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Autore: _Bri_    07/04/2022    7 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - Iscrizioni chiuse]
2197
Dalla caduta di lord Voldemort sono passati molti anni e la pace tanto agognata, purtroppo, ha avuto vita breve. Una guerra terribile ha coinvolto maghi e babbani, portando le parti coinvolte a decimarsi vicendevolmente. Ma nel momento di massimo buio, dalle macerie fumanti, si è sollevata una voce di donna, che ha promesso la pace per chiunque l’avesse seguita. Ma a quale prezzo?
Dopo 60 anni di regime in cui la magia è stata soppressa, non tutti hanno messo a tacere il loro pensiero e piccoli ma battaglieri gruppi di dissidenti, sono pronti a dare battaglia contro il regime di Nadia e della sua Corte.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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CAPITOLO X
“La bambolina”
Parte 1
 
 
Quartier Generale
 
Il gruppo di Ladri che si era spinto fino ai Mercati della zona Est e aveva assistito all’incontro della Governatrice con Salko, era tornato alla base da un paio di giorni. Era stato difficile interpretare l’umore dei compagni per chi, al contrario, era rimasto al Quartier Generale in loro attesa. E non solo.
Sonne andava dicendo di essere molto stanco e, di pessimo umore, si era praticamente barricato nella stanza occupata solitamente da Atlas e Angelica. Usciva di tanto in tanto per mangiare qualcosa, prendere qualche libro e farsi la doccia, ma aveva chiesto a Oleander, impaziente e smaniosa di comunicare con lui, di aspettare un paio di giorni, perché aveva bisogno di schiarirsi le idee. La strega si era inalberata e dopo l’ennesimo tentativo di comunicazione andato a vuoto, aveva preso ad urlargli dietro che non era quello il modo, che anche loro avevano il diritto di sapere e, specialmente, che la festa del Raccolto era sempre più vicina e i loro compagni sempre più in deficit numerico; era come se l’avvicinarsi dell’occasione che rappresentava, per i ladri tutti, una succulenta gallina dalle uova d’oro, avesse cominciato a decimarli per farli arrivare impoveriti e sguarniti all’evento tanto desiderato.
Sonne si era voltato a osservare Oleander che gli puntava contro un cucchiaio di legno così, dopo essersi stretto ancor più una vecchia coperta infeltrita addosso – eh si, se ne andava in giro così da quando era tornato-, le aveva comunicato che se proprio non poteva aspettare, avrebbe potuto parlare con Malik.
In buona sostanza Micah era tornato dai Mercati in un decadente stato depressivo.
 
- Possibile mai si sia ridotto in quelle condizioni? L’ultima volta che l’ho visto così, era stato rifiutato da una ragazza(1). -
 
Claudia, a quel punto, era andata dritta da Liv. Se qualcuno conosceva la motivazione per il quale Micah se ne andava in giro come fosse un burrito, nonostante non facesse affatto freddo al Quartiar Generale, quella doveva essere lei. L’aveva scovata immersa nella paccottiglia che si era portata dietro dai Mercati, felice come un fanciullo fra le braccia di mamma e papà.
 
- E non sei andata lontano, sorella. – Con ago e filo in mano, Liv stava riparando l’occhio di una  bambola di pezza dai capelli biondi – Ma non fare quella faccia, non è per sua nonna che è ridotto così. Alla riunione c’era anche lei. -
 
- Non ci credo!- Claudia quasi finì per lanciare il cucchiaio di legno in aria e Ame pensò che passasse davvero troppo tempo a contatto con Skog, poiché andava assomigliandogli sempre più.
 
- Beh, a quanto dice Micah c’era da aspettarselo. La Governatrice non si muove mai senza Alida. – La bionda alzò per un attimo lo sguardo dalla bambola, in modo di poter incontrare lo quello dell’amica: - Fiorellino, non c’è mica da preoccuparsi. Starà bene, ti dico! Il nostro Sonne è fatto così, sentimentale e dalla vena tragica, quando si tratta di Alida. -
 
Messo da parte l’argomento, Claudia decise che non avrebbe disturbato Malik, visto che si trovava già in argomento con Liv: - Dunque si può sapere che cosa è uscito fuori da questo fantomatico incontro? I tempi stringono e non possiamo permetterci di perdere altro tempo. –
 
- In realtà mi aspettavo qualcosa di più, tanta fatica per nulla. - Ame passò a rattoppare il vestitino: - Fondamentalmente Nadia ha chiesto aiuto al capo dei Mercati per rinforzare i controlli delle strade che portano alla Corte, è terrorizzata possa accadere quello che è successo gli anni passati. Inoltre ha aumentato di gran lunga la taglia sulla testa di Micah. -
 
- Non demorde, la stronza. – Borbottò Claudia incrociando le braccia: - E a quanto sarebbe arrivata questa fantomatica taglia? -
 
- Oh beh, niente di che… - Ame portò la bambola davanti agli occhi, per tentare di capire se il suo fosse stato un lavoretto dignitoso: - Ha solo promesso il posto da governatore di una Comune a chiunque porti Micah da lei vivo e vegeto. -
 
- Cosa?! – L’urlo di Claudia percorse l’intero Quartier Generale: - E lo dici così?! Ma ti rendi conto che ora mezzo mondo si metterà a cercare Micah?! Sarà impossibile entrare con lui alla Corte per la festa del raccolto! Oh, questa è una tragedia, una tragedia! -
 
Claudia immerse le mani fra i capelli in un gesto assolutamente disperato, mentre l’altra non sembrò scomporsi affatto: - Datti una calmata, peperoncina. Prima di tutto sono passati dieci anni da quella foto segnaletica di Micah, che è a sua volta bella datata; è praticamente irriconoscibile. Secondo poi abbiamo trucco e parrucco dalla nostra, Yuki si è già ingegnata a tal riguardo. E terzo noi possediamo un arma che quasi nessuno ha. –
 
- E quale sarebbe, di grazia? -
 
Il sorriso si allargò sul viso magro di Liv: - Ma è la magia, ingenuotta! –
 
*
 
Fu durante il tiepido cinque luglio del 2169, all’interno delle sicure mura di una Corte che occupava il cuore del territorio russo, che Selina partorì la sua secondogenita, alla quale lei e suo marito Boris dettero il nome di Lyuba.
‘Amore’, quello era il significato di quel nome, concesso alla bambina con speranza e fede. E Lyuba Kozlov, in effetti, inizialmente crebbe nell’amore: amore dei suoi genitori e di suo fratello maggiore Elizar.
Dall’animo curioso, vivace, increspato dalla spasmodica voglia di scoprire e conoscere, Lyuba passava le sue giornate d’infanzia ad attraversare la Comune, finendo poi per arrampicarsi fin sopra la cima degli alberi fra cui si appostava, come fosse un piccolo usignolo. Amava gettare lo sguardo chiaro oltre le mura della Comune, a solcare le terre di Nessuno che tutti raccontavano essere pericolose e impervie; eppure Lyuba non temeva nulla: mossa dall’ingenuità infantile e dalla sete di conoscenza, la piccola sognava di attraversare i cieli come i liberi uccelli, di esplorare il mondo tutto, sebbene ne parlassero tutti così male.
Lyuba Kozlov era una figlia educata, una sorella con cui Elizar poteva condividere le ore del gioco, una guida positiva per la sorellina più piccola Veronika. Era una bambina per bene, sempre pronta ad offrire una parola gentile agli estranei. Apparentemente non aveva problemi, eppure il suo sangue nascondeva un potere che adombrò nell’imminente i pensieri dei coniugi Kozlov.
Le visioni di Lyuba si palesarono molto presto, ma inizialmente non erano che visioni brevi e sporadiche; eppure quel potere allarmò ugualmente Selina e Boris, che ordinarono a Lyuba di non farne parola con nessuno.
Ma come poteva? Non solo quel potere faceva parte di lei, costruiva la sua persona, inoltre Lyuba ne era fortemente affascinata e non percepiva il potenziale pericolo. Tutt’altro: Lyuba aveva iniziato ad utilizzare il suo potere per aiutare i genitori in più di un’occasione; una volta, ad esempio, evitò che il loro raccolto andasse perso, a causa di una tempesta che divelse il granaio. Come poteva essere brutto, qualcosa che faceva bene agli altri?
Ogni visione chiamava un’altra visione, che cominciavano a presentarsi a distanza sempre più ravvicinata e ciò comportò l’impossibilità di tenere il potere nascosto ancora a lungo; inizialmente su Lyuba non giravano che voci e pettegolezzi, ma ben presto la portata di quelle dicerie diventò enorme e le ripercussioni nei confronti della piccola non tardarono ad arrivare.
Lyuba veniva scansata e maltrattata dai suoi compagni, emarginata perché i grandi, quelli che avrebbero dovuto tutelarla, avevano cominciato ad additarla come un mostro. Elizar faceva ciò che era in suo potere per difendere Lyuba, mentre la piccola Veronika la consolava come poteva, ma di fronte la crudeltà di un’intera comune, cosa potevano fare due bambini?
Fu fin troppo semplice trasformare il potere della piccola in qualcosa di orribile, pericoloso, di cui bisognava disfarsi, per ciò a nulla valse la buona volontà di Lyuba, che faceva il possibile per rimanere integrata in una comunità che la detestava e la utilizzava come capro espiatorio per colpe non sue.
Il punto di rottura arrivò con l’ennesima visione che Lyuba non fu in grado di tenersi per sé; del resto era così piccola, come poteva non tentare di avvisare il Signor Golubev di stare attento? Lei lo aveva visto, aveva guardato la morte dell’uomo con occhi impauriti e aveva sentito l’impellenza di cercare di tutelarlo.
 
