νέκυια
- Capitolo IV -
Cavallo di Bastoni, cene movimentate e Luna in Scorpione
[Trattato sulla follia causata dalla morte, sulle stranezze del comportamento umano e sulla difficoltà d'accettare il vero]
Hogwarts,
Stamberga
Strillante
18
novembre 2023
Nel
suo 'Così parlò Zarathustra', Nietzche
già dall'incipit introduce
un concetto importante: prima di conoscere il cielo bisogna osservare
la terra, prima d'elevarsi bisogna cadere, guardare nelle
profondità
di noi stessi per essere preparati a ricevere l'illuminazione.
'
Se tu riguarderai a lungo nell'abisso, anche l'abisso vorrà
guardare
dentro di te', scriveva qualche pagina dopo, lasciando intendere che
l'abisso è il luogo ove il sole si reca al tramonto,
illuminando gli
inferi e dove il santo discende per erudire gli smarriti, l'abisso
sono gli occhi scuri, sgranati di paura e consapevolezza, velati e
patinati, quasi a rimarcarne lo status di cadavere con cui il
'giovane' Joseph W. Turpin osserva guardingo la strega-bambina dai
lunghi capelli rossi, immobile oltre le rigide sbarre magiche della
prigione in cui è stato rinchiuso; lei è come il
pellegrino
Zarathustra del libro che, dopo essere disceso dalla montagna sulla
quale s'era ritirato in preghiera, parla alla folla radunatasi al
mercato per assistere ad uno spettacolo circense.
Impossibile
ignorare la sua voce, il messaggio ch'essa proferisce con fermezza
incanta ed incatena, seducente e pericoloso.
Le
dita gli tremano mentre s'afferra i lati del viso con forza, tirando
i corti capelli castani sudici, premendo contro le pareti del cranio
mentre muove le nari come una fiera che ha captato l'odore della
tanto agognata preda, beandosi del dolce aroma prodotto dal sangue di
lei.
Dondola
avanti, poi indietro, poi di nuovo avanti, seduto su quelle assi
marce e scomposte costellate da lunghi solchi d'artiglio, frantumate
in più punti dall'incedere d'una grossa e rabbiosa bestia
che lì
deve aver dimorato anni addietro, sfasciando quel poco mobilio
scampato alle razzie e dimenticato dagli antichi proprietari.
L'abisso
è nel petto di Turpin, una voragine profonda ove non
v'è battito né
circolo, nella quale l'aria rifugge gli avvizziti sacchi di tessuto
spugnoso che racchiudono gli alveoli; il baratro è li,
all'interno
di quella calotta ossea che dovrebbe racchiudere il cervello, ma che
avverte inspiegabilmente 'vuota' e leggera, incapace di formulare
pensieri che si discostino dalla strega-bambina e dal sangue che
generoso da lei fluisce, riempiendo l'ampia stanza di quell'aroma
così peccaminoso.
Invitante.
Dondola
avanti, indietro, poi di nuovo avanti distendendo le labbra in un
ghigno ebete, con i folli occhi patinati ben fissi di fronte a
sé,
dove lei continua a parlare con quella voce così suadente,
così
calma e priva di terrore o paura, come se fosse abituata a conversare
con persone decedute da oltre un decennio ogni giorno, guardandolo
con una dolcezza disarmante; dietro la giovane, l'uomo –
Severus
Piton, il secondo in comando – è un'ombra alta e
longilinea dal
viso simile ad una pallida maschera sulla quale l'abisso ha scavato
due voragini gemelle, occhi più bui della foresta in cui
s'è
svegliato giorni addietro urlando in preda ala follia, profondi come
il Tartaro in cui Zeus ha precipitato gli antichi Dèi,
esiliandoli
da quell'età d'argento tanto decantata da profeti e saggi.
Erano
pozzi di antico ed ardente - implacabile- buio quando gli ha spezzato
le gambe, maciullando l'articolazione del braccio destro – il
braccio della bacchetta – con un incantesimo oscuro d'enorme
potenza e precisione, poi sono mutati nelle ombre fredde del Cocito
mentre l'incatenava lì, mozzandogli i piedi.
Il
dolore che ne è seguito s'è palesato come un
lontano eco, un
pizzicore fastidioso simile alla sensazione lasciata dall'ortica
sulla pelle nuda e la 'perdita' non è stata altro che il
giusto
obolo da offrire a Caronte per poter raggiungere il tribunale ove
dovrà essere equamente giudicato per le sue azioni.
Gli
occhi castani della strega-bambina, impietosi, soppesano quel che
resta della sua anima immortale e le labbra di lui s'allargano
scomposte, mostrando una fila di denti irregolari dal colore
giallastro.
Avanti, indietro, poi ancora avanti, verso quella fanciulla che si erge oltre le sbarre intessute d'ombra e plasmate dalla magia nera, altera e distante come solo le principesse perdute - regine prima del tempo - possono essere; la corona è un'aureola di capelli scarlatti su cui la debole luce prodotta dall'incanto Lumos annega e si scinde, impreziosendoli di riflessi aurei ove sono più fini, donando un cupo colore sanguigno ove s'addensano creando ombre, scivolando sinuosi lungo l'esile corpo fasciato da quegli insulsi e scialbi abiti – divisa – che non lo valorizzano in alcun modo, celando fianchi ancora acerbi ma morbidi, ed il petto di kore.
“Turpin?”
Miele
e fiele scivolano dalle labbra rosee della strega-bambina mentre
s'avvicina con studiata accortezza alla gabbia in cui è
rinchiuso a
dondolare, seguendo la cadenza di quella voce così dolce,
così
perfetta, che si pianta nella calotta cranica con la forza d'un
cuneo, annichilendo ogni volontà ostile per spingerlo a
rilasciare
quell'amara confessione che gli brucia gola e petto da giorni.
Come
il profeta disceso dalla montagna con l'intento d'aprire gli occhi
agli uomini lei gli parla, lo esorta a riscuotersi dalla sua
condizione di cieca marionetta in balia del soffio divino per mutare
in quel modello di 'Superuomo' disincarnato che, solo, merita di
restare al suo fianco; ma lui si sente debole e sciocco, dondola
anziché camminare poiché è stato
privato dei piedi e guarda con
rinnovato odio Severus Piton, il professore, la spia, il fedele
seguace del potente Oscuro Signore che l'adombra di nuovo
strappandogli gloria ed attenzioni, così addentro alle Arti
Nere da
non avere alcun rivale fra gli altri umili sottoposti.
Riguardare
a lungo nell'abisso, nelle pupille nere bordate da dolci e calde
iridi color nocciola della bimba, per poi sprofondare nel
terrificante buio dal taglio sottile che sono gli occhi del mago
tanto odiato; lui che sedeva alla destra del 'Signore', con le mani
lorde del sangue d'un uomo importante e temuto, caduto per
stupidità
e buoni sentimenti, con quel volto altero ed innaturale su cui non
passa mai l'ombra della stanchezza o l'eco della gioia, il lampo di
terrore o una vaga scintilla di follia, quasi fosse una di quelle
antiche statue votive offerte al tempio per compiacere gli
Dèi.
O
un Dio caduto ed esiliato egli stesso, con lo sguardo assente, ancora
rivolto ai fasti del cielo perduto, superbo nel suo modo quasi
pedante d'inchinarsi fingendosi succube e terribile
nell'inflessibilità con cui agisce intessendo trame e
disfando
orditi.
Bellatrix
era sì bella e brutale, decisamente pazza, ma fra tutti i
Mangiamorte colui che possedeva la follia più grande era
sicuramente
Severus Piton, poiché non dettata da infermità
mentale, né da cupo
piacere, bensì da calcolata e precisa intelligenza, come se
davvero
fosse un Creatore assorto a contemplare lo sfacelo del Mondo da lui
evocato.
“Turpin?”
Di
nuovo quel nome sussurrato con dolce urgenza ed il profumo del sangue
sempre più forte.
Dondola
avanti, indietro, poi di nuovo avanti, verso di lei ora così
vicina;
sono così calde e vive le mani con le quali stringe la
fredda ombra
che lo incarcera, basterebbe inclinarsi ancor più in avanti
ed
allungare le sue per sfiorarle, ma tal gesto risulterebbe offensivo
come il profanare, insudiciandola di sterco, l'icona sacra presente
nel sancta sanctorum del Tempio.
L'altro
è stato stupido ad avventarsi su di lei appena ha messo
piede nella
stanza e per questo è stato punito con l'assenza, ridotto ad
assumere la forma del cadavere putrescente che era in origine,
privato della possibilità di contemplare con estatica
reverenza
quella salvatrice dal forte aroma ferrigno, dalla voce così
soave e
leggera.
Disgrazia
e redenzione in un corpo esile, eppur perfetto.
“Turpin?
Capisci quello che ti sto chiedendo?”
Avanti,
indietro, avanti.
Dondola,
dondola.
Occhi
del colore della terra appena smossa, fertile e rigogliosa
dispensatrice di vita, su un viso abbronzato dal bacio del sole
ch'ella non rifugge, poiché è nata sua gentile
figlia, ove spiccano
labbra così invitanti e morbide, che reclamano impietose il
vaticino
custodito con gelosa cura all'interno del suo petto riarso.
Oh,
dolce condanna.
Oh,
terribile fanciulla.
“Turpin? C'è qualcosa che vuoi dirmi?”
Ripete
con maggiore fermezza, soave suono d'acciaio temprato che gli dilania
le meningi scivolando fra l'osso ed il muscolo con la precisione d'un
bisturi, recidendo gli ultimi frammenti di volontà che
mantengono
cosciente il ricordo di ciò che fu un tempo, prima di morire
fra le
fronde buie ed aliene della Foresta Proibita; un uomo pio e retto
votato unicamente alla famiglia, orgoglioso del sangue puro ed antico
che gli scorreva nelle vene.
Un
bravo ragazzo fedele all'unico vero Signore, a quel Dio antidiluviano
dalle fattezze di serpe che lasciavano presupporre una stretta
parentela con i Grandi Antichi, venuti dalle Stelle a dispensare
tecnologia e progresso in un mondo di cieche scimmie, ottusi babbani,
che non possono capire né apprezzare tali –
generosi – doni,
obbligando i loro salvatori a divenire esuli, nascosti nelle
profondità della Terra Cava; un bravo ragazzo con la mente
dilaniata
dalle parole, le parole che sono come una lama, la lama che taglia ed
eviscera, portando alla luce quelle interiora che dovrebbero restare
protette all'interno di pelle ed ossa assieme a quella profezia senza
la quale non sarebbe 'sé', ma solo un corpo.
“Turpin?”
La
magia è calda, morbida come l'abbraccio di un'amante, lo
avvolge
acuendo i sensi, intensificando l'aroma del sangue che dalle cosce
della strega-bambina fluisce copioso; su umetta le labbra secche
continuando a dondolare assente, con occhi ebeti rapiti dalle calde
iridi castane in cui una scheggia di buio profondo pare rimasta
impigliata, fugace indizio e preludio di ciò che
diverrà una volta
terminato il viaggio.
Dondola
avanti, poi indietro, poi avanti ed il buio s'espande nei suoi occhi
come inchiostro che cola da una boccetta in frantumi, onde
impalpabili come ombre che fluttuano vicino al corpo esile della
strega-bambina e s'innalzano, occupando l'intero campo visivo; occhi
di vero buio lo scrutano alteri – inflessibili – ed
un moto di
rabbia cieca inghiotte per qualche istante il vaticinio,
ricordandogli con dolorosa insistenza d'essere solo uno fra i tanti
'astanti' giunti curiosi innanzi al profeta, non il 'superuomo' che
ha guadagnato il diritto di camminare al suo fianco come un pari.
Quel
ruolo è di Severus Piton, il Severus Piton leale servitore
dell'antico Dio incarnatosi in mago, il Severus Piton cavaliere
oscuro di questa giovane Madonna che, nuovamente, l'esorta a rivelare
ciò che è nascosto, scavando all'interno del suo
essere con dita
morbide e corte unghie incrostate di terriccio e sangue, miele e
farina, acqua e vino
“Turpin...”
“Io
sono il bastone che colpisce e poi brucia, fumo è il mio
messaggio.
Noi
siamo la via oscura che l'adepto percorre fra gli angusti cunicoli
della Terra.
Noi
siamo l'iniziazione.
Il
cammino necessario alla crescita.
Bastoni
insegna, addestra.
Denari
occulta e mente, compra.
Spade
custodiscono la lama incantata.
Coppe
sorvegliano l'antica reliquia.
Gli
Arcani aiutano, ostacolano.
Chi
sei tu, davvero?
Cosa
diverrai quando la Katàbasis sarà compiuta?
Sfama
i perduti.
Ascolta
il loro vaticino e sorgi,
Mia
Signora.”
Gli
occhi castani si sgranano in una genuina espressione di stupore
mentre il cervello registra il vaticino con il presentimento sinistro
che si tratti d'una minaccia, la cruda e solenne realtà
contro la
quale il muro di bugie intessute per non sprofondare nella
disperazione andrà a frantumarsi, rivelando la cruda
verità.
