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Autore: Ari Youngstairs    19/05/2022    1 recensioni
Malec | Divergent!AU
“Eppure, io ero convinto di non avere nulla di speciale.
Schietto, timido, voglio bene ai miei fratelli e ho poca voglia di stare in mezzo alla gente: un normalissimo Candido. Beh, forse non proprio normale, dato che ho fin troppi scheletri nel mio armadio.
La città in cui vivo è divisa in cinque Fazioni, ma non le amo particolarmente: ci limitano, e nel mio caso sono la cosa più scomoda che possa capitarti.
Però se tengo la bocca chiusa non potrà accadermi nulla di male. Giusto?”

Alexander Gideon Lightwood si sbaglia: la sua semplice vita viene completamente stravolta dopo il Test Attitudinale, rendendola quasi come un vero e proprio thriller.
Aggiungete dell'azione, intrighi, cospirazioni e qualche battito cardiaco di troppo.
Che ne verrebbe fuori?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Note: Ciao a tutti voi!
Che dire, eccoci qui con un altro capitolo.
Ho notato che la scorsa settimana c'è stato un calo nelle recensioni, spero non sia perché il capitolo avesse qualcosa che non andava...T.T
Se è così, sappiate che anche le critiche sono ben accette e di certo sarò felice di migliorarmi.
Detto questo, non mi resta che ringraziare tutti coloro che hanno recensito e inserito questa storia nelle preferite/ricordate/seguite come al solito, e di ringraziare con anticipo chi vorrà spendere 10 minuti del proprio tempo per farmi sapere cosa ne pensa.
Se quello della scorsa settimana era indubbiamente un capitolo importante, questo probabilmente lo sarà ancora di più. Buona lettura <3
P.S. Sono in piena sessione estiva e quindi non so se riuscirò ad aggiornare puntualmente la prossima settimana, probabilmente potrei slittare direttamente a inizio Giugno. Ma non preoccupatevi, perché anche se a ritmi un po' più lenti non ho alcuna intenzione di smettere di scrivere! Per chi recensirà, vi avviserò non appena aggiornerò. <3
Ari Youngstairs



• Capitolo Ventiquattro •


Ciò che è accaduto quest’oggi alla mensa ha fatto discutere molto tutta la fazione, ma nessuno è riuscito davvero a opporsi. Ognuno ha ricevuto la propria dose di siero, me compreso.
Finito il banchetto sono tornato da Magnus per sapere cosa pensasse di tutta la faccenda. Il suo sguardo tradiva una preoccupazione molto seria che probabilmente non voleva dare a vedere, forse per non farmi agitare più di quanto già non stessi facendo.
«Nemmeno a me convince questa storia.» Mi ha detto, con la voce tesa. «Ma magari non è davvero nulla di cui preoccuparsi. Domani ti accompagnerò a cercare una mansione, andrà tutto per il meglio.»
Ora si è fatta notte fonda e cerco inutilmente di prendere sonno, rigirandomi tra le coperte. Questo in teoria sarà uno degli ultimi giorni che passerò qui, perché già da domani ognuno di noi comincerà a cercarsi un lavoro e un posto dove andare a vivere. Mi chiedo cosa ci attenda, là fuori.
Il filo dei miei pensieri si spezza perché sento un cigolio di reti e uno strascicare di piedi. È troppo buio per capire che cosa succede, ma quando i miei occhi cominciano ad abituarsi, vedo che Isabelle si sta allacciando le scarpe. Faccio per chiederle che cosa sta facendo, ma poi noto che, di fronte a me, Jace si sta infilando la maglietta. Sono tutti svegli, ma nessuno parla. 
«Izzy» sussurro, ma lei non si volta; allora la afferro per la spalla e la scuoto. «Izzy! Ma che fai?» 
La guardo in faccia e mi si contorce lo stomaco: ha gli occhi aperti ma vacui, i muscoli del viso rilassati. Si muove senza guardare quello che fa, la bocca semiaperta; sembra sveglia, ma non lo è.
«Jace?» chiamo, attraversando la stanza. Lui si allaccia le scarpe e non mi risponde, a nulla serve scuoterlo e urlargli nelle orecchie: anche lui è immerso in uno strano stato di trance. 
Sapevo che non ci saremmo dovuti fidare del nuovo siero degli Eruditi.
Entrambi escono dalla stanza lasciando la porta aperta, e sussulto nel vedere che fuori tutti gli altri ospiti del dormitorio si stanno avviando in fila verso il Pozzo, sincronizzati in ogni movimento.
Non posso rimanere fermo qui.
Mi allaccio le scarpe in tutta fretta, mi infilo il giubbino e corro fuori dalla camerata, inserendomi velocemente nella colonna e conformando il mio passo al loro. 
Marciamo verso il Pozzo, ma appena prima di entrarvi il capofila svolta a sinistra. Nel corridoio c’è Jonathan che ci osserva con attenzione coi suoi occhi neri, imbracciando un fucile dal grosso calibro. 
