Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Flitwick    14/03/2022    7 recensioni
1.“Come mai hai deciso di fare questo mega party? Tu detesti il tuo compleanno, e anche le feste. Cosa ti ha spinto a farne una così mastodontica lasciando carta bianca ad Alain?”
“Volevo creare un bel ricordo.”

[Oscar/André]
2. "Cosa facciamo adesso, Alain?"
"E che cosa vuoi che ne sappia?"

[Alain/André]
3."È per suo figlio?" [...]
"No mademoiselle, è per il figlio di una cara amica."
Avrebbe potuto essere suo figlio, ma lei aveva scelto lui.

[Victor/Oscar/André]
4. "Scusate mademoiselle, ma non prendo ordini da una donna."
[Oscar/Alain]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cinq

 

piccolo suggerimento musicale per voi qui.

 

 

 

 

 

 

 

Victor Clément Florian de Girodelle era uomo, anzi, un uomo tutto d’un pezzo, e come tale non si era sicuramente fatto intimidire da quella strana missione. Aveva osservato guardingo l’insegna del negozio, Carrousel, e a parte alzare il sopracciglio per la banalità del nome non aveva potuto far altro che farsi coraggio ed entrare.

Quanto poteva essere difficile comprare un regalo?

Era entrato con molti dubbi e poche certezze, ma una volta dentro la situazione si era aggravata. Si era ritrovato assalito da due commessi che lo avevano tempestato di domande senza dargli alcuna sosta. Lo avevano lasciato stordito e interdetto tanto che la sua stoica compostezza aveva vacillato per qualche secondo.

È per suo figlio?

Sbatté più volte le palpebre, fissando la giovane ragazza che lo stava servendo come se non avesse compreso a pieno la domanda.

Mio figlio?

Lo ripeté a voce alta, come se l’averlo sentito lo avesse scosso nelle membra. Vide il viso della fanciulla dipingersi di un evidente disagio davanti al suo silenzio. L’aveva messa in imbarazzo e cercò di sfoggiare il suo sorriso più cordiale e gentile.

No mademoiselle, è per il figlio di una cara amica.

Gli occhi di lei si rianimarono e prese a girare per il negozio cercando le scelte migliori per le sue richieste. L’osservò addentrarsi per i vari scaffali e prendere giochi, pupazzi e scatole delle forme e dai colori più disparati.

Mio figlio.

Sentì le sue labbra incurvarsi in qualcosa di più amaro di un sorriso. Avrebbe potuto essere suo figlio, ma lei aveva scelto lui.

La prima volta che aveva incontrato Oscar François de Jarjayes era stata ad una cena di lavoro che suo padre aveva organizzato a casa loro. I de Jarjayes erano stati da sempre soci in affari di suo padre e per l’occasione l’intera casa era stata tirata a lucido, lui compreso.

Comportati bene, verrà anche il figlio di Monsieur de Jarjayes.

Aveva annuito, leggermente annoiato da quel trambusto che da diversi giorni si respirava. Da poco aveva compiuto sedici anni e l’idea di doversi annoiare trascorrendo un’intera serata ascoltando i discorsi sull’azienda di suo padre lo allettava ben poco. Ancor meno contando che avrebbe dovuto intrattenere questo fantomatico Oscar per tutta la serata, quando avrebbe trascorso volentieri il suo tempo in altro modo.

Eppure, quello che gli si parò davanti infranse qualsiasi sua aspettativa.

Ciao, io sono Oscar.

Era rimasto interdetto. Muto. Lo aveva squadrato da capo a piedi, ma questo Oscar sembrava tutto fuorché un lui. Portava i capelli corti, all’altezza delle spalle, e il loro colore era talmente intenso da sembrare oro. Gli occhi azzurri erano grandi e brillanti, così tanto da sembrare zaffiri. Si sentì avvampare, non aveva mai visto qualcuno di così bello.

Gli aveva stretto la mano, ma nonostante la decisione, percepì una stretta delicata e le sue mani estremamente piccole e morbide.

Victor.

Avevano conversato a lungo durante la cena e aveva scoperto che questo Oscar non era così male come si era aspettato. Avevano molte cose in comune: leggevano gli stessi libri e frequentavano anche la stessa scuola. Si era scoperto per la prima volta interessato a qualcuno che non fosse lui stesso o che facesse parte della sua famiglia. Questo strano ragazzo biondo, che poi scoprì essere una lei, provando che i suoi dubbi erano quindi fondati, era la persona più interessante e curiosa che avesse mai conosciuto. Sorrideva poco, e le parole erano sempre misurate nei discorsi, ma la sagacia e l’acume fluivano nelle sue parole. Quella cena trascorse più in fretta del previsto e prima che se ne accorgesse la serata era già terminata.

