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Autore: Lady Warleggan    18/03/2022    1 recensioni
Fanfiction ambientata dopo la fine della 4° stagione (allerta spoiler!)
Isla ha ventisette anni quando accetta un impiego come istitutrice in Cornovaglia presso la tenuta di Trenwith. George invece, ormai sulla soglia dei quaranta, si è letteralmente catapultato nel lavoro e nella politica per mettere al tacere il dolore che lo tormenta dalla morte di Elizabeth.
Isla rappresenta per lui la più fresca delle novità: è intraprendente, dolce e amorevole col piccolo Valentine, di cui è diventata la sua migliore istitutrice. Tra i due c’è un semplice rapporto di educazione e rispetto, ma il destino ha in serbo per entrambi qualcosa di completamente diverso, e forse per George riserva ancora l’opportunità di amare di nuovo.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, George Warleggan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quattro.
 
Trenwith si preparò alla Vigilia di Natale con un clima del tutto differente rispetto a quello di sempre. La casa profumava di odori diversi, di portate che sarebbero rimaste a bollire e a cuocere per una giornata intera, di buono e calore. George aveva dato ordine che si facessero le cose come si deve pure se a tavola sarebbero stati solo in quattro: lui, Valentine, suo zio e l'istitutrice di suo figlio, cinque a voler contare pure la piccola Ursula.
Isla poté giurare di sentire, finalmente da quando si era stabilita lì, una parvenza di luce in quel posto, che aveva invece spesso trovato spettrale e antiquato.
Si era svegliata di buon mattino e aveva riletto la lettera dei suoi genitori arrivata qualche giorno prima, per cercare di formulare un testo di senso compiuto con il quale riuscire finalmente a dare una risposta a quelle parole insulse che aveva già letto.
I suoi genitori non erano contenti che avesse deciso di rimanere in Cornovaglia per le vacanze di Natale, ma comprendevano la sua scelta di non voler intraprendere un viaggio che le sarebbe costato giorni e salute, dato che affrontare un tragitto molto lungo sfidando il clima rigido e la neve della Gran Bretagna, di quei tempi, non rientrava esattamente nella sua idea di felicità.
Era consapevole che in realtà quella lettera fosse stata scritta più dalla mano di sua madre, che da quella di suo padre. Certo, anche suo padre sapeva essere pesante quando ci si metteva, ma sua madre... aveva capito che fosse stata più lei a scrivere quella lettera non solo dalla piega petulante con cui aveva preso piede il discorso, ma anche dal modo in cui aveva totalmente ignorato quello che le aveva raccontato su George e sulla sua famiglia nelle lettere precedenti.
Sua madre aveva parlato soltanto del matrimonio di sua sorella, avvenuto la scorsa estate, e di come, mesi dopo, non fosse ancora riuscita a rimanere incinta. Sua madre sembrava essere già disperata, sua sorella era a malapena sposata da qualche mese e già si davano per spacciate.
"Non solo una delle nostre figlie non ha intenzione di sposarsi, ma quella che ci è riuscita non aspetta ancora un bambino!" recitava una delle parti della lettera. E lei era consapevole che sua madre non le avesse lanciato soltanto una frecciatina, ma praticamente l'arco, tutte le frecce e pure il bersaglio.
Anche senza volerlo, aveva la stessa sensibilità di un sasso di pietra. E la roba totalmente assurda era che, anche dopo averci riflettuto, non se ne rendeva comunque conto.
Isla sbuffò, la testa iniziava a farle male. Accartocciò la lettera dei genitori e la rigettò in un angolo della propria scrivania. Non aveva la voglia e l'intenzione di rispondere in maniera celere a quelle parole che avevano avuto soltanto l'effetto di innervosirla esattamente come la prima volta che le aveva lette.
Si alzò dalla sedia accanto alla scrivania e andò a darsi un'altra occhiata allo specchio prima di uscire dalla camera. La colazione era già pronta quando giunse in sala da pranzo, e la famiglia Warleggan era già completamente riunita attorno al tavolo: Valentine si stava spalmando del burro su una fetta di pane, George faceva lo stesso sorridendo al figlio dell'inaspettata coincidenza.
Sembrava diverso dalla notte in cui Valentine aveva avuto la febbre. Per due o tre giorni l'influenza aveva continuato a ripresentarsi a momenti alterni, ma poi, fortunatamente, era andata via così com'era arrivata. In realtà Isla aveva l'impressione che a Valentine quella febbre fosse venuta più per lo stress che per un colpo di freddo.
