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Autore: Francyzago77    05/04/2022    5 recensioni
Questa storia nasce come seguito de "La figlia di Georgie". Sono passati diversi anni, quelli che erano bambini sono ormai cresciuti e coltivano sogni, desideri, amori e sentimenti che s'intrecceranno con le vite dei loro genitori.
Dopo più di un anno che era nel cassetto ho deciso di pubblicare questo racconto...consiglio di leggere "Georgie il sequel" e "La figlia di Georgie" dato che questa ne è la prosecuzione.
La maggior parte dei personaggi presenti non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Izawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sophie si mise seduta osservando Eric che, sulla porta dello studio, tentava di far superare la paura a quella bambina intimorita e spaventata.

-Guarda che il dottore è bravo – ripeteva la signora Willett alla figlia – non ti farà del male.

La piccola, piagnucolando,stringeva forte una bambola di pezza e non voleva varcare la soglia.

-Ascolta – le disse Eric pacatamente – so che la tua bambolina non è stata bene, ha tossito tutta la notte e credo abbia bisogno di una visita e forse di una medicina.

La bambina lo guardò ora stupita e sussurrò:

-La mia Margot tossisce molto.

-E allora – continuò Eric – aiutami a portarla dentro, così potrò visitarla.

Lo scrutò assorta poi, rivolta alla bambola, con tono materno aggiunse:

-Andiamo Margot  e non piangere più!

Finalmente entrarono nello studio mentre Sophie attendeva con la mente altrove.

Dopo diverso tempo la signora Willlett e la figlia uscirono, la ragazzina saltellava ringraziando il dottore da parte di Margot, la donna salutò Sophie con un cenno del capo ed Eric poté ora dedicarsi alla cugina.

-Eccomi – disse il giovane – sono tutto per te!

-Ci sai fare con i bambini – sorrise Sophie alzandosi lentamente.

-Le provo tutte – ammise con ilarità lui – oggi mi è toccato visitare anche una bambola, domani chissà?! 

-Non mi stupisco – aggiunse la ragazza più seria – che Lewis mi chieda spesso di te.

Eric non si scompose affermando:

-Forse con Lewis ho un legame che viene da molto lontano.

Poi cambiò discorso, pentendosi di aver detto quella frase:

-Come mai qui? Non dirmi che sei stata da tua madre.

-Oh no – balbettò Sophie – siamo di passaggio. Adesso la sartoria è chiusa, ci sono passata davanti! Ho pensato di venirti a trovare ma se sei molto occupato chiamo Lewis e andiamo via.

-Assolutamente no – disse con decisone Eric – anzi saliamo da Daisy. Se busserà qualche paziente lo sentirò ugualmente.  

S’incamminarono verso le scale, Sophie faceva fatica a salire, appoggiandosi al corrimano goffamente.

-Cosa hai fatto alla gamba? – le domandò immediatamente Eric avendo da subito notato quella difficoltà.

-Niente, non è niente – rispose impacciata la ragazza – stamattina mi è successo un piccolo incidente ma non è nulla.

-Fammi vedere – insistette lui con preoccupazione aiutandola a salire gli ultimi gradini.

-Non ne ho bisogno – replicò Sophie – mi ha già visitata il dottor Turner. Per una mia disattenzione sono caduta dalle scale di casa, ho solo un paio di lividi e un dolore che passerà presto. Va già molto meglio.

-Sei sicura? – chiese Eric osservando i suoi movimenti lenti.

-Il dottor Turner è un bravo medico! – esclamò ridendo la ragazza – Non ti fidi?

-Oh, non andrei mai contro la parola di un collega – rispose lui prontamente.

Arrivati sull’uscio entrarono, Lewis era con Daisy e Grace in cucina.

-Perché – domandò Eric – non vi fermate a cena? Sempre se Percy non vi sta aspettando, naturalmente.

Il bambino iniziò subito a cercare di convincere la mamma ad accettare l’invito, Sophie annuì sorridendo:

-Sì, possiamo fermarci. Percy non so neppure a che ora tornerà.

Quell’ultima frase insospettì ancora di più Eric che intanto continuava ad osservare la cugina, certamente dolorante per via di quella caduta.

-Abbiamo anche il dolce – annunciò Daisy prendendo dalla credenza una torta – e dopo cena lo assaggeremo!

-Deve essere buonissima! – gridò Lewis allungando le mani verso il piatto.

In quell’istante ad Eric non sfuggì un particolare.

-Cosa sono – chiese rivolto a Sophie – quei segni sulle mani del bambino?

Lewis si voltò verso sua madre e poi abbassò lo sguardo.

-Quelli? – rise la ragazza – Ha la mania di cacciarsi tra i rovi, con tutte le spine che ci sono!

Ma Eric aveva toccato le manine del bambino, alterato condusse Sophie nell’altra stanza, chiudendo la porta.   

-Credi – disse a Sophie con tono fermo – che io non sappia distinguere dei graffi provocati dai rovi da segni di percosse. Sono bacchettate, vero?

Lei non riusciva a parlare e lo guardava spaurita. Tentò di farfugliare qualcosa ma Eric continuò imperterrito:

-E tu non sei caduta dalle scale, è stato Percy che ti ha spinta.