“Se non rimarrà solo andrà tutto bene. La prego signor Golubev, solo tre giorni… il suo cuore potrebbe cedere!”
 
Il signor Golubev, uno degli uomini più rispettabili della Comune, non aveva intenzione di dare retta agli sproloqui di una bambina di sette anni, che aveva osato predire la sua morte davanti a moltissimi testimoni. Oh, commise un errore fatale quando decise di scacciare Lyuba, senza dare una possibilità alle sue parole. Tre giorni dopo trovarono il signor Golubev privo di vita, abbandonato sul freddo pavimento di casa; il medico della Comune disse che era stato un attacco di cuore a strapparlo al mondo.
 
“Sei la bambina del malauguri! Nevezeniye! Nevezeniye!”(2)
 
Questo era ciò che dicevano i ragazzini nei confronti di Lyuba, la cui famiglia fu investita dalla medesima brutta fama, così che la piccola Veronika arrivò a tenersi lontana dalla sorella maggiore per non essere accostata costantemente a lei e suo fratello tentava l’arduo compito della mediazione, sebbene di parole gentili, per Lyuba, non sembrava averne più.
La vita della piccola era diventata insopportabile e frustrante ed era un fatto, che il popolo di quella Comune non avesse la benché minima intenzione di tollerare ancora la presenza ingombrante del temibile potere di Lyuba.
La piccola, però, non riuscì a resistere dall’allertare tutti, quando la visione di un terremoto che avrebbe devastato la Comune, giunse a coglierla alla sprovvista. Lyuba, in parte ormai forgiata dalle parole di fuoco e dal maltrattamento che subiva con costanza, decise che il bene delle persone con cui era cresciuta fosse più importante.
La Comune, grazie all’avviso di Lyuba, fu in grado di salvare il salvabile e fortunatamente nessuno perse la vita; ma non era abbastanza. Quella era la prova del nove, perché era chiaro che la presenza di Lyuba fosse fonte di sfortuna; ormai ogni sgradevole evento, dal più piccolo al più catastrofico, era riconducibile alla figlia dei Kozlov, quindi che cosa avrebbero dovuto fare per salvaguardarsi da tutto quel male che Lyuba trascinava dietro di sé?
La prima, irreparabile frattura nella fragile anima di Lyuba, si aprì il giorno del suo nono compleanno, quando Selina e Boris compirono l’atto più disonorevole per un genitore.
No, di certo la piccola Lyuba non si sarebbe mai aspettata che i suoi genitori, che l’avevano cercata e voluta, che avevano voluto trasferire tutto il loro amore nel nome che le avevano assegnato, l’avrebbero venduta a dei Rigattieri che abitavano lugubri mercati delle Terre di Nessuno.
I pianti disperati della piccina non sortirono alcun effetto, quantomeno non smossero di certo Selina e Boris, né la piccola Veronika e il più grande Elizar che rimasero impassibili e silenziosi come statue di sale, ad osservare parte della loro famiglia che veniva portata via da loro.
Per un momento Lyuba riuscì a divincolarsi dalla presa di quegli uomini che avevano appena comprato la sua libertà, per aggrapparsi a suo fratello.
 
“Ti prego! Fai qualcosa, Elizar! Tienimi con te! Tienimi con te!”
 
Lyuba non avrebbe mai dimenticato lo sguardo sprezzante e rancoroso di suo fratello, che la allontanò con uno spintone.
 
“ Tu non sei mia sorella. Lasciaci stare!”
 
Quelle parole si marchiarono a fuoco nella sua mente, lacerandole il cuore e innescando il primo grande cambiamento nella giovane Lyuba, che era appena stata venduta dalla sua famiglia, per un pugno di monete.
 
 
La Corte
 
Affrontare quel viaggio era stato anche divertente, ma Lir non poteva negare di sentire una certa stanchezza sulle spalle. Nonostante ciò non si sarebbe di certo tirato indietro proprio in quel momento, perché sapeva che Jude contava su di lui. A pensare a come si fosse dovuto sentire l’amico costretto a rimanere alla Corte, Lir provò uno strano e immotivato senso di colpa; sapeva bene che non avrebbe potuto far nulla per far cambiare idea alla Governatrice, ciò nonostante sentiva di averlo in qualche modo derubato, sostituendosi a lui sebbene per volere di sua nonna.
Proprio per quel motivo, nonostante avrebbe preferito farsi una bella dormita, una volta rientrato alla Corte si era fatto una doccia ed era corso da Jude.
Nell’attraversare la stradina nel bosco, Lir si lasciò catturare dal sospiro del vento che, assieme alla nebbia tinta di rosa delle prime luci del mattino, generava un appagante atmosfera di quiete. Notò una flebile lucina provenire dalla casa di Artemisia, già sveglia a quell’ora valutò Lir, ma non si soffermò preferendo invece proseguire oltre, per raggiungere la casa del capo delle Sentinelle.
Quella casa a Lir aveva messo sempre una certa tristezza: apparentemente bello ed imponente, il grande chalet di legno affacciava su una delle sponde del lago della Corte. Lir aveva idea che quella fosse troppo grande per una persona sola, come se fosse stata progettata e creata per ospitare qualcuno in più; il giovane non aveva mai voluto chiedere al suo amico se quella sua intuizione attingesse alla realtà, ma sospettava fortemente fosse così. Lir credeva, difatti, che l’idea all’origine fosse quella di voler condividere la casa con Micah, il cugino tutt’ora ricercato dalla governatrice.
Quando Jude aprì la porta, la Sentinella capì che quello probabilmente aveva dormito solo una manciata di ore; era più che raro, difatti, scorgere Jude Millan in quello stato, con occhiaie profonde a solcare gli occhi e i capelli biondi scombinati. I due si scambiarono un abbraccio fugace, così Jude gli fece cenno d’entrare.
 
- Cos’è, hai fatto festa per caso? – Chiese Lir per spezzare la tensione dovuta alla vista del salone di casa, discretamente ordinato come sempre, sebbene un paio di bottiglie mezze vuote abbandonate sul tavolino posto davanti al divano. Jude lanciò un’occhiata a quelle e ai bicchieri usati, poi alzò le spalle, come non gli importasse che potesse trasmettere trasandatezza.
E no, non era proprio da Jude, pensò Lir, arrivando alla conclusione che quella appena trascorsa e la notte precedente, dovevano essere state teatro di buie elucubrazioni mentali, per il nipote della Governatrice.
 
- Vieni, ti preparo del caffè. Voglio che mi racconti tutto nei più piccoli dettagli. -
 
Fra un sorso di caffè e l’altro, Lir aveva tentato di tergiversare quanto più possibile; aveva parlato dei mercati, dell’impressione che gli aveva fatto Salko, incontrato per la prima volta dopo averlo sentito nominare così tanto spesso. Gli aveva detto di essere rimasto sorpreso dalle capacità di Ryurik Volkov, con cui aveva fatto squadra.
 
- E poi ogni volta mi sorprendo di che gente strana si incontri in quei mercati puzzolenti! Soggetti toccati dalla dura vita delle Terre di Nessuno. – Concluse meditabondo Lir, mentre tornava momentaneamente con la mente a quello smilzo con la maschera antigas contro cui era andato ad impattare.
 
- Tutto questo girarci intorno, Lir… -
Le dita di Jude, chiuse a serrare la propria tazza di caffè, presero a tamburellare sulla porcellana sbiadita dal tempo mentre i suoi occhi chiari, sormontati da sopracciglia aggrottate che vestivano lo sguardo di tetro piglio, si inchiodarono nei suoi: - Se ci stai mettendo così tanto ad arrivare al dunque, vuol dire che sei preoccupato nel riferirmi qualcosa. Per caso è successo qualcosa di male ad Alida? Mia nonna ha esagerato ancora?-
 
Lir, però si affrettò a scrollare la testa in segno di diniego: - Oh no, Lilly sta bene, anche se, ecco… lei ha accusato molto questo incontro. Credo che tu ne sappia qualcosa, Jude. –
 
Finalmente Lir parlò. Spiegò a Jude che inizialmente Nadia aveva preso accordi con il capo dei Mercati est per salvaguardare la Festa del Raccolto che si sarebbe tenuta da lì a poco, per poi arrivare alla questione più spinosa, quella che, Lir purtroppo ne era certo, avrebbe fatto sanguinare il cuore dell’amico: - E quindi Jude… sai che tua nonna è convinta che tuo cugino sia ancora vivo. Ha aumentato la taglia sulla sua testa: che gli venga portato vivo e illeso e in cambio… beh… ha promesso una cosa che fa davvero gola. –
 
Lir illustrò i termini della taglia che Nadia aveva concordato con Salko e poi tacque, attendendo una reazione da parte di Jude.
Quest’ultimo  era rimasto con lo sguardo inchiodato in quello di Lir senza dire una sola parola, fin quando non si decise ad aprire bocca: - E Alida? –
 
- Beh, come ti dicevo mi è sembrata strana… non capisco se abbia avuto una visione o se fosse semplicemente… scossa. Tu sai che quel nome per lei è un tabù, quindi io non ne so molto… però speravo che tu potessi dirmi qualcosa a riguardo.-
 
- Parlerò con lei più tardi. – Jude liquidò la domanda indiretta posta da Lir e quest’ultimo sospirò, consapevole che neanche quella volta avrebbe ricevuto delucidazioni sulla strana e misteriosa figura di Micah Millan.
 