Lui sapeva tutto? Cosa ci fa lì? Perché neanche lui è sotto l’effetto del siero?
Il cuore mi martella nel petto: tengo gli occhi puntati di fronte a me, cercando di imitare il loro sguardo assente, concentrandomi sul ritmo dei piedi. La tensione è insopportabile mentre gli sfilo davanti, ma lui per fortuna sembra non accorgersi di nulla.
Saliamo una rampa di scale e proseguiamo allo stesso ritmo per quattro corridoi, ed io cerco di mantenere questo ritmo di marcia costante fino a che qualcosa -anzi, qualcuno- viene a sbattermi contro la schiena: è Clary, con i capelli rossi raccolti in una crocchia sopra la testa e lo sguardo spaventato.
Nemmeno lei è sotto l’effetto del siero, lo vedo dal modo in cui i suoi occhi verdi guizzano da una parte all’altra del corridoio in cerca di aiuto. 
Io solo per un secondo le prendo il polso e l’aiuto a rimettersi in riga, sperando che nessuno ci abbia notati. Lei capisce che anch’io sono ancora cosciente e si riposiziona dietro di me, sussurrandomi un “grazie” che a malapena riesco ad udire.
 L’ultimo corridoio immette in un’enorme caverna dove si è già raccolta una moltitudine di Intrepidi.
Su alcuni tavoli allineati ci sono degli oggetti scuri radunati mucchi di fucili e pistole di ogni calibro. Woolsey ieri ha ordinato a tutti gli Intrepidi di sottoporsi all’iniezione, per cui ora l’intera fazione è in stato di morte cerebrale, ubbidiente e addestrata per uccidere come dei soldati perfetti. 
Rabbrividisco. 
Prendo una pistola, una fondina e una cintura, imitando Jace che è proprio davanti a me. Cerco di copiare i suoi movimenti, ma non riesco a prevedere che cosa farà, così finisco per brancolare più di quanto vorrei. Accidenti. Posso solo sperare che nessuno mi stia tenendo d’occhio. 
Una volta armati, rimaniamo fermi nella grotta disposti in file perfette. Sento il respiro corto di Clary dietro di me; vorrei davvero poter fare qualcosa per aiutarla, per aiutarci, ma non posso. 
Woolsey intanto cammina disinvolto tra di noi, lo sguardo soddisfatto e un ghigno dipinto sul volto. Sembra un artista che ammira la sua più grande opera.
Jonathan ci raggiunge nella grotta, ma stavolta non è solo: con lui c’è un gruppetto di ragazzi che hanno svolto con noi l’Iniziazione, e lui li esorta a camminare puntandogli il fucile contro: nei loro volti leggo solo paura e terrore, le loro braccia tenute alzate sopra la testa tremano; anche loro sono ancora coscienti.
«Oh, vedo che ci sono diversi Divergenti tra noi.» Constata Woolsey. «È un vero peccato che non possiate assistere al grande progetto che gli Eruditi hanno in serbo per questa città: la pulizia totale da quelli come voi e una nuova razza umana, più potente, che sarà finalmente capace di vivere fuori da queste mura.»
Per la prima volta riconosco Woolsey per quello che è: un Erudito travestito da Intrepido, un genio oltre che un sadico, un cacciatore di Divergenti.
Voglio scappare.
«Che ci faccio con loro Woolsey?» Chiede Jonathan.
«Credo che Camille ne abbia già parecchi nei suoi laboratori, e loro sanno troppe cose. Falli fuori.»
L’esplosione degli spari rimbomba all’interno della grotta, ed io faccio appello ad ogni fibra del mio essere per non sobbalzare o trasalire. I corpi dei Divergenti cadono a terra con dei tonfi macabri, sul pavimento di pietra comincia a scorrere lento il loro sangue scuro.
Ricaccio indietro le lacrime. 
Quindi solo i Divergenti sono immuni al siero degli Eruditi. Ciò significa che anche Clary allora…
Con la coda nell’occhio vedo Woolsey e Jonathan avvicinarsi ad una persona poco distante da me: è un ragazzo alto, capelli neri, pelle ambrata…è Magnus. Anche lui si è armato fino ai denti e se ne sta in piedi, immobile. I suoi occhi sono vitrei e spenti. 
«Davvero non ci vedono? E non ci sentono?» chiede Jonathan.
«Oh, vedono e sentono tutto. Solo che non elaborano quello che succede» gli spiega Woolsey. «Ricevono i comandi dai nostri computer attraverso i trasmettitori che gli abbiamo iniettato e li eseguono, ininterrottamente.» Mentre lo dice gli preme un dito sul collo, per mostrare a Jonathan il punto dell’iniezione. 
Ogni cellula del mio corpo vorrebbe saltargli addosso, urlargli contro di lasciarlo stare e di non toccarlo, ma un solo passo falso mi porterebbe a morte certa.