-E’ stato un incidente – replicò balbettando Sophie – lui non voleva farmi del male.

-Tu stai tremando – le disse Eric ora dolcemente, avvicinatosi a lei e accarezzandole il volto con delicatezza – non sei venuta qui per caso, tu sei alla ricerca d’aiuto.

La giovane, molto confusa, scuoteva la testa mentre Eric la rassicurava:

-Raccontami tutto, non aver paura.

Ancora scossa Sophie si sedette sul letto e iniziò:

-Stamattina Lewis aveva la lezione con il signor Russell, il suo insegnante. Il bambino stenta ancora a leggere, non ha fatto molti progressi, è lento nell’apprendere e Percy non sopporta questa situazione. Ritiene che Lewis debba impegnarsi di più perché è svogliato e poco attento quindi ha autorizzato il signor Russell a prenderlo a bacchettate sulle mani.

-Efficace come metodo educativo! – esclamò Eric con sarcasmo.

-Fammi finire! – proseguì Sophie ora desiderosa di sfogarsi – Oggi, quando l’insegnante è andato via, ho trovato Lewis in lacrime in camera sua. Ho detto a Percy che non ero d’accordo con queste punizioni ma lui mi ha ribadito che il bambino deve fortificarsi e studiare con maggiore impegno. Abbiamo iniziato a litigare di brutto, lui mi ha colpita e io sono caduta per le scale. Poi si è diretto da nostro figlio che continuava a piangere e l’ha picchiato. Sono riuscita a rialzarmi con difficoltà, aiutata dalla servitù che è accorsa prontamente. Ho fatto chiamare il dottor Turner al quale ho raccontato di essere soltanto scivolata. Non so se ci abbia creduto comunque mi ha medicata e mi ha raccomandato assoluto riposo. Percy l’ha poi mandato via pagandolo più del dovuto.

-E il bambino? – domandò Eric – Non è stato visitato, suppongo.

-Me ne sono occupata io con Dolly, la domestica – sussurrò Sophie a testa bassa.

-Devo vederlo – affermò lui sempre più in ansia uscendo dalla stanza.

Prese Lewis e lo mise sul divano togliendogli la maglietta. Sulla schiena del piccolo vi erano evidenti segni di cinghiate e lividi. Non perse tempo, con l’aiuto di Daisy lo medicò immediatamente.

-Questo – disse ad un certo punto il bimbo – è perché sono un incapace, non riesco a leggere.

-Tu non sei un incapace piccolo mio -  lo rassicurò Eric rimettendogli la maglietta e prendendolo in braccio – adesso mangerai qualcosa e poi dormirai qui, con la mamma. E potrete restare quanto volete.

Lo lasciò con Daisy seduto a tavola e condusse di nuovo Sophie in camera, per parlarci chiaramente.

-Devi lasciarlo – le disse in modo schietto – è un violento e sta rovinando non soltanto la tua vita ma anche quella di tuo figlio.

-Ma è stato un incidente – ripeté Sophie in lacrime – è accaduto solo questa volta.

-Lo farà nuovamente – aggiunse Eric sicuro – soprattutto se continui a giustificarlo! Lascialo e rimani con noi, non aver paura Sophie.

L’abbracciò e lei si rifugiò sul suo petto piangendo.

-Trova la forza di lasciarlo Sophie – asserì il giovane – fallo per te e per il bambino.

Dopo quelle parole e quell’amore fraterno ritrovato, Sophie si calmò un  poco e riuscì a tornare in cucina a mangiare qualcosa. Avrebbe passato la notte da Eric poi, il giorno successivo, sarebbe andata a parlare con suo marito. 

E invece sentirono bussare alla porta, era Percy.

-Se cerchi Sophie e il bambino – gli disse Eric sull’uscio non facendolo entrare – sono qui ma non credo vogliano vederti.

-E perché mai? – chiese l’altro sorpreso – Cosa ho fatto?

-Non verranno – asserì serio Eric, irremovibile.

-Ma insomma – gridò alterato Percy – fammi passare, ho il diritto di vedere mia moglie e mio figlio!

-Non hai il diritto di far loro del male – disse Eric bloccandolo sulla porta.

In quel momento li raggiunse Sophie annunciando:

-Ti prego Eric, lasciaci soli un attimo.

Controvoglia acconsentì alla richiesta della ragazza e tornò in casa.

Grace dormiva nella culla e anche Lewis si era appisolato sul divano, Eric seduto a tavola con Daisy era nervoso e continuava a ripetere:

-Se le farà di nuovo del male, giuro che lo uccido.

Sophie rientrò poco dopo.

-Sono venuta a prendere Lewis – disse avvicinandosi al piccolo – andiamo a casa.

-Come? – domandò Eric alzandosi – Torni con Percy?

-Ascolta – sussurrò lei – devo parlarci con calma, dobbiamo chiarire molte cose fra noi ed è meglio che io vada con lui.

-Promettimi – le disse Eric – che lo lascerai.

Sophie, preso il bambino, gli sorrise:

-Grazie di tutto, ora dobbiamo andare.

La lasciò uscire con un peso nel cuore.
   
 
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