Anche
questo secondo capitolo partecipa alla challenge May
the inspiration be with you
indetta
da PinguinaMati sul forum Writing
Games! Ferisce più la penna.
Prompt:
first
crush (prima cotta: corrisposta, non corrisposta, scegliete voi).
Visto
che mi è stato chiesto, preciso che se il primo capitolo di questa
mini long è canon sia per quanto riguarda Battlefield
sia
per quanto riguarda Someone
you loved,
questo non lo è.
Oddio,
se proprio vogliamo, solo la prima parte potrebbe essere considerata
tale. Il resto è un what if, perchè non farò assolutamente
spoiler.
Quindi scusatemi se sono una brutta persona ;)
Hogwarts, Secondo Anno
«Lei non è in grado di amare».
Con
il suo vestito più carino addosso e i capelli ramati acconciati in
un semiraccolto, Dominique sorride divertita, le guance arrossate per
tutto quel momento e gli occhi scintillanti di gioia.
La
Sala Comune di Grifondoro è disseminata di palloncini colorati –
marchio Weasley – che se calpestati per sbaglio, rischiano di
investire il malcapitato di turno con un liquido non proprio
piacevole.
Dopo
aver passato quasi tutta la sera a ballare – sarebbe stato un
peccato non farlo dato che Sam, aspirante Caposcuola e fattone nel
tempo libero, ha dato fondo a tutte le sue conoscenze sulla
Trasfigurazione per rendere l’ambiente ancora più grande –,
stremata e con le gambe indolenzite, si dirige verso l’angolo dove
sono stati stipati i divani, poltrone e tavoli, così da poter
sfruttare ogni centimetro di spazio libero.
Crolla
seduta su Louis, circondandogli il collo con un braccio e
scoccandogli un bacio sulla guancia. Scoppiano a ridere entrambi,
ebbri di felicità e forse anche di un goccio di alcol.
«Sei
particolarmente carina questa sera» le dice adulatore,
sussurandoglielo quasi all’orecchio ed escludendo dalla loro
conversazione gli altri studenti seduti lì vicino, indicando poi con
un cenno del mento il suo outfit.
Dominique
corruga le sopracciglia, storcendo il viso in una smorfia bizzosa.
«Particolarmente
carina?» ripete, fingendosi offesa. «Credevo di esserlo sempre»
afferma vanitosa.
Lui
piega le labbra in un sorrisetto scaltro.
«Non
ci casco» l’avverte, consapevole del suo bluff, inchiodandola con
due occhi azzurri che non nascondono l’ironia. «Sai da sola di
essere bellissima».
Lei
si morde le labbra, lusingata, mentre si guarda intorno, prima di
individuare una chioma di un biondo che rasenta quasi il bianco nel
mezzo della folla.
«Vuoi
davvero farlo?» domanda Louis, di colpo, facendola trasalire e
ricalamitando l’attenzione.
«Perché
no?» replica stizzita, inarcando le sopracciglia con arroganza.
Lui
la fissa dritta in faccia senza alcuna incertezza.
«Cambierebbe
tutto» sostiene risoluto, provocandole un brivido di puro terrore
che le annoda lo stomaco. «Lo vuoi davvero?» indaga apprensivo.
Dominique
sbuffa, cercando di scrollarsi di dosso quella sensazione sgradevole.
«Quello
che voglio è smettere di vivere in una menzogna» afferma decisa,
giocherellando con una ciocca dei suoi capelli ramati.
«E
vuoi smettere proprio questa sera?» sottolinea suo fratello,
pratico, guardandola con una punta di giudizio che le fa venire
voglia di alzarsi e andarsene. «È il suo compleanno» le fa notare
ragionevole.
Lei
annuisce, non mutando nemmeno per un istante la sua espressione di
supponenza.
«Se
non lo faccio ora, poi non ne avrò più il coraggio» ammette a
fatica, sincera, abbassando la voce fino a renderla a malapena
udibile a causa della musica che proviene da un vecchio grammofono.
«Trovo difficile solo il pensiero di dirglielo» continua
imbronciata, infastidita dalla sua stessa pusillanimità.
Louis
prende un respiro profondo, inumidendosi le labbra.
