, provando ad ignorarlo.
"Fammi smettere?" lo provocò Tony.
E Stephen infastidito da quella provocazione, decise in poco tempo cosa fare.
L'obbligò a fermarsi, solo per mettere distanza tra loro e gli altri.
Portò un dito sotto il mento di Tony facendogli voltare la testa.
"Guardami" gli ordinò, mentre gli sollevava il volto.
Tony smise di ridere e fissò il marito. Stephen aveva uno sguardo così caldo eppure Tony sentì brevemente la carezza della paura.
Stephen si avvicinò e gli baciò il lobo dell’orecchio, poi si chinò fino a scendere nell'incavo del collo. Un bacio, piano, delicato, poi un morso dato con forza. Tony sobbalzò sorpreso e dolorante, emettendo un verso strozzato.
Intanto le mani libere di Stephen scesero ad accarezzare la base della schiena dell'uomo che aveva imprigionato, e si spostarono più giù, fino a stringere dove sapeva essere più sensibile. Tony si lasciò sfuggire un gemito e si morse le labbra per non aggiungere altro. Stephen quasi ghignò sentendolo e lasciò il corpo del marito per fargli riprendere fiato. Fece un passo indietro ad ammirare ciò che aveva fatto. Tony boccheggiava provando a riprendere il controllo.
Era sconcertato, e seriamente non riusciva a credere a ciò che era appena successo. Non era la prima volta ne il primo morso, ma Stephen era una persona riservata e alla mano, non avrebbe mai fatto una cose del genere in pubblico. Tony arrossì ormai consapevole.
"Ho vinto?" gli chiese Stephen con un sorriso compiaciuto.
Tony si coprì la bocca con una mano, guardandolo male.
Mormorò qualcosa di poco chiaro e annuì.
"Quindi ti comporterai bene adesso?" domandò Stephen serio.
"Farò il bravo." rispose Tony con fare obbediente.
"Bene, era quello che volevo." gli disse soddisfatto.
Stephen gli prese la mano e s'incamminarono per raggiungere gli altri.
"Mi volevi uccidere? Ci potevano vedere." si lamentò Tony.
"Non ci hanno visto." assicurò Stephen tranquillo.
"E no, avevo in mente altro, ma chiaramente dovrai aspettare."
"La festa di Halloween viene prima." affermò convinto.
"Tu sai che stavo scherzando vero?" chiese Tony cauto.
"Lo so, e tu sai che detesto ripetermi vero?" gli fece eco Stephen.
"Sei un mostro." rispose Tony offeso.
"Questa sera sì" annuì Stephen ridacchiando.

La mattina seguente 

Stephen si svegliò quando ormai il sole era già alto.
Si stiracchiò e si fermò a guardare il marito.
Tony sorrideva felice nel sonno, poi aprì gli occhi e gli mormorò un leggero buongiorno. Si scoprì appena mostrando il petto nudo, e si allungò per far scrocchiare le braccia. Sorrise di nuovo, si mise seduto e si chinò a solleticare il collo di Stephen con le labbra facendolo ridere.
"Hai dormito bene?" domandò Stephen guardandolo alzarsi.
"Secondo te?!" chiese Tony rivestendosi.


 
Capitolo 7

Da quanto Tony aveva deciso di non essere più Iron Man, aveva trovato un'equilibro quasi perfetto tra lavoro e casa. 
Continuava a dire che questo era un universo più tranquillo, che era diventato Iron Man  per altri motivi e che era il momento giusto per occuparsi di altro.
Aggiunse anche che le armature sarebbero sempre state lì in caso di emergenza, ma per il momento voleva una vita più tranquilla e lasciare spazio ai giovani.
Stephen non riusciva a credere alla sua decisione, e decise di tenerlo d'occhio per i primi giorni, temendo che il marito non riuscisse a gestire al meglio questa sua scelta, ma con sua enorme sorpresa si era sbagliato.

