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Autore: Lady Warleggan    03/04/2022    1 recensioni
Fanfiction ambientata dopo la fine della 4° stagione (allerta spoiler!)
Isla ha ventisette anni quando accetta un impiego come istitutrice in Cornovaglia presso la tenuta di Trenwith. George invece, ormai sulla soglia dei quaranta, si è letteralmente catapultato nel lavoro e nella politica per mettere al tacere il dolore che lo tormenta dalla morte di Elizabeth.
Isla rappresenta per lui la più fresca delle novità: è intraprendente, dolce e amorevole col piccolo Valentine, di cui è diventata la sua migliore istitutrice. Tra i due c’è un semplice rapporto di educazione e rispetto, ma il destino ha in serbo per entrambi qualcosa di completamente diverso, e forse per George riserva ancora l’opportunità di amare di nuovo.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, George Warleggan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cinque.
 
Come quel 25 dicembre si fossero ritrovati a passeggiare lungo la spiaggia lui, Isla, Valentine e Geoffrey Charles, George ancora non sapeva spiegarselo.
La temperatura di quella mattina era clemente e permetteva una breve passeggiata, ma il sole era ancora troppo tiepido per scaldare o per sciogliere la neve distesa qua e là sulla sabbia, neve in cui affondavano anche le sue scarpe costose. Erano calzature "speciali" perché il più delle volte facevano solo la sua figura, visto che si presentavano bene sotto ai suoi completi, ma in realtà erano un vero tormento per le dita dei piedi.
Dopo la messa, non se l'era sentito di dire di no a Valentine quando aveva visto Geoffrey Charles, almeno non nel giorno di Natale. Certo, aveva considerato che suo figlio di recente si fosse beccato la febbre e che quel giorno il clima della Cornovaglia continuasse a non essere gentile. Forse sarebbe stato il caso di tornare a Trenwith, pure se Geoffrey Charles non si sarebbe fermato a lungo (avrebbe passato il pranzo di Natale a Nampara): poi però aveva pensato che il suo figliastro non solo non avrebbe voluto metterci più piede (lui era un Poldark e ormai, in quella casa, non restava più niente della sua famiglia e dei suoi avi), ma lo stesso George non voleva ritrovarselo in giro per casa, col rischio di dover aggiungere un posto in più a tavola per non essere scortese o per non far dispiacere Valentine.
Quando Geoffrey Charles aveva proposto una passeggiata lungo la spiaggia, dato che non la vedeva da un po', e Valentine aveva annuito entusiasta, George non aveva detto niente per rifiutare. In fondo si sarebbe trattato soltanto di un'ora: Geoffrey Charles avrebbe passato un po' di tempo con il fratellino, Valentine sarebbe stato felice e lui non doveva per forza fingere di sembrare contento. Anche se ci fosse stata Elizabeth, i suoi rapporti con il figliastro si sarebbero limitati al minimo indispensabile.
La spiaggia era bellissima, rifletté Isla, e in effetti era da parecchio tempo che, a causa delle neve o delle temperature troppo fredde, lei e Valentine non avevano potuto fare una bella passeggiata lungo la battigia. Osservò quasi incantata le onde calme che riportavano sulla sabbia tanti pezzettini ghiacciati, come i resti di un quadro rotto. In sottofondo si sentivano soltanto il verso dei gabbiani, il rumore delle onde e le risate e le voci allegre dei due fratelli.
Quando si voltò verso di loro, vide Geoffrey Charles far volteggiare Valentine con le braccia, lamentandosi scherzosamente che ormai stava crescendo e che quasi non riusciva più a tenerlo in braccio per quanto stesse diventando pesante, ma evidentemente, quelle lamentele, sembravano non bastare affatto a placare la gioia che Isla vide sul volto di Valentine.
"Geoffrey Charles quanti anni ha?" chiese a George, mentre i due camminavano dietro ai fratelli, ma a distanza debita per permettere loro di giocare.
George fissava un punto indistinto davanti a sé.
"Diciassette."
Isla si sfregò le mani infreddolite.
"Vi ha chiamato zio, dovete essere molto legati."
In realtà soltanto a guardare le occhiate di astio che si era lanciati fuori la chiesa lui e Geoffrey Charles, e pure dal fatto che si fossero parlati a malapena fino a quel momento, non ci voleva certo una scienza a comprendere che non si sopportassero. Isla aveva fatto quella domanda soltanto per saperne di più, per conoscere qualcosa in più su quel legame tra i Poldark e i Warleggan.
"Sono stato suo padrino di battesimo quand'è nato e qualche anno dopo ho sposato sua madre, ma i legami fra noi finiscono qui" spiegò George, con un tono che sembrava non ammettere ulteriori domande. "È da quando lei è morta che non ho più sue notizie. Chi si occupa di lui adesso... è suo zio."