«E
allora non farlo» suggerisce saggio. «Domi, se non ne sei sicur-»
«Sono
sicura» ribatte tenace. «Voglio solo che finisca. Sono stufa di
fingere che per me sia solo qualcuno a cui voglio bene, perché non è
così. Probabilmente non lo è mai stato» sussurra amareggiata, gli
occhi che tornano a fissare colui che rappresenta tutto,
speranza e sicurezza che quel futuro che tanto brama non si
concretizzerà mai.
«Va
tutto bene?» domanda Etienne, allugandole un bicchiere d’acqua.
Dominique
lo accetta di buon grado, lasciandosi sfuggire anche un sorriso grato
mentre se lo porta alle labbra per bere un piccolo sorso.
«Stai
facendo una tragedia per nulla» afferma simulando noncuranza,
schiarendosi la gola e sperando di aver il viso rilassato e non
incupito dal ribrezzo.
«Non
è nulla» ribatte lui, ferreo, seduto al suo fianco sul divano della
Sala Comune, che è immersa nel caos di quelle decorazioni che
rimangono dei festeggiamenti. «Non so come abbia fatto a
trattenermi» sbuffa snervato, appoggiando il capo contro lo
schienale e stringendo appena le palpebre.
Lo
hai fatto ora,
vorrebbe
rispondergli,
ma
dubito che Wilson la passerà liscia. Probabilmente stai solo
aspettando il momento giusto per fargliela pagare senza subire
nessuna conseguenza.
Deve
ammettere che le ha fatto piacere vederlo intervenire quando
quell’idiota le ha palpato il sedere, sperando di approfittare
della confusione degli studenti che stavano sciamando verso i
Dormitori, stanchi e alticci per la festa appena conclusa.
Etienne,
quando si è avvicinato, non ha detto nulla, si è limitato a
guardarlo. Ma se gli occhi potessero parlare, probabilmente i suoi
avrebbero lanciato una Cruciatus senza alcun rimorso.
Dominique
scrolla le spalle, prima di appoggiare il bicchiere ancora mezzo
pieno sul mobiletto accanto.
«Non
dirlo a nessuno» dice ed è la prima a stupirsi di quanto la sua
voce appaia debole e fioca.
«Perché
no?»
«Perché
è stupid-»
«Domi,
nulla di quello che ti fa star male è stupido» la blocca Etienne,
risoluto, inchiodandola con due iridi di un azzurro chiaro nelle
quali brilla un’inquietante scintilla di determinazione.
Sa
che non dovrebbe, eppure una parte di lei è animata da una gioia
selvaggia nel constatare che è rimasto al suo fianco, rinunciando
all’appagante riposo che rappresenta il letto al piano superiore,
per assicurarsi che non sia traumatizzata dal gesto di un coglione
incivile.
«Ti
prego, smettila di guardarmi così» sbotta ad un certo punto,
brusca, espellendo con la rabbia l’ossigeno dal naso. «Me lo rendi
solo più difficile» afferma bellicosa.
Lui
inarca un sopracciglio, il volto impassibile.
«Non
deve andare per forza così» le fa notare, lungimirante, e uno dei
motivi per cui lo ama tanto è perché l’altro riesce a
raccapezzarsi con una semplicità assurda in quel groviglio
contraddittorio che sono i suoi pensieri.
«No,
infatti» ribadisce Dominique, asciutta. «La scelta è solo tua»
sottolinea pungente.
Etienne
rimane immobile, senza smettere di fissarla. E forse proprio il fatto
che non ha il viso corrucciato in un’espressione ostile o
infastidita, che le dà la forza di fare quello che ha atteso
trepidante e pazientemente per tutto quel tempo.
Prende
un profondo respiro, tentennando solo per un istante prima di
spingere il capo nella direzione, chiudere gli occhi
e appoggiare le labbra su quelle del cugino.
Probabilmente
non è nemmeno un bacio – non è niente
–,
tanto è leggero e puro, ma è abbastanza da farle battere furioso il
cuore contro la gabbia toracica e provocarle un brivido sottopelle
che la fa sentire viva come non mai.
Quando
si separano, Dominique aspetta un momento prima di sollevare le
palpebre.
«Non
cambia nulla, vero?» deduce amareggiata, storcendo le labbra in un
smorfia che dovrebbe essere un sorriso.
Lui
fa lo stesso, anche se in questo caso il risultato sembra più vero.