Stephen si incamminò giù per le scale, ma già a metà scala riusciva a sentire la musica assordante che proveniva dal laboratorio di Tony.
Entrò senza far rumore, e guardando verso l'alto chinò appena il capo per salutare Jarvis. Gli fece cenno di fare silenzio, poi staccò la musica.
Tony si alzò di scattò con un ehi di protesta.
"Ti vuoi forse rompere i timpani?" lo rimproverò Stephen a braccia conserte.
"Stephen, che sorpresa?!" disse Tony colpito. 
"Come mai qui?" chiese poi senza spostarsi dal bancone di lavoro.
"Peter è uscito, Eugene è a casa di Clary. " spiegò Stephen avvicinandosi.
"Siamo soli tu ed io." lo stuzzicò, poggiandogli una mano sul fianco, quasi ad accarezzargli l'addome nascosto da una canottiera nera.
"Ah, e hai deciso di passare?" chiese Tony appoggiandosi al suo petto.
"Perchè no?!" rispose Stephen lasciando scivolare le sue dita su quelle del marito.
"E hai in mente qualcosa di particolare?" chiese Tony chiudendo gli occhi ormai inchiodato contro il bordo del bancone.
"Secondo te?" domandò Stephen baciandogli la guancia.
Tony si voltò senza troppa fretta, la mano di Stephen ancora ferma sul fianco.
"Jarvis, puoi andare, continuiamo dopo." disse sorridendo.
E senza pensarci troppo iniziò a sbottare la camicia del marito.
"Signore..." provò a dire la voce.
"Jarvis sparisci." intimò Tony deciso.

***

Tony chiuse la bottiglia, dopo aver versato il contenuto in due bicchieri di vetro.
Si avvicinò a Stephen, elegantemente e comodamente seduto al tavolo.
Stephen non amava particolarmente il sapore del whisky, ma aveva iniziato ad apprezzarlo, soprattutto nell'appartamento di Tony dopo essere stati insieme.
Tony si sistemò la maglietta e prese posto accanto a Stephen.
Quasi per sbaglio la tv si accese, ma rimase muta.
Lì c'era un giovane di loro conoscenza.
Stephen si soffermò a guardare mentre agitava piano il suo whisky.
"Dovrebbe sapere la verità." disse fissando lo schermo.
"Chi?" chiese Tony poggiando il bicchiere ormai quasi vuoto.
"Chi Tony?! Sto parlando di tuo figlio, il più piccolo."
"Stai scherzando?" domandò Tony sconvolto.
"No, sa di te e di me, e..." iniziò a dire sicuro Stephen.
"Appunto perchè sa già tanto non dovrebbe sapere di Peter."

Il giorno dopo 

"Peter, puoi venire qui un momento?" gli chiese Stephen facendo capolino dal suo studio. Peter entrò e notò che seduto sul divano c'era anche Tony.
"E' successo qualcosa?" domandò preoccupato.
"Vieni a sederti, per favore." gli disse Stephen porgendogli una tazza che si rivelò essere cioccolata calda, e Peter fece come gli era stato detto.
Stephen si appoggiò alla scrivania, e incrociò una gamba sull'altra.
Guardò un secondo Tony che sospirò rumorosamente come se fosse sovrappensiero, poi alzò gli occhi su Peter e gli sorrise. 
"Volevamo parlarti Peter." iniziò Stephen.
Riusciva sempre ad essere così calmo ed educato, Peter ancora si stupiva.
"Io e Tony ci stavamo già pensando da qualche giorno, e magari, visto l'età...abbiamo deciso che..." 
"Puoi dire a Eugene, chi sei veramente." tagliò corto Tony.
Silenzio.
Stephen si avvicinò a Tony, e gli poggiò una mano sulla spalla.
"Siete sicuri?" domandò Peter scioccato.
"E' abbastanza grande per capire." spiegò Tony nervoso.
"Sa già di noi, e si è comportato bene." aggiunse Stephen.
"Non è giusto continuare a mentirgli." disse serio Tony.
"Non è giusto per nessuno." concluse Stephen sedendosi accanto al marito.
Peter li guardò entrambi e un sorriso vincente affiorò sulle sue labbra.
Posò la tazza su un mobile a caso, e uscì dalla stanza.
Tony sospirò e fece per alzarsi, ma la mano di Stephen lo fermò.
"Andrà bene, credimi." gli disse bonariamente.
"Lo so." disse Tony con un sorriso.
Stephen prese la mano di Tony e si alzarono.