Isla si pizzicò il naso diventato rosso a causa del freddo e non le richiese troppo tempo capire chi fosse lo zio a cui George alludeva. Era chiaro che si trattasse di Ross Poldark. Quello che la lasciava perplessa però, era la totale indifferenza che sembrava nutrire nei riguardi del figliastro: possibile che il legame che lo aveva unito alla madre non significasse abbastanza per preoccuparsi di quel ragazzo? Era vero, avrebbe raggiunto i diciotto anni l'anno successivo, ma dopotutto a quell'età Isla era assolutamente consapevole che non si può essere del tutto giudiziosi. Si è troppo giovani!
Aveva così tante domande che le ronzavano in testa che non poté anche fare a meno di notare quanto quella giornata si stesse presentando come l'opposto di quella precedente. Il George che aveva visto la sera prima, intontito dal brandy o dall'atmosfera ciarliera della Vigilia era tornato impettito, come se l'arrivo di Geoffrey Charles avesse riportato a galla un passato che aveva cercato di seppellire, forse qualcosa di appartenente a quella faida su cui nessuno voleva essere chiaro fino in fondo con Isla.
"Non... sapete di cosa si occupa attualmente?" provò ancora a chiedere, per portare avanti la conversazione. Sperò di non infastidirlo.
Ma George non sembrava seccato, almeno non da lei e dalle sue domande.
"Qualche anno fa frequentava un collegio in cui l'ho spedito io stesso ma... poi, come vi ho già detto, si è occupato suo zio Ross della sua educazione."
Isla dovette fermarsi un attimo per riordinare quell'albero genealogico immenso. Era ovvio che avendo gli stessi cognomi, Geoffrey Charles dovesse essere per forza parente della famiglia Poldark, ma non pensava che il legame fra loro fosse così stretto. Probabilmente, intuendo ancora la sua perplessità anche senza esprimerla a voce, George precisò che Ross e Francis (il padre di Geoffrey Charles), erano cugini.
Isla non guardò più il suo datore di lavoro, ma avrebbe volentieri commentato quel suo scarso disinteresse verso il figliastro per cui, in un qualche modo, lei invece si sarebbe sentita responsabile: rifletté ancora, ripensando a quel legame tra George e la moglie defunta, e quando le tornò alla mente il modo in cui aveva fissato il quadro che la ritraeva, si diede mentalmente della stupida per aver pensato che non l'avesse amata. Quello sguardo trasognato e malinconico, aveva detto più di mille parole... ma allora perché George parlava con tanto disprezzo di quel ragazzo? Che cosa gli aveva fatto di male? Possibile che questa faida con i Poldark stesse sfiorando il ridicolo per cui dovesse andarci di mezzo un ragazzo?
Isla non chiese nient'altro, ma si girò. Geoffrey Charles stava tornando da lei e George con Valentine in braccio.
"Mi iscrivo alla scuola militare, zio George" disse il ragazzo all'improvviso, come se avesse continuato un discorso iniziato molto prima. "Comincio il prossimo anno."
George annuì, ma in realtà era evidente che non gliene fregasse niente.
"Bene. Vedo che seguirai, in un qualche modo, gli stessi passi di tuo zio."
"Zio Ross? Oh beh, se raggiungessi anche solo un minimo di quello che ha raggiunto lui in tutta la sua vita, per me sarebbe un grande traguardo."
Una folata di vento gelido fece rabbrividire Isla, ma non seppe dire se fosse dovuto al clima della Cornovaglia o per la tensione che si era appena creata. Si sentiva ancora più confusa di prima, le mancavano pezzi di quella conversazione, non conosceva abbastanza Ross Poldark per comprendere bene tutta quella situazione: aveva sentito Demelza parlare di lui, ma era ovvio che, nelle loro conversazioni, non si intrattenessero di certo sul passato del marito.
Stavolta la strafottenza di George si era trasformata in un autentico fuoco nei suoi occhi, e sembrava che lo stesso Geoffrey Charles se ne fosse accorto, perché sulle sue labbra si era aperto un sorrisetto soddisfatto. Isla ebbe l'impressione che lì, su quella spiaggia, Valentine non fosse l'unico bambino.
In realtà non poteva sapere che Geoffrey Charles, con quella frase, avesse segnato un nuovo confine tra i Poldark e i Warleggan: lui era nato sotto il nome dei Poldark e come tale avrebbe difeso sempre il suo casato. Avrebbe portato avanti le idee di suo padre con tutto se stesso.