Woolsey poi prende il mento di Magnus tra due dita e gli osserva il volto, studiandolo.
«Sai quello che ha fatto tuo padre è strabiliante, Jonathan. Essere riuscito a combinare un umano con il DNA animale…straordinario.» 
Mi piange il cuore nell’udire queste parole: stanno parlando di Magnus come se non fosse altro che un esperimento da laboratorio. Clary dietro di me trasale, sentendo nominare suo padre.
«E presto con i Divergenti le sue ricerche finalmente potrebbero portare ai risultati sperati.» Continua Jonathan. «Era da anni che dalla prigione mio padre aspettava questo momento. Finalmente lui uscirà e il Circolo verrà rifondato.»
Sento un brivido corrermi giù per la schiena: vogliono prendere il potere sulla città e continuare il loro folle progetto. 
«Ora non ci resta che distruggere il Parlamento degli Abneganti. Fatto quello, tutto il potere ricadrà sugli Eruditi e le altre fazioni, senza armi e senza esercito, non potranno fare nulla.»
Entrambi si avviano fuori dalla grotta e il gruppo li segue meccanicamente. 
Io e Clary, ormai fuori dal campo visivo di Woolsey e Jonathan, ci guardiamo sconvolti.
«Mio padre…» sussurra lei, con le lacrime agli occhi. «Non riesco a credere che dopo tutti questi anni voglia ritentare quella strada…né che mio fratello lo stia aiutando.»
«Ed io non riesco a credere che la fazione degli Intrepidi sia stata corrotta e soggiogata in questo modo.» Rispondo. «Ora però sbrighiamoci, se qualcuno si accorge che siamo rimasti indietro…»
Non faccio in tempo a finire la frase che vedo una figura femminile uscire dalla penombra del corridoio: è Tessa, con i lunghi capelli castani raccolti in una treccia dietro la schiena e gli occhi color metallo che sembrano ardere di rabbia ed energia. Tiene una pistola nella cintura e un’altra tra le mani, pronta ad essere utilizzata.
«Speravo che qualche altro Divergente fosse stato abbastanza furbo da non farsi scoprire.» Ci dice, e sposta lo sguardo sul gruppo di cadaveri a terra. «Se vogliamo tentare di sopravvivere e fermare questa follia, ho bisogno che veniate con me.»



§



Tessa ci guida in alcuni cunicoli sotterranei in cui non ero mai stato prima d’ora. Sono così stretti e angusti che siamo costretti a camminare in fila uno dietro l’altro.
«Non sapevo che anche tu fossi una Divergente.» Le dico, stando attento a non sbattere la testa sul soffitto. 
«Beh, allora sono stata brava a non farmi scoprire in questi anni…» ride, ma senza alcuna allegria. «Ma vedi, la mia divergenza è molto debole, a malapena percepita dai Test Attitudinali. È comunque sufficiente però affinché il siero degli Eruditi non abbia effetto su di me.» 
«Ma che cosa vogliono da noi? Perché ci ritengono così pericolosi?» Chiede allora Clary. 
«Ogni fazione condiziona i suoi membri a pensare e agire in un certo modo. La maggior parte delle persone si adegua e per chi detiene il potere questo è un grande vantaggio. Ma le nostre menti si muovono in dieci direzioni diverse. Noi non possiamo essere confinati in un solo modo di pensare, e questo terrorizza chi è comando. Significa che non possiamo essere controllati. Significa che qualunque cosa facciano, noi creeremo sempre problemi.» 
«E questa storia degli esperimenti? Della nuova razza umana e del vivere fuori dalle mura?» Domando.
Tessa esita qualche secondo prima di rispondermi, mordendosi le labbra. 
«Su questo non sono sicura, ma girano voci tra i capi-fazione, voci sul perché esistano le mura a proteggerci: secondo alcuni, là fuori la guerra è finita da un pezzo. E l’unico motivo per cui siamo qui è perché là fuori non saremmo in grado di sopravvivere per ciò che rimane di quel conflitto, e quindi dovremmo evolverci per farlo…o qualcosa di simile.»
Storia delle fazioni è una di quelle materie che a scuola tutti abbiamo studiato a perfezione: secoli fa un terribile conflitto avrebbe sconvolto il pianeta, ed i nostri antenati si sarebbero chiusi in questa città e divisi in fazioni per sopravvivere e mantenere la pace tra la gente. A scuola ci dicevano anche che fuori dalle mura il conflitto continua, ed è per questo che è molto più sicuro rimanere al loro interno. 
«Quelli del Circolo-» continua lei «-credevano fermamente a queste storie. Dicevano che se loro avessero guidato la città, sarebbero riusciti a farci evolvere per tornare a vivere fuori. Ciò che però non dicevano, erano i terribili esperimenti che eseguivano su adulti e bambini, di cui la maggior parte erano letali.»
