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Autore: Lady Warleggan    10/05/2022    2 recensioni
Trama:
(AU) Cornovaglia, giorni nostri.
Ross Poldark è un liceale che sta per cominciare il suo ultimo anno di liceo. Ma, dopo un’esperienza estiva in Italia, torna a casa in Cornovaglia e fa un’amara scoperta: suo cugino Francis, nonché il suo migliore amico, ha iniziato ad uscire assieme ad Elizabeth, la ragazza di cui è stato innamorato per tutto l’anno precedente.
Questa faccenda spezza un po’ gli equilibri del suo gruppo, composto da lui, Francis, e da George Warleggan e Dwight Enys, altri due compagni di scuola. Ma l’anno appena cominciato sembra riservare delle sorprese piuttosto piacevoli: la sua nuova e dolce compagna di banco Demelza Carne, la nuova cotta di George per una ragazza che fa parte come lui dell’orchestra scolastica, e l’incontro tra il tenero Dwight Enys e la sfavillante Caroline.
La storia vuole ripercorrere gli anni dell'adolescenza dei protagonisti di Poldark fino all’età adulta.
N.B.: Il titolo della storia prende il nome da un’omonima serie tv di successo, ma il mio intento non è quello di ripercorrere la storia di quella serie tv, bensì quello di collocare i protagonisti di Poldark in un contesto un po’ più contemporaneo.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell’autrice.
Ciao a tutti, e piacere di conoscervi!
Io sono Lady Warleggan! Forse qualcuno già mi conosce in questa sezione di EFP: sono l’autrice della ff L’istitutrice, che al momento è ancora in corso. Forse è un po’ folle cominciare un’altra ff parallelamente ad un’altra storia, ma sentivo proprio l’esigenza di buttare giù questa AU di Poldark e farvela leggere.
Il titolo della storia riprende il nome di una serie tv molto famosa, Skam, di cui io ho visto ed amato la versione italiana. Tuttavia, il mio intento non è quello di riprendere gli eventi di quella serie e trasportarli nel contesto di Poldark, ma dato che essa parlava di tematiche giovanili e di adolescenti, ho pensato potesse essere un buon titolo per la mia ff, dato che i personaggi iniziano la storia proprio da adolescenti!
Riprenderò alcune dinamiche della serie di Poldark e cercherò di inserirle all’interno della ff. George in questa storia sarà un po’ diverso: non sarà malvagio come nell’originale, ma di lui ho mantenuto il sarcasmo, la battuta affilata e il cinismo, oltre che la sua perenne espressione da musone (su cui verrà particolarmente in giro).
So che può risultare difficile immaginarvelo, ma lui e Ross in questa storia saranno amici: ho comunque voluto costruire un rapporto di cane-gatto fra loro, di due persone che non sanno come fanno a stare sempre assieme pur battibeccando di continuo, cercando così di tenere “fede”, anche se alla lontana, al rapporto nella serie di Poldark.
Isla Wood, che è un nuovo personaggio, è la protagonista della mia ff L’istitutrice e sono talmente tanto affezionata a lei che ho voluto inserirla anche in questa storia.
Un’ultima cosa prima di lasciarvi alla lettura: ci tengo a precisare che la ff L’istitutrice avrà la mia priorità rispetto a questa nuova storia, perciò non aggiornerò con tanta frequenza. Questa nuova ff diverrà una sorta di confort, proprio perché mi sono divertita un mondo a scrivere questo primo capitolo.
Bene, allora non vi scoccio più e vi lascio alla lettura. Se avete consigli e pareri, ne sarei molto felice e vi ascolterò volentieri.
Vi abbraccio forte,
Lady Warleggan.  

 
Capitolo 1
 
"Giuro che potrei spararmi."
Ross Poldark sbadigliò sonoramente. Aveva ancora la faccia smunta di sonno a causa della levataccia mattutina e suo padre era dovuto venire a tirarlo giù dal letto dato che la sveglia era suonata da un quarto d'ora buono e lui aveva invece continuato a ronfare beatamente.
Si passò una mano sul volto, provando a nascondere alla sua vista l'edificio scolastico, nella speranza di riaprire gli occhi e di rendersi conto che quello fosse in realtà il primo giorno d'estate, che poteva riavvolgere il nastro e tornare indietro nel tempo a godersi la bella stagione come qualsiasi altro adolescente della sua età, senza avere la malsana idea di partirsene per un lavoretto estivo in Italia e tornare una settimana prima dell'inizio del suo ultimo anno e scoprire che la ragazza di cui era stato innamorato per un anno, ora aveva iniziato ad uscire con Francis, suo cugino. Che per inciso, tanto per rincarare la dose, era pure il suo migliore amico ed era pienamente consapevole dei suoi sentimenti.