E, a giudicare dal suo nuovo atteggiamento, anche George pareva essersene accorto, perché Isla doveva ammetterlo, era migliorato molto come padre. Da quando era ritornato da Londra non si era mai più allontanato dalla Cornovaglia, continuando a gestire tutti i suoi affari da Trenwith o dalle vicinanze.
La priorità sembravano averla adesso soltanto Valentine e la piccola Ursula, visto che nei giorni scorsi aveva passato più tempo assieme ad entrambi i figli. Sperò che continuasse così perché ora quella casa era proprio un bel vedere, e si augurò che quel suo nuovo aspetto non fosse dovuto soltanto all'atmosfera più rilassata e raccolta delle feste natalizie.
Isla andò a sedersi accanto a Valentine, ormai quello era il suo posto. La stanza era piacevolmente silenziosa, interrotta soltanto dal tintinnio delle posate o da qualche chiacchiera sul tempo e sui programmi della giornata. L'unico contrariato sembrava Cary Warleggan, ma non che fosse una novità. Cary Warleggan era contrariato di natura.
George sarebbe rimasto a casa per tutta la giornata e anche per la mattina di Natale. Isla fu sorpresa che le avesse lasciato libertà per l'intera giornata, ma quando le aveva spiegato che avrebbe voluto passare da solo un po' di tempo con Ursula e Valentine, Isla fu ben felice di scomparire per qualche ora.
Si fece prestare una delle carrozze e ne approfittò per fare una visita agli Enys, giusto il tempo di un tè e di farsi aggiornare da Caroline sulle ultime novità. Non c'era nulla di particolarmente succulento da conoscere, la vita scorreva abbastanza tranquilla negli ultimi tempi e i pettegolezzi che aveva ricevuto nell'ultimo periodo non avevano nulla di interessante. Dwight lavorava come un matto anche il giorno della Vigilia, ma Caroline contava di averlo tutto per sé almeno in serata.
Fu contenta che Isla fosse passata per un saluto, e dopo una serie di insistenze riuscì a convincerla a restare anche per pranzo.
Le raccontò che lei e Dwight avrebbero cenato quella sera a Nampara, a casa di Ross e Demelza. La coppia aveva anche un paio di figli, ma a parte aver sentito parlare di loro, da quando aveva conosciuto le sue amiche, Isla non aveva ancora avuto modo di incontrarli.
Si chiese se Caroline non avesse mai pensato a diventare mamma anche lei, ma poi si frenò dal domandarglielo direttamente. Non solo le parve una domanda inopportuna da fare, ma si sentì fin troppo simile a quella madre impicciona che tanto aveva criticato in mattinata. Immaginò come dovesse sentirsi sua sorella Mary con tutta quella pressione addosso: aveva appena ventuno anni, era ancora giovanissima,
Mary non era forte, anzi, di natura era piuttosto mite e debole, si lasciava facilmente condizionare. Sua madre era sempre stata brava a trasformarla in quello che voleva, ecco perché sua sorella minore era da sempre la sua cocca, proprio perché, a differenza di Isla, ubbidiva come un perfetto soldatino.
"Se volessi unirti a noi, sono sicura che riusciremmo a trovarti un posto a Nampara."
Ed era vero. Isla era certa che le avrebbero trovato una sedia anche ammassandosi fra loro, pure se si fosse presentata all'improvviso a casa di Ross e Demelza.
"Verrei con piacere" ammise. "Ma ho già accettato di passare il Natale a Trenwith."
Se fino a qualche settimana prima i Poldark le avessero rivolto un invito del genere, Isla avrebbe voluto andarci con tutte le sue forze, ma ora, doveva ammetterlo, l'idea di passare la Vigilia assieme ai Warleggan non le dispiaceva affatto.
Dopo un pranzo leggero, poiché entrambe erano certe che il meglio sarebbe arrivato la sera a cena, Caroline insistette per mostrarle l'abito che si era fatta confezionare qualche settimana prima in occasione della Vigilia. Non era sfarzoso e pomposo, come si sarebbe immaginata: era di stile imperiale, e di color rosa pesca, con un nastro bianco da legare attorno alla vita. Sembrava perfetto per una cena tra amici.