La
testa vortica leggera, un sospiro caldo e stanco si libra dalle
labbra rosee perdendosi nell'aria denso di polvere pregna dell'acre
odore di chiuso, di stantio, mentre con mano ferma agita la bacchetta
evocando quattro ciotole ricolme d'offerte sacre, spingendole poi
verso il giovane morto.
Ha
smesso di dondolare ed ora non ride più.
Come
svuotato, tornato ad essere l'ombra all'interno della caverna
incapace di voltarsi verso l'uscita, china il capo per divorare
quanto gli è stato concesso, utilizzando unicamente la bocca
per
somigliare maggiormente alla fiera che è, desideroso
d'assaporare
infine il dolce e ferrigno gusto della liberazione da quella non-vita
che l'ha stremato, scisso, turbato.
Sulla
fronte, inciso nella pallida membrana che riveste il cranio, spiccano
due simboli ben distinti.
Cavallo e Bastoni.
Hogwarts,
Sala
Grande
18
novembre 2023, ore 19:30
Scorre
il dito sullo schermo dello smartphone mentre la forchetta cala
inesorabile all'interno del piatto, infilzando una patata arrosto ed
un cavoletto bollito, portandoli poi alle labbra con lenta
precisione; gli occhi scorrono avidi, assimilando le informazioni
eviscerate dalla pagina internet con bramosia, creando collegamenti
con i dati in suo possesso per formare una rete in cui collocare ogni
filo rivelato.
Mangia
in silenzio cullata dal brusio della sala grande ove tutti gli
studenti sono radunati per la cena, isolata dal resto del
chiacchiericcio da una bolla di solido disinteresse che la preserva,
permettendole di continuare meccanicamente a sfamarsi senza che la
concentrazione ne risenta, così da portarsi avanti con la
ricerca
senza perdere ulteriore – prezioso
– tempo; l'incontro con
Turpin e le parole che esso ha scandito con voce atona, antica e
sovrumana, le turbinano fra i pensieri scomponendoli, rielaborandoli,
insinuandosi con prepotente ferocia fra i dialoghi della Morte ed i
racconti inerenti ai Peverell.
Esce
da Wikipedia per tornare alla stringa di ricerca di Google, digitando
' Sorcery in Medieval Europe',
aggiungendo poi anche 'England',
sfogliando le varie proposte estrapolate dalla rete con clinico
interesse, saltando da un articolo all'altro, spiluccando
informazioni, facendosi un quadro di come il mondo babbano vedeva la
magia in una delle fasi del suo massimo splendore; scienze curative,
fatture, evocazione di demoni come
famigli, ma
niente riguardo ad
ipotetiche – e fondate – ipotesi
di riti negromantici nell'Inghilterra del XVI secolo finché
non
entra in un archivio contenente saggi universitari, ove – con
un po' di difficoltà- riesce a
reperire un'anteprima di una pubblicazione intitolata “Medieval
Necromancy”
(II), iniziando a
leggere avidamente, fra un boccone di verdure cotte ed un sorso
d'acqua frizzante.
A
qualche posto di distanza uno dei suoi compagni di casa deve aver
declamato una battuta alquanto spiritosa, perché mezzo
tavolo,
compresa quell'idiota di Hilary dalla voce più stridula ed
acuta di
quella d'una gallina, esplode in una fragorosa risata; la strega
sbuffa estraniandosi con maggior enfasi, ricopiando su un pezzo di
pergamena opportunamente recuperato dalla tracolla le informazioni
che le paiono più interessanti o inerenti alla sua ricerca,
unendole
poi con brevi linee a nomi, fatti storici e idee balenatele a forza
di rimuginare, trascrivendo inoltre la lunga bibliografia contenuta
nel saggio, ripromettendosi di recuperare qualcuno di quei libri,
sebbene nella biblioteca di Hogwarts non siano presenti saggi
babbani.
“Potter?”
una voce maschile sovrasta il silenzio, cercando l'attenzione assente
della giovane.
Quest'ultima
difatti non vi bada, continuando a scrivere, immersa nella lettura;
deve inoltre risolvere il mistero di chi fosse l'uomo che ha
ricopiato il rituale su quel vecchio grimorio di divinazione
firmandosi come 'Magus et clericus',
riportando unicamente una data come informazione aggiuntiva, '1597',
alla quale seguiva un breve cenno ad un 'processo'
e alla sua morte.
Ma
se è morto, come ha fatto a ricopiare il rituale?
O
sapeva di essere stato condannato e quindi l'ha fatto poco prima?
“Potter?”
la chiamano nuovamente, nuovamente ignorati.
Nel
saggio sulla negromanzia in epoca medievale trova un indizio
interessante: il praticante che voleva spingersi ad utilizzare questa
magia doveva conoscere bene il latino, poiché tutti i rituali
– incantesimi – dovevano
essere svolti in questa lingua per essere efficaci; parla poi di un
'clerical underworld',
attribuendo ai chierici cattolici di ordini minori l'utilizzo di
quest'arte a fini divinatori, senza ovviamente considerare
– trattandosi di un saggio babbano – che
persino i maghi conoscevano bene il latino e quindi non era
necessario aver preso i voti per cimentarsi nelle evocazioni oscure.
Ma
l'uomo si è firmato come 'Magus et Clericus'.
Un
mago che ha preso i voti?
In
Inghilterra? A seguito dello scisma di Enrico VIII del 1534?
Strano.
“Potter!”
Lily
Luna scarabocchia con foga appuntando queste nuove date, continuando
a scorrere la pagina internet vagamente divertita nel constatare
quanto i babbani credano diffusa la negromanzia in periodo medievale
e rinascimentale, come se il Mondo Magico inglese non l'avesse
bandita, reputandola un'arte pericolosa già dal XII secolo
e,
persino a quei tempi, non era molto conosciuta né praticata
stando
alle poche – stringate – informazioni
recuperate in un vecchio tomo della sezione proibita inerente alle
'Arti Magiche Nere dell'Anglia'; inoltre la studiosa ne parla come '
la più terribile fra le magie oscure' senza doversi
dilungare in
ulteriori spiegazioni per rimarcare quanto
– anche nel
mondo babbano – questi branca
del sapere sia considerata blasfema.
Cosa diverrai,quando la Katàbasis sarà compiuta?
Corruga la fronte mentre l'eco della frase pronunciata da Turpin le riecheggia violento in testa, annullando pensieri e collegamenti storici, riportandola alla domanda originale che l'attanaglia dalla notte in cui la Morte le ha concesso un anno esatto per rimediare alla leggerezza d'aver evocato e spedito nel mondo settantotto cadaveri.
Allo
scadere del 31 ottobre 2024, potrò davvero tornare alla mia
vita
normale?
E
se tutto questo fosse davvero accaduto per una ragione?
Ma
entrambe le domande non trovano ancora risposta e la strega
è
costretta ad accantonarle quando una patata lanciata da qualche
bontempone seduto alla sua destra plana con precisione all'interno
del suo bicchiere, rovesciando la poca acqua rimasta; ha la prontezza
di coprire la pergamena prima che gli schizzi la danneggino, per poi
voltare il capo con sguardo furente verso un gruppetto eterogeneo di
Corvonero del sesto e settimo anno che è scoppiato in una
risata
sguaiata.
“Ben
ti sta Potty! Così impari ad ignorarci!” bercia
Hilary Hemswort,
la simpatica compagna di stanza che non perde occasione per
canzonarla, facendo ondeggiare i lunghi codini biondi mente continua
a sghignazzare lanciandole sguardi da vipera.
Ha
viso lungo, equino, con tratti spigolosi e tondi occhi azzurri
perennemente sgranati in un'espressione che vorrebbe assomigliare
alla 'finta ed innocente sorpresa',
ma altro non risulta che 'ebete';
inoltre possiede il vizio di truccarsi troppo ogni qual volta il
rigido regolamento scolastico glielo consenta, riducendosi alla copia
d'una
teatrante circense o alla
pessima imitazione di una maschera Onnamen giapponese (III) e,
malgrado le infinite ore in bagno, le numerose pozioni per i capelli
opportunamente preparate dalla povera Grace - che
la
'sopporta' con stoica pazienza -
nonché le infinite ore passate a scandagliare tutorial su
come
'mantenersi perfetta',
la ragazza non sembra aver migliorato né reso appetibile il
suo
aspetto esteriore, somigliando più ad una Scopalinda con la
saggina
da sostituire che ad una di quelle Magimodelle delle riviste
patinate.
La Trevisan ha ragione, a volte mi chiedo anch'io come una scema del genere possa essere stata smistata in Corvonero.
“Che
c'è Potty? Troppo in alto nella scala sociale per parlare
con noi,
umili studenti?” aggiunge cattiva, assottigliando gli occhi
da
panda, conseguenza del troppo eyeliner, mentre un'altra ondata di
risa scuote il gruppo seguita da innumerevoli battute ed esclamazioni
scadenti.
Gli
occhi castani della giovane strega saettano dal bicchiere, ove la
patata galleggia nel filo d'acqua rimasto, alle facce ebeti dei suoi
camerati; che lei piaccia solo quando conquista il boccino o punti a
lezione per Corvonero è risaputo e non le ha mai creato
alcun
disagio, poiché preferisce di gran lunga la condizione di 'fantasma'
a quella assai scomoda di 'celebrità' da
pedinare e portare
in palmo di mano solo per il cognome che porta, ma era da diverso
tempo che i suoi coetanei non l'attaccavano così,
pubblicamente ed
in branco, per dar sfogo alla noia.
“Sapete
che anche Potty è umana?” continua poi la bionda
voltandosi con
quell'espressione da mucca al pascolo verso gli altri studenti seduti
attorno, che le chiedono a gran voce di raccontare; l'unica a non
ridere né a sembrare divertita è Grace, che le
lancia un'occhiata di mute scuse, incapace di trovare la
volontà per alzarsi ed opporsi
alla sua amica.
“Dopo
di lei non si è più potuto usare il bagno per
ore!”
Altre
risa.
La
mano di Lily Luna scivola nella tasca sinistra della veste
stringendosi attorno alla bacchetta, mentre affonda i denti nel
labbro con forza, imponendosi di mantenere la calma per non
schiantare la sua compagna; buon proposito frantumato sul nascere
dall'ennesima idiozia sul suo conto sbandierata con ilarità,
che la
spinge a scattare in piedi con il viso funereo di rabbia ed una gran
voglia di ribattere per le rime, quando qualcun altro la precede.
“Hilary,
smettila. Ridere dei problemi altrui denota una mancanza d'educazione
notevole, nonché una certa bassezza morale. Prendere in giro
una tua
compagna di stanza per la sua indisposizione poi è veramente
stupido
dato che potrebbe accadere anche a te” la voce calma e
profonda
d'un ragazzo sovrasta le risa isteriche, riducendo la bionda ed il
suo entourage al silenzio.
“E
a te cosa importa, Scamander? A quanto vedo mi sembri ben integrato
con chi la pensa diversamente” replica Lily Luna tagliente,
assottigliando lo sguardo per studiare il giovane Corvonero.
Alto
e tonico, con capelli biondo chiaro perennemente in disordine ed
occhi grigi, luminosi come schegge sideree Lorcan Scamander
è sempre
stato considerato 'bello'
da buona parte delle ragazze della scuola, godendo
– alla
pari del gemello Lysander, smistato in Tassorosso –
d'attenzioni e favori, miriadi d'appuntamenti ed aiuti in quelle
materie ove si è dimostrato sin da subito un pochino
claudicante ma,
nonostante la 'popolarità',
non si è mai reso arrogante come invece faceva James Sirius
ai tempi
d'oro, cercando invece di utilizzare i benefici che la sua posizione
gli dona per buoni motivi e per dare una mano a chi è in
difficoltà.
Un
vero cavaliere.
Dal
canto suo Lily Luna non l'aveva mai degnato di troppe attenzioni,
come del resto faceva con tutti ad eccezione di Albus e Rose,
limitandosi a saluti di cortesia quando s'incontravano per andare a
lezione e ad occasionali scambi d'informazioni su compiti e verifiche
quando si trovavano a dover studiare vicini in Sala Comune o in
biblioteca, mentre lui invece si era da sempre mostrato molto
interessato alla ragazza, dispiacendosi di non poterle parlare in
modo più libero a causa del muro impenetrabile, vetro e
silenzi, che
lei sembrava essersi costruita attorno per escludere tutto
ciò che
non le fosse direttamente collegato o gradito.