Il suo primo ultimo giorno di scuola faceva già tremendamente schifo. Già era stato terribile tornare dall’Italia e sapere cosa fosse capitato in sua assenza, ma ci si era messo pure suo padre Joshua che gli aveva ricordato che di certo la vita non sarebbe finita per quella so tutto io della figlia dei Chynoweth (a suo padre non andava molto a genio la sua famiglia, la trovava spocchiosa) e che lui doveva continuare ad andare a scuola e prendere il diploma. Che aveva fatto bene a fare quell'esperienza all'estero e che non doveva certamente pentirsene, che era stata una nuova opportunità per imparare una nuova lingua e una nuova cultura, e che sicuramente si sarebbe innamorato nuovamente.
E in effetti quel viaggio era stato meraviglioso.
Ma anche Elizabeth era speciale. Era vero, proveniva da una famiglia altolocata che all'apparenza sembrava davvero molto snob. Inoltre era probabilmente la ragazza più bella del suo anno o forse di tutta la scuola, con una lunga cascata di riccioli scuri che le adornavano il volto sottile e un paio di splendidi ed espressivi occhi dello stesso colore. Era magra, alta e slanciata e studiava danza classica nel tempo libero, e con lui era sempre stata gentile ed affabile; ed era certo che, anche lei, avesse provato qualcosa per lui durante l'anno precedente.
Ma non si era fatto avanti al momento giusto e non poteva avere pretese su di lei, nonostante fosse incavolato nero perché Francis conosceva i suoi sentimenti e ci aveva provato comunque! Quel codardo non aveva avuto nemmeno il coraggio di dirglielo direttamente e aveva rimandato tutto fino al momento in cui era tornato, costringendolo a dover affrontare ogni cosa di fronte all'evidenza di un social network: Instagram. Per Ross, una foto che li ritraeva assieme sul profilo di Elizabeth, in un abbraccio piuttosto intimo, valeva più di qualsiasi altra parola.
Il giorno in cui era stata pubblicata, Francis aveva provato a contattarlo in tutti i modi senza successo, ma quella foto non era stata comunque tolta dai social della ragazza e Ross si era fatto sempre più male andando a riguardarla ogni minuto, sperando ogni volta di essersela soltanto immaginata.
Chissà se suo cugino aveva almeno avuto la decenza di dirle di toglierla: forse lei doveva essersi opposta. In fondo non c'era niente di male. Era col suo fidanzato e voleva mostrare quella fotografia al resto del mondo e tra lei e Ross non c'era mai stato più di qualcosa che andasse oltre il flirt o qualche parola sottointesa.
"Che hai detto?" George si era appena tolto le cuffie e lo fissava come se non avesse capito.
"Ma mi stavi ascoltando?!" gli chiese Ross, sconvolto.
"Bla, bla, bla, Elizabeth. Sì sì" brontolò George, ficcando il cellulare in una delle tasche.
Ross lo guardò: ancora non capiva come lui e il giovane figlio dei Warleggan potessero essere ancora amici. La zona di Truro in cui abitava era abbastanza piccola e rurale e tutti frequentavano gli stessi posti, così Ross e George, sin da bambini, si erano ritrovati a frequentare assieme scuole elementari, medie e superiori.
Erano sempre stati agli antipodi: Ross era bruno e con gli occhi scuri; George aveva invece capelli biondi e occhi azzurri; il primo aveva un viso più rotondo e amichevole; il secondo ne aveva uno più rigido e spigoloso. Ross amava gli sport; George prediligeva la musica e si era unito all'orchestra scolastica come violoncellista; Ross era esuberante e ciarliero; George invece più pacato e schivo, anche se la timidezza era l'ultima delle caratteristiche che gli si sarebbe potuta attribuire: era un tipo che parlava poco, ma che quando lo faceva, beccava duro e senza avere paura di dire la propria.
Assieme a Francis e Dwight avevano formato un gruppetto piuttosto insolito di individui tanto differenti; ma per quanto diversi, George avrebbe faticato ad immaginare una cricca di cui Ross non facesse parte. Ora che però quel vigliacco di Francis aveva iniziato ad uscire con Elizabeth, non sapeva cosa ne sarebbe stato di quelli che poteva definire i suoi amici di sempre e doveva ammettere che la cosa lo preoccupava.
Per carità, anche lui per un periodo aveva subito il fascino di quella ragazza. Era oggettivamente bella e graziosa nell'aspetto e nei modi di porsi, l'anno precedente si era candidata a rappresentante di istituto e aveva fatto un ottimo lavoro. Ross era stato votato a sua volta e quella collaborazione li aveva avvicinati, tanto che lui stesso, ma un po' tutti, erano certi che prima o poi si sarebbero messi insieme.