- Ma come mai tua nonna è così ostinata? Fosse anche ancora vivo… Jude… perché mai ci tiene così tanto a riaverlo alla Corte! Insomma se è ancora vivo e nessuno ha mai chiesto un riscatto in questi dieci anni, vuol dire solo una cosa… -
 
- Che è un disertore. – Fu Jude a mettere in fila quelle parole, ciò che Lir non aveva trovato il coraggio di proferire.
 
- Sapevo che ci fosse qualcosa sotto. Altro che volermi tenere al sicuro, stronzate! – Jude batté con violenza una mano sul tavolino della cucina che li ospitava, facendo tremare le tazze di caffè ormai quasi vuote.
 
- Jude, ora calmati… - Lir alzò le mani, ma Jude ignorò quel gesto, continuando invece ad inveire. I suoi occhi si erano fatti ancora più cupi e la sensazione era che i cerchi scuri intorno ad essi si fossero inspessiti: - Non le frega un cazzo della mia incolumità. Sapeva che se ci fossi stato anche io, non sarebbe riuscita a fare quella richiesta così apertamente. Voleva evitare grane! -
 L’uomo si alzò di botto e prese a misurare la cucina con grandi passi, sotto lo sguardo preoccupato di Lir Strong: - Lei e le sue idee assurde… perché dovrebbe essere migliore di me, eh? Sono io quello che è rimasto!- il dito indice a puntellarsi il petto, -Sono io quello che non l’ha tradita! Oh, ma mi sentirà, e come se mi sentirà. Vado a parlarci. –
 
- Amico, calmati o le tue urla arriveranno fino a casa di Artemisia. - Non era la prima volta che Lir si impegnava per sedare l’ira di Jude, che esplodeva con l’irruenza di un vulcano: - Sappiamo entrambi che non risolverai nulla andandoci a parlare ora, in questo stato. Con tua nonna bisogna andarci cauti. -
 
Il miracolo avvenne e Jude, dopo aver sbraitato ancora un po’ contro il sangue del suo sangue, si calmò e ritrovò la lucidità. Fu solo a quel punto che Lir tornò ad insistere, chiedendo a Jude come mai, secondo lui, Nadia Millan si fosse così ostinata a voler ritrovare il nipote. La bocca di Jude si deformò in un sorriso sbieco, appesantito dall’idea di Micah: - Tu sai che per mia nonna è il sesso femminile a contare davvero, per quanto riguarda il governo delle Comuni e, su tutte, della stessa Corte. Beh… - Jude tornò a sedere, così puntò di nuovo lo sguardo in quello di Lir: - Mia nonna ha avuto due figli. Indovina un po’ chi fra me e Micah, ha avuto la fortuna di nascere progenie di sua figlia? –
 
Quartier Generale
 
Quella visita ai Mercati era stata particolarmente estenuante, ma Yuki era anche consapevole che avevano avuto un gran colpo di fortuna, ad aver incrociato la Governatrice in persona. Grazie ai loro contatti erano riusciti ad assistere alla riunione fra la nonna di Micah e quello che era conosciuto come il capo dei Mercati est, davvero un gran colpo di fortuna. Certo, c’era anche da dire che si erano allarmati non poco quando avevano capito che Nadia Millan non solo avesse ancora delle mire ben precise sul nipote, bensì che era pronta a concedere un premio così ambito e succoso, pur di riaverlo con sé. E questo, Yuki lo sapeva bene, comportava non pochi problemi.
La ragazza aveva così passato tutto il viaggio di ritorno sul chi va là, mentre la sua testa macinava informazioni; non si capacitava come alcuni di loro riuscissero ad essere così spensierati, quando con loro c’era Sonne, conosciuto in tutto il mondo come il nipote della Governatrice, ricercato numero uno, miniera d’oro e passaporto per la vita migliore che si potesse desiderare. Persino Micah stesso non sembrava particolarmente turbato.
Va bene, c’era da dire che erano passati davvero molti anni da quando Micah era scappato dalla Corte e nessuno era mai stato capace di acciuffarlo; inoltre il tempo aveva fatto il suo corso e Micah era passato dal sembrare uno spaventapasseri dalla testa di rapa, a essere un uomo fatto e finito. Per altro erano partiti immediatamente dopo aver assistito alla riunione, di modo che Salko e i suoi non avessero ancora avuto il tempo di diffondere il nuovo identikit di Micah.
Yuki era stata allarmata tutto il tempo, forse in maniera ingiustificata, ma comunque un enorme problema continuava a sussistere, nonostante fossero rientrati sani e salvi al Quartier Generale da un paio di giorni: la Festa del Raccolto. Ebbene i Ladri continuavano a decimarsi e Sonne era il ricercato numero uno, come sarebbero potuti entrare alla Corte senza essere scoperti?
L’organizzatissima e brillante Yuki, nonostante tutto, aveva le idee chiare e con quelle si recò da Claudia, a seguito della riunione che quest’ultima aveva tanto desiderato e richiesto. Sonne si era finalmente lasciato trascinare fuori dal suo bozzolo pietoso ed aveva acconsentito ad aggiornare tutti su quanto appreso dal loro viaggio ai mercarti e Oleander, lettere alla mano, aveva spiegato che la cosa migliore da fare, era comunicare con quanti più Ladri possibili in modo che quelli arrivassero organizzati alla Festa del Raccolto, dove si sarebbero dovuti incontrare.
 
- Come sappiamo, per costruirci delle nuove identità non ci bastano dei nomi nuovi e una storia credibile da raccontare a quelle dannate Sentinelle, se ci dovessero fare qualche domanda di troppo. – Yuki osservava i presenti nella stanza cucire con attenzione, sotto le direttive di Claudia: - Dobbiamo anche avere l’aspetto di abitanti delle Comuni. Persone come noi: - Proseguì poi, indicando Oleander e se stessa: - sanno bene che la maggior parte delle Sentinelle di Nadia sono persone addestrate egregiamente; chiunque sia in grado di concludere l’addestramento con Jude Millan, ne esce più che fortificato. -
 
- Già. – Concordò Olenader, finendo per aggiustare il tiro di un ragazzo che con ago e filo sembrava non andare molto d’accordo.
 
- Insomma, entrare alla Corte sarà davvero tosto: ci ispezioneranno, ci faranno molte domande, ci osserveranno con attenzione, ci requisiranno le nostre armi. Non dobbiamo farci cogliere impreparati assolutamente, motivo per il quale ognuno di noi dovrà trasformarsi totalmente. A proposito… - Yuki si rivolse di nuovo ad Olenader: - A parrucche e cappelli come siamo messi?-
 
- Oh, non ti ho fatto vedere?! Siamo stati così fortunati ultimamente! Siamo riusciti a portarci via un bel po’ di vestiti in discrete condizioni dalle ultime missioni, nonché qualche scalpo! -
 
- Ottimo. – Annuì Yuki, non riuscendo a frenare l’entusiasmo di Claudia intenta a parlare di scalpi come fossero rare figurine da collezione. Così anche lei prese nuovamente a cucire, intenzionata a non posare ago e filo, fin quando non sarebbe stata abbastanza soddisfatta del suo lavoro.
 
La Corte
 
Aveva promesso a Lir che non sarebbe esploso e non avrebbe tentato di ribaltare casa di sua nonna e questo era ciò che aveva fatto; ma Jude era comunque arrabbiato. Non che questo sentimento mancasse mai all’appello, ma era difficile che desse in escandescenza per colpa dei suoi nonni. Comunque doveva portare a casa la giornata e non poteva evitare di recarsi da loro; avrebbe potuto darsi malato? Certo, peccato che Jude non si ammalava praticamente mai e se Etienne avesse ricevuto una simile notizia, avrebbe capito subito che c’era qualcosa fuori posto, il che lo avrebbe costretto a fornire spiegazioni che, ne era certo, avrebbero comunque portato ad incazzarsi con sua nonna.
Così, controvoglia e con spirito irrequieto, Jude trascurò di rasarsi il viso, indossò un vecchio e consumato completo e con la sigaretta stretta in bocca, lasciò casa sua.
Fuori da casa trovò ad aspettarlo il sorriso di August Lee, pronto a scortarlo fino alla meta della giornata. L’uomo ormai conosceva molto bene Jude e non ci mise molto a capire che, forse, avrebbe fatto bene ad aprire la bocca il meno possibile.
 