“Prima
che la situazione degenerasse si, mentre ora mi devo discostare dalle
loro azioni. Non trovo corretto che ti insultino in questa maniera,
né che ti abbiano lanciato del cibo solo per attirare la tua
attenzione” esclama il giovane mostrando una fila regolare di
denti
bianchissimi, luminosi quanto i suoi occhi, mentre Hilary lo guarda
attonita, con le labbra pitturate d'un vistoso rosa confetto –
o porcello -
lucide di gloss,
aperte in una 'o' poco signorile; che la ragazza sia perdutamente
innamorata di Lorcan da anni è risaputo, data la numerosa
quantità
di fotografie scattate a tradimento che possiede sul cellulare,
nonché stampate ed appiccicate all'interno dell'anta del suo
armadio
in dormitorio, ormai più somigliante ad un piccolo
tabernacolo in
onore del giovane Scamander che ad un contenitore per il vestiario,
quindi vederlo difendere un'altra ragazza –
per giunta
Potter – la
turba
profondamente.
“Grazie,
ma so difendermi da sola” replica piattamente Lily Luna
mostrando
la bacchetta.
“Non
ho risposto ai loro stupidi commenti solo perché mi rifiuto
di
abbassarmi al livello di chi aspetta d'avere il sostegno del branco
per attaccare, mancando del coraggio di farlo da
sé”
Gli
occhi castani si posano con inclemenza sul viso equino, distorto in
una maschera di rabbia e maquillage, della compagna di stanza mentre
con voce atona e glaciale, una perfetta imitazione del tono
utilizzato da
Piton per
redarguire le teste di legno quando ancora insegnava, continua.
“Nonostante
ti disprezzi Hemswort, perché si, ti disprezzo per mille
motivi fra
i quali spicca la tua ignoranza, seguita poi dal modo in cui tratti i
tuoi cosiddetti 'amici', parlando male di loro ad ogni occasione
nonostante siano il motivo che ti ha permesso di arrivare alla sesta
classe di Corvonero con risultati accettabili, non mi permetterei mai
di attaccarti utilizzando come scusa problemi di salute o di natura
personale.”
“Come
osi!” ringhia la bionda Corvonero, balzando in piedi a sua
volta.
“Tu,
schifosa stracciona brava solo a sbandierare il tuo maledetto
cognome! La fottuta regina della torre figlia del Salvatore del Mondo
Magico! Troppo
importante per degnarsi di rispondere quando uno fra noi 'comuni'
le rivolge la parola! Tu, tu che di amici non ne hai, come osi
accusarmi di essere sleale con i miei?” strilla impazzita con
guance imporporate e l'espressione ancor più terrificante,
attirando
l'attenzione delle tavolate vicine; Lily Luna si mostra impassibile,
incassando in silenzio quell'accusa che sa terribilmente di
verità,
trattenendo a fatica l'ondata d'odio che le ha incendiato i pensieri
al sentirsi – di nuovo – ricordare
i privilegi dovuti alla sua condizione di figlia d'un uomo
importante, seppur mai utilizzati e non richiesti.
Mi
vedono davvero cosi?
La
principessa Corvonero, l'algida stronza della torre
Chi sei tu, davvero?
Studia
i visi dei compagni di corso amici di Hilary che le siedono attorno
protettivi, le espressioni distaccate ed ostili animate da quella
finta giustizia di chi è convinto di trovarsi dalla parte
oppressa,
colpevole unicamente d'aver subito il torto d'un mancato
riconoscimento, d'un saluto non corrisposto, sentendosi pertanto
feriti nell'orgoglio e desiderosi d'una rivincita; l'unica a fissarla
con occhi scurissimi colmi di scuse non dette, rimpianto e voglia di
opporsi che però mai giungerà alle labbra
prendendo voce è Grace,
la quale spicca a causa delle sua pelle d'ebano e per la folta
chioma nera, riccia, contenuta a stento in una coda bassa.
Abbandona
il viso della ragazza anglo-ganese per lanciare una breve occhiata al
bicchiere semi vuoto in cui la patata ancora galleggia solitaria e
zuppa, lasciando poi vagare il pensiero affinché sovrapponga
la
fisionomia dei compagni lì seduti ai visi maciullati di
Rowle,
Gibbon, McLeod, Santager e degli altri cadaveri che ha affrontato
nelle notti di caccia; incurva le labbra in un sorriso triste che
– ovviamente – viene
percepito come esternazione di superiorità e sdegno nei
confronti
dei presenti, mentre concede un fugace pensiero a quanto sia
più
facile avere a che fare con i morti che non con certi vivi.
Ciò,
stranamente, non la inquieta.
Dovrebbe?
Visto
tutto ciò che ho fatto e che m'aspetta, dovrei preoccuparmi
di
questa sciocchezza?
Cosa diverrai quando la Katàbasis sarà compiuta?
“Forse
dovremmo darle una lezione, che ne dici Lary? Almeno la
smetterà di
trattarci come pezze da piedi con quella sua maledetta aria
supponente!” Un ragazzo alto e robusto del settimo anno, con
viso
squadrato infestato dall'acne si alza facendo tremare la panca in
legno, sfoderando la bacchetta dalla tasca interna del mantello scuro
foderato in seta blu oltremare; i piccoli occhietti da topo
distanziati da un naso grosso, a patata, osservano la giovane
compagna dai capelli rossi con furia mentre la bocca s'incurva in un
ghigno terribile.
“Bell'idea
Greg!” sibila maligna la Hemswort estraendo la bacchetta a
sua
volta, tubando una serie di smancerie all'amico ed invitando altri a
prendere parte allo scontro, così da renderlo ancor
più sleale;
cinque accolgono l'invito, posizionandosi alle spalle della bionda
per scrutare con falsa superiorità e supponenza la Potter
che,
impassibile, continua a studiarli dal lato opposto della tavolata
ancora imbandita, con la bacchetta ben salda nella sinistra.
“Vi
siete accorti che siamo in sala grande, è ora di cena e sono
tutti
qui? Oltretutto ora i professori ci stanno guardando”
scandisce
calma, registrando l'improvviso movimento proveniente dagli altri
tavoli ove gli studenti hanno preso a girarsi rumorosamente,
incuriositi da quell'improvviso schieramento, attirando così
l'attenzione degli insegnanti che li additano parlottando fra loro.
Lo
sguardo severo di Minerva McGranitt le trafigge le iridi, domandando
una muta spiegazione a cui lei risponde alzando le spalle, in un
gesto atto a trasmettere tranquillità e noncuranza, come se
lei ed i
suoi compagni di casa non fossero in procinto di lanciare
schiantesimi durante la cena per regolare conti ed antipatie vecchi
di anni.
“Ragazzi!
Basta!” si intromette Lorcan allargando le braccia fra i
contendenti per poi prodigarsi in un discorso sull'importanza di
mostrarsi uniti di fronte agli altri studenti e sull'evitare di far
perdere una miriade di punti a Corvonero, lanciandosi in duelli
suicidi non autorizzati; parole che purtroppo risuonano vuote e
flebili, specie quando attorno al gruppetto inizia a formarsi un
capannello eterogeneo di bambini e ragazzi giunti per verificare la
fonte di quell'improvviso trambusto e che, una volta compresa la
situazione – ci vuol poco, scorte le
bacchette impugnate
e pronte a colpire – iniziano
ad incitare e scommettere su quale parte avrebbe trionfato.
Lily
Luna sogghigna nel constatare che, nonostante la sproporzione di
sette a uno, molti la diano vittoriosa, forse memori degli
innumerevoli duelli vinti al Club; se sapessero dei risvegliati e del
fatto che Severus Piton in persona le sta dando lezioni di attacco e
difesa nella Stanza delle Necessità, probabilmente i suoi
avversari
tornerebbero a sedersi zitti, con la coda fra le gambe ed il terrore
negli occhi, peccato che ciò appartenga a quella parte di 'vita'
che non può rivelare ad alcuno.
E probabilmente, stupidi come sono, non sanno nemmeno chi sia Severus Piton.
“Oh,
una rissa con Potter coinvolta, interessante” dal cerchio di
curiosi radunatisi attorno alla tavolata emerge, come evocata da un
antro infernale, Milena Trevisan con in pugno la bacchetta; i lunghi
capelli castano biondo raccolti in una coda bassa le ricadono sulla
spalla sinistra, perdendosi nella piega della mantella nera,
incorniciando un viso affilato su cui spiccano occhi azzurro cielo
animati da una luce malevola e labbra sottili, rosate, incurvate in
in ghigno ferino.
Con
studiata lentezza prende posto al fianco di Lily Luna mentre la folla
esulta estasiata, strappando un'imprecazione ad Hilary, sibilata a
denti stretti cosicché non risulti udibile dal suo
entourage;
nonostante disprezzi con tutto il cuore quell'assurda e triviale
italo-croata altezzosa e spocchiosa quanto la Potter, ne teme i modi
maneschi e l'indubbia abilità in duello, nel castare fatture
e nel
fare a botte, che la annoverano fra le migliori allieve delle classi
di trasfigurazione, Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure.
La
bacchetta trema nella mano della strega bionda che, con occhi
furenti, osserva i volti tranquilli delle due campionesse del club di
Duello cercando di elaborare una strategia alternativa; combattere
contro entrambe, nonostante siano in sette contro due, li vedrebbe
perdenti e spediti in infermeria in preda a dolori allucinanti,
coperti di squarci e pustole, con fratture multiple ed il viso
sfigurato, cosa da evitare visto quanto poco sopporti il dolore e
quanto invece le costino i trattamenti di bellezza ai quali
– quotidianamente – si
sottopone.
Non
può certo reinfoderare la bacchetta e sedersi come se nulla
fosse,
non ora che Gregor, Daisy, Alice, Mary, John e Sarah si sono dalla
sua parte pronti a darle man forte, né può
permettere alla Potter
di passarla liscia; non le perdonerà mai l'essersi fatta
difendere
da Lorcan come fosse la povera incompresa della situazione,
perseguitata dalle compagne cattive, anziché la peggior
spina nel
fianco che il sesto anno di Corvonero potesse avere.
“Ti
piacciono le cause perse, Trevisan?” grugnisce Gregor
rompendo il
silenzio, interrompendo le elucubrazioni di Hilary e strappando una
risata, sebben modesta e ben celata, al suo gruppo; la ragazza non
risponde, distendendo il ghigno ferino sino a mostrare i denti.
“Ha
ragione. Il mio lato è un po' triste e solo”
annuisce Lily Luna
gettando una rapida occhiata al viso affilato della compagna,
incontrandone gli occhi cristallini per un breve
– fugace
– istante
che la spiazza,
poiché ciò che vi legge è un
sentimento che mai avrebbe creduto di
poter associare alla solitaria Corvonero; la notte del rito era
scappata assieme alle altre a gambe levate lasciandola sola
nell'avvallamento, con un morto da gestire e le conseguenze di quanto
accaduto a pesarle addosso, mentre ora
– non richiesta –
la sta
nuovamente aiutando
contro l'idiozia di Hilary come già aveva fatto in
dormitorio giorni
addietro.
“Il
tuo lato è sempre stato un po' triste e solo Potter, ma non
mi
metterei da nessun altra parte” mormora la Trevisan citando
la
risposta di Bill a Beatrix all'ingresso della piccola chiesetta di El
Paso (IV), mostrando d'aver colto la citazione; Lily Luna sorride di
rimando, sentendo per la prima volta in anni di solitaria esistenza
la voglia di avvicinarsi ad un altro essere umano che non sia suo
parente per l'affinità che le lega, per la voglia di
condividere
idee, interessi e per il semplice fatto di aver scorto il barlume
d'un legame rimasto ben occultato, invisibile, sino ad ora.
Peccato
che sia così tardi per scoprire quest'improbabile amicizia.
Non
ho più il tempo per coltivarla.
“Ragazzi!
Vi prego! Lily, per favore! Hilary!” Lorcan tenta nuovamente
di
frapporsi fra i due schieramenti, spostando l'attenzione da Lily Luna
ad Hilary con uno sguardo implorante che intenerisce la seconda,
follemente attratta da lui e quindi pronta ad eseguire ogni sua
richiesta per ottenere un briciolo d'attenzione, ma che ha l'effetto
di benzina gettata sulla fiamma viva per la strega dai capelli rossi;
sentire il suo nome pronunciato come fosse una soave carezza da chi
non la conosce abbastanza e quindi non dovrebbe prendersi certe
libertà, la manda in bestia, così come mal
sopporta che lui si sia
messo di mezzo con l'intenzione di fare da paciere in una discussione
scaturita a causa dell'ignoranza dei suoi amici, come un maledetto
paladino delle fiabe che utilizza l'escamotage del duello per salvare
la stupida principessa in pericolo, senza considerare che ella possa
benissimo riuscirci da sé.
“Lorcan,
spostati. Se vogliono passare il resto della serata in infermeria chi
siamo noi per opporci?” la voce di Lily Luna è un
sussurro
minaccioso e freddo che piove sugli astanti come grandine, strappando
brividi e sguardi attoniti; convivere a stretto contatto con Piton le
ha insegnato ad usare la voce come un'arma, ad affinare l'umorismo
nero e a mostrarsi spietata con chi non merita alcuna considerazione
e, se per anni si è limitata
a fingere di non esistere, nascondendo il viso fra le pagine dei
libri o in qualche pergamena fitta d'appunti, ora che è
stata
costretta a venir fuori, scacciata dalla sua zona comfort e gettata
violentemente nell'aspro mondo, non ha alcuna intenzione di ritrarre
gli artigli.