Ross era il capitano della squadra di calcio e lei la più bella della scuola: sarebbe stato scontato che diventassero una coppia. Tuttavia, il suo amico non era stato abbastanza veloce a fare la propria mossa (il che per George era sorprendente, perché Ross era un tipo molto intraprendente) e tutto si era arenato durante l'estate: Francis aveva colto la palla al balzo e... ora era il nuovo ragazzo di Elizabeth.
"Ho detto" riprese Ross spazientito, alzando un tantino il tono di voce. George lo guardava annoiato. "Giuro che potrei spararmi."
L'amico alzò un sopracciglio. "A-ha. Ti prego di lasciare a me l'onore di farti fuori."
A Ross venne istintivamente da sorridere. Era la prima vera risata da giorni. Ed era stato George il musone a farlo ridere.
"Mi chiedo ancora come sia possibile che siamo amici."
George annuì fissando l'edificio scolastico davanti a sé. Anche lui sembrava provato dall'essersi svegliato troppo presto.
"È quello che mi chiedo spesso anche io."
Ross sospirò. Per quanto George potesse risultare antipatico o musone, era stato un amico più vero di quanto Francis lo fosse mai stato. Lo aveva chiamato non appena aveva visto quella fotografia su Instagram (anche se non era un tipo molto social) e lo aveva lasciato sfogarsi senza fiatare, ritrovandosi a parlare soltanto per dargli ragione ogni volta che gliene chiedeva conferma.
Ross infilò le mani nelle tasche dei jeans: affrontare lui ed Elizabeth, quel giorno, sarebbe stato un vero strazio.
Tra parentesi, nemmeno George e Dwight sapevano cosa stesse succedendo in assenza di Ross. Il primo era stato per tutta l'estate in Scozia in una vecchia casa di suo zio, ed era addirittura tornato soltanto un paio di giorni prima; Dwight invece era rimasto a Truro a studiare come un matto per le domande di ammissione all'università e aveva visto Francis soltanto un paio di volte per un caffè, e in quelle due uniche occasioni, il ragazzo non gli aveva mai fatto cenno alla sua relazione con Elizabeth.
Dwight arrivò proprio qualche minuto dopo. Ross non conosceva nessun altro dopo di lui che fosse così diligente. Lo aveva incontrato alle superiori, alle selezioni per la squadra di calcio e dopo una semplice chiacchierata negli spogliatoi erano diventati inseparabili. Quando Ross lo aveva presentato agli amici, era entrato automaticamente nella cricca.
Era di un anno più piccolo di lui, biondo e con occhi chiari come quelli di George, ma a differenza sua era timido e gentile e sempre con un sorriso radioso stampato in volto. Ross lo trovava un bravo calciatore, ma Dwight sperava soltanto che i risultati sui campi da gioco gli permettessero di ottenere una borsa di studio per università prestigiose in cui avere l'opportunità di studiare medicina.
"Ciao ragazzi!" esclamò, con uno dei suoi soliti sorrisi. Seppur stanco, sembrava stare meglio di lui e George messi insieme. "Come state?"
"Il ragazzo qui dice che vuole spararsi" fece George, indicando con un dito Ross al suo fianco.
"E lui vuole avere l'onore di premere il grilletto" ridacchiò invece il giovane Poldark dall'altra parte.
Dwight rise a sua volta, ma poi il suo sguardo si fece più serio e preoccupato. Gettò un'occhiata al cortile della scuola.
"Sono già arrivati?" domandò, alludendo evidentemente alla nuova coppietta.
"No" tagliò corto Ross.
"Sembri una spia di un pessimo film di spionaggio" commentò George, rivolgendosi a Dwight. "Comunque, parlando del diavolo..."
Ross non poté credere a quello che vide quella mattina fuori scuola. Non poté credere che Francis fosse così meschino da entrare dal cancello della scuola e camminare mano nella mano con Elizabeth davanti a lui, davanti a tutti! George e Dwight gli lanciavano occhiate nervose, come se temessero che reagisse impulsivamente, ma lui aveva ben altro a cui pensare per accorgersi di entrambi.
Francis non ebbe il coraggio di alzare gli occhi su di lui: erano parenti, ma non avevano niente in comune. I suoi capelli, di un biondo cenere tendente al castano chiaro, si intonavano alla perfezione con gli occhi chiari e bisognava ammettere però che, visivamente, sia lui che Elizabeth, formassero una coppia abbastanza ben assortita.
Elizabeth si trascinava in spalla lo zaino e con un cenno, aveva fatto segno a Francis del suo gruppetto di amici. Probabilmente anche lei era consapevole che lui fosse troppo codardo per parlare direttamente a Ross dei suoi sentimenti per lei.
Prima che quest'ultimo potesse rendersene conto, la coppia era già vicina. Elizabeth era ancora più bella di quanto ricordasse, avvolta in un abito estivo floreale che approfittava ancora delle belle giornate in Cornovaglia. Gli lanciò un'occhiata molto lunga ed incerta, abbassando poi gli occhi imbarazzata. Fu piuttosto strana e Ross non riuscì ad interpretarla.