Io e Clary ci lanciamo uno sguardo sconvolto e colpevole: i nostri genitori hanno fatto parte di una terribile organizzazione di scienziati criminali e senza scrupoli, e forse nemmeno quando lo siamo venuti a scoprire per la prima volta ci rendevamo davvero conto di quanto gravi fossero le loro colpe.
«Un giorno, da quel che so, una spia degli Abneganti rivelò loro che qualcuno della sua fazione nascondeva un manufatto molto importante, che provava un legame tra i Divergenti e la vita fuori dalle mura: loro non arrivarono mai a quel manufatto, ma se prima i Divergenti erano solo soggetti pericolosi da eliminare per mantenere l’ordine, ora sono diventati anche un interessante oggetto di studio per le loro teorie evoluzionistiche. Il vecchio Circolo venne sciolto perché molti dei loro membri si pentirono e voltarono le spalle al loro fondatore, ma a quanto pare Valentine Morgenstern ha trovato dei nuovi adepti per continuare i suoi folli piani, tra cui Camille e suo figlio Jonathan.»
Vedo Clary asciugarsi velocemente una lacrima con il polsino della giacca, mentre io mi appello a tutte le mie forze per non cedere ai conati di vomito che mi stanno scuotendo lo stomaco.
Mi chiedo se Tessa sappia che noi siamo i figli di quelle persone così folli e crudeli da macchiarsi di simili orrori.
«E noi ora cosa possiamo fare? Magnus, Jace e Isabelle sono controllati…non possiamo abbandonarli.»
«Non li abbandoneremo.» La voce di Tessa è sicura, i suoi occhi non tradiscono il minimo tentennamento. «Ho origliato i loro piani mentre ero nascosta: Jonathan e gran parte degli Intrepidi andranno dagli Abneganti, per rovesciare il Parlamento ed entrare in possesso del misterioso manufatto tanto desiderato dal Circolo. Woolsey e alcuni altri invece andranno alla Centro di Controllo degli Eruditi, per proteggere Camille e aiutarla nel caso dovesse servire. Se riusciamo ad intrufolarci, potremmo disattivare i computer che controllano gli Intrepidi e salvare la Fazione degli Abneganti da un bagno di sangue.»
«Quel posto sarà una fortezza.» Constato. «Come faremo ad entrare e ad arrivare a Camille?»
Lei si volta e mi sorride, un sorriso dall’aria malevola e dispettosa.
«Non preoccuparti di questo…ho i miei assi nella manica.» 



§



Ora che ci penso, l’ultima volta che io e Clary abbiamo camminato armati fianco a fianco è stato alla gara a squadre dell’Iniziazione: quella volta però le pistole erano finte, e c’era un che di divertente e adrenalinico nel prendere parte ad una simile caccia al tesoro; questo però non è un gioco, ed in ballo c’è molto di più che una manciata di punti: ci sono le nostre vite e quelle di tutti gli altri che abitano questa città. 
Camminiamo fra questi cunicoli bui per quelle che sembrano ore, senza mai fermarci.
A parte qualche grosso topo che si diverte a scorrazzarci tra i piedi, noi siamo probabilmente i primi a passare di qui dopo molto tempo.
«Siamo arrivati.» Tessa blocca la sua camminata fermandosi sotto una grata di ferro, dalla quale proviene una fredda luce al neon.
Lei mi fa cenno di aiutarla e insieme spingiamo con le mani le sbarre, fino a che queste non si staccano dal soffitto con un clangore metallico.
«Questa botola porta agli archivi sotterranei del loro Centro di Controllo. Tenetevi bene strette le pistole e siate pronti a usarle.»
Deglutisco, l’immagine di me che sparo a Jonathan mi ritorna in mente e mi colpisce come un pugno: non voglio uccidere, non voglio versare sangue. Ma oggi potrei non avere scelta. 
Allungando le braccia riesco a sollevarmi sin fuori dalla botola, per poi aiutare Clary e Tessa a salire a loro volta. 
Gli archivi degli Eruditi sono di dimensioni immense, ci sono scaffali stracolmi di grossi volumi che arrivano sin sopra al soffitto, simili a delle torri. 
Dal silenzio tombale sembra non esserci nessuno, così Tessa dopo essersi guardata attentamente intorno ci fa segno di accelerare il passo, e noi la seguiamo nel dedalo di scaffali. 
Un rumore di passi improvviso blocca la nostra corsa.
Tessa si acquatta dietro un muro di libri, la pistola stretta tra le mani. Per quanto un po’ riluttanti, io e Clary la imitiamo e ci mettiamo in posizione di attacco.
Quando la figura di un ragazzo ci appare davanti, non passa più di un istante prima che Tessa riesca a buttarlo a terra bloccandolo con uno stivale sulla gola, la pistola carica puntata contro di lui.
«Ti prego non uccidermi-» Implora lui con la voce strozzata. La caduta gli ha fatto scivolare via gli occhiali dal viso, mostrando due grandi occhi castani ora pieni di panico. «-non ho fatto niente, lo giuro...»
