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Autore: Miss Trent    06/09/2009    4 recensioni
Quello era un'ordine, e lo doveva eseguire.
"Non sentire niente, non lasciarsi coinvolgere mai. Non era quello che gli avevano sempre insegnato?"
Da prendere per quello che è, ossia una oneshot scritta di getto in un giorno che non era dei migliori, ispirata dal testo e dalla musica più belli mai scritti, secondo me.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sergei Dragunov, Zafina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sing for Absolution

Sing for Absolution.

 

   Notte. La luna piena diffondeva il suo chiarore etereo trasformando il paesaggio di periferia e le foreste intorno in uno scenario onirico ed irreale.
   Quel palazzo sembrava un enorme mostro addormentato, con tutti gli occhi chiusi. Solo una finestra era spalancata ad accogliere la fresca brezza notturna, che tagliava in qualche modo la cappa del caldo opprimente di quei giorni.
   I raggi lunari si insinuavano nella stanza dove una giovane dormiva in un grande letto, forse troppo grande per lei. Riposava su un fianco, rivolta verso la porta.
   Tutto era immobile e silenzioso, persino il suo respiro era quasi inudibile.
   Poi, con un fruscio, un’ombra si era disegnata dentro la cornice della finestra. Una figura nera stava accovacciata sul bordo, come un gargoyle a guardia di un’antica cattedrale gotica. Quando era scivolata nella stanza non aveva fatto più rumore di una foglia in autunno.
   Quell’ombra si era avvicinata al letto, i suoi lineamenti adesso non più nascosti in controluce. Una pelle cerea, spettrale, tratti decisi di uomo eppure non completamente umani. Ombra, fantasma – era quello che aveva imparato ad essere.
   Lei si era mossa nel sonno, mettendosi supina e continuando a respirare serena, mentre la luce lunare si posava su di lei illuminando i capelli corvini e la pelle olivastra.
   Una mano guantata di pelle nera si era appoggiata sulla sua guancia, facendole aprire gli occhi. Due occhi grandi, scuri e profondi.
   La prima cosa che aveva visto era stato un fantasma pallido, i cui occhi erano invece troppo chiari. Talmente chiari da sembrare privi di vita ma capaci di vedere quello che molti non notavano.
   Aveva sorriso, incurvando appena le labbra a forma di cuore.
   Il fantasma non aveva cambiato espressione, ma l’altra mano aveva cercato la sua guancia. Una carezza fugace, quasi colpevole.
   Le braccia della giovane si erano allungate a toccare il viso del fantasma, cingerlo, avvicinarlo a lei.

   Non puoi. Non devi.

   Il fantasma era più reale di quanto sembrasse quando si era ritratto all’improvviso. Lei non sembrava preoccuparsene, e si era messa a sedere, prendendo l’altra sua mano. Poi si era avvicinata, premendo le sue labbra a forma di cuore su quelle sottili dell’uomo.

   Non dovevi farlo.

   La mente del fantasma si era riempita di immagini e visioni, che lo chiamavano, che gli gridavano di lasciare tutto, di mandare quelli al diavolo, di cedere. Si ritrovava a ricevere un bacio che non meritava, non lui. Si ritrovava ad avere due braccia che lo circondavano, che gli chiedevano di restare.

   Non posso. Non devo.

   Stava andando tutto a puttane, e non poteva permetterselo. Era un fantasma, non poteva esistere. Tutto quello andava contro ciò a cui aveva giurato la fedeltà e l’onore, ma soprattutto andava contro il suo essere. Non sentire niente, non lasciarsi coinvolgere mai. Non era quello che gli avevano sempre insegnato?

   Non potrò essere assolto.

   Un colpo silenzioso in mezzo al petto. Prima che potesse rendersene conto, la giovane era caduta senza forze su di lui come una meravigliosa bambola di porcellana. I suoi occhi grandi, scuri e profondi fissavano ora la luna piena, una lieve sorpresa dipinta sul suo volto.
   Il fantasma l’aveva presa tra le braccia, adagiandola delicatamente sul letto. Quando le aveva chiuso quegli occhi ormai vitrei sembrava che stesse dormendo. Solo una macchia rossa al centro del petto, testimone del veleno.

   Perdonami.

   Il fantasma aveva sussurrato una sola parola al suo orecchio. L’aveva baciata – un bacio che non avrebbe potuto esserci più – e la sua mente era stata attraversata dal pensiero assurdo di un principe che invece di risvegliare la sua principessa la addormenta per sempre.
   Era salito di nuovo sul bordo della finestra, girandosi l’ultima volta a guardarla. Poi era sparito silenziosamente, correndo veloce verso gli alberi, cercando di lenire la verità.
   Non poteva lasciare che venisse scoperto.

   È stato tutto un maledetto errore.

   Ora sarebbe stata solo un bellissimo sogno, un sogno che l’avrebbe tormentato forse per sempre.
   Si era fermato solo quando aveva raggiunto una radura buia, appoggiandosi senza fiato ad un tronco. Il silenzio della foresta era stato increspato da un suono flebile e roco. Un canto sussurrato, eppure carico di angoscia, alternato a respiri pesanti e profondi.
   Seduto sulle foglie, il fantasma cercava la sua assoluzione. Quel canto era l’unica cosa che gli era rimasta prima di impazzire.
   Sarebbe tornato ad essere quello di sempre, a sopravvivere in quell’esistenza che non aveva chiesto, perché quella notte era morto di nuovo.

 

 

Mentre ascoltavo per l'ennesima volta questa canzone stupenda ha preso forma questa idea. Non so, mi è venuto spontaneo, come mi è venuto spontaneo scegliere i personaggi. Zafina si è guadagnata un posto di riguardo nella mia classifica personale appena l'ho vista :)
Grazie a chi è arrivato a leggere fino in fondo, e a Matthew Bellamy per aver composto una delle canzoni più belle della storia^^
Un abbraccio,
Miss Trent
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