«No»
risponde morbido, nonostante quel monosillabo sia così doloroso da
ascoltare per tutto quello che significa. La
fine di tutto.
«Puoi avere di meglio» conviene con una sicurezza che le suona così
falsa.
«Chi
ti dice che voglia?» replica lei, triste, percependo gli occhi
pungerle e iniziare a inumidirsi. «Godric, adesso non iniziare con
il discorso patetico di consolazione» esala con forza, alzandosi in
piedi di scatto e gettandogli un’occhiata di ammonimento.
«Che
cosa vuoi che ti dica?» chiede Etienne, delicato, e il fatto che non
tenti nemmeno di toccarla o fermarla, non sa se le faccia piacere o
meno.
«La
verità» scandisce Dominique, furiosa. E sul serio, la rabbia va
bene. È un appiglio a cui aggrapparsi per non lasciarsi affogare nel
dolore. «Dici che mi vedi come una sorella ma questo non ti ha
impedito di innamorarti di Vic» rinfaccia inviperita.
Lui
non muta espressione, il viso che non emana nemmeno fastidio per
quell’attacco che suona come una difesa disperata.
«È
diverso» dice solo, leggero.
«No,
è la stessa cosa» insiste lei, cocciuta. «Mi respingi anche se sai
benissimo che Vic non ti ricambierà mai» sostiene caustica, con il
chiaro intento di ferirlo.
«Lo
so» ammette Etienne, consapevole, abbassando solo per un istante le
iridi che diventano distanti e vacue. Davanti a quella visione,
rimane sbalordita, boccheggiando appena. «Per questo non voglio che
tu finisca nella mia stessa situazione. Non ha senso innamorarsi di
qualcuno che ha perso la testa per un'altra» afferma altruista.
Dominique
scuote il capo, testarda.
«Allora
è troppo tardi» decreta penosa.
«No»
la contraddice suo cugino, con due occhi che sembrano così certi da
emanare un bagliore di totale fiducia per quel futuro che lei non vede. E
perché dovrebbe? Era lui il suo futuro, Etienne è tutto
quello
che ha sempre voluto. «Tu non mi ami, lo credi solamente» aggiunge
riflessivo. «Meriti qualcuno che invece provi lo stesso per te»
afferma benevolo.
«Quel
qualcuno non esiste».
«Certo
che sì» mormora Etienne, piegando le labbra in un sorriso dolce.
«Solo non lo hai ancora incontrato».
Dovrebbe
essere un mostro per amarmi, pensa
lei, fissandolo con desolazione le fiamme che ardono nel camino.
Hogwarts, Quinto Anno
«Secondo
te sono orribile?»
Lance
si ferma dal frizionarsi i capelli umidi con un asciugamano,
fissandola con uno sguardo che da basito diventa di puro
compatimento.
«Sì»
risponde senza esitazione, di cuore, scrollando le spalle.
«Soprattutto quando piangi» aggiunge, ignorando con un coraggio
invidiabile il lampo di collera che le è apparso negli occhi. «Lì
diventi uno spettacolo atroce» termina brutale, spedendo con un
colpo di bacchetta l’asciugamano in bagno.
Dominique,
seduta a letto con la schiena appoggiata contro due cuscini e il
piumone tirato fino al grembo, digrigna i denti, la rabbia che
minaccia di uscirle in spirali gassose dalle orecchie.
«Sei
un bastardo» lo apostrofa velenosa, offesa a morte. Gli volta le
spalle, ignorando il fatto che l’altro sia in accappatoio e
togliendo un cuscino così da averne solo uno sotto il capo quando si
sdraia. Si raggomitola su un fianco, la collera che presto lascia
spazio a qualcosa di più bruciante che le provoca un groppo alla
gola. Solo quando vede le luci delle candele della sua camera
– la
Stanza delle Necessità è in grado di replicare fedelmente gli
ambienti di Rosier Castle e, per quanto ormai le sia familiare, quel
luogo le mette sempre un filo di soggezione – abbassarsi
fino a quasi spegnersi e sente la coperta sollevarsi, il cuore le
batte un pochino più veloce nel petto. Forse perché sa benissimo
che Lance si è tolto quel pezzo di stoffa verde prima di infilarsi
sotto. «Non funzionerà» lo avvisa aggressiva nel momento in cui lo
sente avvicinarsi. «Non ho nessuna intenzione di scopare» sentenzia
irremovibile.