«Tessa aspetta!» Grida Clary, facendole togliere il piede dalla sua gola. Lui tossisce, senza fiato. «Simon…»
«Clary?» Lui la guarda incredulo, riinforcandosi gli occhiali sul naso. Quindi è questo il famoso Simon di cui lei mi ha tanto parlato? «Clary, cosa ci fai qui? Per Dio, ti uccideranno!»
«Sono qui per liberare il mio ragazzo e i miei amici.» Risponde lei, lo sguardo pieno di rabbia e rancore. «E per impedire un massacro che VOI avete organizzato!»
«Clary ti prego, posso spiegarti.» Lui le posa le mani sulle spalle, ma lei si ritrae bruscamente a quel contatto. «Quel giorno che sei venuta a trovarmi, sapevo che stavano organizzando qualcosa di brutto…ma mai avrei immaginato una cosa simile. Se ti ho mandata via è stato solo per proteggerti, se qualcuno mi avesse sentito anche solo accennarti qualcosa, ci avrebbero fatto fuori entrambi. Ti prego, devi credermi. Appena ho saputo di ciò che sta accadendo, sono venuto quaggiù da solo perché non riesco a sopportare tutto questo.»
Dal suo sguardo sembra sincero; inoltre, il suo viso ha dei lineamenti così puliti e da bravo ragazzo che si direbbe difficile che lui possa contribuire all’organizzazione di un simile orrore.
Anche Clary sembra credergli, e rilassa un po’ la postura.
«Simon, tu conosci bene questo posto. Come possiamo arrivare a Camille?»
Simon sembra titubante, ma poi china la testa in segno di assenso. I capelli castani gli ricadono sulla fronte nel movimento, coprendogli in parte gli occhi.
«Beh…un modo ci sarebbe. Posso guidarvi io fino ai piani alti, ma arrivati davanti alle schiere di Intrepidi temo che dovrete cavarvela da soli.»



§



Il piano di Simon, per quanto bizzarro, è indubbiamente brillante.
Lui cammina spedito davanti a noi, mentre io, Clary e Tessa lo seguiamo a distanza di sicurezza, fingendoci tre soldati sotto l’effetto della simulazione.. 
Simon, essendo un Erudito, sa perfettamente quali scale e quali corridoi farci percorrere per incontrare meno gente possibile. Anche se, considerato il caos di gente vestita di blu che si sposta a ondate fra le varie stanze, nessun angolo di questo posto può dirsi tranquillo. 
Ci sono anche alcuni Intrepidi che vagano imbracciando le armi, pronti ad eseguire qualsiasi ordine gli venga trasmesso: gli sfiliamo davanti con gli sguardi vuoti, senza che loro si accorgano di nulla.
Di tanto in tanto ci sono dei televisori alle pareti di vetro, che stanno trasmettendo ciò che accade nella fazione degli Abneganti: gli Intrepidi marciano sulle loro case e sparano a chiunque mostri un minimo di resistenza, l’edificio del Parlamento che costituisce il cuore della fazione è in fiamme. Per le strade ci sono già diversi cadaveri di persone vestite in semplici abiti grigi, che sembrano quasi confondersi con l’asfalto.
Alcuni Eruditi si radunano davanti ai televisori perplessi, altri spaventati, altri ancora esaltati, e commentano le scene ad alta voce.
A quanto pare non tutti sono a conoscenza dei folli piani di Camille e del nuovo Circolo.
Seguiamo Simon fino ad un grande ascensore di vetro, le sue porte si chiudono all’istante davanti a noi e comincia la salita verso i piani più alti con un rumore meccanico.
«Non so cosa potreste trovare lassù.» Ci dice Simon, con un sospiro. «Ma mi auguro davvero che ce la facciate…non so usare le armi, perciò se volete vi aspetterò fuori e vi aiuterò a fuggire se servisse.»
Clary lo guarda e gli accenna un sorriso.
«Grazie, Simon.»
Dopo alcuni minuti le porte dell’ ascensore si aprono con uno scatto, mostrandoci un lungo corridoio di piastrelle bianche. Non ci sono finestre, quadri, o qualsiasi oggetto che possa far sembrare questo luogo meno asettico. Sul soffitto si intervallano una dopo l’altra delle fredde luci al neon che hanno un che di spettrale.
Appena accanto all’ascensore, una porta a pressione mostra un cartello rosso con scritto “uscita di emergenza”: Simon la spinge e si piazza al suo esterno, dove una lunga serie di scale metalliche si srotola giù dalla torre fino al pian terreno. 
«Vi aspetto qui.» Ci dice, tenendo aperta la porta. «Buona fortuna.»
Io Tessa e Clary ci incamminiamo lungo il corridoio, silenzioso in modo quasi surreale. I nostri respiri pesanti e gli stivali che battono sul pavimento sono gli unici suoni percepibili.