Quando chiese a lei che abito avrebbe indossato, Isla le rispose che si sarebbe rimessa lo stesso vestito rosa che le aveva portate ad incontrarsi. Dopo quella risposta, Caroline non disse niente, ma la trascinò direttamente in una stanza, che Isla diede per scontato fosse la camera che condivideva con Dwight.
Caroline passò a setaccio il suo intero armadio, di fronte alla totale confusione della sua amica, spiegandole che non c'era verso che si sarebbe presentata alla Vigilia di Natale con qualcosa di già visto. Isla non sapeva dove guardare, se osservare l'opulenza della camera da letto di quella casa o cercare di fermare la sua amica da una missione inesistente.
Sembrava che prendesse quella cosa troppo sul serio...
"Caroline... è solo una cena di famiglia" le fece notare, spalancando le braccia.
"Oh no, no. Per queste occasioni c'è bisogno sempre di qualcosa di nuovo!" esclamò lei con fare civettuolo.
Isla fece per ribattere che in realtà stava per passarle un vestito usato, ma non ne ebbe il tempo. Caroline aveva tirato fuori dal suo guardaroba due abiti davvero splendidi: uno era di un colore rosso scuro, da abbinare ad un colletto di merletto; il secondo invece era di un verde molto intenso, probabilmente si era ricordata che era il suo colore preferito.
Isla li provò entrambi e in tutti e due calzò alla perfezione: lei e la sua amica avevano più o meno la stessa fisicità ed erano quasi alte uguali. Per entrambi i vestiti le consigliò anche le pettinature giuste in cui acconciare i capelli.
"Te li riporterò dopo le feste" disse Isla a Caroline, quando si accorse che, nonostante fosse ancora presto, il sole iniziava già a scurire dietro le finestre.
Caroline la accompagnò fino alla porta e poco prima che mettesse piede all'esterno, si protese verso di lei e le diede un abbraccio che purtroppo non riuscì a ricambiare a causa delle scatole che contenevano i vestiti.
"Puoi tenerli. Ne ho tanti di vestiti e a te stanno così bene che voglio darteli."
"Ma Caroline..."
"Considerali un regalo di Natale" la liquidò senza ammettere repliche.
"Ma io non ti ho fatto alcun regalo."
"Non ha importanza" le sorrise gioiosa. "Buon Natale, Isla."
"Buon Natale anche a te, Caroline."
* * *
La sera scese velocemente su Trenwith e, mentre i suoi inquilini erano impegnati a prepararsi per la cena della Vigilia, tutto il personale domestico aveva unito le energie per portare a termine un banchetto degno di un vero reggimento. La tavola era stata apparecchiata con colori accesi e con il servizio di piatti e posate riservato alle occasioni speciali. Più tardi, quando la luce del sole tiepido d'inverno aveva iniziato a spegnersi dietro le scogliere e sulla neve della Cornovaglia, i domestici non avevano perso tempo ad accendere candelabri lungo tutto il perimetro della sala da pranzo con lo scopo di ricreare un atmosfera calda, luminosa e rilassata.
George fu il primo a scendere le scale per il piano inferiore, quando fu quasi orario di cena. Si sentiva bene nel suo completo blu notte con il colletto di ghirigori dorati. Aveva anche tagliato i capelli da solo con un discreto risultato, e ora si sentiva più leggero, come se avesse eliminato anche tutti i pensieri negativi dell'ultimo periodo.
Camminando per la sala da pranzo, osservò soddisfatto l'operato dei suoi domestici, e poi, con coraggio, fece quello che si era ripromesso di fare: si avvicinò al ritratto di Elizabeth e, con un gesto secco, ne tirò giù il lenzuolo bianco che lo copriva alla vista di qualunque sguardo.
Dovette aggrapparsi al bordo di una sedia per non cadere a terra e prese un lungo respiro cercando di ritrovare se stesso. Elizabeth era matronale nel suo lungo abito rosso che le aveva spesso visto indosso. Era stato lui ad insistere perché si mettesse quel vestito per il ritratto e lei lo aveva accontentato, ma la verità era che sua moglie sarebbe stata splendida in ogni caso, anche con uno dei suoi completi da uomo, se avesse voluto.