Isla stava per intervenire, per dire qualcosa, qualunque cosa, prima che Geoffrey Charles riprendesse la parola. Si voltò verso di lei, osservandola con un sorriso, uno onesto, non uno di quelli che aveva riservato soltanto a George, fino a quel momento. Si erano velocemente presentati fuori alla chiesa e da allora non avevano più parlato, ma doveva ammettere che anche in quel breve momento, il ragazzo era sempre stato gentile con lei.
"Signorina Wood, come vi trovate qui in Cornovaglia? Siete di queste parti?"
Geoffrey Charles iniziò a camminare con Valentine tra le braccia, costringendo lei e George a fare altrettanto. Quest'ultimo però, camminava un passo dietro di loro, come a non voler entrare nella conversazione.
"No, sono scozzese."
Geoffrey Charles sembrò colpito e sinceramente interessato. "Di dove esattamente?"
"Thurso."
"Nelle Highland! Meraviglioso!"
Iniziò da lì una lunga conversazione sulla cittadina natale di Isla, sulla sua famiglia e sulla loro attività di proprietari terrieri, poi sugli studi che aveva condotto e infine sulle città in cui aveva vissuto lavorando come istitutrice. Geoffrey Charles le raccontò di Londra, sorridendo all'inaspettata coincidenza che non si fossero mai incontrati, le disse anche dei posticini in cui aveva lavoricchiato e studiato: si vedeva che era un ragazzo buono, ma pure un bel po' scapestrato. Isla non poté fare a meno di provare pena per lui: doveva aver perso il padre da bambino, e poi la vita gli aveva strappato anche la madre, quindi doveva veramente sentirsi solo al mondo.
Valentine restò ad ascoltare i loro racconti, affascinato dalle avventure del fratello, era palese che stravedesse per lui, tanto quanto per il padre.
La conversazione sarebbe proseguita se non fosse stato però che, Valentine stesso, si fosse reso conto che George si era fermato in un punto della spiaggia, molto dietro di loro, come se non avesse alcun interesse a proseguire. Geoffrey Charles lo lasciò scendere dalle sue braccia per correre incontro al padre, che sentendosi chiamare, si voltò in direzione di Valentine.
"Come siete arrivata a mio zio George?" le domandò Geoffrey Charles improvvisamente.
Isla rimase stupita da come il suo tono di voce fosse letteralmente mutato ora che Valentine non era più con loro. Sembrava essere passato dalla cortesia alla più totale preoccupazione.
Isla cercò di rispondere comunque con tranquillità.
"Beh ecco... c'era un'inserzione sul giornale, ho scritto una lettera e poi è stato tutto un susseguirsi di cose."
Le venne spontaneo lanciare un'occhiata preoccupata in direzione di George, che però era distratto da Valentine. Piegato sulle sue ginocchia, all'altezza del figlio, il bambino gli stava indicando qualcosa in lontananza, in un punto imprecisato del mare.
"Mio zio George non è... non è esattamente una persona di cui fidarsi, ecco" sussurrò Geoffrey Charles.
Isla dovette sforzarsi di sentire la voce del ragazzo al di sopra del rombo delle onde e del verso dei gabbiani. Avrebbe voluto sbottare spazientita che era una cosa che le avevano già detto, ma nessuno si decideva a spiegarle che cosa diamine stesse succedendo.
"Ha sposato vostra madre... non era felice con lui?"
Geoffrey Charles si accorse che George li stava guardando, con fare un po' stranito, visto che ancora non si decidevano a tornare. Fece un cenno a Isla, come a voler intendere di camminare e continuare a chiacchierare fino a quando non sarebbero stati a portata d'orecchio di George e avrebbero dovuto improvvisare una conversazione decisamente diversa.
"Mia madre l'ha sposato perché mio padre l'aveva lasciata fra i debiti. Non è un comportamento molto degno, lo so, ma mio padre era molto più uomo di quanto non sia mio zio George" sospirò, poi continuò. "Ha sempre riconosciuto i propri errori e ha cercato di rimediare... certo, non posso fare a meno di ammettere che George abbia davvero amato mia madre, e che lei, dopo qualche tempo, abbia iniziato a provare qualcosa per lui... ma resta comunque il fatto che non sia una persona di cui ci si può fidare. Ero un ragazzino, ma mi accorgevo di tutto."
Isla continuò a guardare George, sulla spiaggia, per assicurarsi che non fosse sospettoso mentre li raggiungeva, ma lui era tornato ad ascoltare Valentine.
"Secondo voi, signorina, chi è che ha ridotto mio padre sul lastrico?"
Isla dovette trovare tutta la forza che avesse per non piantarsi con i piedi sulla spiaggia. Si vedeva che Geoffrey Charles volesse aggiungere qualcos'altro per spiegarsi meglio, ma evidentemente, la situazione in cui si trovavano non glielo consentiva.