“Penso
tu abbia sbagliato fanciulla, Scamander. Quella che necessita del tuo
aiuto si trova alla parte opposta del tavolo” rincara la
Trevisan
mentre il ragazzo abbassa le braccia sconfitto, studiando il volto
della giovane rossa con occhi ricolmi di sincero dispiacere e amara
sconfitta; le scommesse riprendono con foga, seguite dagli
incitamenti a combattere sottolineati da pesanti colpi sulla
superficie in legno massello della tavolata Corvonero, furore che
riaccende la scintilla combattiva in Gregor e nel resto del suo
gruppo, mentre Hilary cerca inutilmente di calmarli, ora seriamente
preoccupata di finire in infermeria con il viso mutilo e deturpato
dalle piaghe.
Poi
vi è un'istante in cui il tempo pare rallentare.
Il
roboante boato prodotto dagli studenti si quieta riducendosi a sacro
silenzio, mentre un'ombra nera plana sul tavolo con violenza
rovesciando bicchieri e facendo schizzare ovunque verdure cotte e
bocconi di arrosto ben disossato, stoppando l'attacco di Gregor che
balza indietro spaventato.
“Cra,
cra”
“Mandatelo
via! Mi fanno schifo quegli uccellacci!” Strilla Hilary con
voce
acuta, scostandosi repentinamente dal bordo della tavola quando
s'accorge che la suddetta ombra nera è un grosso corvo color
inchiostro che la fissa con occhietti malevoli
–
decisamente poco animali – e
le penne arruffate ad ingigantirne la figura.
Gli
occhi di Lily Luna s'allargano colmi di stupore.
Piton?!
“Cra, cra” Pare risponderle il volatile, voltando la testolina nella sua direzione per pochi istanti, prima di tornare a concentrarsi sul gruppetto di studenti Corvonero che han tentato di dare battaglia, assestando una dolorosa beccata sulla manona di Gregor quando quest'ultimo – dimentico di essere un mago e di possedere una bacchetta -, ha cercato di afferrarlo malamente per allontanarlo dall'amata Hemswort.
Potter!
Non è questo il momento di dar spettacolo in sala grande.
Abbiamo
un problema.
Risvegliati?
La tua capacità di sottolineare l'ovvio è sempre sorprendente, ora capisco la scelta del cappello parlante di smistarti in Corvonero. Anche l'idea di scattare in piedi pronta alla rissa s'addice molto alla proverbiale diplomazia mostrata dagli adepti della casa di Rowena.
Hanno iniziato loro!
Potter...
Frulla le ali infastidito, lanciando occhiate di sfida all'intera platea mentre saltella abilmente fra cibarie e stoviglie, evitando gli incantesimi degli arditi che hanno trovato coraggio sufficiente per tentare di catturarlo e rispedirlo fuori, convinti si tratti semplicemente di uno dei pennuti che infestano l'orto di Hagrid, finito nel castello per errore.
Tu hai reagito. Tanto basta per meritare parte della colpa.
Scusi?
Cos'altro avrei dovuto fare? Lasciarmi insultare gratuitamente
restando zitta e composta?
Non
ricorda più com'era ai suoi tempi, quando quell'idiota di
mio nonno
le dava il tormento?
Non
mi dica che nha sempre incassato in silenzio, perché non le
credo!
“Il
tuo lato è anche alquanto strambo, sai Potter?”
sottolinea Milena
con un sorriso, interrompendo la conversazione silenziosa fra la
ragazza e lo strano volatile che ora tenta di staccare un dito ad un
incredulo Gregor, lanciatosi nuovamente all'assalto per placare gli
strilli isterici della sua compagna di casata.
“Non
sai quanto” è la laconica riposta della strega dai
lunghi capelli
rossi, che si aggiudica un'occhiata obliqua da parte della compagna,
desiderosa di approfondire l'argomento e di chiedere delucidazioni su
quel peculiare corvo, sicura si tratti di una delle stramberie che la
seguono ovunque vada; il dialogo viene però interrotta dalla
comparsa del professor Jonathan Andrew Murray che irrompe nel
capannello di studenti con veemenza, iniziando ad allontanare gli
appartenenti ad altre case con l'intimazione di tornare a sedersi e
finire la cena in silenzio, a meno ché non
desiderino
salire in dormitorio a digiuno.
“Cosa
sta succedendo?” Domanda poi in tono burbero, adocchiando
l'uccello
che, con sfrontatezza, lo fissa di rimando gracchiando cattivo.
La pianti! Era un Auror prima di fare l'insegnante, se ci scopre siamo fottuti!
Lo
so, ho avuto il piacere di conoscerlo, in altra sede.
In
ogni caso lo reputo alquanto poco qualificato per svolgere il ruolo
di docente, sarebbe dovuto intervenire subito, anziché
lasciarvi
arrivare a sfoderare le bacchette.
“Allora?”
incalza, facendo saettare gli occhi chiari sul gruppo di studenti del
sesto e settimo anno di Corvonero, per nulla sorpreso della presenza
di Milena Trevisan con bacchetta in pugno e sguardo battagliero,
pronta a scagliarsi contro Gregor Walsh, altra testa calda smistata
nella sua casa per puro errore; ciò che invece lo turba
è vedere
Potter a fianco della giovane strega italo-croata, pronta al duello a
sua volta.
Ne
studia il viso cogliendo lampo d'agitazione celato a fatica,
chiedendosi cosa sia successo alla studentessa migliore della sua
casa – e dei suoi corsi – per
spingerla a partecipare ad una rissa in sala grande, all'ora di cena,
sotto gli occhi di tutta la scuola; a dire il vero la giovane gli
sembra un po' strana da settimane, da quando si è trascinata
– sola – da madama Poppy con
una caviglia slogata e le vesti zuppe di pioggia, durante i
festeggiamenti del sabba di Samhain, per poi finire nuovamente
ricoverata a causa d'una strana febbre presa studiando in biblioteca.
Ha
creduto alla versione dei fatti fornita perché non
è mai stata una
ragazza problematica, né dedita a starni colpi di testa, in
più si
è sempre mostrata restia a mentire ed il fatto che suo padre
sia
l'ex collega Harry Potter basta a garantire che non sia invischiata
in qualche oscuro, sordido, problema.
Tuttavia...
“Mi
scusi, professore, è mio” mormora Lily Luna
sporgendosi verso il
tavolo per porgere un braccio al grosso corvo, che vi vola sopra con
docile accondiscendenza, continuando però a roteare la
testolina,
schioccando il becco con fare minaccioso.
“Tuo?”
chiede l'uomo, incredulo.
“Si,
l'ho trovato vicino alla capanna di Hagrid qualche settimana fa,
aveva un'ala spezzata e me ne sono presa cura. Il problema è
che mi
si è affezionato molto ed ora che ha ripreso a volare mi
segue
ovunque se non lo chiudo bene in bagno, al terzo piano”
spiega
tranquillamente, sotto gli occhi sbigottiti d'una torma di ragazzi
che prendono a bisbigliare fra di loro, basiti dalla compostezza con
cui la ragazza sostiene lo sguardo inquisitorio dell'ex Auror,
spiegando come i suoi compagni siano stati tanto 'gentili'
da
tentare di darle una mano a recuperarlo, dato che l'animale si
è
notevolmente spaventato vedendo tutte quelle persone, iniziando ad
attaccare impazzito.
Se si beve questa storiella è davvero idiota come buona parte degli Auror del Ministero, incluso tuo padre.
Oh...zitto!
L'importante
è che tu esca velocemente da qui.
Non
abbiamo molto tempo.
Hilary,
Gregor e gli altri del gruppo la osservano con occhi sgranati ed
un'espressione indecifrabile, stupiti dalla naturalezza con la quale
l'odiata, algida stronza della torre est li stia coprendo, spostando
tutta l'attenzione sulla bestiaccia appena apparsa per sviare il
professore, impedendogli di fare ulteriori domande su quel che si
sono detti durante la cena che ha così infastidito la
giovane strega
da spingerla a scattare in piedi con la bacchetta già in
pugno;
internamente Hilary è furente, l'idea che la Potter la stia
salvando
da una punizione le pesa, impedendole di apprezzare il gesto.
Persino
Milena Trevisan osserva la compagna di dormitorio con un sopracciglio
pericolosamente incurvato verso l'altro, domandandosi cosa diavolo
stia facendo, ma il sentimento muta subito in sincero divertimento
quando si rende conto che, in presenza della Potter, è
impossibile
prevedere come andranno le cose, poiché è una
sicura fonte di
assurde bizzarrie.
“Quindi
ora che s'è calmato e l'ho ripreso lo riporterei in bagno se
me lo
consente” termina la ragazza, con il corvo ben abbarbicato
sulla
spalla sinistra, ancora intento a fissare il docente di Difesa con
vago astio; quest'ultimo sospira esasperato, ma prima che possa
formulare un giudizio in merito l'alta ed autoritaria figura della
preside McGranitt si palesa, azzittendo il brusio con una rapida
occhiata, per poi soffermarsi a studiare le figure impassibili della
Potter e della Trevisan, immobili alla sua sinistra, lanciando
successivamente uno sguardo altrettanto gelido al gruppetto
capitanato dalla signorina Hemswort, all'altro lato della tavola.
“Oh,
così il trambusto è da imputarsi a lui, signorina
Potter?” indica
l'animale con un impercettibile cenno del capo e questi abbassa la
testolina, piantando i lunghi artigli nelle vesti
–
e nella carne – della
'padrona', che geme a
denti stretti, rimproverandolo mentalmente di stare attento a meno
che il suo intento non sia quello di disarticolarle una clavicola.
“Si,
chiedo perdono signora Preside” mormora compunta, abbassando
gli
occhi in mesto e dovuto rispetto.
“Immagino
sia a conoscenza che fra gli animali da compagnia permessi ad
Hogwarts, i cosiddetti 'famigli', sia vietato tenere creature
raccolte nella Foresta Proibita in corso d'anno”
“Si,
signora Preside. Ne sono a conoscenza. Ma credevo si potesse fare
un'eccezione dato che non è propriamente il mio 'famiglio',
ma solo una creatura che ho salvato perché aveva bisogno
d'aiuto.
Non posso abbandonarlo fuori da solo, ora che mi si affezionato.
Oltretutto lui stesso sembra restio a lasciare il castello”
Minerva
McGranitt studia gli occhi castani della giovane terzogenita di Harry
Potter e l'espressione remissiva sul volto pallido, ritenendola
sinceramente pentita d'aver causato tutto quel trambusto durante
l'orario di cena, anche se non è così sciocca da
credere alla
storia del corvo; certo che è davvero un'animale strano,
così
grosso e battagliero non dovrebbe avere problemi a sopravvivere per
il tempo che gli resta fuori, con gli altri suoi simili, inoltre vi
è
qualcosa di assurdamente 'umano' nel modo in cui i
suoi
piccoli occhietti neri la osservano di rimando, una punta di
rimpianto affogata dal buio che troppo le ricorda un viso familiare,
pallido e segnato dagli eventi, con sguardo ossidiana altrettanto
triste.
Severus.
Minerva,
vecchia sciocca...lui è morto da anni.
“Rowena
Corvonero stessa possedeva un corvo trovato per caso durante una
delle sue consuete passeggiate e, secondo la tradizione, era in grado
di parlargli, apprendendo conoscenze precluse agli uomini”
aggiunge
la giovane strega ricordando quanto riportato nel testo 'Memorie di
Corvonero' di Ashley J. Brown, testo che il professor Ruf aveva
assegnato loro come materiale di studio durante il primo anno
affinché comprendessero meglio le origini della casata in
cui erano
stati smistati.
“Vedo
che, come sempre, la sua intelligenza e dedizione allo studio le sono
utili. Ma, a meno che lei non sia in grado d'insegnare a quella
creatura a chiedere scusa per aver beccato e ferito i suoi compagni,
temo di non poterle permettere di tenerlo. Lo potrà affidare
ad
Hagrid, se ne prenderà cura lui finché non
sarà in grado di
tornare dai suoi simili” replica severa la preside in un tono
che
non ammette repliche, ma Lily Luna la stupisce di nuovo, chiedendo il
permesso di provare ciò che l'anziana donna ha dichiarato
impossibile.
“Se
lui si scusasse, a modo suo ovviamente, lei me lo lascerebbe
tenere?”
domanda la ragazza mantenendo un tono cortese e remissivo sebbene gli
occhi brillino d'una luce tutt'altro che reverente, che all'anziana
preside ricorda la scintilla furba nello sguardo di Harry quando
s'apprestava a fare una follia delle sue, ma arricchita però
della
lucida certezza di chi non si lancia alla cieca, poiché sa
esattamente come agire per raggiungere l'obbiettivo.
Intelligente, Corvonero fino in fondo.
L'animale
però non sembra essere dello stesso, conciliante, avviso ed
assesta
una dolorosa beccata dietro l'orecchio della padrona, gracchiando
cattivo.