- Dove siamo diretti oggi? -
 
- Portami da mia nonna. Grazie, August. -
 
Già, era decisamente meglio starsene nel suo, pensò August mentre guidava l’automobile di Jude fino alla residenza della Governatrice; era cosa rara che Jude ringraziasse e, diversamente dal resto del mondo, non era quasi mai un segno positivo.
Stavano per giungere nel cortile sul quale si affacciava il portico della residenza di Nadia, quando Jude intravide sulla strada un’inequivocabile chioma scura ondeggiare sulle spalle rivestite dal cappotto nero che Artemisia prediligeva.
 
- Lasciami qui e porta la macchina al cortile, arrivo fra poco. -
 
August fece ciò che gli era stato chiesto, così Jude scivolò fuori dalla macchina e si avvicinò alla ragazza la quale, accortasi della presenza, scese dalla sella della sua bicicletta.
 
- Buongiorno capo. – Pigolò Artemisia, accompagnando il saluto con un sorriso; d’improvviso, la giornata sembrava prendere una piega meno spiacevole, per Jude.
 
- Buongiorno. – Rispose, per poi accendere la sigaretta e fare segno ad Artemisia di tornare a camminare. Al suo fianco Atlas guardava incuriosito Jude.
 
- Smetterai mai? – Chiese apprensiva lei, lanciando un’occhiata alla sigaretta che Jude consumava con avidità; l’uomo accennò una cupa risata: - Quando mi abbandoneranno nelle profondità del lago della Corte, temo. -
 
- Non ti fa bene. – Insistette lei, sbriciando il viso di Jude con la coda dell’occhio mentre spingeva la propria bicicletta.
 
- E cosa fa bene, signorina Strong? Comunque non parliamo di questo, è ancora molto presto e io sono già terribilmente infastidito. -
 
Qualche passo li divideva dal cortile della Governatrice, quando Artemisia si fermò e squadrò l’altro con uno sguardo fra il divertito e il perplesso: - Lo vedo, è così strano vederti vestito… così!-  Artemisia trattenne una risata, poi riprese a camminare mentre Jude con espressione perplessa, osservava il proprio vestiario: - Beh? Cos’è che non va in quello che ho addosso? –
 
- Non so, forse… tutto? – Jude la raggiunse, così i due continuarono lo scambio di battute nel bel mezzo del cortile, mentre il sole cercava di farsi spazio fra la nebbia del primo mattino.
 
- È solo uno dei miei tanti vestiti, ecco tutto. -
 
- Allora hai avuto problemi a lavare quelli buoni. Se vuoi puoi sempre lasciarmi un fagotto da lavare davanti casa, vedo che ne hai davvero bisogno. -
 
A quel punto Jude rise di buon cuore, portando allegria anche nell’animo di Artemisia, sempre contenta di essere fonte di buon umore.
 
- Ho capito, questo completo è brutto. Ho solo pescato la prima cosa che mi è capitata… e poi effettivamente hai ragione, sono in arretrato con il bucato. -
 
- Mmm… Jude Millan che indossa la prima cosa che gli capita a tiro, deve esserci proprio qualcosa che non va. Sai che oltre a fare un ottimo bucato, so anche essere una valida ascoltatrice. Dovessi averne bisogno… -
 
- Lo ricordo bene. – Controbatté Jude, gettando a terra ciò che rimaneva della sigaretta e infilando poi le mani nelle tasche di quel completo che, effettivamente, era proprio ora di buttare via. – Ma avrei anche bisogno di fare un salto dalla signora Penny; se ti fa piacere, potresti accompagnarmi uno di questi giorni. -
 
Nel sentir nominare quella meravigliosa boutique in cui, per orgoglio, non aveva avuto il coraggio di acquistare nulla, Artemisia sentì l’emozione intorpidirle la bocca.
 
- Oh… sarebbe così carino poterci tornare; ma questa volta senza nessuna offerta, intesi? Verrò solo per aiutarti a scegliere qualcosa che ti si addica di più rispetto a un terribile completo marrone. Mi chiedo come ti sia venuto in mente! -
 
- Per quanto tempo dovrò sorbirmi le tue prese in giro? -
 
- Almeno fin quando non te lo vedrò più addosso. – Artemisia sorrise, prima di aggiungere che era giunto il momento, per lei, di recarsi alle scuderie. Doveva preparare i cavalli per l’addestramento delle nuove reclute.
 
- Diligente, signorina Strong. Mi piace. Allora per quell’appuntamento da Miss Penny, attendo che tu mi faccia sapere quando hai un pomeriggio a disposizione. -
 
Artemisia annuì e agitò una mano, poi richiamò Atlas e si avviò verso le scuderie. Jude la seguì per un po’ con lo sguardo: aveva dimenticato di essere molto, molto arrabbiato, doveva rimediare subito.
 
 
La Corte
Residenza di Nadia
 
Dopo essersi debitamente riposata, Nadia aveva espresso il desiderio di passare qualche ora in compagnia di suo marito, senza essere costretta a pensare a tutte le incombenze che, da Governatrice della Corte, le spettavano. Capitava talvolta che trascurasse Etienne e la cosa, per quanto la riguardava, era accettabile solo e soltanto se proprio non poteva fare altrimenti. Non che suo marito si lamentasse mai della cosa; Etienne era perennemente assorbito dai suoi esperimenti, ragion per cui comprendeva e accettava che Nadia non avesse molto tempo da passare in sua compagnia. Quello della coppia era un equilibrio che perdurava da decenni e solo una volta era stato sul punto di rompersi, una singola occasione, che entrambi avevano tentato di dimenticare, purtroppo fallendo miseramente nell’intento.
Disgraziatamente, Nadia era ben consapevole che per quanto lo desiderasse, certi eventi non potevano essere cancellati e anzi, quelli si ripresentavano alla mente con cadenza regolare, come fossero una tortura costruita a pennello.
 
- A cosa stai pensando ma chère? Hai bisogno di altro riposo per caso?-
 
Etienne la conosceva più di qualunque altra persona al mondo; ogni impercettibile movimento del suo viso, il mago era in grado di interpretarlo con invidiabile capacità, per questo Nadia neanche tentava più di nascondergli qualcosa. Si avvicinò a lui, con in mano una fumante tazza di caffè e gliela portò via con un sorriso neanche troppo forzato.
 
- Pensieri, nulla che tu non sappia già. – Dopo aver ingollato un sorso amaro, gli occhi chiari della Governatrice fluttuarono verso la porta dello studio, oltre la quale si trovavano sia Ryurik che Alida: - Piuttosto ora che siamo tornati, Lir potrà riappropriarsi del suo posto come tua guardia del corpo, tesoro. -
 
- Sarebbe il caso, ho sentito la mancanza delle sue battute fuori luogo. – Sghignazzò Etienne prendendo nuovamente possesso della propria tazza di caffè, prima di aggiungere che, in realtà, aveva avvertito in generale un po’ di solitudine.
 
- Perché mai? Sai come la penso tesoro… ogni tanto dovresti prenderti una pausa e uscire da quel tuo laboratorio, non ti fa bene passare così tanto tempo da solo e ci tengo alla tua salute mentale. – Nadia fece scivolare le mani sotto il braccio del marito e gli riservò uno sguardo dolce e apprensivo al contempo, che lui ricambiò con un sorriso candido: - Ti do ragione, ma questa volta non è stata colpa mia. Quel ragazzo al quale mi hai affidato, Ajax… beh non lo vedo da un paio di giorni. -
 
- Cosa?! E perché non me lo hai detto prima?! Hai avvisato Jude?! Non è accettabile un comportamento del genere! -
 
- Nadia, amore, ora calmati s'il te plaît! Sapevo ti saresti agitata inutilmente… - Il mago afferrò la consorte per le spalle prima che quella potesse correre fuori dallo studio, sbraitando affannosa: - Come puoi ben vedere sto bene, non mi è successo nulla. Avevo già in mente di avvisare Jude; a quanto ho capito Ajax è sempre stato molto affidabile, è nato e cresciuto qui; se non si è presentato potrebbe essere perché gli è successo qualcosa, non credi? -
 
Quando si trattava della sua famiglia, capitava che Nadia perdesse la lucidità; anche in quel caso non aveva pensato che la spiegazione più plausibile fosse che Ajax, una fedele Sentinella, potesse non trovarsi nella condizione di adempiere al proprio lavoro. Si ritrovò a dare ragione al marito, così decise di uscire dallo studio e recarsi nel salone, nel quale Alida e Ryurik erano assorbiti da una partita a scacchi. Nel sentire i coniugi fare irruzione nella stanza, i giovani scattarono in piedi.
 
- Ryurik, devi farmi un favore caro, ho bisogno che tu capisca che fine ha fatto Ajax Willow. Disgraziatamente sono appena venuta a sapere che sono un paio di giorni che non si fa vedere, questo non è certo un comportamento da lui! - Nadia strinse appena il braccio del ragazzo: - Ah, non andare da solo, richiama un paio di sentinelle con te; in questi casi non è mai bene muoversi in solitaria. Potrebbe non essergli successo nulla, come potrebbe essere vittima di un agguato; la prudenza non è mai troppa! -
 
Così Ryurik annuì e lasciò la stanza mentre Alida, mani allacciate dietro la schiena e postura più che eretta, osservava in silenzio la Governatrice avvicinarsi alla grande finestra che rimandava sul patio della sua magione.
 