Si asciugò gli occhi. Non piangeva da parecchio tempo, da quando aveva dovuto combattere il dolore per se stesso e per la sua famiglia, e in quel lungo processo soltanto Dwight Enys era riuscito ad aiutarlo a vedere la luce. Per molto tempo se n'era tenuto alla larga poiché amico di Ross, ma quando era stato necessario, aveva dovuto ricorrere al suo aiuto e si era trovato a dover ammettere l'evidenza. Era stato l'unico dottore a comprendere che le sue visioni su Elizabeth, poco dopo la sua morte, non potevano certo essere spiegate con la diagnosi di un demone interiore: erano vecchie dicerie che anche gli uomini di scienza continuavano a tramandarsi, forse perché nessuno aveva ancora studiato abbastanza a fondo i meccanismi della mente per riuscire a vederci finalmente qualcosa.
E quando ad andare contro a quel folto gruppo di medici che sostenevano la stessa cosa era stato persino suo zio Cary, Dwight Enys era intervenuto ed era stato la sua salvezza. Era vero, George aveva ancora molto contro cui combattere, ma stava meglio, e ora, finalmente, poteva guardare il ritratto di Elizabeth senza incorrere nel rischio di impazzire.
Valentine fu l'unico che lo distrasse da quel fluire di pensieri: se prima lo scalpiccio dei suoi passi era veloce ed impaziente lungo le scale, a mano a mano che si avvicinava alla sala da pranzo e a lui, si fece molto meno frenetico. A guardare quegli occhi spalancati dallo stupore per il ritratto di Elizabeth, George quasi faticava a restare serio.
"Papà, il quadro della mamma..."
"Sì, Valentine."
"Di solito non togli mai il lenzuolo."
"Ho pensato che per Natale si può fare un'eccezione."
Valentine sorrise e gli piombò letteralmente addosso, in un abbraccio sincero che da troppo tempo non gli riservava. George restò quasi di stucco di fronte a quel gesto d'amore così improvviso, un po' perché lui stesso non ne era mai stato abituato, e gli fece una carezza impacciata sulla testa. Per Valentine anche solo quello significava molto.
"Buonasera." Una voce parlò dietro di loro. "Spero di non aver fatto tardi."
Padre e figlio si voltarono e videro Isla: era un'autentica visione e sarebbe stato da bugiardi non ammetterlo. George le aveva sempre visto i capelli raccolti, ma per quella sera li aveva lasciati liberi di ondeggiare lungo le spalle, tirando soltanto un paio di ciuffi dietro la testa. Non aveva bisogno di alcun gioiello perché bastava il portamento fiero con cui indossava l'elegante vestito rosso scuro che l'amica Caroline le aveva regalato.
"No, nessun ritardo, Isla" la rassicurò George, dopo qualche istante di silenzio. "Mio zio non è ancora arrivato."
"Papà!" Valentine lo tirò per una manica. Lui lo guardò per un attimo con una certa perplessità. "Dovresti dire ad Isla che è davvero bella!"
Isla sorrise, forse un po' in imbarazzo per quell'uscita innocente di Valentine, e a George venne da fare lo stesso. Suo figlio guardò entrambi gli adulti in quella stanza come se non lo avessero capito.
"Papà, non sto scherzando!" sussurrò, ma in realtà Isla lo sentiva benissimo. "Forza, diglielo."
George avrebbe voluto ammonirlo, e lo avrebbe fatto in un altro momento, ma la situazione era talmente surreale e paradossale che gli venne spontaneo reggergli il gioco.
"Isla, siete... siete molto elegante."
Isla sorrise, un po' divertita dall'imbarazzo di George, ma comprese che stava solo accontentando suo figlio e che non c'era niente di malizioso in quel complimento.
Gli rispose a sua volta: "Grazie, sir. Anche voi lo siete."
Ma Valentine non sembrava per niente soddisfatto.
"Papà! Ti avevo detto di dirle che è bella, non che è elegante!" brontolò a voce bassa, poi si portò una mano alla fronte come se avesse a che fare con un caso perso.
Ad Isla uscì fuori la risata più genuina e cristallina che George avesse mai sentito negli ultimi tempi. Abituato ai ricevimenti e ai suoi clienti, aveva scordato il suono di una bella risata sincera. Quanto tempo era passato da quando anche lui aveva sorriso così di gusto?
Dopo quella scenetta, Isla, alzando gli occhi verso l'alto, si accorse del quadro. Si chiese come diamine non le fosse saltato all'occhio visto che la prima cosa che aveva adocchiato, al suo ingresso a Trenwith, era stato proprio quel ritratto appeso alla parete e coperto per metà. Nel periodo successivo in cui aveva ricominciato a lavorare, però, qualcuno lo aveva coperto di nuovo.