“Se
pensa di riuscirci, signorina Potter, questo potrebbe essere un buon
compito per i suoi M.A.G.O in cura delle creature magiche”
concede
la McGranitt, sicura che la ragazza fallirà vista
l'irascibilità di
quell'animale che – insolitamente
– sembra
capire quanto gli accada attorno con sorprendente intelligenza,
sebbene si rifiuti d'utilizzarla per mostrarsi più civile.
Forza
professore, chieda scusa così possiamo andarcene.
E
la smetta di beccarmi, fa male!
Potter,
non mi sono mai scusato in anni di torture, omicidi e
doppiogiochismo, cosa ti fa pensare che lo farò ora?
Rivolgendomi
poi a quella torma di teste di legno con cervello di segatura fina
che non meritano un briciolo della mia attenzione, figurarsi il mio
fiato?
Perché
lei è piombato qui come una furia adducendo un problema
urgente.
Vuole
uscire da questa situazione senza finire in custodia da Hagrid?
Bene.
Chieda scusa, tanto nessuno la riconoscerebbe in questa forma.
Potter, sappi che ciò avrà un prezzo.
E'
la replica cattiva, seguita da un'altra dolorosa beccata che
costringe la strega a serrare labbra trattenendo una colorita
imprecazione fra i denti; sotto gli occhi attoniti dell'ormai intera
casata Corvonero, della preside e del professor Murray, il corvo
plana nuovamente sulla tavola fra piatti e bicchieri rovesciati, cibo
sparso ed effetti personali dei presenti, lanciando poi un'occhiata
tagliente alla sua 'padrona' quasi a spronarla
affinché gli
dia istruzioni su come comportarsi.
“Forza
Prince, scusati”
Prego?
Era il primo nome che mi è venuto in mente.
Non
posso certo chiamarla Piton, o Severus le pare?
Anche
Halfprince è troppo sospetto
Avrei dovuto metterci del veleno in quella pozione per le mestruazioni.
La smetta di rompere le palle ed esegua, tutto ciò sta iniziando a diventare imbarazzante.
Colpa
tua, incosciente testa di legno.
Disgrazia
della mia non-vita.
A
sentire il nome dato dalla ragazza al nero pennuto il cuore di
Minerva McGranitt perde un battito ed un lampo di tristezza le
attraversa gli occhi grigi, preludio d'un improvviso mancamento che
riesce a reprimere solo grazie ad anni di severa disciplina ed
autocontrollo.
Mentre
il grosso corvo china il capo verso i compagni di casa della Potter,
spalancando le ali in una sorta di plateale caricatura d'un inchino
con tanto di zampa sinistra protesa, la vecchia strega è
sicura che
se al posto del becco possedesse labbra umane queste si sarebbero
incurvate nel ghigno sarcastico, onnipresente sul volto pallido del
suo ex collega e predecessore Severus Piton; lo stesso mago contro
cui aveva combattuto fra le mura di quella sala additandolo come
codardo e traditore, senza aver davvero capito fino in fondo a quali
follie l'avesse spinto Albus e con il quale non era mai riuscita a
scusarsi, data la tragica ed improvvisa dipartita, trascinandosi quel
rimpianto per più di vent'anni.
Il
corvo volta la testolina verso di lei, trafiggendola con schegge
gemelle ossidiana profonde come abissi e la vecchia strega, facendo
appello a tutto il suo carisma, si rivolge alla Potter con voce ferma
concedendole il suo benestare riguardo il tenere l'animale con
sé,
purché lo tolga di torno prima che i ricordi si facciano
insopportabilmente dolorosi.
“Al
primo atto di ribellione sappia però che tornerà
nella foresta con
i suoi simili. Ed ora, signori, tornate alla vostra cena prima che mi
venga voglia d'indagare come mai la signorina Potter è
scattata in
piedi con bacchetta in pugno ancor prima che il corvo planasse sul
tavolo” Conclude categorica lanciando un'eloquente occhiata
agli
studenti del sesto e settimo anno prima di voltarsi e tornare verso
il desco degli insegnanti, soffermandosi con pesante enfasi sul volto
pitturato a festa della signorina Hemswort, nonché alle
facce
sconvolte del gruppetto alle sue spalle, passando poi alla Potter e,
in ultima, alla giovane strega italo-croata che ancora sogghigna
divertita.
“E
lei, signorina Trevisan, si ricordi l'appuntamento nel mio ufficio
alle nove questa sera”
“Non
mancherò, prof” risponde prontamente quest'ultima
guadagnandosi
un'occhiata truce dal professor Murray, che le intima di mostrare un
po' più rispetto nei confronti della preside.
Una
volta che i professori hanno lasciato il tavolo di Corvonro e gli
studenti sono tornati a sedersi, desiderosi d'ultimare la cena ed
andare in dormitorio a svagarsi prima che la preside faccia partire
un'indagine approfondita sulla sfiorata rissa in sala grande, Lily
Luna raccoglie la tracolla da sotto la panca e vi butta dentro gli
appunti ed il telefono, stendendo nuovamente il braccio
affinché
Piton possa planarci sopra, osservata attentamente da Hilary e
Gregor, ancor più furenti per l'ennesima vittoria
conquistata dalla
ragazza senza averne alcun diritto.
“Fretta,
Potter?” domanda Milena incuriosita.
“Si,
in tutto questo casino mi sono dimenticata di aver lasciato una cosa
importante in biblioteca e devo assolutamente recuperarla prima che
Barley finisca di passare il mocio e chiuda, poi devo riportare lui
in bagno con Mirtilla” risponde prontamente indicando con un
cenno
del capo la bestia appollaiata sulla sua spalla destra.
“Ti
ringrazio per l'aiuto, Trevisan”
“Verrà
il giorno in cui arriverai a pentirti dell'interesse che stai
suscitando, credimi.” La strega dai lunghi capelli castano
biondi
le rivolge un sorriso enigmatico mentre la osserva con attenzione,
trattenendosi dal porle quella serie di domande che le attanagliano
il cervello dalla notte del Sabba di Samhain, quando quella creatura
da incubo è emersa dalla terra e lei, assieme a Grace e
Amanada,
sono scappate in preda al panico verso il castello, lasciando la
Potter nell'oscurità del sottobosco sola.
Vorrei
dirti quanto sia stata sollevata di sapere, il giorno seguente, che
ti avevano ricoverato in infermeria per una distorsione alla
caviglia.
Vorrei
dirti che mi spiace averti lasciata sola, ma non penso mi crederesti.
Lily
Luna annuisce lentamente, vi è davvero qualcosa di profetico
nelle
parole pronunciate dalla compagna e già sa che
l'interessamento nei
suoi confronti verrà ripagato nel peggior modo possibile,
poiché
l'unica cosa che lei potrà donare a Milena sarà
un secondo tuffo
nell'incubo, senza alcuna via di fuga stavolta; la compagna
l'odierà
con ogni fibra del suo essere, la maledirà più di
quanto già ha
fatto durante la notte del trentuno ottobre, quando la magia del
cerchio ha iniziato a produrre i suoi venefici effetti, ed alla fine
diverranno amiche.
Nessun
legame creato nel sangue può essere spezzato con
facilità
“Sarò
la tua disgrazia, Trevisan. Buona serata, per quanto
possibile”
replica Potter ricordando con un brivido le parole pronunciate da
Turpin qualche ora prima, nel silenzio fatiscente della Stamberga
Strillante, accennando poi alla preside per strappare una risata alla
compagna.
Si
incammina a passo spedito fuori dalla sala grande, con il corvo
ancora ben abbarbicato sulla spalla, in nero contrasto con il rosso
acceso dei capelli scarmigliati, ignorando le insistenti occhiate che
le si piantano nella schiena come coltelli, il freddo monito da parte
di Hilary Hemswort a guardarsi costantemente le spalle e la triste
delusione provata da Lorcan Scamander nell'essere stato scavalcato
dalla Trevisan.
Hogwarts,
Foresta
Proibita
18
novembre 2023, ore 20.15
Fiorenzo
spicca alto e pallido nel sottobosco illuminato dal 'lumos'
prodotto dalla punta della bacchetta di Lily Luna che, in contrasto,
pare scura come un pezzo di carbone, con un accenno di bragia dato
dai lunghi capelli rosso vivo raccolti in una coda larga.
L'aria
tagliente le ferisce le cornee procurando copiose lacrime, scivolando
sulla pelle esposta così da dar vita ad una serie di
fastidiosi
brividi che scivolano lungo il corpo sotto le pesanti vesti
invernali, fino a raggiungere il cuore mentre il centauro, nonostante
abbia la parte umana nuda, coperta unicamente da uno spesso strato di
tessuto cicatriziale mal guarito, la guarda con occhi azzurri gravi e
cupi senza mostrare alcun interesse per il clima rigido di quella
notte novembrina; imitando i suoi due compagni, fra le mani callose
trattiene una fune la cui estremità termina in un doppio
–
saldo –
giro attorno al corpo
di un ragazzo che – apparentemente
– potrebbe
avere la stessa età di Lily Luna, il quale indossa una
annerita
uniforme scolastica sulla quale si riconosce a fatica l'emblema della
Casa Serpeverde.
Tiene
la testa ostinatamente china verso il suolo, per nulla turbato
dall'essere stato legato, imprigionato e trattenuto a forza da
quattro massicci centauri.
La
strega ingoia saliva fredda ed amara come cicuta incapace di
proferire parola, poiché ha già capito di cosa si
tratta e quel che
vede non le piace affatto.
“L'abbiamo
trovato all'interno dei Territori, spinto dalla fame si è
avvicinato
all'accampamento ed ha cercato di attaccare una delle nostre femmine.
Fortunatamente è stato fermato prima, sebbene renderlo
inerme e
calmarlo sia risultato più difficile del previsto,
nonostante abbia
corporatura d'uomo e sia pesantemente ustionato. Ora vi chiedo,
cos'è
quest'essere?” domanda l'ex professore di Divinazione con
voce
pesante, fissando con espressione greve la giovane strega dai capelli
fulvi, figlia del Salvatore del Mondo Magico e della giovane
sorellina di Ronald Weasley, spostando poi l'attenzione con un
cipiglio incredulo – nonostante l'abbia
già incontrato poche
ore addietro – sull'uomo ammantato d'ombra immobile
al fianco
di lei, che credeva morto da oltre vent'anni.
Leonte,
il suo stratēgós
dal
manto scuro
che ora regge il secondo capo della corda, l'ha avvertito in
più
d'un occasione d'evitare di immischiarsi negli affari dei maghi e che
qualsiasi cosa sia successa durante il Sabba di Samhain, della quale
hanno avvertito l'acre e greve impronta – decisamente
-
oscura, non deve spingerli ad abbandonare nuovamente la sicurezza dei
loro terreni per dare ausilio a quella torma di scimmie senza alcuna
creanza, né istinto di autoconservazione, che abitano il
castello;
il Sofòs assottiglia gli occhi chiari, ricordando con
dolorosa
tristezza l'assedio di Hogwars e le ferite che la cruenta battaglia
ha lasciato impresse sul suo corpo, nonché le vite spezzate
di tutti
coloro che hanno tentato d'opporsi all'incedere di Lord Voldemort.
Compagni
centauri, ippogrifi, lupi e altre fiere, poi uomini e donne ancora
troppo giovani per scendere nell'Ade come pallidi spettri, molti dei
quali erano stati suoi allievi quando aveva abbandonato il Clan per
insegnare Divinazione, sostituendo la professoressa Cooman.
Molòn
labé
Hai
dimenticato la giusta causa?
Leonte
ha ragione, avrebbe dovuto ignorare gli echi del rituale compiuto ai
margini della Foresta Proibita, territorio dei maghi di Hogwarts,
lasciando alla preside l'infausto compito di scoprire il colpevole
d'un tale abominio e punirlo come merita, riportando la situazione
sotto controllo con un secco svolazzo di bacchetta, ma non vi
è
riuscito a causa dei presagi e del ruolo che ha scelto di ricoprire
anni addietro all'interno del Clan; gli basta abbassare le palpebre e
li lo rivede, scolpito in negativo nella cornea, il transito della
luna oscura in Scorpione che aveva mutato il vino offerto agli
Déi
in sangue ed il pane in un composto secco, sabbioso e nero come
carbone.
Rammenta
ancora l'odore ferrigno e la consistenza vischiosa sulla punta delle
dita, nonché la sensazione d'arsura che l'ha colto dopo aver
inghiottito quel primo, pastoso, boccone che gli ha ricordato la
descrizione fatta dagli antichi del cibo degli inferi il quale
–
eccettuato il melograno – per i vivi ha
lo stesso gusto
insipido d'una pietanza senza spezie, né sale; poi, un'ora
prima che
iniziasse il nuovo giorno, v'era stata l'infausta nascita d'un
capretto scuro come l'ala d'un corvo, dagli occhi bulbosi e
lattiginosi, morto poco dopo fra atroci gemiti.
Cieco
in questo mondo.
