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Autore: AndreMCPro    15/05/2022    1 recensioni
E se gli anime, i manga, i libri e i videogiochi non fossero pura fantasia? E se i creatori di tutti questi fossero stati ispirati da qualcos'altro? Immaginate: se esistono infiniti universi, non potrebbero essercene alcuni in cui tutte queste cose, che secondo noi sono frutto della fantasia, esistono davvero? Ma questo vale anche per le fanfiction, milioni di mondi paralleli a quelli delle opere originali.
Tempo fa, io e mio fratello ci siamo trovati coinvolti nel compimento di una delle nostre stesse storie. Ma il nostro viaggio non è ancora finito, e così, dieci mesi dopo, qualcosa succede... e siamo richiamati in quel mondo per intervenire.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Herobrine, Notch, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alternative Dimensions'
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Alternative Dimensions
La Guerra del Cosmo

Cap.4 – Di nuovo a casa?
 
Dopo circa un giorno di cammino verso Enderia riesco finalmente a riprendere confidenza con i miei poteri, il ché ci permette finalmente di arrivare in città prima del tempo.
Ezio, sorpreso del mio teletrasporto speciale, resta stordito e ha bisogno di qualche minuto per riprendersi.
«Bene, adesso dobbiamo trovare il modo di entrare senza farci notare. Conosci qualcuno che può aiutarci?» chiedo a Ezio, che sembra finalmente riprendersi dal salto.
«Si, ecco… Un attimo, ma dove siamo?» Si volta e vede le mura di Enderia. «No, non è possibile… eravamo a più di cinque giorni di distanza!» e si volta  a guardarci, incredulo.
«Non siamo poi cosi inutili, mio caro Ezio…» gli risponde Massimo, per poi superarlo avviandosi verso la città «Bel salto, fratellino. Non pensavo riuscissi ad arrivare così lontano in colpo solo» e si volta compiaciuto sgranchendosi il collo.
«Beh, in realtà ne ho fatto qualcuno di più, ma sono stati salti rapidi e non ve ne siete accorti» poi torno a fissare Ezio «Allora, qualche idea di come entrare?» ma a rispondere è Massimo che torna indietro piazzandosi in mezzo a noi.
«Se mostriamo tesserini o altro sapranno che siamo tornati, e non vogliamo questo, quindi direi che tocca a me fare qualcosa»
Distende le braccia verso di noi, e sui palmi delle mani appaiono due cerchi magici con il simbolo dell’aspetto Pannus. Qualche istante dopo i nostri vestiti sono cambiati, e il nostro cappuccio scurisce il volto cambiandone l’aspetto. Poi fa’ lo stesso su di sé.
«Bene, cosi non ci noterà nessuno. Questi vestiti sono intrisi di distorsione, e faranno si che le persone non faranno caso a noi. Questo fino a quando non faremo niente di strano, ovviamente. Non una parola ne’ reazione, e se qualcuno ci tocca verremo scoperti, quindi state attenti»
Detto questo ci avviamo alle porte della città, intrufolandoci come semplici membri di una carovana in entrata.
Come detto da Ezio la città non è più la stessa, o per lo meno l’aria che si respira non è più la stessa che avevamo lasciato. Si percepisce infatti un’aria di tensione e paura; le persone evitano il contatto con gli altri, mentre anni indietro gli abitanti erano come una sola famiglia nei loro piccoli quartieri della città.
Ci inoltriamo nelle vie fino a raggiungere la piazza, dove ci aspettiamo di trovare una gran folla, ma del grande mercato mattutino di un tempo ne restano solo le briciole. Massimo ci blocca il passaggio stendendo le braccia, poi si volta e ci fa’ cenno di seguirlo con la testa. Raggiunta una via laterale ci appartiamo dietro a dei barili.
«Non credevo che fossimo arrivati a questo punto. Si vede lontano un miglio che la popolazione ha paura» inizia Massimo tenendo la strada sotto controllo.