Lui
ride, provocandole un brivido che le scivola dalla colonna vertebrale
quando le sfiora con le labbra il collo.
«Sei
spassosa» svela in un mormorio, baciandole piano la pelle e
facendole trattenere il respiro e tremare per quello
scintillio di pura smania che le scorre nelle vene. «In realtà mi
ecciti quando interpreti il dittatore della situazione» continua in
un sussurro basso. «Andiamo, Domi, non puoi essertela presa tanto:
ti ho detto cose peggiori» si lamenta esasperato quando, nonostante
continui a baciarla, la sente rigida come un pezzo di marmo che non
accenna minimamente a reagire.
«E
questo come migliora la tua posizione?» ribatte acida, tra i
denti, rimanendo immobile sul posto. «Perché, dal mio punto di
vista, ti rende solo più-»
«Perché
sei incazzata?» la blocca Lance, guardingo.
«Perché
ero seria e speravo di poter avere una conversazione civile» sbotta
lei, aggressiva, girandosi di colpo e ignorando il fatto che sia
nudo, lì, a un soffio di distanza. «È troppo difficile per te?»
sottolinea sferzante.
Lui
inarca le sopracciglia, gli occhi azzurri che baluginano pensierosi.
«Da
quello che ricordo» esordisce distaccato, spingendola
inaspettatamente di schiena contro il materasso. Dominique cerca di
reagire ma senza risultato: si ritrova sotto, con l’altro che la
sovrasta e la scruta con quell’espressione insopportabile di chi
costringe al muro l’avversario per ottenere la resa. «Non
facciamo altro che parlare. È tutta la sera che mi sommergi di
ciance su quello che vorresti fare finita Hogwarts. È troppo
difficile per te immaginare che abbia voglia di fare anche altro?»
ritorce derisorio, puntellandosi sui gomiti così da non pesarle
addosso.
«Peccato
che tu non abbia mai detto quello che pensi di me» accusa lei,
aspra, un piglio combattivo sul volto.
Lo
vede sollevare le iridi al cielo con quella che pare grande pazienza.
«Domi,
se stiamo insieme, non ti reputo tanto orribile, tu che dici?» le fa
notare esasperato, facendola arrossire per la naturalezza con cui
riesce a pronunciare una frase simile senza ombra di incertezza o
difficoltà. «Perché ricominci con queste paranoie?» indaga
riflessivo, sondandole il viso con concentrazione. «Fammi
indovinare: hai parlato con uno dei tuoi meravigliosi
parenti?»
deduce insofferente, lasciandosi sfuggire un verso per nulla
contento.
Dominique
cerca di ignorare l’imbarazzo e quella costante consapevolezza di
amarezza che prova quasi da sempre. È costretta a rivolgere altrove
le iridi, perché è a un passo dallo scoppiare in un pianto di
frustrazione.
«Non
c’è nulla di buono in me» afferma penosa, sentendo un bruciore al
petto e la gola chiudersi, rendendole la sua voce flebile e tremante.
«Nulla che valga la pena di amare» conviene tragica, sentendosi
sprofondare in un oceano di disperazione.
Lance
sbuffa, roteando gli occhi azzurri, palesemente scocciato.
«Finiscila
di far la melodrammatica, diventi ridicola» la fredda spietato,
senza un briciolo di delicatezza, facendole spalancare le palpebre
per la consapevolezza di aver di fronte qualcuno che è totalmente
incapace di mostrare dell’empatia. «Se fossi buona non saresti tu»
decreta spassionato, in un sussurro, rendendola ancora più
sbigottita. Dubita che esista qualcuno capace di confonderla come
lui. «E a me vai bene così» termina incurante.
Lei
sbatte le ciglia, pietrificata.
«Lo
dici solo per portarmi a letto» afferma secca, dopo un istante,
ancora stordita per quelle parole che le riecheggiano nelle orecchie
con la forza di dieci Bombarda.
«Sei
già nel mio letto» le fa notare lui, eloquente. E solo allora si
ricorda che è così, anche se si è sforzata di non pensarci perché
quella realtà è una distrazione
che
le inibisce la ragione, soprattutto nel momento in cui sente qualcosa
premere contro il suo basso ventre. Deve stringere il lenzuolo tra le
dita quando si rende conto che è tra le sue gambe, nudo, e che la
voglia di saltargli addosso e baciarlo è quasi incontrollabile. «E
non ho bisogno di utilizzare queste stronzate per ottenere ciò che
voglio» insinua arrogante.