***

Quella stessa sera

Stephen stava spegnendo le luci nel suo studio quando:
"Papà" si sentì chiamare da una vocina a lui familiare.
"Eugene?!" chiamò Stephen sorpreso voltandosi.
Il bimbo aveva con se il suo piccolo amico Milo.
"Che cosa c'è che non va? domandò avvicinandosi.
Eugene allungò una manina verso il suo papà, e Stephen lo prese in braccio.
"Che cosa succede piccolo mio?" domandò preoccupato.
Stephen si mise seduto sul divano e sistemò Eugene sulle sue gambe.
"Io chi sono?" domandò il piccolo dopo qualche secondo.
"In che senso?" chiese Stephen abbassando gli occhi sul bambino.
"Papà era Iron Man, tu sei uno stregone, Peter è Spider-Man."
"Io chi sono?" domandò di nuovo abbracciando Milo.
Strange ci pensò su.
"Vedi tesoro mio, non lo so chi sei." gli rispose onesto.
"Tony è diventato Iron Man  per rendere il mondo un posto migliore, Peter è stato morso da un ragno e ha dovuto imparare a vivere con il suo potere."
"Io volevo solo fermare il tremore alle mani, e faccio ancora fatica." gli disse, e sollevò una mano per mostrargli ancora il leggero tremito che aveva.
"Tu sei un bambino in via di sviluppo." disse poi accarezzandogli la testa.
"Quindi?" domandò il bimbo guardando suo padre.
"Quindi...con un po' d'impegno e con il giusto aiuto..."
"Puoi diventare tutto ciò che vuoi amore mio" gli disse semplicemente.
"Davvero?" domandò stupito il bimbo.
"Certo, ma nei limiti della legge." scherzò Stephen.
"Papà!" rise Eugene e gli fece una linguaccia.
Stephen sorrise e avvolse il suo bambino in un abbraccio.
"Tutto ciò che vuoi Eugene." gli disse baciandogli la fronte.
"Non ti preoccupare." gli disse senza lasciarlo andare.
Eugene si accoccolò di più al suo papà, e Stephen iniziò a cullarlo.
Rimasero in quello stato di torpore, fin quando la porta dello studio non si aprì.
"Ehi, ma qui c'è un signorino che non è nel suo letto?!" disse Tony entrando.

Tony chiuse le tende nella camera del figlio, mentre Eugene sistemava Milo accanto a lui sul suo cuscino. Stephen si avvicinò al figlio.
"E' ora di dormire." gli disse piano spostandogli i capelli con una mano.
"Sogni d'oro piccolo mio." gli disse baciandogli il capo.
Tony si avvicinò ad Eugene e gli pizzicò il naso. 
"Cerca di dormire adesso." gli disse con un sorriso.
Poi si chinò per baciargli la fronte e sussurragli buonanotte.
"Buonanotte." salutò il piccolo sistemandosi nel letto.
Stephen si spostò in corridoio, e fece un cenno a Tony.
Lui sorrise e uscì dalla camera per raggiungerlo.
"Eugene sta bene?" chiese Tony chiudendo la porta.
"Sì, si è sentito un po' in difficoltà dopo che ha saputo del fratello."
"Te l'avevo detto che..." lo riprese Tony a bassa voce.
"Non ho detto che non è felice di sapere del fratello." lo fermò subito Stephen.
Tony cercò di protestare, ma non voleva iniziare una discussione.
"Credi che starà bene?" domandò poi.
"Abbiamo parlato, e si è addormentato tranquillo." gli disse Stephen calmo.
"Quindi possiamo andare a letto." disse ottimista Tony.
"Sì, possiamo andare a letto." gli rispose Stephen accarezzandogli la guancia.