Sai duellare?

Duellare?

Sì, con la spada. Sai farlo?

Sì, sono anche bravo.

Un ghigno si dipinse sul suo volto angelico.

Allora vieni al club di spada ogni tanto. Io e André andiamo spesso lì ad allenarci.

André. André Grandier. Lo aveva citato più volte nelle conversazioni e ne aveva dedotto fosse il nipote della sua governante e che fossero cresciuti insieme. Nulla di straordinario, capitava spesso in famiglie come le loro che i figli o i nipoti dei dipendenti fossero presenti, ma questo André appariva molto importante per come ne parlava.

Non aveva ancora ben compreso quanto lo fosse.

 

Quale preferisce monsieur: il puzzle, il libro illustrato o il kit per la pittura?

Osservò i tre oggetti che la ragazza gli aveva disposto in ordine sul bancone. Non aveva la benché minima idea di cosa si regalasse ad un bambino; quindi, cercò di mascherare il suo dubbio con classe. Era ormai maestro in quest’arte.

Mademoiselle, sono adatti per un bambino di cinque anni?

Oui monsieur, sono adatti per quell’età e anche per essere utilizzati più avanti nel tempo. Sono splendidi, mi creda, perfetti per lo sviluppo della creatività.

Le sorrise gentilmente, mentre tirava fuori il portafogli.

Li prendo tutti.

La giovane si lasciò sfuggire una esclamazione di sorpresa nel sentire quella affermazione. Quei giocattoli costavano una fortuna, il prezzo dello scontrino sarebbe stato esorbitante.

Certo, allora glieli incarto. Suo nipote sarà felicissimo!

Victor le sorrise di nuovo, senza nemmeno disturbarsi di correggerla.

 

 

Il campanello aveva suonato, ma dubitò per qualche secondo che qualcuno lo avesse udito. La musica che fuoriusciva non era assordante, ma era piuttosto alta, e il vociare rimbombava per tutto il pianerottolo.

Avrebbe mentito a se stesso se non avesse ammesso che si era pentito di aver accettato quell’invito, ma allo stesso tempo non poteva più in alcun modo rifiutare. Si era incastrato con le sue stesse mani, ma si era condannato diversi anni addietro quando aveva accettato di duellare con lei.

 

Ah, eccoti, non pensavo saresti venuto.

Mantengo sempre la parola data.

Le aveva porso la mano e lei l’aveva stretta salutandolo. Non avrebbe mai dimenticato le sue mani candide.

Lui è André.

Già, lui era André. Il famoso e onnipresente André. Riccioli bruni e occhi verdi gentili, un sorriso affabile e una calma contagiosa. Non avrebbe immaginato persona diversa accanto ad Oscar. Si conoscevano dall’età di sette anni, era rimasto orfano da pochissimo e il padre di Oscar aveva accettato di buon grado di accoglierlo nella loro casa. Non avrebbe mai negato questo alla dolce Nanny. Avevano convissuto per la maggior parte della loro esistenza e vederli interagire era qualcosa di straordinario. A tratti appariva come se il loro linguaggio non fosse verbale, ma quasi telepatico.

Nonostante tutto, André si era dimostrato una persona gentile e perspicace. Non amava molto la sua compagnia, perché aveva sempre l’impressione che lo scrutasse nel profondo, penetrando la sua anima, ma allo stesso tempo la sua esistenza era strettamente legata a quella di Oscar e trovarli separati era spesso difficile.

Si scambiavano poche parole di cortesia, più per necessità che per interesse reciproco, ma capì subito che era una partita persa in partenza. Erano come una diade speciale, indipendenti una dall’altro, ma allo stesso tempo legati irrimediabilmente per sempre. Si era detto che era solo questione di tempo, e terminata l’adolescenza le loro strade si sarebbero separate, rompendo quel legame simbiotico.

E a tratti ebbe quasi ragione, dopo l’università i due avevano iniziato ad allontanarsi. Orari diversi, lavori diversi, nuovi amici e nuove scoperte. La diade si era rotta. Agli occhi di Victor quella fu come una benedizione. L’interesse che Oscar gli aveva provocato in adolescenza si era tramutato in qualcosa di più profondo una volta raggiunta l’età adulta. Lo aveva capito una volta essersi ritrovato disarmato durante uno dei loro allenamenti. Lei gli aveva sorriso per poi raccogliergli la spada e porgergliela.