Cercò di non sembrare troppo sconvolta mentre gli rispondeva.
"Geoffrey Charles, non sono qui per sindacare la vita di sir George, ma solo per fare da istitutrice a vostro fratello. Mi dispiace se le cose sono andate davvero così, ma... del resto, non mi importa. Voglio solo essere tranquilla nel mio lavoro."
Geoffrey Charles sembrò molto colpito da quella risposta, come se non l'avesse messa abbastanza in guardia. Ma in realtà, guardando meglio il volto di Isla, era palese che la sua confessione l'avesse stupita.
"Voi non fidatevi comunque di lui. Prendetelo come un consiglio personale."
"Perché me lo state dicendo?"
"Perché mi sembrate proprio una brava persona" le spiegò Geoffrey Charles, alzando le spalle. "Non... non avvicinatevi troppo a lui."
Isla dovette un attimo ad elaborare quella frase. Quando si rese conto da cosa avesse voluto metterla in guardia, restò interdetta. Che quel ragazzo avesse pensato per un momento che tra lei e George stesse nascendo un legame? Assolutamente no! Voleva rispondergli, e dirgli che quello che la univa a George si limitava ad un semplice rapporto di cortesia e rispetto, ma non riuscì ad aggiungere altro, proprio perché si accorse che erano arrivati quasi troppo vicino al soggetto della loro conversazione e quindi dovette immediatamente darsi un contegno.
Geoffrey Charles fu molto abile ad iniziare a parlare dei luoghi che avrebbe voluto visitare una volta che si sarebbe sistemato, dopo aver intrapreso la carriera militare. Parlava di terre lontane come se fossero dietro l'angolo, ma Isla non riuscì ad ascoltarlo più, troppo presa da quanto aveva saputo poco prima.
Geoffrey Charles riprese Valentine tra le braccia e i due fratelli ricominciarono a giocare insieme. Restò in disparte questa volta, lontana dai suoi accompagnatori, fissando distrattamente l'orizzonte davanti a sé come se potesse darle la risposta che stava cercando. Quando George fece cenno a Valentine che era ora di andare, solo in quell'istante Isla si rese conto di essere rimasta in silenzio per tutto il tempo.
Salutò Geoffrey Charles con un sorriso, mentre George gli fece un cenno della testa. Valentine e il fratello maggiore rimasero abbracciati per un minuto buono: quell'unica ora sarebbe stata tutto il tempo che avrebbero trascorso assieme per un bel periodo.
* * *
Il Natale a Trenwith fu abbastanza tranquillo, ovviamente niente al pari della Vigilia: sembrava che ormai l'umore di George si fosse spento, e che, appresso a lui, si fosse spento anche quello di tutta Trenwith.
Di fronte a quel mortorio, Isla si ritrovò a sperare che Cary Warleggan si ubriacasse di nuovo e mettesse in scena un altro dei suoi siparietti comici, ma evidentemente lo zio di George doveva aver imparato troppo velocemente la lezione: alla sua età non reggeva più l'alcool come quando era ragazzo, e quindi si era tenuto ben lontano dalla bottiglia di vino francese che il nipote aveva fatto mettere sulla tavola.
Nel pomeriggio riprese a nevicare e Isla non poté nemmeno suggerire a Valentine di uscire a giocare un po', così passarono la restante parte di quel Natale in salotto, assieme alla piccola Ursula. Era una bambina vivace e paffuta, molto più simile fisicamente a George di quanto non fosse Valentine. Gattonava per raggiungere il fratello maggiore da una parte all'altra della stanza: Isla sapeva che Valentine fosse geloso delle attenzioni che il padre dedicava alla figlia minore, ma quel pomeriggio, forse ancora complice quel che restava dello spirito natalizio, o forse che il padre si era praticamente ammutolito su una delle poltrone a leggere un libro, Valentine aveva giocato tutto il tempo con la sorellina e il pomeriggio era stato anche più piacevole del pranzo stesso.
Dopo quel Natale abbastanza piatto, all'inizio dell'anno nuovo, George fu costretto a tornare a Londra, visto che i suoi impegni politici nella capitale reclamavano la sua presenza, e la routine precedente al Natale ricominciò nuovamente.
Isla non vide George per tre settimane, per questo dovette sforzarsi con tutta se stessa di distrarre Valentine per evitare che crollasse nuovamente nelle sue crisi di pianto o che si ammalasse, cosa che in parte riuscì a fare con lo studio e soprattutto grazie alla piccola Ursula.