Dominique
piega le labbra in un sorriso divertito, suo malgrado.
«Ho
un carattere orribile» continua, costringendosi a dire tutto quello
che pensa.
«Sì,
questo è vero» conferma Lance, brutale. «Beh, vuoi la verità,
no?» domanda quando la sua occhiata omicida lo fulmina in pieno.
«Consolati: il mio peggiore» sospira incurante.
«Allora
lo ammetti» commenta lei, impietosa, guardandolo con finta
superiorità.
«Mai
negato» precisa lui, per nulla turbato. «Sono fantastico anche per
questo» sostiene certo, abbassando la testa per tornare a baciarle
il collo.
Dominique
sbuffa, stringendo ancor di più il lenzuolo tra i pugni per evitare
di infilargli le dita tra i capelli.
«Come
no» risponde sarcastica. «Etienne è meglio» dichiara meschina.
«Guarda
che è inutile» ridacchia Lance, contro la sua pelle, prima di
allontanarsi quanto basta per guardarla in volto e scoccare
un’occhiata di pura compassione. «Non mi farai diventare geloso»
sostiene tranquillo.
Lei
inclina il viso, alzando le sopracciglia con sfida.
«Nemmeno
se ti dico che penso a lui mentre raggiungo l'orgasmo?» tenta
crudele.
«Peccato
che poi urli il mio nome» replica lui, trionfante, gongolando come
lo stronzo che è.
«Hai
mai voluto provare il threesome?» chiede Dominique, espellendo quel
dubbio, spostando appena il viso per evitare le labbra dell’altro e
ignorando quegli occhi pieni di fastidio quando il suo piano va a
segno. «Secondo me sarebbe divertent-»
«No».
«Perché?»
«Perché
vederti sotto un altro mi farebbe impazzire» confessa Lance,
asciutto, arricciando il naso con stizza.
«Disse
colui che scopava con mezzo Castello quando stava con la sua ex»
recrimina lei, tagliente, la voce e i ricordi intrisi di veleno e
gelosia.
«Si
chiama relazione
aperta»
precisa lui, sorridendo intrigato nello scorgere il suo malessere. «E
io non ero presente mentre Egle faceva lo stesso con altri»
puntualizza spiccio, affatto toccato. «Tu hai voluto l'esclusiva e
ora ti becchi pregi e difetti della tua scelta» afferma inesorabile,
alzandole la camicia da notte così da poterle sfilare via gli slip.
Dominique
si morde le labbra per trattenere quel sorriso birichino che minaccia
di sfuggirle, reprimendo a stento quel calore liquido che inizia a
incendiarle lo stomaco.
«Saresti
geloso?» domanda esultate, le iridi azzurre raggianti di gioia, dopo
aver sollevato il busto per togliersi anche l’ultimo indumento,
così da restare nuda tra le sue braccia.
«Sarei
incazzato»
precisa Lance, mordace, inchiodandola con uno sguardo gelido.
«E avrei voglia di sangue, il tuo compreso» l’avverte truculento,
facendole intuire che nemmeno quello che prova per lei la
proteggerebbe dalla furia degna dei suoi antenati Mangiamorte.
«Non
ti tradirei mai» sospira Dominique, sicura.
Lui
inarca le sopracciglia, per niente sorpreso.
«Perché
ti è rimasto ancora un minimo di cervello» sentenzia implacabile,
riabbassandosi per baciarle il collo e sorridendo quando la vede
reclinare la testa di lato così da permettergli di farlo senza
nessuna difficoltà.
«Perché
sono innamorata di te» biascica lei, provando appena un briciolo di
imbarazzo, chiudendo le palpebre per poter assaporare appieno quelle
emozioni.
«Come
di tuo cugino?» domanda l’altro, beffardo, delicato come una
coltellata.
«Tu
non mi fai sembrare migliore, mi accetti per quella che sono»
considera Dominique, stranamente mansueta, stringendolo all’altezza
dei fianchi con le cosce. «Forse è questa la differenza» ragiona
in un momento di lucidità, corrugando appena la fronte.