- Alida, vieni qui, sii gentile.-
 
Così fece: la giovane strega si avvicinò alla finestra e gettò un’occhiata in direzione del punto indicato da Nadia; ciò che vide non era motivo di particolare interesse, ma evidentemente qualcosa nella figura di Jude, mentre parlava con Artemisia che annuiva di frequente (Alida sospettava che Jude le stesse impartendo qualche ordine ben preciso), doveva aver stimolato la curiosità della donna. Forse il motivo risiedeva nello strano sorriso che così di rado appariva sul bel viso di Jude Millan?
 
- Dimmi, quella sentinella si chiama Artemisia… Artemisia Strong, giusto? -
 
- Corretto.- Annuì Alida, non capendo dove l’altra volesse arrivare.
 
- Ultimamente mi pare che lei e mio nipote passino parecchio tempo insieme, non ti pare? -
 
- Sinceramente non più del solito, non mi pare. – Con un’incerta scrollata di spalle, Alida tentò di apparire disinvolta e sincera, ma anche a lei era sembrato che quei due, da qualche tempo, se la intendessero.
 
- Non sei brava a mentire, te l’ho detto un sacco di volte! – Nadia assottigliò lo sguardo, così avvicinò ancor più il viso al vetro, costringendosi poi a spannarlo a più riprese con la manica.
 
- Una Strong… una ragazzetta senza provenienza, senza passato! Non mi piace affatto. -
 
Nel sentire quelle parole, Alida fu costretta a trattenere una smorfia; la noncuranza del tono di Nadia, la malcelata superiorità, la supponenza, le davano il voltastomaco. Checché ne dicessero i suoi sudditi prediletti, Nadia Millan non riteneva che tutti gli esseri umani fossero uguali, tutt’altro; semplicemente era molto brava a dare agli altri una visione migliore di sé.
 
- Non conosco molto bene Artemisia, ma Lir si; è una brava ragazza e una valida sentinella. – Alida sentì di spendere buone parole per Artemisia, nonostante le due non avessero mai avuto chissà quale rapporto. Il suo tentativo fu comunque inutile e Alida lo dedusse dal rotear d’occhi di Nadia. Sempre così plateale, pensò lei.
 
- Sei ancora così tanto ingenua, ragazza mia. Credo invece che quella lì stia cercando di farsi amico mio nipote, di piacergli. Guardala! Guarda quante moine che fa!-
 
Nadia picchiettò l’indice contro il vetro e Alida fu così costretta a guardare di nuovo nella direzione dei due giovani.
 
- Veramente io la vedo solo annuire; ti starai di certo preoccupando troppo e… -
 
- Voglio che tu capisca cosa c’è sotto. Più tardi va da lei e parlaci; se una qualsiasi Artemisia Strong sta cercando di circuire mio nipote, nonché futuro governatore della Corte, io lo devo sapere. Ora va, io riposerò ancora un po’. Etienne! Tesoro! Cosa ne dici di un bagno caldo? -
 
Così Nadia tornò nell’altra stanza e lasciò Alida a deglutire e sospirare; il suo sguardo tornò oltre il vetro, fino a soffermarsi sul profilo di Jude, il futuro governatore. Quelle parole rimbombarono nella sua testa e l’immagine del più piccolo dei cugini Millan andò a sostituire quella del maggiore, contribuendo a dare una bella strizzata allo stomaco di Alida. Succedeva sempre così, ogni volta che Micah le tornava alla mente.
 
*
 
Un animale. Ecco come venne trattata Lyuba Kozlov durante i sei mesi che passò nella pessima compagnia dei Rigattieri. Questi si divertivano a metterla in mostra, mostrandola a tutti come se quella non fosse nemmeno viva.
Le catene circondavano perennemente i suoi polsi e le esili caviglie e nessuno prestava attenzione al visino infantile incorniciato dagli sporchi capelli pallidi, ai grandi occhi chiari imploranti la libertà. Nessuno, ma proprio nessuno degli avventori dei mercati in cui veniva sballottata, percepiva Lyuba come quel che era, ovvero una persona.
Il primo a trattarla come fosse un gioiello prezioso era Roman Lebedev, il suo proprietario. Omuncolo avido, privo di alcun sentimento positivo, mostrava le capacità di Lyuba con orgoglio, come se il merito fosse il suo e mai voleva separarsi da lei.
Di proposte per comprarla ne ricevette moltissime, perché era chiaro che Lyuba possedesse un dono davvero speciale, unico; la bambina aveva delle visioni nitide e specifiche e Roman non aveva mai visto niente del genere prima di comprarla. Proprio per questo motivo non si sognò mai di venderla, in quanto aveva compreso il valore inestimabile racchiuso in lei.
Ovviamente Roman aveva tratto enorme guadagno da  Lyuba, facendo pagare grosse cifre di denaro a coloro che volevano ricevere una visione e per produrne di continue, la bambina veniva seviziata senza alcuna pietà.
Furono sei interminabili mesi, durante i quali Lyuba non aveva mai smesso di combattere nonostante le angherie subite; poi, come avesse agito una mano divina, un giorno fu strappata via dalle catene di Roman Lebedev grazie all’intervento di alcune Sentinelle del territorio.
Fu sorprendente, per quelle persone, scoprire l’incredibile capacità di Lyuba; chiunque venisse a contatto con il suo potere non poteva fare a meno di riconoscerne la grandiosità, motivo per il quale quelle Sentinelle, dopo aver arrestato Roman e messo sulla via delle Colonie più vicine, decisero che la bambina avrebbe dovuto essere portata immediatamente da Nadia in persona.
Incontrare Lyuba, fu per la Governatrice un momento davvero speciale. La piccola le venne presentata con ancora gli stracci consumati che portava ogni giorno, sporca, con una lunga catena a stringere i polsi e una museruola a tapparle la bocca.
Nadia sembrò sconvolta e si rivolse piena di sdegno alle Sentinelle che avevano portato la bambina da lei.
 
“Perché diavolo avete fatto una cosa simile?!” Urlò, indicando la museruola che fasciava la bocca di Lyuba. Tremante come una foglia, un uomo si fece avanti.
 
“Mia signora, mi ha fatto di questo.” Balbettò, mostrando a Nadia l’avambraccio, marchiato dal segno profondo di un morso.
 
“Non siete comunque giustificati a trattarla come fosse un cane rabbioso, non lo vedete che è una bambina?” Gli occhi di Nadia si incastrarono in quelli di Lyuba, “Deve essere terrorizzata. Lasciateci sole.”
 
“Ma, veramente non credo…”
 
“Fuori, subito.” Nadia scacciò i presenti, poi si avvicinò con cautela a Lyuba e si chinò per trovarsi alla sua altezza. Accennò un sorriso gentile, così le rivolse parole rassicuranti, dopodiché rimosse la museruola e sciole le sue catene. La reazione di Lyuba, fu quella di fuggire in un angolo e sebbene fosse terrorizzata, tentò di mostrarsi furente nei confronti di Nadia, alla quale la piccola ricordò un felino che tentava di difendersi contro il suo predatore.
Ci volle tempo e pazienza per far calmare Lyuba, ma fortunatamente Nadia non era mai stata manchevole né dell’uno, né dell’altra. Quando, grazie alle sue parole cortesi e al suo tono conciliante, la Governatrice riuscì finalmente a tranquillizzare la piccola, le chiese che cos’è che desiderasse.
 
“Libertà.”
 
Quella parola fece sorridere Nadia, di un sorriso che Lyuba male interpretò e di cui arrivò a comprendere il significato solo anni dopo.
 
“Come ti chiami? Hai un nome, non è vero?”
 
A quella domanda, Lyuba si rabbuiò ancor più; ci volle un po’ prima che trovasse il coraggio di rispondere.
 
“Mi chiamo… mi chiamavo Lyuba, ma poi sono diventata uno oggetto. Ora io non lo so più cosa sono, non so più  il mio nome.”
 
Gli occhi della bambina si velarono di lacrime non appena ebbe pronunciato quelle parole, così Nadia allungò con cautela una mano nella sua direzione.
 
“Oh, piccina mia, tu non sei un oggetto, sono quei mostri che ti hanno trattata così. Però tu sei stata davvero forte e battagliera, lo sai?”
 
Nadia prese una pausa, in attesa che la bambina accettasse la sua mano; a quel punto tornò a parlare.
 
“Visto il tuo spirito battagliero, che ne dici di Alida?”(3)
 
“Alida…” Ripeté la bambina “Mi piace Alida, ha un bel suono”.
 
“Allora sarà così che ti chiamerai, da adesso in poi.”
 