"Ciao ragazzi" salutò Francis timidamente. "Vi ricordate di Elizabeth?"
Ross non poté credere a cosa le sue orecchie stessero sentendo. Non riuscì a fare altro che fosse più di un cenno del mento a mo' di saluto. Anche Dwight fece lo stesso. In un'altra occasione avrebbe urlato contro il cugino, ma non quella mattina, non in cortile e davanti a tutti.
Qualunque altra cosa volesse azzardarsi ad aggiungere Francis, la campanella che avvisava dell'inizio delle lezioni suonò in quel preciso momento e tutto il gruppo sembrò tirare un sospiro di sollievo per quella fortuita interruzione. C'era troppa tensione nell'aria quella mattina.
Il commento di George si sentì a malapena nel frastuono.
"Che pagliacciata."
* * *
Se la giornata si preannunciava tremenda, Ross fu lieto di sapere di avere ben altro a cui pensare. La prima lezione fu quella di matematica e Ross si voltò istintivamente verso George quando vide entrare la professoressa Tegue dalla porta dell'aula.
"Ora puoi spararmi" gli sussurrò mentre l'insegnante andava a sedersi dietro la scrivania e poggiava la sua solita tracolla nera. Quella borsa doveva aver visto la guerra di indipendenza americana, a giudicare da quanto fosse malridotta. La Tegue la portava con sé dal primo anno delle superiori, da che Ross ricordasse.
Era una donna alta e anche di bell'aspetto, se non fosse stato per il suo carattere acido e l'espressione arcigna che ne imbruttivano i begli occhi chiari e la forma morbida del viso. Non si accontentava mai e pretendeva la perfezione dai propri allievi. L'unico per cui avesse una discreta predilezione era George, che aveva una certa predisposizione alla sua materia, ma in generale non si esimeva mai dal fare commenti sgradevoli e cattivi quando se ne presentava l'occasione.
"Oh santo cielo Poldark, non sono neanche entrata e stai già parlando con tuo cugi..."
La professoressa Tegue si bloccò quando si rese conto che al fianco di Ross non c'era suo cugino come sempre: erano soliti non separarsi mai di banco, ma ora Francis, alla luce degli ultimi avvenimenti, sedeva in un'altra fila, di fianco a John Treneglos, un tipetto piuttosto arrogante e saccente, ma tutto sommato innocuo. Ross e Francis lo avevano sempre preso in giro, ma ora la situazione era diversa.
"Oh, non siete vicini tu e tuo cugino, stavolta..." disse, forse più a se stessa che a lui, come se stesse riflettendo a voce alta. Poi scosse vigorosamente la testa. "Ma comunque no. Assolutamente no, Poldark."
Ross sembrò non comprendere. Probabilmente il suo sguardo confuso incitò l'insegnante a proseguire.
"Non avrai una cattiva influenza sull'unico allievo promettente di questa classe!" brontolò come una vecchia pentola e parecchi volti della classe si guardarono indignati per capire se avesse davvero pronunciato quelle parole.
Fece segno all'intera classe di mettersi all'in piedi.
"Quest'anno sarò la vostra coordinatrice" spiegò risoluta. "Sceglierò i vostri posti con cura!"
"Seriamente?" commentò George sottovoce, che non credeva davvero di dover assistere a quella pantomima. "Neanche avessimo dodici anni..."
"Dì la verità..." Ross gli diede una gomitata in una costola per attirare la sua attenzione. "Non vedevi l'ora di passare tutto l'anno accanto a me."
George gli lanciò un'occhiataccia. "Per l'amor del cielo, non vedo l'ora che mi cambi di posto allora!"
La professoressa Tegue iniziò ad assegnare le file di banchi a una coppia per volta. Francis capitò di fianco a Monk Adderley, un tipo talmente pieno di sé con cui Ross aveva quasi sfiorato la rissa l'anno precedente; George era capitato invece di fianco a Keren Smith, e il solo pensiero gli fece immediatamente rimpiangere Ross che, da lontano, gli lanciò un bacetto ironico. Keren era una ragazzina minuta dai capelli scuri e ondulati, che aveva la fama di essere una piantagrane: il suo carattere petulante, con quello forte di George, non prometteva certo una "convivenza pacifica".
Ross invece era stato spostato al terzo banco sulla destra, accanto alla finestra. Accanto a lui, c'era una ragazza di cui scordava spesso la sua esistenza per quanto fosse invisibile.
Demelza Carne era arrivata da Londra l'anno precedente ed era sempre stata, da allora, una tipa molto taciturna e tranquilla, come se non volesse disturbare nessuno. I suoi capelli, di un rosso acceso, erano coordinati a un paio d'occhi verdi.