Il suo cuore era sobbalzato e per la prima volta nella sua vita aveva sentito le parole mancargli di bocca.

Si era innamorato.

Lavoravano insieme da diversi anni nell’azienda che un tempo dirigevano i loro genitori e ancora una volta lei si era rivelata più brillante e pronta di lui nella dirigenza e si era ritrovato suo vice. Non che la cosa gli dispiacesse, lavorare con Oscar era sempre sinonimo di zelo, precisione e perfezione, ma voleva sempre di più. Ne bramava sempre di più di tempo con lei, dal lavoro, ai pranzi in ufficio, alle riunioni, fino alle uscite al di fuori dell’orario lavorativo.

L’aveva persino fatto. L’aveva invitata ad uscire più di una volta, ma da parte sua non aveva mai percepito lo stesso interesse che lui le dimostrava. Era stata a lungo innamorata di un giovane svedese che aveva conosciuto all’università e che poi in poco tempo era diventato il marito della sua migliore amica. Era stato impossibile non notarlo, quelle poche volte che l’aveva visto lei pendeva dalle sue labbra, ma anche lì, quell’infatuazione non era paragonabile a quello che vedeva in lei quando André appariva.

Era come se il tempo fra loro si fermasse, come se qualsiasi altra cosa perdesse di colpo significato. Qualche volta lui la veniva a prendere per tornare a casa insieme, visto che nessuno dei due ancora aveva lasciato la casa d’infanzia, ma lei si trasformava in quei frangenti. Smetteva di recitare, la maschera cadeva magicamente. Se durante la giornata appariva fredda, dura e impeccabile, con lui si poteva persino vederla sorridere e fare battute. Lui era capace di tirare fuori la sua parte migliore.

Non era passato molto tempo che qualcosa cambiò passando inizialmente in sordina. Se la presenza di André era diventata una abitudine a cui ormai aveva smesso di prestare attenzione, quel piccolo e semplice anello che apparve da un giorno all’altro al dito di Oscar lo destabilizzò.

Era semplicissimo e ai suoi occhi persino insulso, visto il patrimonio della suddetta quell’anello non era che una sciocchezza, ma per come se lo rigirava era chiaro che fosse più importante di tutto l’impero costruito da suo padre. Aveva negato a se stesso quello che stava succedendo, ma quando lei si presentò alla sua scrivania con le partecipazioni per il loro matrimonio, l’intera situazione precipitò.

Ci sposiamo il dodici luglio, mi farebbe tanto piacere se tu ci fossi.

Ci sarò sicuramente, sono molto felice per voi.

Quel caldo giorno di luglio sentì il suo cuore frantumarsi. Assistere ad una cerimonia in cui la donna che ami sposa un altro era fra le cose più dolorose che lui si potesse mai immaginare.

Se qualcuno ha qualcosa da dire, parli adesso o taccia per sempre.

Avrebbe voluto urlare. Alzarsi di scatto, scomporsi e dichiarare a tutto il mondo che lui avrebbe saputo renderla felice, non quel ragazzo squattrinato (e per di più ora anche quattr’occhi). L’aveva amata sin dall’adolescenza, loro si appartenevano. Provenivano dallo stesso modo e da famiglie di pari livello, con educazioni simili e sapevano destreggiarsi in determinati contesti per nascita.

Cosa ne poteva sapere lui? Di umili origini e con neanche un soldo in tasca. Tutto quello che era e poteva diventare lo doveva solo a lei e ai suoi genitori, se non fosse stato per lei cosa sarebbe mai potuto diventare? La rabbia e la gelosia lo divoravano. Lo distruggeva sapere della loro nuova vita insieme, della casa, dei viaggi, di tutto. La nausea gli bloccava il respiro e vederla così contenta gli sembrava la più grande punizione per la sua infelicità silente.

Quando credette di star soffocando, si rese conto che al peggio non poteva esserci limite. Anche lì, forse per evitare il dolore, forse perché veramente non se ne era accorto, ma quando si rese conto che il suo ventre che era sempre stato piattissimo aveva ora una curva, leggerissima e a tratti impercettibile, la fitta era stata fortissima.

Era incinta.

Collegare il nome di Oscar all’aggettivo incinta era veramente difficile, ma nonostante fosse difficile, divenne ancora più bella, ancora più splendente. Emanava luce e gioia da qualsiasi parte del suo corpo, e più quella piccola pancia cresceva, più il suo sorriso si allargava.