«Te l’ho detto, qui i malviventi hanno calato questo velo di paura sulla citta e adesso la controllano» risponde Ezio.
«Non credo che sia questo gruppo di malviventi, o per lo meno non solo loro. Ho notato l’atteggiamento di alcuni soldati, che prendevano viveri dalle bancarelle laterali senza curarsi di nascondere la mano e lanciando occhiatacce ai proprietari. Questo non sarebbe mai successo con Stefano nei dintorni. Quello che mi chiedo è come faccia Spark a non accorgersene nei suoi giri mattutini» rispondo io innervosito.
«Forse perché è da quasi tre anni che non si fa vedere in città» replica Ezio «Non gli importa più di come sta il popolo, gli interessa solo il suo castello»
«Villa. Sarà grande, ma è una villa» ribatto nuovamente, ma Ezio mi risponde seccato.
«Non sapete niente, maledizione! Sta facendo costruire un castello, e ha già abbattuto alcuni edifici per prendersi i suoi spazi»
«Calmatevi, voi due, o ci scopriranno»
A quelle parole due soldati si fermano infondo alla strada e iniziano a guardare nella nostra direzione. Massimo ci ammutolisce del, tutto ma ormai ci hanno inquadrati e si iniziano ad avvicinare.
«Ecco fatto… Maledizione. Andrea, stendiamoli e leghiamoli da qualche parte, Poi ci dividiamo e raggiungiamo casa nostra in città»
«Un attimo, voi avete una casa qui?» chiede Ezio, sorpreso.
«Il centro dei corpi speciali è stabilito al piano terra di casa nostra, qui a Enderia» rispondo io, come se fosse ovvio.
«Mi spiace per voi ma quel corpo è stato dimesso tre anni fa, quando i componenti sono partiti per il fronte. Volevano abbatterlo, ma per qualche motivo…»
Il discorso viene interrotto dai due soldati che nel frattempo ci hanno raggiunto.
«Voi chi siete? Mostrate i permessi per girare in questa zona, è un ordine»
«Siete voi che dovreste obbedire a noi, ragazzi» e gli mostro il nostro distintivo datoci dal Re più di dieci anni prima.
«Ma quelli sono i distintivi del Re! A chi li avete rubati? Consegnateceli subito, prima che…» ma non fanno in tempo a concludere la frase, perché Massimo li colpisce all’addome facendoli piegare dal dolore e poi conclude con un colpo alla nuca.
«Bene, nemmeno i distintivi, l’unica cosa che quel pazzo ci ha lasciato, servono a niente. Anzi ci danno dei ladri… nascondiamo i corpi e andiamo alla centrale. Hai detto che non l’hanno abbattuta, giusto? Quindi potremo nasconderci lì» riprende mio fratello con sguardo serio.
Raggiunta la casa ci infiliamo da una finestra seminando alcune guardie che ci avevano avvistati.
Ma anche lì una voce dall’ombra ci prende alle spalle, e dal rumore che percepiamo, non è sola.
«Voi tre chi siete? Fatevi riconoscere!»
«Cerchiamo solo un posto dove passare la notte, non cerchiamo guai» rispondo prontamente.
«Spiegatemi perché le due guardie lì fuori vi cercano così intensamente, allora»
Il nostro interlocutore si fa’ vedere alla luce di una torcia, anche se il suo vestito nero non permette di riconoscerne i lineamenti.
Ezio fa’ per reagire, ma Massimo gli blocca la mano prima che faccia una sciocchezza.
«Sentite, avevamo fame e non abbiamo trovato nessuno che ci aiutasse»
«Non è una novità. Di questi tempi la gente non si fida di nessuno, soprattutto degli stranieri»
Tira giù il cappuccio e ci tira un sacco. «Prendete queste provviste. Mangiate, dormite, e poi domani mattina proseguirete per la vostra strada» conclude quello che sembra essere un ragazzo di circa vent’anni.