Ross aveva scambiato poche parole con lei da quando l'aveva conosciuta: era studiosa il giusto, ma non la conosceva abbastanza da capire come fosse per davvero e quali fossero i suoi interessi al di fuori della scuola. Tuttavia, gli era sempre parsa una brava ragazza.
Demelza non aveva tanta confidenza con i membri della classe, e anche Ross doveva ammettere che, a parte George e Francis, trovava gli altri compagni di classe piuttosto indifferenti. Di solito aveva beccato Demelza di sfuggita in mensa assieme ad un'altra ragazza, Isla Wood, che faceva parte dell'orchestra scolastica assieme a George ed era arrivata dalla Scozia anche lei l'anno precedente. In realtà non ci aveva badato poi più di tanto, ma non poteva fare a meno di rendersi conto di quanto lui e i suoi compagni fossero stati pessimi con lei in termini di accoglienza quando era arrivata l'anno precedente.
"Ciao Demelza" le disse sorridente.
Ross pensò che in effetti gli sarebbe potuta andare molto peggio. Avrebbe potuto capitargli Treneglos, o quel pallone gonfiato di Adderley, o persino Keren. A giudicare da come George fosse scocciato, anche lui avrebbe fatto volentieri a cambio con Demelza.
"Ehi Ross" sorrise lei di rimando.
"Sei felice del tuo nuovo compagno di banco o avresti preferito qualcun altro?" le domandò scherzoso, scivolando nel posto affianco al suo.
Demelza puntò gli occhi su di lui e Ross restò stupito da quanto fossero ancora più verdi da vicino.
"Direi che non posso lamentarmi" fece divertita. "Sarebbe potuta capitarmi una come Keren Smith o uno come Treneglos o Adderley e penso che non avrei retto un anno intero. Forse Jinny Martin non sarebbe stata male, ma direi che va bene così."
Ross ridacchiò a sua volta, sorpreso dalla parlantina piacevole di Demelza e gli venne spontaneo buttare un'occhiata a Jinny, un'altra sua compagna di classe.
Anche lei, come Demelza, era piuttosto taciturna e sulle sue. Fortunatamente la professoressa Tegue non l'aveva spostata dal suo solito posto, quello di fianco a Jim Carter, un tipo alto e smilzo come una pertica, che tutti sapevano essere il suo migliore amico. Probabilmente, essendo entrambi abbastanza tranquilli di natura, la professoressa non aveva fatto una piega a vederli vicini.
Ross sistemò meglio lo zaino vicino al banco e ne tirò fuori un quaderno e il cellulare. Fu in quel momento che gli arrivò un messaggio.
Era George.
 
- Vorrei riformulare la tua proposta. Possiamo spararci a vicenda? Te lo chiedo come favore personale.
 
Ross si voltò e gli gettò un'occhiata. George era l'immagine della pietà fatta persona: Keren lo stava già mettendo a dura prova con le sue cianfrusaglie sparse sul bordo del banco. Non riuscì a trattenere una risata silenziosa a vederlo così seccato.
Gli arrivò un altro messaggio. Il mittente era sempre George.
 
- Che diamine hai da ridere?!

 
Anche Demelza aveva involontariamente buttato un'occhiata al suo cellulare e sorrideva sotto i baffi. Ross la guardò.
"Scusami, non dovevo" disse umilmente. "Ma George mi fa troppo ridere."
Ross le fece cenno di non preoccuparsi. "Posso assicurarti che solitamente è un musone, ma oggi è davvero uno vero spasso."
In quel momento il telefono vibrò ancora una volta.
 
- Ross Poldark, giuro che interrompo la lezione e ti prendo a sberle davanti a tutta la classe se non la smetti di ridere assieme alla tua nuova amichetta!
- Se cercavi una ragione per cui non dovessimo essere più amici posso giurarti che l'hai trovata!

 
Ross continuò a sorridere assieme a Demelza. Quella giornata iniziava a fare già meno schifo del previsto.
* * *
"Dove stai andando George? La mensa è dall'altra parte."
"Devo fumare, Ross."
"Ma non avevi sme..."
"Lo so, lo so cosa ho detto, che avevo smesso quest'estate. Ma sono stato seduto quattro ore vicino a Keren Smith, direi che me la merito una sigaretta!" George inarcò un sopracciglio e guardò alle spalle dell'amico che, confuso a sua volta, si era voltato e si era ritrovato la diretta interessata dietro di lui.
Keren aveva uno sguardo talmente inorridito da rasentare il ridicolo.
"E tu non fingerti così sorpresa" sbottò George. "Lo sai che non ti sopporto."
Demelza, che aveva seguito Ross fuori dalla classe al suono della campanella, osservava poco distante da lui tutta quella scena con un sorriso mal trattenuto. Nel frattempo, anche Dwight era arrivato dalla propria classe, che era a pochi passi di distanza dalla loro.