 

Suonò nuovamente, e sentì qualcuno rispondere al suo trillo con un arrivo!

Prese un bel respiro, ben conscio che anche questa sarebbe stata un’esperienza di dubbio gusto. Non amava le feste, tantomeno i bambini, quindi la combo di queste due cose preannunciava solo un disastro senza precedenti.

E dire che ho pure accettato di buon grado.

Si ravviò i lunghi capelli, il caldo di luglio era soffocante e i vestiti gli si stavano appiccicando tutti addosso. Sentì il chiavistello della porta muoversi e uno spiraglio di luce aprirsi sul suo volto. Si aspettò una voce adulta, ma dovette presto rendersi conto che il suo interlocutore si trovava ben al di sotto della soglia del metro e trenta.

Abbassò il capo e vide degli occhietti vispi fissarlo con attenzione, quando dopo una breve osservazione li vide brillare di gioia.

Tonton Victor!

Gli sorrise gentilmente mentre il bambino apriva ulteriormente la porta. Era impressionante la sua somiglianza con lei. La genetica si era divertita nel crearlo, perché questa piccola creaturina era talmente bella da ammaliare chiunque. La prima volta che lo aveva visto aveva poco più di qualche settimana. Una pelle diafana e bianchissima coperta da una moltitudine di riccioli scuri che risultavano in numero spropositato rispetto al suo breve tempo di vita. Il viso piccolo e delicato, le labbra rosse come le guance, ma la cosa che lo aveva colpito erano stati i suoi occhi.

Azzurri, più azzurri del cielo e del mare. Di una sfumatura leggermente più scura rispetto a quelli della madre, che a tratti ricordavano gli abissi marini. Si era aspettato che cambiassero con la crescita, ma erano soltanto diventati più belli e più brillanti. Era incredibilmente somigliante a lei e se alla apparenza per un osservatore distratto poteva apparire come una versione più piccola di suo padre, una volta scrutatolo con attenzione era palesemente la copia sputata di sua madre.

Se il suo aspetto rassomigliava ad Oscar, il suo carattere era però molto influenzato da quello di André. Solare, vivace, gentile e molto, forse troppo perspicace ed empatico. Quelle rare volte che lo incontrava e quegli occhietti blu lo guardavano percepiva la stessa sensazione di disagio che aveva provato anni addietro quando André lo osservava. Quella sensazione di essere penetrato e scoperto, messo a nudo.

 

Ciao Charles, buon compleanno, scusami se ho tardato.

Il suo piccolo visetto roseo si dipinse di un sorriso grande mentre la porta si spalancava lasciando che il caos che regnava dentro lo investisse. La camicina a quadretti blu che portava si intonava benissimo al suo incarnato e ai suoi occhi. Sembrava un piccolo principino per come si comportava e per il suo abbigliamento. Aveva pensato di odiarlo, per quanto odiare un bambino potesse essere infattibile, ma Charles aveva un carattere e un’anima tale che non amarlo era impossibile. Era come se avesse ereditato le miglior qualità dei suoi genitori rendendolo un esserino a dir poco perfetto.

Ovviamente, questa era una affermazione fallace, era comunque un essere umano, e possedeva dei difetti, anche se in piccola parte, ma era capace di nasconderli mostrando sempre la sua parte migliore. L’aveva visto piangere e fare i capricci pochissime volte e la maggior parte delle volte la situazione si risolveva nel giro di pochi minuti senza troppi sforzi dei suoi genitori.

Sei arrivato, ti stavamo aspettando! Vieni!

Prima che potesse rispondergli sentì la piccola manina del bambino afferrare la sua e trascinarlo dentro senza troppe cerimonie. Si guardò intorno, scrutando la stanza. La casa di Oscar e André non era mai stata troppo grande. Un piccolo appartamento nel centro di Parigi che per il suo personale gusto era fin troppo umile. Per l’occasione il salone era stato riempito di palloncini blu e verdi, dei teneri festoni si destreggiavano fra le pareti, finendo a volte a terra per la sbadataggine di qualche invitato. Non si sarebbe mai abituato a una cosa del genere. Nella sua famiglia per festeggiare un qualsiasi compleanno di una qualsiasi età, si sarebbero riuniti in un ristorante di classe senza generare tutto quel baccano.

Si lasciò condurre dal bambino che si muoveva con leggiadria tra tutti quegli impedimenti.