«Andrea, guarda quel simbolo» e Massimo mi indica un piccolo drago sulla spalla del nostro gentile padrone di casa… che è anche armato, a proposito. «Fammi provare una cosa…»
Alza la mano e fa’ suo solito fa il saluto alla vulcaniana. Il ragazzo sorride per un istante e ricambia, poi pero mio fratello fa’ toccare pollice e indice mischiando il simbolo dell’ok con il precedente, e il giovane resta turbato.
«Voi chi siete? Come fate a conoscere questo saluto?» chiede nuovamente, tra il perplesso e l’allarmato.
«Siete voi i malfattori della città?» chiede Massimo, incalzandolo.
«Menzogne distribuite a titolo gratuito da alcuni ufficiali dell’esercito perché beccati nei loro sporchi affari con gli approvigionamenti del popolo. Noi siamo i custodi di questa città. Ci chiamano in molti modi, ma a noi piace farci chiamare “l Guardiani”. La popolazione, o per lo meno la maggior parte ci appoggia… Ma non avete risposto alla domanda»
«Noi siamo due vecchi amici, e se quel saluto di prima significa quello che penso allora sarà meglio che io parli con un tuo superiore, ragazzo. Noi aspetteremo qui, ovviamente» conclude Massimo, sedendosi a terra. Il ragazzo, al contrario, si allontana lentamente, lascia delle indicazioni ai suoi sottoposti e dopo una ulteriore occhiata verso di noi si allontana, per poi ripresentarsi un quarto d’ora dopo parlando con un'altra persona nascosta dietro la porta, di cui si sente solo la voce.
«Voi lì dietro, come fate a conoscere quel saluto? solo gli anziani del gruppo lo conoscono»
A quelle parole mio fratello sorride.
«Forse oggi è così, ma ci sono stati giorni in cui quei dieci anziani erano solo ragazzi… e in cui il gruppo era composto di undici elementi» replica Massimo, senza nemmeno voltarsi.
«Certo, era il nostro capo» risponde la voce.
«Non mi è mai piaciuto essere chiamato in quel modo. Preferivo Duca» risponde Massimo, sorridendo e, finalmente, girandosi verso il suo interlocutore.
«Che succede, Max?» gli chiedo perplesso.
«Niente di strano, solo una vecchia conoscenza…» poi si rivolge alla voce «Allora, con chi dei dieci sto parlando? Sei tu, Marco?» chiede allungando la testa, e finalmente la voce anonima acquista un aspetto fisico uscendo da dietro il suo nascondiglio.
«Dieci anni… che fine avevi fatto? Ti abbiamo cercato in lungo e in largo, almeno finche Edoardo non ci ha detto di lasciar perdere. Ha detto che eri tornato a casa, ma non ne abbiamo mai capito il senso. Casa tua è questa dove sei ora»
Poi avvicinandosi riconosce anche me e a quanto pare anche Ezio.
«Ciao Andrea! Allora siete tornati entrambi, e sempre in coppia come una volta… e non siete cambiati di una virgola!»
«Mentre tu sei invecchiato… o meglio, cresciuto» rispondo con un sorriso.
«Già ma vedo che vi portate come al solito i guai dietro. Questo ragazzo ci ha creato non pochi problemi in passato, ma non abbiamo mai voluto rifarci su di lui. Non sa cosa c’è in gioco, e non me la sono sentita di fargli affrontare le conseguenze della sua avventatezza. Ma a quanto pare adesso fa parte dell’esercito, quindi non posso più chiudere un occhio davanti a un nemico»
«Mi dispiace, Marco, ma dovrai chiuderli entrambi se non vuoi che io prenda le sue difese. È grazie a lui che siamo tornati e, fidati di me, le sue idee non sono così lontane dalle vostre. Devi solo dargli il tempo di vedere le cose come sono realmente. questo sempre se agite nel modo giusto» replica mio fratello mettendosi fra i due.
«Dubiti del nostro operato? » chiede Marco, improvvisamente serio.