Vedente
nell'altro.
Il ragazzo-carbone giunto alle porte dell'accampamento giorni addietro, attirato probabilmente dall'odore degli animali da cortile, stremato dalla fame e desideroso di libarsi quanto prima non pareva comprendere l'inglese, né avvertire alcun dolore ove le frecce di Cassando s'erano infilate nelle carni, continuava semplicemente ad incedere malfermo verso la giovane Alcmena, una centaura dal manto color sabbia, con la bocca spalancata grondante di bava ed il respiro pesante, intervallato da sinistri fischi; pur essendo stato legato da quattro di loro, robusti e giovani, ancora tentava d'avanzare, estraneo al dolore e a ciò che lo circondava, focalizzato unicamente sull'ottenere una goccia di quel sangue eco del nettare che deve averlo resuscitato in seguito al compimento del più macabro – e perduto – dei rituali.
Avrei dovuto incaricare Leonte, Cassando e Conan di lasciarlo legato alle porte di Hogwarts, affinché ci pensasse Minerva McGranitt, tuttavia...
Molòn
labé
I
figli di Grecia onorano i templi, ovunque essi siano.
Ma
il Ragazzo-carbone non è pericoloso o preoccupante se
paragonato
all'uomo-ombra, le cui fattezze ricordano quelle dell'ex collega ed
insegnante di Pozioni Severus Piton, giunto sotto forma di corvo
all'interno del loro accampamento durante il pomeriggio, seguendo i
sussurri della foresta che gli hanno indicato il passaggio d'un
morto, d'una di quelle creature risvegliatesi improvvisamente dal
sonno dell'oltre, affamate e folli; Fiorenzo l'osserva in silenzio
attendendo che parli e racconti la storia di come i fiumi dell'Averno
sono stati scavalcati da decine di anime perdute, le quali hanno
raggiunto la superficie con l'illusione di poter nuovamente camminare
alla luce del sole, ma l'uomo-ombra tace, abbassando gli occhi
ossidiana sulla tremante figura al suo fianco, la strega-bambina
figlia di Potter.
Un
brivido freddo – chiamalo presagio
– scivola
lungo la spina dorsale del Sofòs, preparandolo ad affrontare
la
verità che presto verrà svelata da quelle labbra
pallide e tirate,
nelle quali sopravvive ancora un accenno d'infanzia perduta; mentre
l'aspetta, rammenta le parole che gli sono affiorate alla memoria
attraverso il fumo prodotto dagli incensi e dalla combustione delle
erbe rituali, ulteriore monito da aggiungere a quelli manifestatisi
durante l'infausto transito: ' Non tutte le
nascite
avvengono tramite il naturale parto,
poiché certi uomini (o donne) non
nascono quando le loro
madri li mettono al mondo, bensì nel momento in cui la vita
decide
che debbano partorirsi da sé, innumerevoli volte ',
cosa che dev'essere sicuramente accaduta anche a lei stando a quel
che legge negli occhi castani velati da un sottile filo di lacrime,
ove una punta di buio incastrata nell'iride inghiotte la luce
prodotta dalla bacchetta.
A
vederla lì, immobile e sconsolata, sembra così
pulita, così fuori
luogo nel sottobosco umido e buio di quell'antica foresta infestata
da ogni sorta di creatura da incubo, in presenza di un quartetto di
centauri e del loro sinistro prigioniero, accompagnata da un essere
che farebbe rabbrividire buona parte degli orrori presenti sotto
quelle fronde; bassa ed esile, infagottata nella pesante divisa
Corvonero, non sembra così dissimile dal giovane Harry
Potter
durante il suo quinto anno, quando si era recato lì per
disfarsi del
rospo rosa inviato dal Ministero con l'ordine di catturare Silente.
Eppure,
quella scheggia oscura piantata nel castano dell'iride non mente, vi
è qualcosa di profondamente diverso
in lei, che la fa apparire più grande
– più antica –
dell'età
che ha rendendola una
mera intrusa all'interno di quel mondo protetto, scolastico ed
adolescenziale, in cui cammina ogni giorno cercando di non farsi
notare.
Persino
Severus Piton si sta dimostrando un'incognita: che sia stato evocato
dalla medesima magia che ha permesso al cadavere da loro catturato di
risorgere dalla tomba è palese, tuttavia la sua forma
è
completamente diversa poiché non è una salma,
né un uomo comune;
l'ha capito dal modo in cui sa mutare aspetto e le ombre gli
obbediscono, nonché dalla disumana velocità e
ferocia con cui ha
neutralizzato gli attacchi di Leonte al villaggio, utilizzando
incantesimi oscuri - non verbali - di tremenda
potenza quando
questi ha caricato con l'intento d'allontanarlo dalla tribù.
“Non
è un Mangiamorte” la flebile voce della ragazza
fende il greve ed
ovattato silenzio disceso sul gruppo, colpendoli con
quell'affermazione che non è una vera domanda né
risponde a quanto
chiesto dal Sofòs, ma risulta carica dell'angoscia tangibile
che
l'ha colta nell'istante in cui ha visto il corpo annerito del
ragazzo-carbone ed ha riconosciuto le vesti che gli pendono addosso,
larghe e bruciate; questi, nell'avvertire il sangue di lei pompare a
ritmo assai più sostenuto del consueto, alza il volto
strappandole
un gemito d'orrore.
La
faccia è una maschera di carne annerita costellata di
vesciche
purulente, senza occhi né labbra, sulla quale spiccano
mandibola e
mascella ornati da file di denti opalescenti, regolari, resi ancor
più sinistri dall'aspetto macilento di ciò che
resta del muscolo
massetere; la testa è completamente calva, salvo per un
ciuffo di
radi capelli castano scuro che gli ricade sull'ampia fronte,
confondendosi con l'epidermide dall'aspetto di cuoio conciato ed
orecchie ridotte a brandelli.
Possiede
mani simili a rami rinsecchiti e, sotto l'odore carico di vita del
sottobosco, emana ancora un forte lezzo di carne bruciata.
“A
onor del vero, Potter, lo era” replica piattamente Piton,
osservando a sua volta il giovane Serpeverde senza mostrare alcun
cedimento; Lily Luna si volta a guardarlo con sgomento crescente,
credendo che nessuno degli studenti di Hogwarts si fosse davvero
unito ai seguaci di Lord Voldemort spontaneamente durante la Seconda
Guerra Magica, partecipando alla battaglia sotto l'egida del Marchio
Nero.
“Chi
è questo ragazzo?” sussurra la strega, cercando
gli occhi
ossidiana del mago nella speranza di trovarvi un appiglio a cui
aggrapparsi per non farsi soggiogare nuovamente dall'orrore di
ciò
che il Rito ha riportato alla luce, dalla storia spezzata d'un altra
povera anima la cui unica colpa è stata scegliere lo
schieramento
sbagliato in una guerra che – forse
– nemmeno
capiva; non è l'aspetto –
indubbiamente ripugnante e
disgustoso – del
ragazzo-carbone a turbarla, quanto più l'età a
cui è morto ed il
fatto che fosse uno studente come lei quando ha deciso di farsi
marchiare dal Signore Oscuro entrando nei ranghi dei Mangiamorte, ed
causa del quale non sarebbe di certo dovuto morire lì, nella
scuola
ove era cresciuto ed aveva studiato preparandosi per il futuro
all'interno del Mondo Magico.
Un
futuro mai giunto.
Ma
poi, cosa c'è di diverso fra lui ed i primi Mangiamorte?
Negli
anni '80 del secolo scorso buona parte di quelli finiti ad ingrossare
le fila dell'esercito di Lord Voldemort erano ragazzi di appena
vent'anni, forse alcuni anche più giovani.
I centauri scrutano l'ex professore di Pozioni con sguardi diffidenti e carichi d'astio senza però azzardarsi a rompere il silenzio, attendendo ch'esso dia un nome a quella creatura sgraziata e perduta che ha brutalmente invaso i loro terreni spinta da una fame cieca, antica e primordiale come la magia che l'ha strappata al riposo eterno, rispedendola a camminare in quel mondo 'terreno' in cui è solo la misera ombra del giovane che fu, poiché non vi appartiene più da decenni; Fiorenzo osserva attentamente come il viso bruciato del ragazzo-carbone sia puntato in direzione della giovane Potter, quasi la possa vedere nonostante sia privo d'occhi, ignorando il resto dei presenti poiché non contano alcunché, né possiedono ciò che lui ha ricercato nella foresta per infiniti giorni ed altrettante lunghe notti, arso da una sete ancor peggiore del fuoco che l'ha sfigurato ed ucciso all'interno delle mura del castello.
Non
vorrà il suo sangue?
Molòn
labé, Fiorenzo.
“Vincent
Tiger, Serpeverde del settimo anno. Lo fu nel 1998, durante la
Battaglia di Hogwarts ove, secondo alcune ricerche che ho svolto
giorni addietro, morì nella Stanza delle
Necessità bruciato
dall'Ardemonio da lui stesso evocato con l'intento di uccidere
Potter, Weasley e la Granger” la voce dell'uomo è
atona, d'un
piattume che stona con la gravità delle informazioni
condivise con
il resto dei presenti e strappa a Lily Luna un'imprecazione
silenziosa, spingendola a domandarsi come possa restare così
impassibile e freddo di fronte al cadavere di un suo ex studente al
quale, stando almeno ai racconti del padre, ha salvato fondoschiena e
reputazione in più d'un occasione; ancora tremante e
stordita dalla
tachicardia, la giovane osserva sottecchi il viso affilato e pallido
illuminato appena dalla debole luce prodotta dalla bacchetta e quegli
occhi scuri come pozze d'inferno, nei quali non v'è anima
né
sentimento, mancanza che la spinge a provare una punta di rabbia nei
suoi confronti.
“Entrò
nei ranghi dei Mangiamorte nell'estate del '96, assieme a Draco
Malfoy e Gregory Goyle” aggiunge senza distogliere lo sguardo
dalle
orbite infossate e vuote, rivestite da un sottile strato di pelle che
pare cartapecora, evocando dalla memoria un viso grassoccio e porcini
occhi castani che solevano scrutarlo smarriti quando assegnava i
compiti di Pozioni o si muoveva silenzioso per l'aula cercando di
prevenire disastri e pericolose esplosioni; fra i tirapiedi di Malfoy
lui si è sempre dimostrato il più stupido e lento
a capire, quindi
quando ha appreso le tragiche circostanze che l'hanno portato alla
morte non ne è rimasto affatto stupito, anche se vederlo
ora,
ridotto a pelle annerita e ossa sporgenti, gli causa una punta di
fastidioso malessere in qualche recondito anfratto dell'animo che lo
disturba.
Con
la coda dell'occhio osserva furtivo Potter, la quale ha i pugni
spasmodicamente serrarti e l'espressione cerea e sudaticcia di chi
sta per essere colto da un malore.
Incurva
l'angolo della bocca in un sorriso spento.
Prima
o poi dovrai scendere a patti con ciò che hai fatto.
Meglio
iniziare subito, non ti pare?
“E'
solo un ragazzo” sussurra la strega con un filo di voce
pericolosamente incrinata, greve a causa del forte peso che pare
averle serrato stomaco e trachea, impedendole di respirare
normalmente e di concentrarsi sull'arduo compito di schiarire la
mente, focalizzando la vera natura dell'essere davanti al quale
è
stata condotta così da dimenticare ciò che fu in
vita, quello
studente un po' manesco e stupido che ha dato il tormento a suo padre
per anni; ma tutto ciò che vede è una divisa
lacera ed annerita
dalle fiamme sulla quale ancora spicca, all'altezza del cuore,
l'emblema della Casa Serpeverde e non può far altro che
pensare alle
scarne informazioni fornite da Piton, a quanti anni avesse il
ragazzo-carbone quando s'era fatto incidere il Marchio Nero
sull'avambraccio e a come è – dolorosamente
– morto.
Sedici
anni, troppo pochi per abbandonare l'adolescenza, così
com'è
profondamente ingiusto morire a diciassette a causa d'un incantesimo
fuori controllo; inghiottendo un grumo di saliva amaro e pastoso, la
giovane Corvonero ripensa a sé stessa, al marchio che non
porta
inciso sul braccio in nero inchiostro, bensì nell'anima,
domandandosi con una punta di lucida – cinica
– razionalità
se lei sia poi tanto diversa da Tiger: se non adempie al compito
morirà pochi giorni dopo aver compiuto il diciassettesimo
compleanno
e, la fine a cui è destinata, si prospetta assai peggiore
del
bruciare nell'Ardemonio.
L'infanzia
finisce quando scopri che, un giorno, morirai,
pensa distrattamente citando fra sé ' Il Corvo', ancora
profondamente combattuta fra lo sgomento che la spinge a provare
orrore verso sé stessa, per aver – quasi
certamente -
risvegliato dalla morte alcuni di quei ragazzi spirati prima del
tempo e la cinica razionalità che la spinge a ragionare
concretamente, suggerendole che così dev'essere per forza
dato che i
cadaveri sono settantotto, troppi per appartenere tutti ai
Mangiamorte del Signore Oscuro.