Isla e la sua bambinaia, di nome Emily, avevano deciso di far trascorrere ai due fratellini un po' più di tempo insieme. Emily aveva qualche anno meno di Isla, lavorava dai Warleggan da quando la piccola Ursula era poco più che una neonata e gli aveva fatto anche da balia. Era una ragazza molto educata e religiosa, con una lunga chioma di capelli neri che però teneva sempre sotto ad una cuffietta, due occhi dello stesso colore e un fisico decisamente minuto come quello di Isla.
Avvicinarsi a lei fu semplice, e si chiese come fosse stato possibile che, in quei mesi in casa, non avessero legato più di tanto. Collaborare perché i due fratelli facessero più amicizia non rientrava di certo tra le loro competenze, ma nessuna delle due ci vide niente di male: in poco tempo Valentine si affezionò talmente tanto ad Ursula che ormai, ad ogni occasione libera, non faceva che abbracciarla e coccolarla, e anche la sorellina sorrideva e faceva dei versetti gioiosi ogni volta che era con lui.
Avvicinarsi alla sorellina e smettere di esserne geloso aiutò decisamente Valentine a sentire meno la mancanza del padre.
* * *
Arrivò nel frattempo anche il compleanno di Caroline e Isla e Demelza si scervellarono parecchio per decidere cosa regalarle. Caroline in fondo aveva tutto e se desiderava qualcosa non avrebbe di certo avuto problemi ad ottenerla. Così, senza non poca fatica, Isla e Demelza riuscirono a non farle acquistare un cappello e un paio di guanti da passeggio abbinati che aveva adocchiato da un bel po' in un negozio di Truro, e glieli regalarono al suo compleanno.
Caroline organizzò una piccola cena in casa: il suo compleanno cadeva di sabato, proprio nel giorno libero di Isla. Aveva fatto preparare un carrè di agnello e purè di patate, un contorno con verdure ortolane, porto, acqua e whiskey.
Isla aveva accettato il suo invito. George era fuori città e chissà quanto altro tempo sarebbe passato prima che si rivedessero, mentre Valentine era rimasto assieme alla sorellina sotto la supervisione di Emily.
Al tavolo degli Enys erano stati invitati anche i Poldark, e quella fu un'occasione decisamente più ghiotta per lei di conoscere meglio Ross, il rivale di George, visto che le occasioni per incontrarli si erano a dir poco sprecate. Geoffrey Charles le aveva dato solo un assaggio del clima di attrito respirato tra le due controparti, e quella poteva essere la sua occasione per iniziare a vederci chiaro.
Ross non era solo affascinante da un punto di vista estetico, lo era anche nei modi, nella passione con cui parlava del proprio lavoro e del suo impegno politico: in passato era stato un soldato e ora anche lui a periodi alterni si recava a Londra. Scoprire che lui e George fossero rivali anche su quel lato non stupì più di tanto Isla: praticamente sembrava che il resto del mondo ce l'avesse col suo datore di lavoro.
"Sir George vi ha mai parlato del suo impegno politico?" le domandò Ross.
Le si rivolse così improvvisamente che Isla non capì immediatamente che si fosse riferito a lei.
"Oh, uhm... no, signor Poldark. Passo la maggior parte del mio tempo col figlio, non lo vedo quasi mai."
Ross ridacchiò.
"Non c'è bisogno di essere così formali, signorina Wood. Potete chiamarmi semplicemente Ross."
Isla sorrise. "Va bene. E voi potete chiamarmi semplicemente Isla."
Ross annuì.
"Mia moglie" continuò, lanciando uno sguardo d'intesa a Demelza. "Dice che siete scozzese."
Isla annuì, inghiottendo un pezzo della sua cena. "Sì, sono originaria di Thurso. La città alla fine della Scozia, come dice mio padre."
Ebbero una conversazione molto simile a quella avuta con Geoffrey Charles tre settimane prima, ma, a differenza del ragazzo, Ross Poldark non la convinceva: sembrava che si aspettasse di sapere di più, qualcosa che in realtà sembrava avere poco a fare con le sue origini. Purtroppo Isla non riuscì a capire dove volesse andare a parare.
Dopo che fu servito il dolce, Caroline e i suoi ospiti si intrattennero in chiacchiere davanti al fuoco. Demelza cantò per lei, un brano molto dolce che Ross sembrava conoscere bene dallo sguardo che rivolgeva alla moglie.
Anche Isla cantò, sotto insistenza di Caroline. Ovviamente non aveva la splendida voce di Demelza, che aveva lo stesso suono del canto di una ninfa, ma anche lei se la cavò: canticchiò una ballata scozzese, battendo le mani, senza alcun sottofondo musicale, e poco dopo anche la restante parte dei suoi nuovi amici si era unita al ritmo, pur non capendo mezza parola di quella canzone.