Quella sera stessa Alida venne lavata, sfamata e le fu offerta una stanza con un letto comodo. Un letto vero, dopo mesi passati a riposare sulla pietra nuda; quello non doveva essere che un sogno, o forse si era appena risvegliata da un incubo?
Passarono i giorni, durante i quali la piccola venne trattata con cura, sottoposta a molte visite mediche per accertarsi del suo stato di salute; Nadia fece di tutto per rimetterla a nuovo e per darle tutto ciò che poteva esserle utile per riabilitarla.
Finalmente, con lentezza, Alida cominciava a provare un briciolo di serenità, anche se più di un dubbio si instillò nella sua mente, quando percepì che qualcosa stonasse in quel luogo che le sembrava un paradiso.
I suoi dubbi trovarono fondamento, quando un giorno Nadia la mandò a chiamare. Così Alida fu condotta da una Sentinella fino ad una delle stanze di quella grande magione, in cui trovò la donna seduta su un divano spazioso –oh, Alida non ne aveva mai visti di così belli- che la invitò a sedersi.
 
“Ti ho spiegato come funzionano le cose alla Corte, giusto? Qui, bambina mia, tutti collaborano affinché le cose funzionino. Persino mio nipote ci mette del suo; lui ha cinque anni più di te, ti piacerebbe conoscerlo?”
 
Alida annuì con entusiasmo. Da quando era stata venduta dalla sua famiglia, non aveva mai avuto rapporti con altri ragazzi.
 
“Ti farò conoscere Jude allora. Con lui potrai studiare meglio l’inglese e insieme a Etienne, mio marito… lo hai conosciuto, ricordi? Beh, con loro imparerai a sfruttare meglio le tue capacità. “
 
“Le mie capacità? Ma io sono… non faccio cose buone, io porto male.” Pigolò la piccina, terrorizzata all’idea di avere altre visioni. Del resto aveva passato buona parte della sua vita a sentirsi dare della iettatrice, mentre gli ultimi mesi erano stati una vera e propria tortura, proprio per colpa del suo potere visionario.
 
“Tu non porti male e il tuo potere è strabiliante; sarà estremamente utile a me come Governatrice e a tutta la Corte. Tu farai del bene al mondo, devi credermi.”
 
Nadia le carezzò una ciocca di capelli, portandola dietro un orecchio; eppure per quanto quella donna le sorridesse e le parlasse con garbo, Alida ebbe un pessimo sentore. C’era qualcosa che non andava in lei, nella Corte, nell’intero sistema. Ma che cos’era?
E lei come ne sarebbe uscita?
 
 
Quartier Generale
Dojo piccolo
 
Che cosa gli stesse davvero dicendo, Malik non lo sapeva. Non faceva altro che far saltare gli occhi dalla bocca di Andra, morbida e assurdamente sensuale, ai suoi occhi magnetici, tinti di un verde che raramente aveva avuto il piacere di scovare in natura.
Avevano parlato a lungo, avevano persino avuto un appuntamento, un bellissimo, perfetto, primo appuntamento e i sentimenti erano ormai ben chiari ad entrambi: Jabal e Dimma dei Ladri di bacchette avevano lasciato alle spalle rispetto e ammirazione reciproca, facendo proprie diverse emozioni quali l’affinità, l’attrazione, e molto altro appartenente alla sfera emotiva delle coppie.
Non restava che rendere concreti i comuni intenti e quale modo migliore per iniziare, se non quello di appropriarsi di quella bocca che gli stava facendo girare moltissimo la testa?
 
Baciami, stupidone…
 
Malik annuì, inebetito, nel sentire quelle parole sussurrate.
 
- Non mi stai ascoltando, non è vero? Mi spieghi per quale dannato motivo stai ridendo?!-
 
Andra teneva le braccia incrociate sotto il petto e attendeva con impazienza che il suo interlocutore la smettesse di perdere i pensieri chissà dove. Malik le aveva promesso non avrebbero perso tempo e si sarebbero subito allenati, una volta tornati al Quartier Generale, eppure erano cinque minuti buoni che se ne stava lì ad annaspare.
 
- Questo è un dojo, non una piscina. La smetti di boccheggiare? -
 
Come si fosse appena svegliato da un bellissimo sogno, Malik si strofinò il viso prima di tornare a concentrare le sue attenzioni sulla compagna. Andra, davanti a lui, era visibilmente spazientita.
 
- Scusami. – Una lieve risata gli sfuggì dalle labbra; risata che Malik non riuscì a trattenere e che fece indispettire Andra ancor più: - Mi vuoi spiegare che cos’hai? Che c’è, ti avranno mica drogato ai Mercati?-
 
- Devi scusarmi stellina…-
 
- Non chiamarmi così!-
 
Malik la ignorò e sorrise di nuovo mentre allungava un paio di passi nella sua direzione: - è che, vedi… stavo pensando a una cosa che ti riguarda, una cosa davvero molto bella, sia chiaro; per questo non riesco a smettere di stare così. È colpa tua sai. –
 
- Oh certo, colpa mia di un qualcosa di cui non sono a conoscenza. – Andra poggiò le mani sui fianchi, ma a quel punto anche il suo viso fu illuminato da un mite sorriso: - Allora sentiamo, cos’è che ti fa assomigliare alla bella copia di Micah appena uscito dalle stanze di quella Scarlett? -
 
Le parole della strega suscitarono una sguaiata risata da parte di Malik: - Questa, questa si che me la devo rivendere! Povero ragazzo, certo che lo tratti davvero male!-
 
- Lo prendo solo in giro, in realtà lo sai, che gli sono affezionata… e che lo stimo come guerriero. Per non parlare di quel suo bel faccino. -
 
- Ora mi stai prendendo in giro, lo so bene che non hai fatto altro che respingere le sue avance negli ultimi anni. – A quel punto Malik si era fatto vicino abbastanza da far sì di sostituire le mani di Andra con le proprie; con un piccolo gesto la attirò a sé e la donna non oppose resistenza, sebbene non dette comunque a Malik la soddisfazione di lanciarsi fra le sue braccia.  Si guardarono a lungo, uno sguardo d’intesa, uno di quegli sguardi che nasconde una chiara volontà di intenti; poi Malik parlò, non smettendo mai di sorridere e se possibile si fece ancor più vicino ad Andra, oramai a un soffio dal viso di lui.
 
- Ho lasciato in sospeso una cosa… importante, davvero importante, una cosa che voglio fare da un mucchio di tempo. -
 
- Giuro che non opporrò resistenza, signor Khuda. L’importante è che non sia nulla per cui sarei costretta a prendere la pistola.-
 
Inizialmente volutamente rigida, Andra si sciolse; le sue mani salirono fino a poggiarsi sui pettorali ampiamente allenati di Malik. Nei segreti della sua mente, Andra si disse che non le sarebbe affatto dispiaciuto conoscerne per bene la forma. A quel punto Malik le strinse il viso con estrema cura e rimase per qualche istante ad osservarla in silenzio; si sarebbe avvicinato, lo avrebbe fatto a momenti, eppure scosse il viso ridendo e si scostò un po’, generando palese disappunto in Andra.
 
- Beh? – Chiese confusa. Gli occhi d’intenso verde seguirono la traiettoria della mano destra di Malik, che andò ad indicare la porta del dojo.
 
- Ora accadrà. -
 
- Accadrà… cosa? – Chiese, sempre più confusa.
 
- Accadrà che qualcuno entrerà e interromperà quello che potrebbe essere il momento più bello della mia vita negli ultimi 10 anni. È matematico, posso scommetterci una gamba. -
 
Andra era sicura che Malik non fosse un veggente. Se per questo, Malik non aveva nessun tipo di potere magico, quindi fu più che certa che la stesse prendendo in giro.
 
- Senti, non mi piace questo scherzo… -
 
La porta del dojo si spalancò proprio nel momento in cui Andra si stava divincolando dalla stretta del braccio di Malik e la voce squillante di Zenia rimbombò per tutta la sala d’allenamento.
 
- Zio, ma allora sei qui! Ti ho cercato per tuuuuuutto il Quartier generale!-
 
- Come se fosse immenso. – Commentò Mawja alle sue spalle. L’anziana signora pose le mani sui fianchi con gesto di finto rimprovero nei confronti di Zenia, la quale si era già lanciata fra le braccia di Malik: - Ti sei resa conto che hai interrotto il loro allenamento?-
 
Zenia allargò le narici e comincio ad annusare platealmente lo zio, che scuoteva la testa con rassegnazione: - A me non pare si stiano allenando, zio non sta sudando! E comunque non è colpa mia, è Herb che ci ha mandate qui! Ti vuole parlare, dice che è molto urgente. –
 
- Per Herb tutto è sempre urgente, comunque vedrò di andare da lui. – Malik mise di nuovo a terra la nipote e poi lanciò un’occhiata ad Andra: - Aspettami qui, così possiamo riprendere da dove siamo rimasti. – Con una strizzata d’occhio, Malik lasciò il dojo insieme a Mawja, la quale si lamentava di essere stufa di fare la segretaria di Herb. Nell’attesa, Andra afferrò le fasce d’allenamento e prese ad avvolgere le mani intanto che Zenia, con le mani dietro la schiena e un sorriso furbetto sul viso, la osservava con vivo interesse.
 
- Allora?- Chiese infine, non vedendo alcun tipo di reazione da parte della donna, concentrata sul sistemare le fasce per l’allenamento.
 
- Allora cosa?- Andra lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio a Zenia, prima di tornare sulle proprie mani.
 
- Allora lo zio ti ha chiesto di uscire alla fine? Avete avuto l’appuntamento?-
 
Tutto si sarebbe aspettata, tranne che una bambina di otto anni le facesse una domanda del genere; Andra sentì il viso bruciare e con esso, la sua credibilità di ladra guerriera.
 