Proseguiamo dritti senza svoltare nemmeno una volta, fino a ritrovarci davanti ad un grande portone bianco. Due Intrepidi lo sorvegliano, entrambi armati di coltelli nelle cinture e fucili tra le braccia.
«Chi va là? Chi siete?» Ci intima uno di loro, un uomo robusto dalla pelle scura: non sono sotto effetto della Simulazione, devono essere di quella parte di Intrepidi che si è lasciata corrompere.
Noi non gli lasciamo tempo di capire cosa sta succedendo ed estraiamo le armi, cogliendoli di sorpresa: non si aspettavano certo che tre Divergenti armati riuscissero ad arrivare sin quassù con l’aiuto di un Erudito.
Tremo mentre premo il dito sul grilletto, il cuore mi batte così forte che sento il sangue rimbombarmi nelle orecchie.
Il portone alle loro spalle si tinge di rosso e i loro corpi si accasciano sulle piastrelle del pavimento. Prima di morire, uno dei due riesce a far partire un colpo.
Vedo Clary chinarsi a terra con un verso di dolore: il proiettile l’ha presa di striscio sulla gamba destra, una macchia di sangue comincia ad allargarsi sulla stoffa dei suoi pantaloni scuri.
«Clary, stai bene?» Le chiedo, guardandole la ferita. Non sembra grave, ma lo sparo le ha portato via una parte considerevole di pelle sopra al ginocchio.
«Sto bene.» Mi risponde, tentando di rimettersi in piedi e fare un passo in avanti. Il dolore la fa gemere e contorcere il viso in una smorfia.
«Dovresti tornare da Simon.» Le consiglia Tessa. «Se dovessimo combattere saresti troppo vulnerabile così.»
«Ma io…» prova a protestare, ma anche lei è consapevole che in questo stato rischia solo di mettersi più in pericolo. Scuote la testa. «D’accordo. State attenti, vi prego.»
Con un po’ di fatica la vediamo tornare indietro, zoppicante. Non ho dubbi che se fosse rimasta con noi avrebbe combattuto con tutte le sue forze, ma con quella gamba si sarebbe soltanto esposta troppo al pericolo.
Io e Tessa ci voltiamo verso il portone bianco, bloccato da quella che sembra essere una serratura ad impronta. E adesso?
Quasi come a rispondere alla mia domanda, le ante dell’ingresso si aprono, rivelando un uomo dei capelli color sabbia e gli occhi verde petrolio. È Woolsey.
 «Bene bene» ci dice, mentre il portone si richiude subito alle sue spalle. «Ho sentito degli spari, a quanto pare non ci avete messo molto a fare fuori questi buoni a nulla di Intrepidi.»
Io e Tessa teniamo le pistole alte davanti a noi, pronti a qualsiasi cosa.
«Woolsey, ferma questa follia.» Gli dice Tessa. «Come hai potuto tradire la tua fazione? Tradire noi?»
Lui la guarda criptico, preparando a sua volta la pistola.
«A volte sono necessari dei sacrifici. Il sacrificio di pochi per il bene di molti.» Risponde, con la voce piatta. Nel suo sguardo calmo c’è qualcosa di folle, di disumano. «E se questo significa uccidere i miei cosiddetti amici…beh, l’ho già fatto e lo rifarò ancora.»
Qualcosa di gelido cala nell’aria. Gli occhi di Tessa si sbarrano, la vedo boccheggiare.
«Cosa significa che l’hai già fatto?»
Lui ride, una risata che mi mette i brividi. 
«Will era una grande palla al piede. Se non l’avessi fermato, lui sarebbe diventato capo-fazione e il piano del Circolo sarebbe andato in fumo.» La sua bocca si distorce in un ghigno. «Devo ringraziarti: se non ci fossi stata tu con quel trucchetto del computer, non avremmo avuto la scusa perfetta per farlo fuori.»
Tessa lancia un grido e si scaglia su di lui con tutte le sue forze, buttandolo a terra prima che lui possa capacitarsene. Io provo a prendere la mira, ma nella loro colluttazione rischio di colpire anche lei. I loro corpi si aggrovigliano sul sangue già versato delle due guardie.
«Tu!» La sento gridare, un grido che sa di disperazione e rabbia cieca. La pistola le è scivolata via e con le mani stringe il collo di Woolsey fino a strangolarlo, il viso rigato dalle lacrime. «Tu mi hai portato via tutto…»
Un attimo. Solo un attimo in cui Woolsey riesce ad estrarre un coltello dalla cintura, conficcandolo nel fianco di Tessa. Lei sbarra gli occhi, un urlo muto le esce dalla bocca.
La vedo cadere su un fianco, il sangue che le esce copioso dalla ferita.
Ora che sono distanti, posso colpire Woolsey: con un solo colpo di pistola gli trapasso la testa da parte a parte, il suo corpo sobbalza, per poi rimanere immobile sul pavimento. Reprimo l’istinto di vomitare, nel vedere il suo volto completamente deturpato dal proiettile.