Maman! Maman! Tonton Victor è arrivato!

Sentì la gola asciugarsi di botto e le labbra seccarsi quando la vide arrivare. La presa del bambino si allentò, mentre si avvicinava sua madre, fino a quando non fu così vicina da poterla abbracciare.

Non si sarebbe mai stancato di guardarla, ogni volta che i suoi occhi si posavano su di lei il suo corpo prendeva fuoco e il suo cuore batteva così forte da fargli male. Nonostante gli anni, quell’amore lo continuava a tormentare senza sosta, divorandolo nel profondo. Era come una goccia d’acqua, inizialmente innocua, fino a che la sua persistenza non aveva penetrato la roccia del suo animo facendolo dannare.

Vederla e incontrarla era un’arma a doppio taglio. Innaffiava quella speranza vana di poterla avere per sé, ma allo stesso tempo gli mostrava la realtà come era davvero.

La salutò cordialmente, scusandosi per il ritardo imprevisto. Gli sorrise gentile e parlarono del più e del meno, ma quel piccolo momento di calma fu interrotto prima del previsto.

Ciao Victor, sono contento che tu sia riuscito a venire.

Lo vide apparire in poco tempo, posizionandosi a fianco della moglie e prendendo in braccio il figlio.

Scusatemi il ritardo.

Gli sorrise calorosamente, porgendogli un bicchiere di champagne mentre il bambino guardava con curiosità crescente quella busta colorata nella sua mano. Era palese che la bramasse, come qualsiasi bambino che sa che riceverà dei giocattoli di lì a poco, ma tentò di trattenersi il più che potette.

Tieni Charles, questo è per te, spero che ti piaccia.

Un tintinnio di eccitazione uscì dalla sua bocca, dimenandosi per farsi mettere giù dal padre. Afferrò con entusiasmo la busta iniziando a rovistarci dentro, così tanto preso da finirci quasi di testa dentro.

Charles! Come si dice?

Un rimprovero gentile, ma severo che André gli aveva indirizzato. Interruppe la sua caccia al regalo, rendendosi conto di non aver nemmeno ringraziato il suo interlocutore. Gli rivolse un sorriso tenero sincero a cui non potette rispondere.

Grazie moltissime tonton Victor.

Riprese a scartare con vorace curiosità i regali, trillando di euforia ogni qual volta ne tirava fuori uno. Li mostrava ai suoi genitori con occhi brillanti e pieni di allegria, fino a quando non scartò anche l’ultimo e lo abbracciò con gioia nonostante a malapena arrivasse alla sua coscia.

Si sentì braccato improvvisamente da quel piccolo umano che aveva invaso più volte nel giro di pochi minuti il suo sacro spazio vitale. Emanava un calore dolce, mentre quella testolina scura gli stringeva le gambe con forza. Gli accarezzò goffamente il capo.

Grazie, grazie, grazie, son bellissimi! Posso andare a giocare con Thérèse e Louis Joseph per farglieli vedere, papa?

Appena vide il padre annuire lo lasciò andare portando con sé l’enorme busta con difficoltà. Si diresse saltellando verso i due bambini dall’altra parte della stanza che lo stavano aspettando insieme ad un omone altissimo e possente che li stava facendo sbellicare dalle risate raccontando storielle buffe.

Avvertì un improvviso freddo e un vuoto nel punto in cui il bambino lo aveva lasciato andare. Non amava essere toccato, ma nonostante Charles avesse invaso e superato qualsiasi limite fisico che si era imposto, fu quasi rammaricato di vederlo andar via a giocare. Non aveva mai desiderato dei figli, o almeno, non ci aveva mai veramente pensato.

Aveva trascorso la sua intera infanzia da solo, o al massimo con la sua governante. I suoi genitori erano sempre stati troppo presi da loro stessi o dai loro affari per poter occuparsi di lui. Una volta raggiunta la maggiore età era diventato un semplice strumento da utilizzare per far fruttare al meglio gli affari dell’azienda. Cosa poteva offrire lui ad un figlio? Non aveva mai sperimentato l’affetto, tantomeno la dolcezza o il senso di famiglia.

Non dovevi disturbarti con tutti quei regali, ne sarebbe bastato uno solo.

La voce di Oscar lo distolse dalla visione di Charles che mostrava agli altri i suoi bellissimi regali appena ricevuti.

Non si compiono mica cinque anni tutti i giorni, Oscar.