"George Warleggan... tu sei... tu sei un cafone!" lo accusò Keren, stupita da quanto fosse stato diretto il suo compagno di banco.
George alzò un sopracciglio e incrociò le braccia. "Davvero? È tutto quello che hai da dire?"
Keren emise una sorte di lamento, non sapeva cos'altro replicare, così si voltò e marciò dall'altra parte, urtando Demelza con una spalla. Si girarono nuovamente tutti verso George che li fissava senza batter ciglio.
"Ma che succede?" domandò Dwight, confuso.
"Ci vediamo fra poco in mensa. Vado a fumare e poi vedo se riesco a buttarmi giù dalla scala di emergenza."
Dwight aprì bocca. "Ma non avevi detto che volevi smettere di..."
Ross lo interruppe, facendogli segno di non proseguire oltre. George dopotutto si stava già allontanando e non li sentiva più. Sembrava molto provato da quella mattinata e non osava immaginare cosa ne sarebbe stato di lui per tutto l'anno.
Aveva smesso di fumare quell'estate, a casa di suo zio in Scozia. Aveva iniziato all'età di quattordici anni, ma ora, compiuti i diciotto, aveva convenuto che sarebbe stato meglio sbarazzarsi il prima possibile di quel brutto vizio. Purtroppo era un tipo che per quanto schivo, si incavolava quasi subito e questo suo nervosismo lo incanalava nelle sigarette, talvolta fumandone decisamente troppe.
Per quella volta, Ross si era convinto che gliela si poteva pure far passare. Anche perché non ci sarebbe stato verso di fermare George Warleggan in ogni caso.
Così, dopo aver presentato Demelza a Dwight, gli aveva raccontato tutto quello che si era perso in quella mattinata. Dwight non aveva potuto fare a meno di sorridere. La sua era stata decisamente più monotona e tutt'altro che interessante.
"E Francis?" domandò cauto. "Ci hai parlato?"
Ross sembrò stranamente a disagio e Demelza non poté fare a meno di accorgersene. In effetti, ora che ci rifletteva, trovava strano che i due cugini Poldark non si fossero seduti l'uno di fianco all'altro, quel giorno: era vero, era arrivata in Cornovaglia soltanto un anno prima ma, aveva sicuramente intuito come funzionassero certe dinamiche all'interno della sua classe e fino a poco prima che l'anno scolastico precedente terminasse, Ross e Francis erano sempre stati inseparabili.
"No. Non so nemmeno dove sia finito" ammise con calma. "Iniziamo ad andare in mensa, e poi si vedrà."
Dwight annuì e Ross era certo che fosse lui quello ad esserci rimasto più male. George in fondo aveva la corazza dura, e lui pure, per il momento, poteva sopravvivere senza Francis, ma Dwight era quello più sensibile di tutti e risentiva molto del fatto che il suo gruppetto si stesse sfaldando.
"Tu ti fermi con noi al tavolo, vero?" chiese Ross a Demelza.  
La ragazza lo guardò con una certa sorpresa.
"Mh... a dire il vero, di solito pranzo con la mia migliore amica."
Ross sorrise. "Perfetto. Chiedile di sedersi con noi."
Demelza non poté fare a meno di annuire. L'intraprendenza di Ross non era una cosa nuova, ma lei non riuscì a fare a meno di acconsentire. Poi le faceva piacere sedersi accanto a lui in mensa: anche l'anno precedente, pur interagendo poco, Ross era sempre stato uno dei pochi membri della sua classe a trattarla con sincerità.
Era affascinata da lui.
Stava per scrivere un messaggio ad Isla ed avvisarla, ma la incontrò alle porte della mensa. La sua migliore amica era un vero e proprio raggio di sole, aveva sempre uno splendido sorriso ad adornale il volto rotondo.
Era una ragazza molto carina: aveva tagliato i capelli castani durante l'estate, accorciandoli fino alle spalle, e i suoi occhi azzurri erano risaltati da una sottile linea di eyeliner. Indossava una salopette di jeans molto particolare, con alcuni disegni di fiori cuciti qua e là, probabilmente da lei stessa. Demelza non conosceva nessun altro che potesse sfoggiare un look del genere con tanta sicurezza. E da che la conoscesse, non l'aveva mai vista muoversi per la scuola senza la custodia del suo violino in spalla.
Quel pomeriggio sarebbero sicuramente cominciate le prove dell'orchestra.
"Ehi, Dem!" la salutò allegramente, facendo "ciao ciao" con la mano.
Isla fu molto sorpresa che Demelza non fosse sola. Entrambe si erano trovate per puro caso quando i membri dell’orchestra e quelli del coro scolastico avevano collaborato per lo spettacolo di Natale. Erano arrivate tutte e due da poco in quella scuola, non conoscevano nessuno, e forse questo le aveva unite ulteriormente. Una mattina, veramente per una pura coincidenza, avevano iniziato a chiacchierare del più e del meno. Da allora, non si erano più separate, e l’una poteva considerarsi la migliore amica dell’altra.