Mi affretto a soccorrere Tessa, le tolgo il coltello dal fianco e inorridisco: la ferita è profonda, sta perdendo troppo sangue. 
«Alec, vai avanti.» Mi dice, con un filo di voce. «Non c’è più nulla da fare per me…»
Sento le lacrime scorrermi sul volto senza controllo, la gola mi brucia.
«Tessa, non posso lasciarti qui…»
«Non devi preoccuparti…» mi rivolge un sorriso triste, i suoi occhi si stanno spegnendo. «Ora che Will ha avuto vendetta…posso raggiungerlo, e riposeremo in pace. Salva anche gli altri…liberaci. Sii coraggioso.»
Queste sono le sue ultime parole. Cerco di controllare i singhiozzi, senza riuscirci. Con delicatezza, le chiudo gli occhi e le metto le mani sul ventre. 
Cerco di riprendere il controllo sul mio corpo, non posso rimanere qui: ho ancora una missione da compiere, ed il sacrificio di Tessa non può rimanere vano.
Il portone, ormai ricoperto di sangue, è ancora sigillato. Sulla parete a fianco un display luminoso raffigura la sagoma di una mano.
Con un nodo allo stomaco prendo il braccio di Woolsey, rimasto piegato in una maniera innaturale, e lo sollevo facendogli premere la mano ormai gelida sullo schermo.
Con un suono elettronico il portone si apre ed io lascio immediatamente il suo cadavere, con ribrezzo.
Quando entro tengo la pistola salda davanti a me: nella sala, un’intera parete è tappezzata da schermi e televisori: mostrano gli Intrepidi che puntano le armi contro gli Abneganti, chinati in ginocchio con le mani alzate. In un frame di pochi secondi intravedo Jace e Isabelle, entrambi con le armi pronte a sparare.
Al centro della stanza, una donna bionda avvolta in un tubino blu è intenta ad armeggiare con una tastiera: le sue unghie lunghe e smaltate fanno rumore ogni volta che preme un tasto.
«Woolsey, cos’era quel baccano?» Chiede, voltandosi verso di me. È Camille, con il consueto rossetto color sangue e gli occhi verdi malefici. «E tu cosa ci fai qui?»
«Blocca la simulazione. Ferma questa follia.» Le intimo, puntandole contro la pistola. 
Lei sbuffa, indispettita.
«Sapevo che gli Intrepidi non sarebbero stati all’altezza di liberarmi da certe scocciature.» Constata, poi arriccia le labbra in un sorriso malevolo. «Fortunatamente, mi sono scelta una buona guardia del corpo.»
Prima che riesca a capire a cosa si riferisca, qualcuno compare alle sue spalle, da dietro l’angolo della parete: vestiti da Intrepido, orecchie costellate da piercing, occhi da gatto.
È Magnus.



§



«Non ho tempo da perdere con te.» Mi dice Camille, rivolgendomi poi un sorriso sadico. «Ma sarà divertente vedere il tuo fidanzatino ucciderti…quando l’avrà fatto lo libererò dalla simulazione, per fargli vedere la sua opera: sarà una punizione più che sufficiente per essersi messo contro di me.»
Lei poi gli fa un cenno e mi indica, tornando ad occuparsi dei suoi computer.
«Getta la pistola» mi ordina Magnus, puntando la sua arma contro di me. La sua voce è completamente atona, i suoi occhi spenti e senza la loro consueta luce ad illuminarli.
«Getta la pistola» ripete «o sparo.»
Poso la pistola a terra, ai miei piedi.
Una vocina nella mia testa mi ripete che non può sentirmi, non può vedermi, non mi riconosce. Le lacrime premono dietro i miei occhi. Non posso rimanere qui e lasciare che mi spari. 
Corro verso di lui e gli afferro il polso. Sento il guizzo dei suoi muscoli mentre preme il grilletto e sposto la testa appena in tempo: la pallottola si conficca nel muro dietro di me, sfiorandomi di striscio la spalla. Rimango senza fiato, un dolore bruciante si irradia dalla ferita a tutto il corpo; gli do un calcio nelle costole e gli torco il polso più forte che posso, disarmandolo.
Non posso battere Magnus in un corpo a corpo, questo già lo so, ma devo distruggere il computer e fermare Camille. Mi tuffo per prendere l’arma, ma prima di riuscire a raggiungerla, lui mi afferra e mi allontana con uno strattone. 
Per un istante incontro i suoi occhi dorati, prima che mi sferri un pugno alla mascella, facendomi girare la testa. Con un colpo di tallone allontano la pistola per non fargliela prendere e, ignorando il dolore al viso, gli do un calcio allo stomaco. 
Magnus mi afferra il piede e mi trascina a terra, facendomi cadere sulla spalla, il dolore mi annebbia la vista. Allungo il braccio per prendere la pistola, anche se non so che cosa me ne farò. Non posso sparargli, non posso sparargli, non posso. 