 

 

 

 

 

Faceva davvero caldissimo e nonostante le finestre spalancate, quel giorno si boccheggiava. Erano passate diverse ore da quando era arrivato alla festa e si era ritrovato a chiacchierare amabilmente con Monsieur de Jarjayes e sua moglie, per poi finire nelle grinfie del celeberrimo Alain de Soisson e della sua cara sorella.

Era ormai sera quando, durante una bella conversazione con Diane, le luci si spensero improvvisamente.

Ma che diavolo sta succedendo?

Si guardò intorno e vide tutti rivolgere la loro attenzione al tavolo in mezzo alla stanza dove André stava stringendo a sé un Charles euforico che saltellava pericolosamente sulla sedia su cui era appollaiato per vedere meglio.

Lo guardò con insistenza, mentre lui era troppo preso dal controllare che il suo piccolo monello non finisse di testa per terra. Si era sforzato per anni di capire cosa Oscar ci trovasse in lui, ma tutt’ora gli risultava difficile comprenderlo a pieno.

Cosa aveva lui in più? Non aveva soldi, terre, palazzi. Era bello, questo era vero, ma anche lui lo era. Quindi perché alla fine aveva scelto André?

Dalla piccola cucina vide Oscar uscire con una piccola torta azzurra illuminata da cinque candeline colorate mentre l’intera sala intonava sgraziatamente un canto di auguri.

Si era risposto appellandosi al fatto che fossero cresciuti insieme, ma in cuor suo sapeva che non era così. Lo poteva vedere da come si guardavano. Generavano invidia e gelosia nel suo cuore. Era come se loro si appartenessero in qualche modo, come se la loro anima fosse unica. Due corpi che però ospitavano pezzi della stessa essenza. Fiamme gemelle. Così venivano chiamate dagli esoteristi, ma lui aveva sempre faticato a credere a certe corbellerie, anche se in questo caso faticava a negarlo.

Anche stavolta, mentre lei appoggiava il dolce sul tavolo gli occhi di lui erano solo per lei, nonostante la sua attenzione fosse indirizzata al bambino.

Coraggio Charles! Esprimi un desiderio e non sputacchiare sulla torta che poi me la devo mangiare io.

Un sacco di risa si diffusero per il salone dopo che Alain aveva urlato al bambino che per tutta risposta gli aveva fatto una linguaccia, scatenando l’ilarità di Oscar e André.

Charles si strinse ai suoi genitori, soffiando vigorosamente sulla torta, mentre i primi fuochi per festeggiare il quattordici luglio erano partiti.

Guardò il fumo delle candeline volare via e i suoi genitori abbracciarlo con dolcezza.

Alzò il bicchiere di champagne a quel quadro, perché per la prima volta la risposta era fin troppo chiara.

André non le aveva dato materialità, ma qualcosa di ben più importante e prezioso che prescindeva tutto il resto. Lui le aveva donato l’amore, ma non quell’amore becero che si leggeva nei romanzetti.

Loro erano l’amore.

Anche quel piccolo esserino che ora si dimenava fra loro, ricoperto di affetto e dolcezza, era stato generato dal loro amore. Anzi, era la prova vivente e la personificazione di quell’amore straordinario e puro.

Sorrise amaramente, buttando giù diversi sorsi di champagne.

Lui quel tipo di amore non glielo avrebbe mai potuto donare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E dopo veramente diverso tempo, rispunto dal nulla.

Questa one shot è stata difficile, lo ammetto. Non ho mai e dico mai scritto su Girodelle. È sempre stato un personaggio da me poco amato e forse poco compreso. Ho faticato moltissimo a mettermi nei suoi panni e non sono certa di esserci riuscita.

Ammetto però che mi avete fatto riflettere, e il fatto di averlo dimenticato nel primo capitolo mi ha fatto pensare che in qualche modo dovevo fargli giustizia. E quindi perché non renderlo il vero protagonista di una shot?

Mi incuriosiva l’idea di vederlo interagire con un bambino e chi se non il piccolo diavolo che Oscar e André possono aver generato?

Non credo di essere proprio nell’IC con tutti, ma poco male, essendo una AU ci sta.

Come sempre vi ringrazio per la vostra attenzione e per essere arrivati fin qui a leggere.

Grazie e spero a presto, se avete commenti, critiche o idee da sottopormi sono sempre a vostra disposizione. La raccolta terminerà a breve poiché non vorrei scadere nel banale, ma se avete qualche desiderio di qualche compleanno speciale vi ascolto volentieri.

Bye!

Flitwick

 

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Flitwick