“Isla” fece Demelza, indicandole i suoi nuovi amici. “Ti presento Ross e Dwight”.
“Piacere” sorrise Isla, stringendo con vigore la mano di entrambi.
“Vi sedete con noi, oggi?” domandò Ross, ma in realtà non si aspettava una vera e propria risposta. Sembrò voltarsi qua e di là per vedere se riusciva a trovare un tavolo libero, e lo indicò al suo gruppetto. Era uno dei tavoli all’angolo che non era stato ancora occupato: la mensa durante l’ora di pranzo era una vera e propria bolgia di studenti e spesso diventava alquanto improbabile accaparrarsi un posto a sedere.
“Se dovete prendere qualcosa da mangiare, vi conviene muovervi” disse Isla, indicando ai suoi due nuovi conoscenti la lunga fila che li aspettava per prendersi un boccone al banco della mensa. “Io e Demelza possiamo cominciare ad occupare i posti, non prendiamo mai niente da lì.”
Demelza mostrò a Ross la borsa che si era portata appresso: era praticamente il suo zaino, e lui non ci aveva neanche fatto caso. Di solito lui richiudeva tutto nel suo armadietto poco prima di andare in mensa e filava dritto a mangiare.
“Portiamo sempre il pranzo da casa” spiegò, con una certa soddisfazione.
Ross ridacchiò, sinceramente colpito. Non ebbe nient’altro da replicare e lui e Dwight si avviarono mogi verso l’enorme coda che avrebbero dovuto attendere per mettersi qualcosa sotto ai denti. Mentre si avviavano, Dwight si guardava attorno come se cercasse qualcuno. Ross non si sforzò nemmeno di capire chi fosse.
“Non lo vedo neanche io” commentò, incrociando le braccia. “Francamente, è meglio così. Credo che gli tirerei un pugno in faccia, ora come ora.”
Dwight sospirò, scuotendo il capo. “Ma prima o poi dovrete parlarne.”
“Già. Prima o poi” borbottò Ross. “Dwight, Francis ha avuto un sacco di tempo per parlarmi. Ero in Italia, non in Giappone. Sarebbe bastata una videochiamata. Certo, mi sarei incavolato comunque, ma lo avrei apprezzato di più. Ora, se permetti, sono io a non volergli parlare.”
Dwight fece un altro sospiro, l’ennesimo. Ma non gli diede contro: non dava mai contro a nessuno. Era la persona più dolce e più pacata che conoscesse.
“Hai perfettamente ragione. Ci sta.”
Mentre si accingeva a pronunciare qualcos’altro, come se volesse avvalorare l’ennesima tesi per cui nonostante tutto dovessero restare amici, Ross fu grato che stesse arrivando George. Teneva le mani nelle tasche dei jeans e sembrava ancora sfinito come quando lo aveva visto uscire dalla classe, con la sola differenza che, a mano a mano che si avvicinava, odorava sempre di più di tabacco. Conoscevano le abitudini da fumatore di George: doveva aver consumato due o tre sigarette molto velocemente, forse per il nervoso.
“Allora? Che c’è da mangiare oggi? Sbobba di bentornato?” domandò scocciato. “Vediamo quanto questa giornata può continuare a fare schifo.”
Ross non poté fare a meno di allungare le labbra in un sorriso. Lui e George avevano un rapporto di amore-odio, ma il sarcasmo del giovane Warleggan era imbattibile. “Sono sicuro che tu e Keren diventerete buoni amici. Magari devi solo imparare a conoscerla meglio.”
George osservò entrambi gli amici inarcando un sopracciglio.
“Sì, sì. E magari domani una telecamera viene a riprendermi e un giornalista viene a dirmi che ho vinto un milione di euro. Posso assicurarti che sarebbe decisamente più probabile” brontolò seccato. George cercò di allungarsi sulle punte per vedere cosa servissero in mensa, ma non riuscì a vedere altro che le spalle degli altri alunni della scuola. “A te invece è andata di lusso. Non ho quasi mai parlato con Demelza in classe, ma sono abbastanza sicuro che sarebbe stata comunque meglio di Keren Smith in ogni caso. Chiunque sarebbe stato meglio di lei, anche quell’idiota di Treneglos.”
Ross annuì. “E posso assicurarti che lo è.”
“Appunto.”
In effetti tra lui e Demelza c’era stata una simpatia istantanea, il che lo aveva portato a pensare a tutto il tempo sprecato l’anno precedente a non conoscerla.
“Sì, in effetti mi è andata bene. A proposito, oggi si siede al tavolo con noi assieme alla sua amica.”
“E di grazia” incalzò George, seccato. “Saresti così gentile da dire anche come si chiama?”