Si fece tardi. Dwight si offrì di accompagnarla visto che fuori era ormai buio e non si fidava a lasciarla andare da sola. La rassicurò dicendo che le avrebbe riportato l'indomani mattina il cavallo con cui era arrivata, così si infilarono nella carrozza e trascorsero assieme un tragitto silenzioso, intervallato soltanto dallo scricchiolio delle ruote o dai rumori tipici della notte. Ma quella parte di Cornovaglia era sempre tranquilla, e probabilmente anche a camminare da sola, non le sarebbe successo niente.
Trenwith era ancora illuminata da dietro le finestre. Isla non ne fu sorpresa, spesso i domestici restavano svegli fino a tardi per anticipare alcuni lavori del giorno successivo. Ringraziò Dwight della cortesia e del passaggio ed uscì dalla carrozza, congedata dal suo rassicurante sorriso.
Come Anne le aveva promesso, all'ingresso le aveva lasciato un candelabro ed una scatola di fiammiferi. La sala da pranzo poteva essere pure ancora illuminata, ma il piano superiore era totalmente al buio, segno che la restante parte della casa, fatta esclusione per i domestici, si fosse già ritirata a dormire.
Il pavimento all'entrata emise il solito suono cigolante, mentre lo percorreva col candelabro acceso. Quella casa era bella, ma necessitava di alcuni lavori perché era molto antica.
Aveva quasi raggiunto le scale, quando, una voce sottile la chiamò dalla sala da pranzo.
Isla ebbe quasi un mancamento quando, voltandosi, si accorse che il ritratto della signora Elizabeth era scoperto. Dopo Natale, George aveva immediatamente dato ordine di ricoprirlo, e per un attimo le venne l'assurdo terrore che a parlarle fosse stato proprio il fantasma di quella donna. D'altronde, non le sarebbe parso strano che in quella casa si aggirassero degli spettri. Era la prima impressione che aveva avuto quando vi aveva messo piede.
Si immobilizzò, pallida come un cencio, e non riuscì più a muoversi. Una forza invisibile la ancorava vicino alle scale.
"Isla, siete voi?" ripeté la voce.
Isla tirò un sospiro di sollievo e si tranquillizzò leggermente quando capì che si trattava, in realtà, di un uomo. Inspirò ed espirò, portandosi una mano al petto e raggiunse la sala da pranzo: si chiese come avesse fatto, mentre rientrava, ad ignorare la figura di George a capotavola. A dire il vero, a guardarlo bene, sembrava proprio lui il fantasma.
Era strano rispetto solito: sembrava trascurato, aveva i capelli spettinati e una faccia stravolta, due paia di occhiaie talmente profonde che sembrava non dormisse da giorni.
"Signore... non sapevo rientraste oggi" fu tutto quello che riuscì a dire.
In realtà non sapeva mai quando rientrasse. Non c'erano mai certezze con lui.
George la guardava, ma in realtà i suoi occhi erano vuoti, come se non fosse lì accanto a lei. C'era una bottiglia di liquore sul tavolo e un bicchiere accanto, ma a giudicare dal fatto che fosse vuoto e pulito, e che la bottiglia fosse ancora piena, non doveva essere ubriaco.
"Dove... dove siete stata?" le chiese, quasi balbettante.
Che si fosse già scolato un'altra bottiglia intera e quella sul tavolo era la seconda? Isla si tenne a debita distanza, ad un paio di sedie da lui.
"Era il compleanno di Caroline, signore. Mi ha invitata a cena a casa sua."
George annuì, ma in realtà, a causa di quello sguardo vacuo, non riusciva a capire se l'ascoltasse oppure no.
"Vi sentite bene?" gli chiese, inclinando un po' la testa.
"C'erano anche i Poldark alla cena, immagino..." fece. Non sembrava arrabbiato e nemmeno infastidito, ma soltanto rassegnato. Poi indicò il ritratto della moglie. "Sapete, anche lei è stata una di loro... amata da ben due Poldark..."
Due?
George recepì la confusione di Isla come un invito a continuare.
"Il primo grande amore di Ross Poldark" disse, con voce enfatica, e picchiettando le dita sul tavolo. Stava parlando ad Isla, ma in realtà era come se lui stesse conversando con la moglie defunta. "Lei si è sforzata di amare il cugino, Francis, ma non ce l'ha fatta... e lui era un debole. Anche per Ross lei ha continuato ad essere importante, pure dopo che gli aveva spezzato il cuore o quando, qualche tempo dopo, ha sposato la domestica."