«Voglio solo capire che cosa succede. Siamo tornati da poco e dobbiamo ancora farci un’idea della situazione. Tutto quello che vogliamo è mettere fine a questa guerra e riportare a casa i nostri»
«Seguitemi, allora. Vi porto in un posto sicuro dove vi esporrò la situazione, ma dovrò bendarvi per la sicurezza di tutti»
Dopo circa dieci minuti ci ritroviamo in una grande stanza scavata nella roccia, e dopo aver salutato gli altri due capi del gruppo Massimo non può far altro che chiedere dei restanti sette.
«Due di noi sono al fronte come spie per avere informazioni sull’andamento dei confini per il nostro capo»
«Capo?» chiedo perplesso «Avete un capo?»
«Ci arriveremo, tranquilli. I restanti cinque sono divenuti degli apprendisti maghi, poi maghi veri e propri e in fine Primari delle Cinque Scuole di Magia più importanti del continente»
«Questa poi, Scuole di Magia e Primari!»
«Si, ma solo uno di loro è ancora in attività. Gli altri si sono ritirati, la distorsione li ha fatti indebolire e il nostro caro Edoardo gli ha consigliato di ritirarsi e cedere le bacchette ai loro successori»
«Edoardo, già. Quel ragazzino è diventato Primario, sapevo che avrebbe fatto strada»
«Considera questo: è stato lui a raggiungere un accordo con il Re Spark, facendo sì che le scuole non siano soggette alle leggi del regno. Così facendo le scuole sono libere di autogestirsi, a patto che non influenzino gli eventi del regno ospitante. Simili accordi furono presi anche con gli altri regni, così che alla fine i maghi siano diventati buoni vicini e validi aiutanti nelle faccende quotidiane: commercio, soccorsi, medicina, riparazione e purificazione. Lo scoppio della guerra ha incrinato i rapporti, e alcuni maghi si sono messi al servizio dell’esercito e incantando nuove armi e causando l’ira di Edoardo, che li ha banditi dalle scuole rendendoli dei senza patria»
«Molto severo ma ne capisco il motivo» rispondo io. «Ma adesso perché non ci parli del vostro gruppo?»
«Noi proteggiamo i cittadini da fuorilegge, ladri e anche dagli stessi soldati che dovrebbero proteggerli, ma che sono diventati quasi tutti corrotti. Quelli che non lo sono purtroppo durano poco. Molto poco»
«Certo, adesso vorresti dire che è l’esercito che ruba e che maltratta i cittadini!» lo richiama Ezio.
«Ragazzino, tu fai parte della Gilda di Vulcan City. Non sai come sono le cose qui, e le tue continue interferenze con il nostro operato hanno fatto imprigionare molti dei nostri uomini. Perché sei qui? Cosa vuoi questa volta?»
«Fermi un attimo, cos’è questa storia delle Gilde?» chiedo incuriosito.
«Il Re per qualche strano motivo ha diviso il regno in Gilde, e ognuna di loro controlla una regione. Le più forti sono quelle di Minas Tirith, Atlantis, Vulcan City e ovviamente Enderia, ma da qualche tempo le altre Gilde tentano di prendere il controllo della città. La cosa non è ancora riuscita grazie alla protezione di Atlantis e Vulcan City, ma ogni giorno che passa l’equilibrio è sempre più precario, e solo Vulcan City riesce a tenere tutti buoni grazie alle continue novità nel suo esercito di prima linea»
«E il motivo della guerra?» chiede Massimo.
«Non lo sappiamo per certo. il Reggente della città dice di avere le prove di alcuni attacchi ai confini, razzie e via discorrendo, ma quando i tre generali fecero domande in merito furono allontanati dalla città. Ettore tornò dopo due giorni, di nascosto. Lo sappiamo perché alcune sentinelle lo videro entrare in città, ma da allora non ne abbiamo più notizie. Solo uno di loro lo venne a cercare»
«Chi?» domanda subito Ezio, e da una galleria ecco spuntare il gran capo in persona… nient’altro che il generale Angelo.
  
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