 
Capitolo 8

Tony chiuse la porta del Sanctum Sanctorum e rischiò di perdere l'equilibrio.
Neve. C'era neve ovunque nell'ingresso, una sala completamente imbiancata.
Gli sfrecciò davanti una palla di neve e sentì Eugene ridere, mentre Peter lo inseguiva, e mentre Mantello faceva di tutto per stare dietro ai due, a godersi la scena c'era Stephen, tranquillamente seduto sulle scale, protetto da un giubbotto blu con in mano una tazza fumante.
"Ehi Jack Frost, che cosa è successo qui?" domandò Tony ridendo.
"E' passata a trovarti Elsa?" scherzò prendendo un fiocco di neve.
"No, solo un piccolo incidente." rise Stephen alzando le spalle.
"E si può rimediare?" domandò Tony.
Evitò un altro lancio distratto, e si avvicinò a Stephen provando a non scivolare.
"Sì, appena i ragazzi si sono stancanti di giocare con la neve." rispose Stephen allungandogli una mano per non farlo cadere.
"Stephen Frost, tu sai che nevica anche lì fuori vero?" domandò Tony incredulo gettandosi un pollice alle spalle, mentre prendeva la mano di Stephen.
"Sì, Tony lo so...ma vedi, tutti posso giocare con la neve lì fuori." disse Stephen  prendendo le buste che Tony aveva in mano e poggiandole per terra.
"Ma nessuno può giocare con la neve in una determinata zona della casa circoscritta." affermò Stephen con un piccolo occhiolino.
"Mi sembra giusto." annuì Tony sedendosi vicino a Stephen.
Tony si strinse di più nel suo giubbotto bordeaux.
"Tieni, fa piuttosto freddo qui adesso." gli disse Stephen porgendogli una tazza di caffè caldo. Tony ne prese un sorso, poi cercò la busta giusta.
"Stephen" lo chiamò con dolcezza.
"Sì?!" rispose l'uomo senza distogliere lo sguardo dai figli.
"Per te." gli disse Tony con un sorriso.
Stephen si voltò a guardarlo stupefatto.
"Avevamo detto niente regali tra di noi." gli ricordò.
"Lo so, ma l'ho visto e ho pensato a te." rispose Tony come se fosse ovvio.
Stephen poggiò la tazza su un gradino e prese la busta regalo.
"Aprilo dai." gli disse incoraggiante Tony.
"Non dovrei aspettare la sera di Natale?" ironizzò Stephen.
"Non credo di riuscire ad aspettare così tanto." scherzò Tony.
"E' una cosa che posso aprire davanti ai ragazzi?" 
"Certo, altrimenti l'avrei messa in camera." rise Tony.
"Ed io mi sarei sistemato sul letto in tua attesa." gli sussurrò all'orecchio. 
"Sei sempre il solito." rise Stephen scuotendo il capo.
"Sei sicuro?" aggiunse, e Tony scrollò le spalle come per far decidere a lui, ma sotto sotto voleva che aprisse quella busta.
Stephen guardò dentro, e tirò fuori il primo pacchetto rettangolare.
Era sicuramente un libro, e non era di certo un mistero, a Stephen piaceva leggere. Tolse la carta, e si ritrovò tra le mani una splendida edizione con i bordi dorati di "Viaggio al centro della Terra di Jules Verne".
"Sai, ho controllato, e non ce l'hai nella tua libreria." gli disse Tony.
"E ho visto che stavi cercando questa edizione." aggiunse.
"Ma come..." provò a capire Stephen.
"Beh, capita quando hai una scuola di menti brillanti."
"Ho chiesto un po' in giro, e ho promesso crediti extra a chiunque riuscisse nell'impresa." spiegò soddisfatto.
"Tony!" lo riprese sconvolto.
"Cosa? Non gli ho comprato l'esame, ho solo aggiunto un voto."
"Non sarà Peter?!" chiese subito Stephen. 
"Oh no, non avrei mai chiesto a lui, ti saresti arrabbiato troppo."
"E poi so per certo, che il nostro regalo di Natale, è una cena fuori."
"Tony!" lo riprese di nuovo.
"Ti piace molto il mio nome." scherzò Tony divertito.
"Non dovresti saperlo, e nemmeno io." gli spiegò Stephen sconcertato.
"Ah, ci inventeremo qualcosa." rispose Tony tranquillo.
"Dai, c'è un'altra cosa." continuò Tony quasi in fermento.
Stephen mise da parte il libro, e afferrò una lunga scatolina morbida. L'aprì, e al suo interno su una stoffa di velluto blu notte, c'era un bracciale dorato.
"Ti piace?" domandò Tony poggiando il mento sul suo palmo.