Isla si era bloccata, vicino alla sedia, quasi quasi avrebbe volentieri voluto mantenersi per non cadere a terra: troppe informazioni tutte insieme, in quella conversazione che aveva un che di paradossale. Ora che ci pensava meglio, possibile che Ross Poldark l'avesse davvero studiata quella sera per capire quanto fosse importante per George? Per scoprire se tra loro ci fosse un qualcosa e se lui non avesse già rimpiazzato il suo primo amore? Aveva avuto la stessa impressione al ricevimento degli Enys di qualche tempo prima, ma credeva di essersi sbagliata...
"L'ho amata così tanto... ve lo giuro" disse George. Isla si sentì a disagio perché aveva la voce incrinata dal pianto: avrebbe voluto andare via perché sentiva in un qualche modo di star violando un momento intimo, ma, al tempo stesso, aveva anche la sensazione che lui non volesse essere lasciato da solo.
Ora riusciva a comprenderlo un po' di più. Ora le era anche un po' più chiara tutta quella guerra tra le due famiglie.
"Le ho promesso che non avrei più avuto dubbi, che sarei stato un buon padre per Valentine e Ursula e invece sto facendo tutto il contrario..." continuò George.
Isla non riuscì più a stare ferma, ed andò al tavolo. Prese posto accanto a quello di George. Lui non la guardò nemmeno, fissava soltanto il bicchiere di vetro vuoto davanti a sé, digrignando forte i denti.
"Sir George, lo siete. Siete un buon padre."
"Cosa ne volete sapere voi, Isla..."
"Lo so, sir George, lo so. Vi ho visto con i vostri figli" continuò. "Lo vedo da come Valentine vi guarda che siete un buon padre. Siete solo... un po' assente dalle loro vite, ma non è niente che non si possa recuperare. Siete ancora in tempo."
Isla si sentì morire dentro quando George scoppiò in lacrime. Non credeva che un essere umano potesse piangere così: era stravolto, respirava a fatica, gli occhi erano diventati due fessure a causa delle lacrime e tremava vistosamente. Ancora non riusciva a capire se quel pianto fosse dovuto solo ad un momento di sconforto o se invece era ubriaco e si stesse sfogando per quei sentimenti che reprimeva tutti i giorni: le dava l'impressione che, in quelle condizioni, non si sarebbe fatto mai vedere da lei da sobrio.
Eppure non sembrava brillo, per niente...
"È morta per colpa mia, per colpa mia..."
Isla prese le mani di George fra le sue, in modo che fosse costretto a guardarla per bene. Erano freddissime, ma cercò di non badarci.
Con le difese abbassate, lui non sembrava più tanto rigido e spaventoso come gli altri giorni. Ecco cos'era invece: un uomo rancoroso, probabilmente anche vendicativo, pieno di sensi di colpa. Ma doveva aver amato davvero Elizabeth, fosse l'ultima cosa che Isla avrebbe potuto affermare in vita sua, anche se non li aveva mai visti insieme.
"Sir George... la morte di vostra moglie è dovuta soltanto ad una tragica fatalità. Non è colpa vostra. Non lasciatevi tormentare dal senso di colpa per averla persa, sono certa che abbiate fatto tutto il possibile per salvarla. Ora però dovete andare avanti."
George non rispose, riusciva a non far altro che piangere o a fissare quell'improvvisa vicinanza fra loro due. Anche Isla ne era imbarazzata, ma non riusciva a staccare le mani dalle sue, per infondergli conforto e sicurezza.
"Dovreste riposare. Sembrate stremato."
George tirò su col naso.
"Voi ce l'avete avuto un grande amore, Isla?"
"Che?"
"Siete mai stata innamorata?" domandò lui ancora, tra una lacrima e l'altra. "Se lo siete stata... sicuramente potrete capirmi."
Isla dovette ricorrere davvero a tutta la forza che avesse per non crollare anche lei. George ora non aveva più lo sguardo vacuo, ma la fissava davvero, i suoi occhi azzurri non mentivano. Osservò quella situazione assurda in cui si trovavano: seduti ad un tavolo, mano nella mano, vulnerabili come non lo erano mai stati prima.
Era stata innamorata di un uomo, per tanto tempo, ma aveva seppellito quel ricordo grazie al lavoro, che era stata l'unica cosa che le avesse consentito di andare avanti. Aveva sempre pensato che non si sarebbe mai sposata, non dopo aver vissuto per tutta la vita con due genitori che non si erano mai amati, ma per una, una sola volta... ci aveva quasi sperato. Certo, quello che aveva provato non era niente di lontanamente simile a quello che legava Dwight e Caroline o Ross e Demelza, ma... era sicuramente un qualcosa che ci si avvicinava.
"Lo sono stata, sir George. Una volta sola."