- Io, Jabal, voglio dire Malik… ma tu perché sai queste cose?! -
 
- Ti ho messa in imbarazzo? Oh! Per piacere non dirlo allo zio! Sono sicura mi sgriderebbe se lo venisse a sapere! -
 
Zenia aveva finito per raccogliere le mani davanti al viso in una richiesta misericordiosa e Andra, nonostante l’imbarazzo, non riuscì a fare a meno di intenerirsi davanti a quegli occhioni imploranti. C’era da dire che Zenia era proprio una bambina furba, sapeva come giocarsi le carte vincenti e ad Andra piacevano moltissimo i bambini che mostravano furbizia e mobilitavano l’ingegno. Così la donna scosse il capo e le accennò un sorriso: - Puoi stare tranquilla; ma dovresti proprio rispondermi… come sai… dell’appuntamento? Hai origliato qualche conversazione? –
 
Di tutta risposta la piccola sgranò gli occhi ed assunse la più indignata delle espressioni; le sue parole soffiarono dalla bocca con impeto: - Origliare?! Io?! Non lo farei mai! Mi sarà capitato un paio di volte con Solomon e gli altri… ma mai l’ho fatto con lo zio! Gliel’ho suggerito io di chiederti di uscire, visto che era così tanto tempo che ci stava a pensare! –
 
- Glielo hai detto tu? – Chiese fra il dubbioso e il divertito l’adulta della situazione; Zenia annuì e tornò a rivolgere il suo sorriso più furbo: - Certo che si, altrimenti non si sarebbe mai deciso, lento com’è! Comunque dalla tua faccia, secondo me ce lo avete avuto e come l’appuntamento!-
 
La piccola sedette a terra e circondò le ginocchia con le braccia, mentre lo sguardo era fisso in quello di Andra; disse poi a quest’ultima che non si sarebbe mossa di lì, fin quando non le avesse snocciolato qualche dettaglio.
 
- E va bene, ma promettimi che sarai tu questa volta, a non dire nulla a Malik. -
 
- Acqua in bocca!- urlò Zenia, prima di mettersi all’ascolto.
 
La Corte
 
Chiedere a Saskia di prendersi una giornata di libertà, voleva dire darle la possibilità di sfogare le proprie energie nelle maniere più variegate e fantasiose, quantomeno per persone non ipercinetiche come lei. Quel pomeriggio, ad esempio, Saskia aveva deciso che si sarebbe dedicata alla lotta corpo a corpo, una delle sue attività preferite; perché? Ovvio: Saskia detestava stare ferma, perdere tempo, oziare, di conseguenza come unire l’utile al dilettevole, se non con il duro allenamento?
Inoltre la sua discussione con Izzie l’aveva turbata – ragion per cui aveva bisogno di sfogarsi- e anche se continuava a raccontare a se stessa che il motivo altro non fosse che mal sopportava il fatto che la sua amica desse cenni di insofferenza nei confronti del sistema nella quale vivevano serenamente(sostanzialmente sputava nel piatto dove mangiava quotidianamente, Izzie!), quella era solo in parte la verità. Già, perché Saskia stessa si era ritrovata, sovente, a porsi delle domande da quando Auden aveva lasciato la corte, probabilmente per unirsi a qualche gruppo di ribelli tipo i famigerati Ladri di bacchette (quegli esaltati dissidenti). Lei stessa, per l’appunto, aveva cercato di comprendere per quale motivo la persona più cara che aveva al mondo avesse deciso di allontanarsi dalla Corte; per la fuga di Auden, Saskia aveva passando anche intere notti in bianco.
Forse Auden aveva visto nel regime di Nadia qualcosa che lei, povera cieca, non aveva colto? Forse non era propriamente vero che le parole della Governatrice del mondo intero, attingessero alla verità?
E se Nadia non fosse altro che una delinquente assetata di potere?
E magari lei e le altre Sentinelle, non erano che pedine di una maniaca dall’ego smisurato?
Saskia se le era poste queste domande, ma non si era mai voluta dare una vera risposta e notare che Izzie stava facendo lo stesso, probabilmente con maggiore accuratezza nel trovare responsi ai propri quesiti, le dava molto fastidio. Saskia non voleva mettere in dubbio il Regime di Nadia, i propri valori, i motivi per cui era diventata una Sentinella. Perché se avesse scoperto di avere torto, di trovarsi dalla parte sbagliata della barricata, non sapeva se avrebbe retto. L’orfanotrofio d’altro canto era stato un periodo orribile della sua vita; di fatto non fosse stato per Auden, difficilmente Saskia sarebbe arrivata alla Corte, punto in cui avevano deciso di riiniziare la loro vita. Quest’ultima rappresentava, per i due ragazzi cresciuti come fossero fratelli di sangue, una sorta di oasi salvifica: il mondo cadeva a pezzi, le guerre imperversavano, ma nella Corte ci si sentiva al sicuro, nella Corte si lottava per costruire un futuro migliore.
No, non poteva essere diversamente da così, non doveva essere diversamente da così.
Con la testa gonfia di quei pensieri, Saskia sferrava calci e pugni contro la povera Sentinella che si era ritrovata ad allenarsi con lei; con Elena, Saskia c’era anche finita a letto un paio di volte, ma l’interesse nei suoi confronti era volato via così come era arrivato e in quel momento l’unico scopo della donna davanti a lei, era quello di fungere da sacco da box.
Un fischiettio, fortunatamente per Elena, pose fine a quell’allenamento massacrante. Saskia si arrestò di botto, distratta dal suono delicato che quasi le costò un gancio in pieno volto e con un’espressione truce, volse lo sguardo scuro nella direzione del fischio; elegante, strafottente, dall’aria fortemente annoiata, Ryurik era poggiato con la spalla ad una delle colonne della palestra che stava ospitando le due Sentinelle a cui non dava, in realtà, la benché minima attenzione. Gli occhi verdi dal taglio sottile erano tutti per le unghie della mano sinistra, come se esse contenessero chissà quale segreto.
 
-Una di voi deve venire con me, dobbiamo fare delle cose che vuole Nadia. – disse infine; il tono della sua voce rispecchiava la noia delle sue movenze. Elena prese subito a lamentarsi, visto e considerato che quella tecnicamente doveva essere la sua mattina libera (che per altro stava passando tentando di non farsi uccidere dalla sua ex amante), ma non ebbe bisogno di sbattere i piedi più di tanto, perché sul viso di Saskia si dipinse un sorriso raggiante:
 
-Io! Vengo io a fare delle cose per Nadia! –
 
- Ma questa non è anche la tua, di mattina libera?- Elena la guardò con un sopracciglio inarcato, incapace di comprendere dove trovasse tutta quella energia. Mentre Saskia correva verso gli spogliatoi, gridò a Ryurik di aspettarla qualche istante, giusto il tempo di potersi cambiare, mentre ignorò quanto le aveva detto Elena, la quale piroettò lo sguardo su Ryurik. Il ragazzo alzò appena le spalle e con un lieve movimento si discostò dalla colonna. Se avesse potuto, avrebbe delegato quell’affare a qualcuno come Saskia, eppure in un certo senso aveva voglia di capire che fine avesse fatto Ajax, che conosceva da poco, ma abbastanza da capire che uno come lui, non sarebbe mai sparito nel nulla, contravvenendo in tal modo ad un ordine della governatrice suprema.
No, c’era sicuramente qualcosa sotto.
 
-Eccomi! Sono pronta! Ci sono!- Come un fulmine Saskia raggiunse Ryurik e dopo aver salutato Elena, ben felice di andarsi a disinfettare le ferite appena infertole, quasi prese a saltellare intorno all’alto giovane:
 
-Allora dove si va? Cosa si fa? Quanto durerà la missione?- Prese a chiedere lei con entusiasmo.
 
- Spero meno di tempo del mondo. – Rispose Ryurik, prima di recuperare il cavallo con cui era giunto fin lì.
 
*
 
Jude era stato un bellissimo regalo da parte di Nadia. Visto tutto ciò che aveva subìto e come suo fratello l’aveva trattata proprio il giorno in cui i genitori avevano deciso di venderla, trovare al proprio fianco una figura come quella dell’adolescente era stato come passare un unguento medicamentoso su una ferita ancora aperta.
Jude aveva quindici anni, era di poche parole, spocchioso, ma fondamentalmente gentile e andava da lei ogni volta che aveva un po’ di tempo a disposizione. Per Alida era rigenerante passare del tempo con lui, che tempestava di domande e con il quale prendeva sempre maggiore confidenza.
Le sarebbe piaciuto poter uscire da quella casa in cui era relegata, per andare a giocare fuori con Jude Millan; magari avrebbe potuto conoscere i suoi amici che, era certissima, non l’avrebbero trattata come un fenomeno da baraccone. A quanto aveva capito, infatti, la Corte era piena di persone che possedevano poteri speciali come lei; Jude le aveva spiegato che le persone che possedevano la magia nel loro sangue, potevano sviluppare poteri speciali. Anche lui aveva un potere e presto, a suo dire, glielo avrebbe mostrato.
La piccola Alida era al settimo cielo, nonostante una parte di lei era terrorizzata, perché sapeva che quel giorno sarebbe coinciso con un altro incontro con Etienne, era stata Nadia stessa a dirglielo.
Quando il fatidico giorno arrivò, fu Jude incaricato di andare a prendere Alida per portarla da suo nonno. Usciti dall’ingresso della residenza di Nadia, Alida afferrò la mano di Jude senza pensarci un solo istante: intorno a lei uno strato di neve ricopriva il cortile e i campi e uomini e donne vestiti da Sentinelle si spostavano sia a cavallo che a piedi. Nessuno si voltò a guardarli e la cosa rassicurò Alida, che finalmente trovò la forza di riprendere fiato.
 