Durante
la notte del Rito non ha certo pensato ad effettuare una 'selezione'
dei candidati da riportare in vita, convinta che l'incantesimo non
avrebbe funzionato affatto.
Sarebbe
stato troppo facile.
Troppo
facile è odiare chi si dimostra da subito cattivo.
Non
esiste alcuna etica in quel che sto facendo.
“Un
abominio. Vi è un luogo per tutti coloro che non possono
più
risiedere su questa Terra e si trova oltre le rive del fiume
Acheronte, ove le anime s'imbarcano dopo aver versato il giusto obolo
al nocchiero per raggiungere il luogo a cui sono state assegnate, ove
potranno riposare o soffrire per l'eternità. Persino coloro
che non
possiedono la moneta lì devono rimanere, smarriti su quella
spiaggia
scura come cenere aspettando che gli anni decorrano o che un parente
misericordioso si ricordi d'offrire il tributo. Non possono certo
andarsene in giro indisturbati per il regno dei vivi” (V)
esclama
Leonte con voce aspra, carica d'odio, lanciando occhiate furenti ai
presenti; Cassandro e Conan si muovono irrequieti, pestano gli
zoccoli sul terreno ricoperto da un manto di foglie marce e rami
secchi, tirando le estremità delle corde ancora ben strette
fra i
loro pugni mentre, a gran voce, sostengono la posizione dello
Stratégòs schierandosi apertamente – pericolosamente
–
contro il più pacato Fiorenzo, il quale li osserva
in silenzio
con le labbra contratte in una linea ferma e gl'occhi azzurri,
ardenti di rabbia e sdegno verso l'offesa d'essere stato nuovamente
scavalcato, ignorato da quei guerrieri che lo credono troppo
molle
per poter guidare rettamente il Clan.
Tiger,
animato dal trambusto ed infastidito dalle costrizioni che gli
stringono braccia e corpo con maggior forza, inizia a dimenarsi con
foga cercando d'azzannare la corda più vicina per lacerarla,
muovendo passi disarticolati verso quella ragazza dai fulvi capelli
ribelli che odora di buono, spinto dalla
disperazione che solo
quell'arsura tremenda che gli secca le viscere può causare;
una
lunga bacchetta nera dal pomolo intarsiato ad arabeschi appare nella
mano di Piton, ma prima che egli possa utilizzare un qualsiasi
incantesimo per ristabilire l'ordine fra il gruppo di centauri,
allontanando il ragazzo-carbone dalla giovane strega ancora
apparentemente persa in astruse elucubrazioni e
folli
moralismi, una voce femminile altera e ferma
riecheggia con
inaudita forza nell'oscurità del sottobosco, strappandogli
un'occhiata confusa.
“Sono
io l'abominio, non lui. Lui è solo una vittima”
scandisce Lily
Luna scostando la pesante sciarpa argento-blu così da
denudare
completamente il viso, esponendo all'inclemenza del gelo labbra
pallide ed un po' troppo gonfie ove le ha morse colta
dall'agitazione; ogni traccia di sconforto è svanita,
sostituita da
una distaccata austerità che la fa apparire assai
più adulta dei
sedici anni anagrafici che possiede, una sorta di raffigurazione d'un
icona sacra dai lunghi capelli simili ad un fiume di lingue fiammanti
i cui occhi, pozzi scuri in cui il 'Lumos' svanisce annichilito,
paiono antichi, come se appartenessero a qualche perduto Dio
antidiluviano.
Avverte
un calore famigliare irradiarsi all'interno del petto, scacciando il
freddo notturno e donandole quella sicurezza che prima le mancava,
troppo spaventata dalla forma in cui è apparso questo nuovo
risvegliato per concentrarsi sulla sostanza e sulla verità
di quanto
le sta innanzi: non sono i nerboruti centauri armati di spade e
lance, né il giovane ragazzo-carbone arso dalla sete e reso
violento
il vero pericolo, non è la Foresta Proibita con i suoi
infiniti
segreti e tremendi figli dalle lunghe zanne, zoccoli poderosi o
artigli ricurvi, bensì Lei e questa realizzazione la
spaventa più
d'ogni altra appresa in precedenza, donandole però una punta
d'oscura gioia.
“Potter,
non è il caso che sappiano più del
necessario” l'ammonisce Piton,
scoccandole un'occhiata tagliente mentre le afferra il gomito con
l'intenzione di trascinarla da parte, affinché non compia
qualche
follia; lei alza il viso, gli occhi castani s'incatenano
all'ossidiana ed in quel fugace istante il mago riesce a 'vedere'
con chiarezza l'oscurità che Lily Luna nasconde
inconsapevole
all'interno dell'animo, una voragine d'ombra e potere che lo attira
come la fiamma con la falena spingendolo con forza ad affacciarsi per
vedere l'abisso in cui smarrirà sé stesso.
In
quel momento non è più una ragazzina sedicenne
stanca a causa della
giornata passata al campo di Quidditch per gli allenamenti della
squadra di Corvonero e nella Stamberga Strillante, in compagnia d'un
mago deceduto da un ventennio e dai suoi ex commilitoni cadaveri,
bensì una creatura alla quale la natura che li circonda
risponde
solerte in un frusciare di fronde umide e stridere d'uccelli
notturni, nello scalpiccio degli animali selvatici e nel lontano
sciabordio delle acque del lago, accogliendola con gioia assieme alla
rinascita di quella magia che l'Inghilterra credeva perduta.
L'uomo
espira lentamente lasciando il braccio della ragazza con un gesto
repentino come scottato da quel fugace contatto, avvertendo le dita
formicolare a causa del potere che divampa nel corpo di lei come un
incendio, bruciando ragione e volontà per lasciar posto a
quel
primordiale istinto che le permette di entrare in connessione con
l'antica magia sopita nel suo animo, la stessa che ora rifulge negli
occhi scuri dalle sfumature terrose studiandoli tutti con altero
distacco.
E'
come se fosse doppia: la giovane sedicenne
Covonero
amante del Quidditch e della letteratura, fissata con lo
studio e
talmente introversa da non avere né desiderare amici, poi
l'entità
primordiale che sa risvegliare i morti e conversare con loro, dotata
d'un magnetismo pericoloso e di un potere solenne, agghiacciante.
E
se riguarderai a lungo nell'abisso, anche l'abisso vorrà
guardare
dentro di te.
Cosa
diverrai quando la Katàbasis sarà compiuta, Mia
Disgrazia?
“Tu?”
Leonte sogghigna divertito studiando con sufficienza quella piccola e
gracile umana dai capelli fulvi e spettinati, infagotta in abiti
decisamente troppo larghi, chiedendosi quale follia abbia spinto
l'altro cadavere – l'uomo-ombra - a
condurla dinnanzi a loro
quando è evidente il terrore che prova, sotto al quale cela
con
difficoltà l'intenzione di essere da tutt'altra parte;
l'uomo-cavallo estende il sorriso colpito dall'ilarità della
vicenda
e pronto a mettervi fine, poiché se il Sofòs
è così debole
da non riuscire a proferire alcun ordine d'esecuzione immediata per
il suo ex collega redivivo e l'altro morto ci penserà lui
stesso, al
diavolo le gerarchie, ed una volta ritornati al Clan farà
tutto ciò
che è in suo potere per destituire Fiorenzo il quale
continua
imperterrito a peccare di eccessiva prudenza, oltre ad essere
schifosamente amico dei bipedi.
“Io”
risponde tranquillamente la giovane, avvicinando la bacchetta al viso
affinché risulti ben visibile nell'oscurità della
Foresta e, quando
gli occhi castani di lei incontrano le iridi nere di Leonte, il
sorriso di quest'ultimo muore sulle labbra cristallizzato in una
smorfia di puro sbigottimento ed orrore; gli zoccoli del centauro
pestano il terreno con violenza, alzando zolle di molle terriccio e
brandelli di foglie morte, mentre lotta contro sé stesso per
non
indietreggiare al contatto con quello sguardo – terribile
–
inumano, lo sguardo dell'Antica Dea rilucente nel riverbero
dei
fuochi sacri che ora rivive con spaventosa forza in quel visetto
pallido di sedicenne.
“Cosa
sei? Cos'è questa magia?” domanda Cassandro
reprimendo a stento un
brivido, stringendo con più forza le dita attorno alla
spessa corda
così da mantenere un contatto con un oggetto abbastanza 'reale'
da ricordargli di essere ancora sul piano terreno,
all'interno
della Foresta che ha imparato a chiamare casa sin dal primo nitrito e
non lontano, perso in una terra di rocce e sabbia dal colore del
sole, il cui cielo è grande e vasto come l'infinito, d'un
azzurro
abbacinante; ciò che vede negli occhi di lei sono echi di
memorie
perdute, custodite dal sangue e dai cromosomi, appartenute ai suoi
antenati vissuti centinaia d'anni addietro, in quella terra natia
chiama Grecia di cui lui ha sentito parlare nei racconti del Clan.
La
strega sorride dolcemente, ma prima che possa rispondere è
Fiorenzo
a venirle in soccorso, chiamandola con il giusto appellativo
riservato alle creature della sua specie.
“Nekyomanteia”
il Sofòs trotta lentamente verso la giovane Corvonero senza
alcun
intenzione malevola o battagliera, studiandone la fisionomia con
curioso interesse prima di passare alla bacchetta, un'asticella nera
e ritorta somigliante ad una clavicola, sulla quale brilla ancora il
puntolino di luce aurea prodotto dall'incantesimo 'Lumos';
vi è ora una vaga confusione sul viso arrossato dal freddo e
la
solenne alterità mostrata poc'anzi inizia ad incrinarsi,
sostituita
da un'espressione assai più terrena ed appropriata ai suoi
sedici
anni dalla quale trasuda una certa confusione.
“Oh...non
parli greco?” Leonte la schernisce con cattiveria, intuendo
quanto
la ragazza mal sopporti l'essere trattata da stupida per smorzare le
ultime, ardenti, braci di quell'oscuro potere che l'ha annichilito e
ridotto al silenzio attraverso una semplice occhiata; brucia di
rabbia e soddisfazione nel vederla stringere i pugni con forza,
trattenendosi a stento dall'insultarlo pesantemente, mentre il
castano dell'iride torna ad essere un banale colore senza alcuna
particolare sfumatura e la scheggia d'ombra regredisce soverchiata
dal bagliore del 'Lumos', spingendola a riacquisire
il
controllo su di sé; Piton espira lentamente incrociando lo
sguardo
di Fiorenzo, il quale pare decisamente seccato dal commento
inopportuno berciato dallo Strategòs e molto più
propenso ad
approcciarsi con rispetto alla giovane strega, della quale –
probabilmente – ha intuito parte della
natura senza
necessità di conoscere i macabri particolari legati al Rito
del 31
ottobre, né le sue oscure origini famigliari.
“
Nekyomanteia
è un lemma in greco antico che può
essere tradotto in ' oracolo
dei morti'. Così venivano chiamati i sacerdoti del Nekromanteion,
il tempio sotterraneo dedicato alle divinità infere Ade e
Persefone.
Nel corso dei secoli questi santuari sono andati quasi tutti
distrutti o abbandonati a causa della natura dei rituali che in essi
si svolgevano ed a seguito della presa di posizione delle cosiddette
religioni Monoteiste, le quali hanno un rapporto totalmente diverso
con il mondo dei defunti, oltre a vietarne espressamente il
contatto”
spiega il Sofòs con pazienza, lanciando un'occhiata
tagliente allo
Stràtegòs affinché stia zitto e non
s'azzardi di nuovo a schernire
la ragazza o a scavalcare la sua autorità fingendo una
conoscenza
dei fatti che non possiede, data l'incapacità di cogliere i
segnali
inviati dagli Dei, nonché l'assente capacità
divinatoria; Leonte
grugnisce a denti stretti, strattonando con forza il capo della corda
che tiene fra le mani per impedire al ragazzo carbone di dimenarsi,
in un gesto di rabbia malcelata che non sfugge ai presenti.
“Credo
che lei si stia sbagliando, Signore. Non sono una Nekyocosa, al
massimo una negromante” mormora Lily Luna soffocando con
discreta
abilità l'ennesimo attacco di panico mentre si domanda
febbrilmente
perché, da quando è iniziata questa triste
vicenda, tutte le
creature che incontra vedano in lei più della misera e
triste
verità, ovvero che è stata in grado di fare
ciò che ha fatto
unicamente grazie alla sua infinita testardaggine unita ad una buona
dose di sfortuna, velata da una sottile stupidità di fondo,
poiché
avrebbe dovuto davvero prestare più attenzione alla formula
tradotta
malamente con Google anziché recitarla senza remore, come se
stesse
per castare un banale incantesimo di evocazione appreso a lezione;
volta appena il capo incontrando lo sguardo scuro ed intellegibile di
Piton, il quale ha labbra contratte in una linea ferma e non pare
intenzionato a dar voce ai propri pensieri, nonostante lei ora abbia
estremo bisogno di sentirlo parlare per smentire in modo –
tagliente – categorico quell'ennesima
follia.