"E quest'uomo? Lo avete perduto?"
Isla annuì e deglutì nervosamente. "Sì, ma non nel modo in cui voi avete perso vostra moglie. L'uomo di cui vi sto parlando è ancora vivo."
Sospirò. George lo prese come un invito a darci definitivamente un taglio, che quella conversazione stava veramente degenerando. Smise di piangere e il suo respiro si fece più calmo.
"Sarete stanco, andate a dormire" gli suggerì Isla, nuovamente.
"Lo sono, in effetti. Ma non riuscirei a dormire comunque."
"Lo volete un tè?"
George sospirò. "Tutti i domestici stanno dormendo."
"Ve lo preparo io, andate a sistemarvi sul divano nel salotto. Siete anche gelido come la neve lì fuori, una tazza di tè vi scalderà."
Il calore delle mani di Isla si dissolse da quelle di George quando si alzò e si allontanò verso il corridoio che conduceva alle cucine. Era tanto, troppo tempo che non percepiva più quel calore attorno alle sue mani... restò così a fissarle, sentendone già la mancanza.
Fece come gli disse Isla. Era troppo stremato per fare qualcosa di sua volontà. Andò in salotto, si appoggiò al divano, ma dopo poco si rese conto che, a discapito di quanto pensasse, faticava a tenere gli occhi aperti.
Si sdraiò: "solo cinque minuti" pensò. Invece si addormentò quasi subito: quando Isla tornò con un vassoio e due tazze di tè, era pronta per ascoltarlo ancora. Ma lo ritrovò disteso sul divano, a pezzi, con un braccio dietro la testa, ormai profondamente addormentato.
Isla scosse la testa, poggiò il vassoio sul tavolino, poi prese una coperta che era sempre lì in salotto e gliela pose addosso. George non si scompose, era troppo stanco per accorgersi di lei e continuò a dormire.
Tornò in cucina e diede una lavata alle stoviglie, poi tornò da lui e lo osservò un po' prima di ritirarsi: era sicura che non le sarebbe più capitato di vedere George in quello stato, che al mattino successivo lui avrebbe fatto finta di niente o si sarebbe giustificato e scusato dicendole di aver bevuto un bicchiere di troppo. Lei gli avrebbe fatto immediatamente capire di non essere così viscida da spifferare una cosa del genere, perché era certo che George, con quel suo tipico atteggiamento, avrebbe messo le cose in chiaro.
Lo lasciò così sul divano, con la luce della luna che illuminava una porzione di salotto. George non faceva poi così tanta paura, ma sembrava soltanto spaventato lui stesso di cosa gli riservasse il futuro da quel momento in poi.
Spense le candele di tutta la sala da pranzo. Mentre si ritirava al piano superiore, lo sguardo di Elizabeth Warleggan, da quel quadro in sala da pranzo, si fece decisamente insistente, anche se era buio e a malapena si vedevano i suoi occhi. Era come se la stesse osservando per essere andata oltre un valico che non doveva superare.
Isla salì di corsa le scale e chiuse la porta della sua camera dietro di sé, senza pensarci due volte.
 

Angolo dell’autrice
Buona domenica!
Come state? Vi porto oggi un nuovo capitolo. Spero vi piaccia e mi scuso se ci ho messo un po’ ad aggiornare.
Cosa ne pensate? Nella prima parte passeggiamo assieme a Geoffrey Charles e ai Warleggan lungo la spiaggia, e posso assicurarvi che il piccolo e ribelle Poldark dai capelli biondi non si limiterà a fare soltanto un’apparizione in questa fanfiction! Nella quinta stagione, il poverino non ha un soldo bucato, ma qui ho voluto che fosse Ross ad occuparsi di lui, mantenendo così fede all’inimicizia tra George e il suo figlioccio.
Ho sempre trovato Geoffrey Charles estremamente interessante, credo sia uno di quei pochi personaggi che pur essendo soltanto un ragazzino, sia stato capace in un qualche modo di tenere testa al villain della nostra amata serie preferita (soprattutto nella terza stagione)! Al tempo stesso mi ha sempre fatto una gran pena, soprattutto nell’ultima stagione, quando vediamo quanto senta la mancanza di sua madre.  
Nella seconda parte del capitolo, succede invece qualcosa di speciale. Le voci che provano a far sì che Isla non si avvicini troppo a George non trovano alcuno spazio. Per una volta, i due sono più vicini di quanto possano pensare. Hanno avuto entrambi due grandi amori. Conosciamo quello di George, ma chi sarà l’uomo del passato che ha spezzato il cuore di Isla?
Vi lascio con questo quesito.
Un abbraccio
Lady Warleggan
   
 
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