“Non è lontano, il laboratorio di mio nonno è proprio qui dietro. Forza, non avere paura.”
 
Jude scosse la mani di Alida, entrambe tenacemente avvinghiate alla sua e infine le sorrise. Alida ricambiò, seppur con sforzo.
Il laboratorio di Etienne non era come lo aveva immaginato; era un’esplosione di colori, racchiusi in ampolle di diverse dimensioni e l’aria era permeata da un piacevolissimo profumo di fiori. Alida pensò fosse molto strano percepire quel profumo così intenso, quando fuori c’era ancora la neve. Era un marzo terribilmente freddo, quello lì.
 
“Accomodati pure bambina.”
 
Alida aveva avuto paura di Etienne fin dal primo istante in cui lo aveva conosciuto, ma avere Jude al suo fianco le infuse fiducia. Per questo non se lo fece ripetere e sedette dinanzi l’uomo, che prese a studiarla con attenzione.
Etienne le spiegò che durante quel periodo, aveva capito delle cose sul funzionamento del suo potere, ad esempio che si scatenava in maniera più o meno violenta a seconda delle emozioni provate.
 
“Purtroppo ho notato che la paura è una delle emozioni che attiva le visioni, così come la tristezza e la rabbia. Temo, mon petit oiseau, che dovremo lavorare su questi sentimenti in futuro.”
 
“Ma io non… io non voglio avere paura.”
 
Etienne spiegò con pazienza ad Alida che tutto quello che facevano, era in funzione della Corte, perché se la corte godeva di buona salute, allora tutto il mondo sarebbe stato bene di conseguenza.
Secondo Etienne bisognava fare dei sacrifici per il bene comune, persino Jude ne avrebbe fatti.
 
Quel giorno Alida entrò in contatto con il terribile e spaventoso potere di Jude, costretto da suo nonno a testarlo su Alida, che improvvisamente sentì che avrebbe fatto di tutto per Jude, come se quello fosse stato davvero suo fratello.
Il ragazzo le ordinò, seppur con reticenza, di provare ad avere una visione e quando Etienne si rese conto che il comando di Jude non avrebbe funzionato, ordinò al nipote di insultare Alida; quest’ultima sotto l’effetto dell’amortentia tattile, cominciò a piangere con disperazione, in quanto la persona a cui teneva di più al mondo stava dichiarando di non sopportare la sua presenza. Così, più Alida soffriva e piangeva, più piccole visioni cominciavano a prodursi, fin quando Jude urlo a suo nonno che non sarebbe più andato avanti, perché non voleva farle male.
 
“Come puoi fare questo? È solo una bambina, è più piccola di Micah!”
 
Fra i singhiozzi e il dolore, Alida non registrò subito quel nome, che sentiva pronunciare per la prima volta da quando era stata portata alla Corte.
Davanti alle rimostranze del nipote, Etienne decise che per quel giorno sarebbe bastato così; avrebbero ripreso gli esperimenti più avanti.
Alida fu riportata nella sua stanza, diventata a tutti gli effetti la sua nuova prigione. Era vero, non aveva catene attaccate alle caviglie e veniva ben nutrita; poteva lavarsi e indossare abiti che non fossero stracci e nessuno le diceva di essere un mostro.
Ma cosa importava, se ancora una volta lei veniva percepita solo e soltanto in base a quel suo maledetto potere?
 
Gli esperimenti con Etienne proseguirono, sebbene Jude non ne prese più parte. Alida sospetto che il ragazzo si fosse rifiutato di imporsi ancora una volta, perché tutte le volte che veniva portata da Etienne, Jude non si faceva vedere.
Neanche troppo lentamente, Alida capì ben presto che Nadia l’aveva resa prigioniera negandole la libertà di scegliere di essere solo una bambina come le altre. Ogni volta che usciva dalla villa veniva guardata a vista e mai veniva lasciata sola.
Alida era solo una bambolina nelle mani della Governatrice del Mondo e se possibile era ancora peggio di vivere in un villaggio fra persone che provavano solo sentimenti di odio nei suoi confronti.
 
Una sera, sdraiata nel suo letto, Alida non riusciva a prendere sonno. Si girava e rigirava, con addosso quell’irrequietezza che solitamente precedeva qualche visione.
Ma non fu una visione a farla scattare a sedere, bensì un rumore sordo alla finestra, come se qualcuno stesse bussando. Con il cuore in gola, Alida rimase immobile ad osservare il vetro scorrere e una figura farsi spazio nel buio. Ben prima che la bambina cominciasse ad urlare, la persona che era saltata dentro alla sua stanza buia le fece verso di stare zitta, poi le bisbigliò di accendere una luce.
Alida allungò una mano per agganciare l’interruttore della lampada che teneva al fianco del letto, così la fioca luce dette consistenza alla figura di un ragazzino: una zazzera di capelli scuri circondava un viso magro, il sorriso malandrino mostrava un notevole spazio fra gli incisivi superiori e due grandi occhi chiari la fissarono curiosi.
 
“E quindi tu devi essere Alida, finalmente sono riuscito a venire qui senza essere scoperto!”
 
Nel rendersi conto che quello che aveva davanti non poteva avere che qualche anno in più di lei, Alida si rilasso, così chiese con sospetto.
 
“E tu chi saresti? Come sai il mio nome?”
 
“Oh io so molte cose su di te. “ Il ragazzino allungò una mano, pretendendo una stretta da parte sua.
 
“Piacere, io sono Micah e sono il nipote di Nadia.”
 
 

(1) Scena che strizza l'occhio a "Il castello errante di Howl". Chi non lo conosce dovrebbe davvero, davvero rimediare al più presto. Lo dico per voi, fa bene al cuore. 
(2) Nevezeniye, ovvero "sfortuna" in russo.
(3) Alida, ovvero "eroina", "guerriera".

 
Buon pomeriggio a tutti! No, non sono un miraggio, sono tornata davvero dopo moltissimo tempo. Prima di tutto devo scusarmi con tutti voi per la mia lunga assenza, ma ho avuto una lunga serie di motivi per assentarmi per così tanto tempo, in primis tutta una serie di cose molto importanti (e belle) che mi hanno però sottratto tempo libero.
Ma potevo mai abbandonare Bastardi senza gloria? No, non lo avrei mai fatto, tengo troppo a questa storia e nonostante lo sterminio che ho dovuto compiere, sono intenzionata a portarla avanti fino alla fine.
Ora un paio di cosine (vi erano mancate le mie note chilometriche, ditemi la verità!):
 
Questa appena pubblicata è solo la prima parte del lungo capitolo che vede protagonista Alida; visto che sono arrivata a sfiorare le quaranta pagine, ho chiesto su instagram se avrei dovuto dividere il capitolo in due e la maggior parte di voi ha votato si. Quindi eccovi qui la prima metà, ma voglio rassicurarvi dicendovi che la seconda parte del capitolo arriverà fra una settimana, giusto il tempo di darvi modo di metabolizzare questa lettura.
 
E sempre per quanto riguarda questa prima parte, avrete notato che Izzie e Auden non sono presenti. Ci tengo a specificare che la loro assenza non è assolutamente legata ad una presunta eliminazione dei personaggi, semplicemente dividendo il capitolo in due, i paragrafi con Izzie e Auden sono finiti entrambi nella seconda metà. Non vogliatemene, presto tornerete a leggere anche di loro!
 
Detto questo passiamo alla “selezione”. Alla fine delle varie schede che ho ricevuto, ho ritenuto opportuno selezionare la già presente Saskia (grazie infinite Em per aver revisionato la scheda), che diventa a tutti gli effetti un personaggio primario.
Per quanto riguarda i ladri, ho selezionato un signorino che non apparirà subito, bensì nel primo capitolo della festa del raccolto (non manca molto, abbiate pazienza). Vi lascio quindi con foto e informazioni sui due personaggi selezionati: benvenuti a bordo!
 
Che altro dire, è passato così tanto tempo che non so più se aggiungere altro o meno. Facciamo che va bene così: ci vediamo fra una settimana!
 
Ah, volevo dire a chi non mi segue su instagram che oggi è il compleanno di Micah, buon compleanno sole mio <3
 
Bri

 
Saskia Welt

Babbana
28 anni
Armi: pistola semiautomatica Desert Eagle Mark XIX.
Bisessuale
 
 
 Saveliy Volkov

Pseudonimo “Vind” (vento in svedese)
Mago
26 anni
Armi: falce dacica
Bisessuale
 
 
 
 
 
 
   
 
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