Eppure...
“Quanti
anni hai, giovane strega?” domanda dolcemente Fiorenzo.
“Sedici.
Ne ho compiti sedici il venticinque ottobre”
Luna
in scorpione.
Nascita
oscura.
“Comunque si, li ho resuscitati ma questo non fa di me una Nekyocomesidice. E' accaduto per errore ed ora sto cercando di porvi rimedio. Davvero non credo di essere più d'una strega con qualche, vaga, abilità negromantica. Di certo non sono un Oracolo” afferma Lily Luna cercando di infondere in ogni parola tutta la convinzione che le ha permesso di non impazzire dalla notte del Rito sino ad ora, per cercare di sfatare quanto affermato con solenne sicurezza dal centauro biondo, quell'agghiacciante prospettiva che la porrebbe in una posizione ancor più scomoda dell'attuale, poiché se davvero si rivelasse fondata indicherebbe che il potere che possiede è assai maggiore di quello mostrato sin ora.
Si
sbaglia!
Io
non sono...
Non...
Pensa
cercando di rincorrere le poche certezze in suo possesso, lottando al
contempo contro alla tachicardia che la spinge a respirare in modo
disarmonico ed a grandi boccate per scongiurare un possibile
–
secondo – svenimento,
mentre osserva febbrile i volti dei presenti sperando che le sue
parole vengano accolte; ma i lineamenti dei centauri restano grevi e
bui, velati da quell'accenno di terrore che li ha colti quando lei ha
parlato con l'altera e solenne voce degli Antichi e ciò
è
sufficiente a farle capire che nessuno crede a quella misera bugia,
non dopo aver visto come reagisce il fu Tiger alla sua presenza ed il
modo in cui li ha redarguiti tutti, invitandoli sottilmente a non
sottovalutarla.
Cerca
nuovamente lo sguardo scuro di Piton invocando mutamente aiuto, pur
intuendo che nemmeno lui creda al fatto che lei sia una 'semplice'
strega con qualche abilità ad entrare in contatto con i
morti, non
sarebbe mai stata in grado di risvegliarne così tanti senza
ben
conoscere i rituali né gli incantesimi adatti se
così fosse, ma
spera che – vista la poca
considerazione che sembra
nutrire nei suoi confronti – possa
liquidare le parole di Fiorenzo come pura follia, restituendole quel
barlume di sicurezza che ora le manca; quando incontra quegli occhi
distanti dal taglio orientale, bui come il Tartaro, ogni sua speranza
ivi annega sconfitta ed è costretta a richiudere le labbra
con forza
per non imprecare, abbattuta dal modo in cui anche l'uomo l'osserva
soppesando quanto appreso.
Malgrado
gli anni trascorsi al fianco d'un mago oscuro del calibro di
Voldemort, spietato e cieco a causa del folle odio provato verso le
sue misere origini, quel fugace spiraglio su un abisso d'ombre ed
antichi poteri scorto fugacemente negli occhi castani della giovane
strega ha turbato il mago più di quanto gli piaccia
ammettere,
spingendolo a rivalutare sia la missione affidata loro dalla Morte
che i ruoli di entrambi in quella 'caccia ai
risvegliati'
partita quasi per gioco la quale, alla luce delle congetture espresse
dall'ex collega centauro, sta assumendo i caratteri di un macabro
rito d'iniziazione.
Le
parole di Turpin riecheggiano con forza nella memoria, già
tristemente veritiere nonostante le metafore utilizzate e la
difficoltà d'interpretazione a causa delle poche
informazioni in
loro possesso e degli infiniti punti oscuri ancora da chiarire,
cementificando un'ipotesi che l'a tormentato per settimane, ovvero
che qualsiasi cosa sia destinata a diventare la Potter alla fine
dell'anno concessole dalla Mietitrice, ciò non
coinciderà mai con
la ragazzina introversa e spensierata che era prima di compiere il
Rito; nonostante sappia che ciò non lo riguarderà
più, poiché
quando la Disgrazia si troverà a fare i conti con i
cambiamenti
causati dall'essersi scoperta negromante lui sarà
già –
nuovamente e finalmente – morto,
una fulminea fitta gli attraversa il costato all'altezza del cuore
spingendolo a soffocare sul nascere una punta di folle
–
pericoloso –
dispiacere nei
suoi confronti, ricordando con ostinazione che se ora si trova
nuovamente in quel mondo che tanto ha odiato è solo a causa
della
stupidità di quella giovane e seccente so-tutto-io incapace
di
mostrarsi umile e fallire, nonostante si sia lanciata in un impresa
dai più ritenuta impossibile.
Blanda scusa, pare sussurrare luna vocina all'interno del suo animo imitando il fastidioso timbro di voce di Albus Silente.
Leonte
rompe il silenzio sbuffando contrito, indicando con un gesto rozzo
della mano il ragazzo-carbone all'interno del cerchio creatosi, il
quale continua a dimenarsi con forza cercando di spezzare le funi per
lanciarsi sulla giovane strega ferma ad una manciata di passi.
“Se
l'hai richiamato tu, allora mandalo indietro. Questo non è
posto per
i morti, Nekyocosa” esclama calcando bene
la scorretta
pronuncia di quell'epiteto straniero che tanto la terrorizza con il
solo intento di farla sentire inadeguata e stupida, affinché
rammenti e si penta della follia compiuta quando ha deciso di
cimentarsi nella brillante impresa di zittire Amanda Anderson
portando a termine quel Rito di cui non conosceva appieno l'origine
né il funzionamento, aprendo porte che sarebbero dovute
rimanere ben
sigillate; la mano sinistra di Lily Luna freme in un accenno di
rabbia mentre annulla gli effetti di Lumos,
permettendo
all'oscurità d'impadronirsi di nuovo di quella porzione di
sottobosco, prima di muovere alcuni lenti passi verso il
ragazzo-carbone che improvvisamente smette di dimenarsi, osservandola
con quelle orbite prive d'occhi come calamitato dalla sua presenza
–
dal potere che lei irradia – mentre la
giovane strega gli
rivolge uno sguardo carico di dolcezza e comprensione, evocando
quattro ciotole in cui Piton versa gli ingredienti richiesti dal
rituale dopo averli recuperati da una serie di fialette agganciate ad
appositi supporti della cintura.
Lily
Luna respira lentamente beandosi della sensazione di pienezza data
dall'aria fresca nei polmoni, concentrandosi per richiamare quel
potere sopito dentro sé che torna a bruciare violento
estendendosi
verso il cadavere del giovane Mangiamorte, il quale si slancia
nuovamente in avanti tendendo le spesse corde per affondare famelico
il viso nelle offerte, bevendo vino ed acqua con foga prima di
ingurgitare a grandi boccate acqua e miele; quando la strega fa
scivolare la punta della bacchetta sulla pelle pallida e fredda del
palmo procurandosi un lungo taglio Fiorenzo la guarda impassibile,
senza più l'ombra d'alcun dubbio a velare gli occhi chiari,
considerandola ormai per ciò che lei – rifiuta
- non sa
ancora d'essere, ma che sicuramente diventerà alla fine di
quel
tortuoso cammino – crescita-, esattamente
come gli astri
hanno predetto quando è 'nata' in questa
vita, giorni
addietro.
“C'è
qualcosa che vuoi dirmi, Tiger?” la voce della giovane
acquisisce
nuovamente quella cadenza aliena e solenne appartenente ad un
entità
antica mentre serra a pugno la mano ferita sopra la ciotola che aveva
contenuto il vino, oramai vuota, facendovi ruscellare all'interno
scure gocce di sangue dall'odore ferrigno ed appagando infine
così i
desideri di quella creatura che, per settimane, s'era trascinata
nella foresta in cerca di pace; gli occhi castani osservano
impassibili l'interno scavato delle orbite mentre pone nuovamente la
domanda, attendendo che il ragazzo-carbone finisca di ripulire la
scodella senza accennare ad alcun turbamento e chiedendo quando il
mutamento abbia iniziato a manifestarsi in lei, annientando paura ed
orrore per donarle la capacità d'osservare il macabro con
l'animo
quieto, poiché anch'esso è una sfaccettatura
della natura umana.
“Tiger, c'è qualcosa che vuoi dirmi?”
Dalla
gola ferita ed annerita dal fuoco magico fuoriesce un sibilo
gracchiante e sinistro, il difficoltoso rantolo d'addio del moribondo
che si abbandona all'abbraccio dell'aldilà ed il respiro
greve
dell'Averno, freddo come ghiaccio ed altrettanto tagliente.
“Durante
i Saturnalia.
La
caccia del Solstizio.
Re
e Regina ti faranno a pezzi”
Ride, mostrando ora un marchio opalescente inciso sulla fronte raggrinzita - 'III Bastoni' - e, mentre la magia mortifera evocata dalla strega lo spinge ad appiattirsi contro il morbido terreno, il quale inizia a franare con l'intenzione d'inghiottirlo al proprio interno per restituirlo alla tomba e privarlo così della grazia di quella non-vita, questa si volta verso Piton, immobile alle sue spalle, lanciandogli un'occhiata carica di fredda consapevolezza, ponendo quella – scontata - domanda che è rimasta ad aleggiare per tutto il tempo senza però trovar voce:
“Non ho risvegliato solo Mangiamorte, vero?”
Glossario:
-
Turpin: Nonostante i pronostici di Severus, Turpin risulta essere completamente matto.
In parte ciò è sicuramente dovuto alla sua condizione di cadavere, ma anche in vita è stato un tipo decisamente particolare, del quale riporto un po' di background giusto per farvi capire meglio il trip allucinogeno ad inizio capitolo: Turpin ha ventisei anni quando muore nella battaglia di Hogwarts, nel 1998. Figlio d'un insegnante di lettere babbano e di una strega, aborre la sua condizione di mezzosangue sebbene, a differenza di altri suoi pari, sia affascinato dagli scritti dei babbani, a suo dire molto più accurati e profondi dei testi 'magici'.
Ha una vera e propria ossessione per Voldemort, in cui vede incarnati tutti quegli archetipi sopra riportati: l'essere un Dio decaduto costretto all'esilio, imparentato con le creature che abitano al centro della terra (Mito della terra cava, di questi alieni spesso descritti con forme serpentine o di rettile, abitanti della città nascosta di Shamballa) ed odia Piton, nonostante ne parli come fosse un'altra tremenda figura mitologica.
Cita Nietsche per sottolineare la sua incapacità d'aprire gli occhi ed elevarsi, di staccarsi dalla religione e dalla sua condizione di mero ascoltatore per seguire il 'saggio', la voce che lo spinge a migliorarsi (Lily Luna) e si sente come l'ombra del mito della Caverna di Platone, incapace di voltarsi e rompere le catene del fato.
-
Saggio realmente esistente sul sito www.academia.edu dal titolo “Medieval Necromancy and Medieval Beliefs regardings the dead”
-
Maschera Onnamen: Maschera tradizionale del teatro giapponese rappresentante un volto di donna.
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Il film in questione è Kill Bill vol.2 di Quentin Tarantino (2004)
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L'Averno a cui fa riferimento Leonte è quello del mito greco, che un po' si discosta dalla versione 'cristianizzata' proposta da Dante Alighieri nella sua 'Commedia'.
NDA:
Capitolo riscritto in data 25/08/2023 – la parte in cui Lily
Luna e
Piton incontrano i centauri è stata pesantemente modificata,
sia per
fornire alcune informazioni in più, sia perché,
rileggendola, non
mi piaceva.
Capitolo
molto lungo, molto trip allucinogeno e dove Lily Luna inizia ad
interagire dapprima con i suoi compagni di casa, poi con altre
creature che verranno legate al suo segreto.
La
parte con i centauri inizialmente era molto più lunga,
contenendo
numerose informazioni sulla loro tribù, sul
perché abbiano lasciato
la Grecia per trasferirsi nelle fredde ed oscure foreste della Scozia
e su altre loro peculiarità; Fiorenzo qui è
descritto come nel
libro, non tiene conto di com'è stato rappresentato nel
film,
esattamente come Cassandro e Conan.
Leonte
invece è un mio (OC) introdotto per rappresentare i due
aspetti di
queste creature: il lato più saggio e filosofico incarnato
dai tre
centauri della Rowling, in contrapposizione a quello più
selvaggio
riportato nei miti greci (Leonte).
Si
aggiungono altri indizi, Piton è sempre meno felice del
ruolo che
incarna e mancano pochi 'Bastoni' per completare la collezione Panini
(sempre se si faranno catturare civilmente come questi ultimi,
anziché opporre la stessa resistenza d'un pokémon
leggendario
contro l'ultraball).
Ringrazio
tutti coloro che sono giunti fin qui, che hanno aggiunto questa
storia alle preferite\seguite\ricordate e chi ha trovato un briciolo
di tempo per recensire e lasciarmi un parere.
Grazie
davvero!
Alla
prossima!