Lance
alza il capo, giusto per poterla guardare in viso con compatimento.
«No,
la differenza è quello che sentivi per lui non si è mai
concretizzato, è sempre rimasto nella tua testa» sottolinea
pratico. «Questo, invece, è la realtà» continua logico,
abbassando per un momento le ciglia.
«Questo
cosa?»
«Quello
che provi per me» sottolinea lui, sfacciato, con la magnanimità di
chi sta spiegando a qualcuno di estremamente ottuso qualcosa di
semplice. «Il problema è che tu non sai come amarti» aggiunge,
poi, serio.
«E
tu sì?»
«Sono
poche le cose che non so fare» le fa notare, sarcastico,
strappandole un sorriso che le scalda il cuore. «E comunque nemmeno
io sono buono. Non è nella mia natura esserlo» termina incurante,
per nulla pentito di essere uno dei peggiori stronzi che abbia mai
calcato il suolo di Hogwarts.
Eppure
Dominique le nota quelle ombre che gli oscurano il viso e che rendono
gli occhi ancora più gelidi. Non si deve sforzare un granché per
intuire i suoi pensieri, per collegare quel senso di frustrazione,
rabbia e senso di colpa che vede in quei lineamenti tesi e che
riconducono sempre al paragone con quell'unico nome.
Allunga
una mano così da sfiorargli la guancia in una carezza gentile,
distogliendolo da quelle fosche riflessioni e attirando di nuovo la
sua attenzione.
«A
me vai bene così» dichiara genuina, appena ironica, ripetendo
quello che lui ha detto prima, facendogli spuntare un sorriso, prima
di mettergli una mano dietro la nuca e attirarlo contro di sé.
Lo
bacia piano, prima di lasciare poco a poco spazio alla bramosia, le
dita che stringono i capelli scuri e il respiro che diventa
affannoso. Il sangue le scorre più veloce nelle vene mentre le mani
scivolano in basso, verso il collo, la spalla e, infine, gli
avambracci.
Puntella
appena le unghie nei muscoli dell’altro, sentendosi sempre più
smaniosa e affamata.
Lance
ridacchia quando si separano per riprendere aria, facendole
aggrottare le sopracciglia per la confusione.
«Mi
diverte che tu mi dia costantemente del maniaco fissato con il sesso»
illustra ironico. «Quando sei la prima che non si fa pregare per
scopare» conclude indelicato.
Suo
malgrado, anche Dominique si lascia sfuggire una risata.
«Sbaglio
o non fai altro che ripetermi quanto sia importante in una
relazione?» sottolinea leggera, sentendo la pelle bruciare per il
calore e il desiderio.
«Lo
è davvero» conferma lui, spassionato. «E chi mente… o è un
bugiardo o un idiota represso» stabilisce inflessibile.
Quando
tornano a baciarsi, lei sente il cuore più leggero. Non sa come
faccia a farla stare così, a cercare il giusto equilibrio tra follia
e serenità.
Forse è la foga e l’ebbrezza dell’innamoramento
– o forse è per il fatto che Lance, sotto un certo versante, è il
primo per cui abbia davvero perso la testa – ma sta davvero
bene, non ricorda di essersi sentita così felice come quando è con
lui.
Grazie
per quello che fai, vorrebbe
dirgli nell’istante in cui lo sente dentro di sé, un attimo prima
che inizi a spingere.
Per prenderti cura di me e amarmi. Non avrei mai voluto questo ma
ora… non so davvero come potrei farne a meno.
«Sembri
felice».
«Lo
sono davvero».
Dominique
lo guarda, un sorriso radioso che le spunta sulle labbra e il viso
illuminato dalla gioia.
«Avevi
ragione» continua allegra.
Etienne
inarca un sopracciglio, la testa appoggiata contro il finestrino del
treno che li sta riportando a Londra.
«Non
ce l’ho sempre?» ritorce ironico.
Lei
annuisce, scostandosi una ciocca dei capelli ramati dietro
l’orecchio. Poi prende un respiro profondo e, approfittando del
fatto che nel loro scompartimento siano rimasti momentaneamente soli,
appellandosi a tutto il suo coraggio per dirglielo.
«Volevo
ringraziarti» espelle, infine, brusca.
L’altro
sbatte le palpebre, perplesso.