"Mia moglie Elizabeth" spiegò George, osservando il suo sguardo assorto. "La madre di Valentine."
Isla ritornò a guardare il suo datore di lavoro e rispose sinceramente: "Una donna incantevole."
Ora che poteva vedere per intero quel ritratto, Isla riconfermò la prima impressione avuta: era certa che, anche per metà, quel quadro doveva aver reso giustizia ad una donna che in vita doveva essere stata veramente bella. Adesso che la vedeva meglio, riconosceva finalmente quelle somiglianze in Valentine che non aveva trovato in George.
"Venite." Fu lui ad interrompere il flusso dei pensieri, facendole segno di raggiungere il suo posto a tavola. "Ho sentito il rumore di una carrozza. Credo che mio zio sia arrivato."
* * *
Quel 24 dicembre, Isla si scordò totalmente dei suoi dubbi e delle sue perplessità sui Warleggan. La cena della Vigilia non lasciò nessuno insoddisfatto, tra portate di carne e di pesce, contorni vari, zuppe e dolci fatti di frutta e glasse varie. Ognuno fece un assaggio di tutto.
Isla si sentiva un po' come su una nuvola, colpa forse della pancia piena o di un bicchiere di brandy di troppo che le aveva screziato le guance di un rosso piuttosto tenue.
In quelle condizioni anche Cary Warleggan appariva l'essere più amabile e divertente di tutta la Cornovaglia. Forse perché aveva bevuto anche un po' più dei suoi familiari e infatti, a causa di questo, si era lasciato andare a sproloqui senza senso di fronte al caminetto, arricchendo aneddoti della sua vita di particolari talmente assurdi di cui Isla era certa che, al mattino, non avrebbe ricordato nemmeno un particolare. Anche George era un po' brillo, ma il giusto, e se Valentine era rimasto sveglio assieme agli adulti, era solo perché lo zio Cary era un autentico spettacolo comico da non perdere.
Poco dopo però, quando la pesantezza del brandy e di quella cena iniziarono a farsi sentire, Cary Warleggan crollò su una delle poltrone ed iniziò a ronfare senza alcun tipo di ritegno, cosa che, nell'improvviso silenzio del salottino, aveva fatto scoppiare tutti in una risata liberatoria. George nemmeno sembrava essersene reso conto.
Sembrava persino più umano col colletto slacciato e il volto piacevolmente intontito dal bicchiere di troppo. Per un po' lui, Isla e suo figlio giocarono a carte, ma bastarono un paio di partite per tramortirli visto che Valentine ormai faticava a restare sveglio, ed anche George e Isla cominciavano ad avvertire la stanchezza. Valentine fu portato in camera da George stesso, Isla si ritirò nella propria.
Al mattino successivo, la situazione si fece decisamente più tiepida rispetto a quella della sera precedente, complice anche un sonno ristoratore. A colazione ogni membro di quella casa toccò poco e niente, forse per riuscire a digerire anche il grande pranzo di Natale, dopo la movimentata cena della sera precedente.
Cary Warleggan invece, risultava meno divertente rispetto alla sera precedente perché a causa della sbornia si era svegliato con una terribile emicrania e non aveva voluto saperne di uscire di casa nemmeno per la messa. Senza contare che, restarsene a dormire una notte intera su una poltrona, non era molto saggio alla sua età. Si sentiva la schiena a pezzi.
In realtà, la sera prima, George aveva anche provato a svegliarlo dal suo sonno catatonico dovuto all'ubriacatura, ma non vi era stato verso di portarlo fuori dal mondo dei sogni. Gli aveva steso una coperta addosso e lo aveva lasciato dormire lì.
Così, soltanto Valentine, Isla e George uscirono per andare a messa. La chiesa era un piccolo edificio di colore bianco, con un tetto di legno spiovente. Al suo interno c'erano pochi banchi dove non poteva sicuramente entrare tanta gente. 
Tra le file, Isla riconobbe Demelza sotto ad un capello di paglia e le fece un breve saluto con la mano, accanto a lei invece c'erano suo marito e due bambini adorabili, un maschio e una femmina, sicuramente i suoi figli. Isla li guardò per un attimo, e fece ad entrambi un salutino che però fu ricambiato soltanto timidamente. Più avanti, seduti al secondo banco, c'erano anche gli Enys.