Ross ridacchiò.
“Isla Wood. Se non erro è nell’orchestra con te. Strano che tu non ti sia mai accorto che passano sempre il tempo assieme.”
L’espressione sul volto di George si fece decisamente strana. La sua faccia passò dal solito pallore ad un colorito rosso piuttosto acceso, come se oltre alla sorpresa di quella rivelazione, stesse andando in fiamme.
“Che ti prende?” gli chiese, confuso da quella reazione così inaspettata.
George scosse il capo e cercò di tagliare corto. “Niente.”
Nemmeno Dwight riuscì a starsene zitto, e di solito era uno che non si impicciava mai.
“Potrei dire che sembravi scioccato. Oh mio Dio.”
Il su sguardo incontrò immediatamente quello di Ross, come se si fossero improvvisamente letti nel pensiero.
“Hai una cotta per lei!” esclamò Ross, cingendogli le spalle in una morsa d’acciaio, che nelle sue intenzioni doveva essere affettuosa.
“Non dire stupidaggini!” replicò George, cercando di scrollarselo di dosso. In realtà sembrava che più tentasse di giustificarsi e più il suo corpo si fosse coalizzato contro di lui per contraddirlo.
“Oh sì, guardalo! Guardalo come arrossisce!” rincarò la dose Dwight, con un sorriso sornione. “Lei ti piace!”
“Da quant’è che va avanti questa storia?” domandò Ross, fingendosi offeso che non si fosse confidato con loro. “Oh mio Dio! George il musone si è finalmente innamorato! E di una che non sia quella super simpaticona di Ruth Tegue...”
George aveva poche volte raccontato le sue avventure amorose ai suoi compagni di sempre. Una delle poche ragazze a cui aveva fatto cenno era stata proprio Ruth: l’aveva conosciuta ad un club di lettura, due anni prima, e aveva commesso l’errore di non chiederle mai il suo cognome. Un paio di mesi dopo, mentre flirtavano alle riunioni del club del libro alla biblioteca di Truro, George aveva fatto un’amara scoperta: Ruth era la figlia della professoressa Tegue, la sua insegnante di matematica. Lui era il suo prediletto, ed era certo che se anche l’avesse scoperto, la docente sarebbe stata addirittura contenta che frequentasse la ragazza.
Ma lui non poteva reggere una cosa simile.
Si erano baciati soltanto una volta e da quel momento si portava quella faccenda sulle spalle come un vero e proprio fardello. E poi, dopo che l’aveva raccontato ai suoi amici, sembrava che quella storia fosse diventata motivo per prendersi ulteriormente gioco di lui: non tanto Dwight, ma Ross e Francis avevano saputo essere davvero terribili quando la cosa era più fresca.
Una volta che lui e Ruth avevano scoperto quel dettaglio, non ce l’avevano fatta ad andare avanti. Tuttavia, George era convinto che, seppure le cose fossero proseguite, non sarebbero comunque durati. Anche lui proveniva da una famiglia ricca, ma Ruth era una snob di prima categoria.
“Piantatela” sbottò.
Isla era diversa. Era diversa da Ruth Tegue sotto tanti aspetti: era timida, non aveva quella tipica riservatezza fasulla che Ruth metteva su per attirare la sua attenzione. Isla era così e basta: era goffa, solare, e aveva un talento naturale a suonare il violino che lui si sarebbe soltanto sognato. Era bravissima, e forse sprecata per un’orchestra scolastica.
Era talmente speciale che George non aveva mai parlato di lei a nessuno. Provava un sentimento che era ben lontano da quello che aveva sentito per Ruth Tegue. Si era accorto di essersi innamorato di lei poco a poco, ad ogni chiacchierata alle prove, ad ogni sorriso che gli aveva rivolto  con dolcezza, anche solo per salutarlo, oppure ogni volta che aveva suonato il violino di fianco al suo violoncello.
Perché era così. George si era innamorato.
Fortunatamente la fila aveva iniziato a muoversi e questo gli aveva permesso di cambiare argomento, ma anche di dare un’occhiata a quello che era rimasto in esposizione: qualche trancio di pizza, un pentolone di maccheroni e formaggio, fish and chips, e frittata di spinaci. A guardare quest’ultima, Ross dovette trattenere un conato di vomito perché aveva un aspetto tremendo.
George sembrò leggerlo nel pensiero.
“Sbobba di bentornato! Benvenuti al vostro ultimo anno, dannati.”
Ross e Dwight non poterono fare a meno di sorridere, mentre finalmente potevano servirsi il pranzo. Entrambi presero un trancio di pizza e George i maccheroni al formaggio.
“Tu guardi troppi anime, George” gli disse Ross, mentre si avviavano verso il loro tavolo all’angolo.
“Ti sbagli. Io guardo troppo Attack on titan”.
 
   
 
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