«Per
cosa?» chiede disorientato.
«Per
avermi dato speranza» spiega Dominique, arrossendo appena sulle
guance per l’imbarazzo di dover affrontare quel discorso scomodo.
Vederlo piegare le labbra in quel suo sorriso gentile e affascinante,
le dà lo slancio per continuare. «Per aver detto a quella bambina
che credeva di essere follemente innamorata di te che poteva
sopravvivere al tuo rifiuto, che non sarebbe stata sola per sempre»
ammette impacciata, sentendosi più distante che mai da quella che è
stata un tempo.
Etienne
la guarda con due iridi azzurre baluginanti d’affetto ma non dice
nulla.
Forse
perché non ha il tempo di farlo visto che la porta dello
scompartimento si apre di colpo, prendendola alla sprovvista e
facendola sussultare.
Incrocia
un paio di iridi altrettanto azzurre ma gelide, lo stomaco che si
annoda di riflesso, prima che l’altro le punti verso suo cugino.
«Delacour».
«Bella,
Rosier».
Lance
arriccia il naso in una smorfia raccapricciata.
«Ti
piace proprio questa battuta» osserva quasi con pietà.
Etienne
scrolla le spalle noncurante.
«Più
la tua reazione» puntualizza sottile, inarcando per un istante le
sopracciglia con eloquenza. «Vedere il disgusto sul tuo viso non ha prezzo» ironizza spietato, gongolando di gusto.
L’altro
rotea le iridi con quella che pare esasperazione.
«Spero
che Molly ti uccida» gli augura di cuore, in un sussurro sentito,
prima di girare il capo nella sua direzione. «Vieni con me?»
domanda distaccato, le mani in tasca.
Lei
annuisce, alzandosi dal sedile per seguirlo nel corridoio del treno.
Prima
di lasciarsi lo scompartimento alle spalle, però, si ferma per
potersi voltare all’indietro. Guarda suo cugino, rimanendo un
istante ad assaporare quell’atmosfera di calore che è simile ma al
contempo diversa da quella che avvolge i ricordi della sua infanzia.
Infine
gli fa l’occhiolino e si allontana, chiudendosi la porta alle spalle.
“Tu e io siamo un disastro.
Siamo complicati ma… siamo reali.”
The Vampire Diaries
E
ADESSO COSA DICI, GABRY?
Scusate
questo esordio sentito e folle ma tra me e Gabry è in corso una
guerra che dura ormai da mesi!
Stavolta
credo di aver scritto qualcosa che mi attirerà le maledizioni di
entrambe le fazioni. C’è da chiedersi chi mi trasformerà prima in
un manicotto.
Però,
in tutto questo tempo, ho dimostrato che so
come
sopravvivere e Lance ormai è abituato a sentirsi dare del Pipacchione o dello squilibrato, a seconda dei casi.
Quindi niente panico: ce la caveremo, come sempre!
Il
bella,
Rosier
è
una citazione di Sev, che spero non mi odierà visto che ultimamente
la sto usando un po’ spesso. Ammettilo: ti sei pentita di averlo
scritto.
Mi diverto con poco, lo so.
Passiamo
ora alle cose serie altrimenti finisco per riempire queste note di
ciarle senza senso.
Dunque,
non so se sono riuscita o meno nel mio intento. Volevo contrapporre
Etienne a Lance, mostrando anche i sentimenti differenti che
suscitano in Dominique. Non è un caso che lei chieda a entrambi se
la considerino orribile.
Ovviamente
le risposte sono diverse perché mentre Etienne è gentile, dolce e
amorevole, Lance è… Lance.
(Vorrei
anche provare a difenderlo ma questo ragazzo ha un sacco di limiti
che mi rendono alquanto ardua l’impresa. Però sono questo insieme
di pecche che lo rendono estremamente intrigante ai miei occhi)
Se
Godric vuole – e vuole! – il terzo sarà l’ultimo capitolo,
anche se sarà estremamente lungo.
Ringrazio
veramente di cuore chi ha avuto il coraggio di leggere questo
vaneggiamento insensato.
Siete
i miei eroi!
Ci
vediamo prima dell’otto maggio,
Blue
Ps:
la frase in corsivo sotto Hogwarts,
Secondo anno,
è una delle voci che circolavano sul conto di Domi.