George non salutò nessuno. La funzione durò un'oretta e mezza e quando uscirono dalla chiesa, Isla ne approfittò per andare a fare un veloce augurio sia agli Enys che alla famiglia Poldark, cosa che la portò a meritarsi l'occhiataccia del suo datore di lavoro e che lei, prontamente, ignorò. Ormai al ricevimento degli Enys aveva già espresso la sua opinione sui Poldark, invitando George a non immischiarsi nelle sue amicizie: indipendentemente dai suoi attriti, lei avrebbe frequentato chi voleva.
Dopo aver fatto quattro chiacchiere anche con Clowance e Jeremy, i figli dei Poldark, Isla aveva capito che non era il caso di mettere a dura prova la pazienza di George, che, già intirizzito dal freddo e dalla neve della Cornovaglia, continuava a fissarla assieme a Valentine dall'esterno della carrozza. 
Si era perciò diretta verso l'angolo di strada dove se ne stavano fermi, ma mentre lo faceva, Valentine iniziò a correre e George cercò di afferrarlo da dietro quando per un attimo suo figlio rischiò di scivolare sulla neve. In un primo momento, Isla credette che stesse correndo verso di lei (il motivo le risultava incomprensibile), ma invece la sorpassò e quando si voltò per capire dove fosse diretto, si accorse che aveva raggiunto un ragazzo biondo fermo vicino agli Enys e i Poldark e che prima non c'era.
"Geoffrey Charles!" urlò, fiondandosi tra le sue braccia.
Il ragazzo, che avrebbe potuto avere sui diciassette, diciotto anni, lo accolse con lo stesso entusiasmo e lo tenne stretto a sé sicuramente per un minuto buono. Sembrava che entrambi non si vedessero da una vita intera e a giudicare dalla confidenza che quel giovanotto sembrava avere sia con Ross, che con Demelza, era ovvio che fosse o un loro parente o un amico di famiglia. 
Isla si sentì sempre più confusa e intuendo che la sua perplessità fosse palese, quando si avvicinò a George, fermo con le braccia dietro la schiena, sembrò incitarlo a proferire delle spiegazioni.
"Geoffrey Charles Poldark" le disse, ripetendo quel nome come una cantilena. "Il figlio di mia moglie e di Francis Poldark, il suo primo marito."
Isla si voltò per un paio di volte da una direzione all'altra. Questo legame tra i Warleggan e i Poldark era del tutto inaspettato. Pur essendo parecchio incuriosita, non osò chiedere altro soltanto guardando la faccia di George, contrariata come poche cose nella vita. Sembrava tornato lo stesso uomo algido e rigido di sempre, come se quello esistito la sera della Vigilia fosse soltanto una sua brutta macchietta.
L'astio che George Warleggan sembrava provare per il ragazzo non era soltanto palese, ma sembrava addirittura contraccambiato quando quello gli si avvicinò porgendogli un saluto di cortesia. Era ovvio che, con Valentine tra le braccia, quel ragazzo lo stesse facendo soltanto per il fratellino.
"Buon Natale, zio George."
Isla sentiva gli occhi diventare matti per tutte quelle informazioni insieme.
Cosa diamine stava succedendo?
 

 
Angolo dell’autrice
Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo. Credo che, fra tutti quelli che ho scritto fino ad adesso (al momento, sul mio pc, la ff conta 7 capitoli), sia uno dei miei preferiti e probabilmente resterà tale.
Ho voluto regalare ai Warleggan un po' di serenità. E in fondo, anche queste piccole parentesi idilliche, servono a rafforzare il legame di Isla con la famiglia presso cui lavora. E poi... il vero protagonista di questo capitolo è il caro zio Cary! Sono certa che, in fondo in fondo, sia un vero burlone. Certo... molto in fondo!
Nel frattempo, nella prima parte, cominciamo a conoscere anche qualche aspetto della famiglia di Isla... vi posso solo anticipare che non avrà un ruolo così marginale, ma che col passare dei capitoli diventerà sempre più importante!

Ne approfitto anche per ringraziare nuovamente chi lascia un parere alla mia storia. Per me è fondamentale, perché mi sprona ad andare avanti e mi aiuta a migliorare.
Vi abbraccio e ci risentiamo alla prossima (spero di non dover far passare troppo tempo per aggiornare come adesso).
Lady Warleggan
   
 
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