Stephen prese il gioiello con molta attenzione. 
L'accarezzò con le dita e solo in quel momento notò che in ogni intreccio erano stati incisi simboli che conosceva bene.
"Jarvis mi ha aiutato a disegnarlo, Wong ha pensato ai simboli di protezione, mentre Peter ed Eugene hanno approvato il progetto." spiegò Tony.
Mantello si fermò improvvisamente e guardando Tony fece risuonare le sue placche dorante, e Tony alzò gli occhi su di lui.
"Ah sì, Mantello mi ha suggerito il materiale." sorrise.
"Ho pensato che si potesse abbinare alla fede e all'occhio di Agamotto."
"E' stato un regalo di famiglia possiamo dire."
"Ma chiaramente l'ho pensato io." disse ridendo.
Stephen non riusciva a staccare gli occhi da quel bracciale.
Voleva dire qualcosa, tipo è stupendo, è un regalo che non mi aspettavo, non dovevi, ma era troppo emozionato per ragionarci su.
"Grazie." sussurrò alla fine commosso.
Tony amava vedere quegli occhi così chiari, diventare lucidi, riempirsi di lacrime velate e di gratitudine. Tony gli accarezzò la guancia con il pollice.
"Mi piacerebbe che lo indossasi durante le feste, e anche dopo." gli disse Tony.
E con delicatezza quasi a voler riportare Stephen nel mondo reale, prese il bracciale dalle mani del marito e lo chiuse intorno al suo polso.
"Buon Natale" gli disse con un sorriso sincero.
"E' un po' presto ma..."iniziò a dire Stephen sfiorando il suo nuovo regalo.
"Buon Natale" gli rispose con la stessa bontà.
Poi si avvicinò al volto di Tony per baciargli le labbra.
"Ora dovrò pensare a qualcosa di incredibile." disse scherzando.
"Non ne ho bisogno." rispose Tony onesto.
"Ma Tony, non posso non..."
"Non ti sto dicendo cosa puoi o non puoi fare, sei libero di regalarmi ciò che ti pare, ma semplicemente non mi serve." spiegò Tony tranquillo.
"E' da un po' che io..." non riusciva a trovare le giuste parole.
Poi rilassò le spalle e sorrise.
"Mi sento nel posto giusto, al momento giusto, con la persona giusta."
"Non lo credevo possibile di nuovo, ma è così." confessò Tony.
"E' stupido lo so." aggiunse a disagio.
"No, non è assolutamente vero." lo riprese Stephen con dolcezza.
"Sono lusingato di sentirtelo dire." confessò sorridendo.
E in quel momento della neve si frantumò contro Stephen.
"Dai vecchi, venite con noi a divertirvi." gli urlò contro Peter.
"A chi hai detto vecchio." lo ripresero all'unisono Stephen e Tony.
"A voi." disse Eugene e contento tirò una palla di neve.
In quel momento Wong mise piede nell'atrio grazie ad un portale.
Inutile dire che la prese in pieno.
"Scusa zio Wong." disse Eugene rimanendo a bocca aperta.
Wong guardò il bambino, scosse il capo e s'incamminò nella stanza accanto, senza dire una parola e cercando di mantenere un certo equilibrio.
"Vado a parlarci io, voi continuate a giocare." rise Stephen.
"Wong." lo chiamò lo stregone.
"Aspetta, vengo a darti una mano." gli disse alzandosi in piedi.
Ritornò da loro poco dopo, sconsolato.
"Ti ha sgridato?" domandò Tony vedendolo arrivare.
"Un po'" annuì Stephen arricciando le labbra.
"Ha detto che dobbiamo pulire tutto, perchè lui non ne ha nessuna intenzione."
"Tranquillo, ci penso io a darti una mano." 
"Sono qui anche per questo." sorrise Tony.
E Stephen sapeva che ci sarebbe stato sempre.





Note dell’autrice:
All'inizio questa storia "doveva uscire" sotto Natale, ma non sono riuscita a finirla in tempo, e confesso di essermi stupita quando vedendo Spider-Man: No way Home, Strange confessa che tutta quella neve è dovuta ad un incidente, cosa che avevo pensato e che ho riportato anche qui. 
La volevo pubblicare sotto San Valentino, ma c'erano ancora troppi pezzi mancanti. 
Oggi mi sono decisa, e visto che è una storia piena d'amore, mi basta condividerla e sperare in "qualche commento positivo", anche perchè a dire la verità mi è piaciuto tantissimo creare il piccolo Eugene.

 
  
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