Lui è là dentro da qualche parte. 
Mi afferra per i capelli e mi tira su a forza. Io allungo il braccio e gli stringo il polso, ma lui è troppo forte e mi sbatte con la schiena contro il muro. La pistola mi cade dalle mani.
«Magnus» lo chiamo. La testa mi pulsa, mentre lui con le mani riesce a raggiungermi il collo e a stringervi la sua presa. Mi manca l’aria.
«Magnus, per favore.» Lo sto implorando, con la voce strozzata. Sono patetico, le lacrime mi bagnano le guance roventi. «Per favore. Riconoscimi.» 
Lui  stringe ancora di più la presa, stritolandomi la trachea. Le lacrime si sono fermate e l’aria è fredda sulle mie guance, mentre allungo un braccio e gli appoggio la mano sul petto per sentire il battito del suo cuore: batte ad un ritmo lento e costante, bizzarro per chi ha appena concluso una lotta. 
Non avrei certo pensato di morire così, strangolato dall’unica persona per cui abbia mai provato dei sentimenti.
Ci deve essere qualcosa, qualsiasi cosa che possa fare per risvegliarlo. Preso dallo sconforto, tutto ciò che riesco a fare è mettergli una mano dietro la nuca, avvicinarlo a me con le poche forze che mi rimangono e posare le labbra sulle sue.
Probabilmente non servirà a nulla, non sarà mai sufficiente a svegliarlo; almeno, l’avrò baciato per un’ultima volta prima di morire.
Poi però succede qualcosa, sento le sue mani allentare gradualmente la presa dalla mia gola. Boccheggio, di nuovo in grado di respirare, sentendo finalmente i polmoni riprendere aria.
Magnus strabuzza gli occhi un paio di volte, scuotendo la testa. Il suo sguardo è di nuovo acceso, i movimenti non più meccanici. Le sue mani si appoggiano sul mio petto, tastandomi, quasi come ad accertarsi che io sia realmente qui.
«Alec…» sussurra, la sua bocca ancora vicino alla mia «…sei davvero tu?»
È di nuovo lui, è il Magnus che conosco. Ha la faccia e la nuca madidi di sudore; il suo corpo trema e la mia spalla è in fiamme per il dolore, ma non m’importa.
Poi si scosta e mi guarda, le sue dita mi sfiorano la fronte, le sopracciglia, le guance, le labbra.
«Sì, sono io.» Gli rispondo, ancora incredulo. «Come hai fatto?»
«Io…non lo so. Ero in una simulazione che sembrava infinita, e poi…ho sentito la tua voce.»
Mi appoggia una mano sulla spalla ferita ed io gemo dal dolore. Lui sbianca e sbarra gli occhi, agitandosi.
«Sei ferito.» Constata. «Sono…stato io?»
Non faccio in tempo a rispondergli, che dietro di lui vedo Camille avvicinarsi con un coltello stretto in pugno. Ha lo sguardo folle, i denti digrignati.
«Spostati!» Gli urlo, spingendolo da un lato. 
Magnus rotola a terra, il coltello di Camille colpisce la parete con un clangore metallico. Nel farlo però la lama colpisce di striscio la mia ferita, aprendola ancora di più. Lancio un grido mentre la maglietta mi si inzuppa di sangue.
Magnus riesce a raggiungere la pistola che era caduta, si rialza e punta l’arma verso Camille.
«Ferma tutto, Camille.» Le intima. «Libera gli altri Intrepidi e concludi questa esecuzione di massa.»
Dietro di lui, gli schermi continuano a mostrare le immagini macabre delle morti degli Abneganti: il Parlamento è in fumo, quattro dei dieci esponenti del Parlamento sono già stati giustiziati.
Lei non si lascia intimorire dall’arma e senza esitazione mi punta il coltello alla gola. Sento il metallo freddo contro la pelle.
«Tu fai un passo ed io lo ammazzo come un cane.» I canini di Camille scintillano, i suoi occhi sono iniettati di sangue. «Hai idea di quanti anni ci siano voluti? Di cosa questo significherebbe per tutti noi? Siamo stanchi di essere dominati da un manipolo di idioti moralisti che rifiutano la ricchezza e il progresso, ma non potevamo fare niente da soli. Il tuo capofazione e molti della tua gente sono stati felicissimi di contribuire, in cambio di un posto nel nostro nuovo, e migliore, governo.»
«Migliore» ripete Magnus. «Migliore per voi magari.»
«Sì, migliore» enfatizza Camille. «Migliore, e che lavorerà per costruire un mondo in cui le persone possano vivere nella ricchezza, negli agi e nella prosperità, fuori da queste mura e guidate dalle menti superiori degli Eruditi e del Circolo.»
«In poche parole, volete espandervi e comandare su ogni cosa.» Magnus si avvicina, la pistola ancora puntata davanti a sé. «Non te lo ripeterò un’altra volta: ferma tutto.»
Lei aumenta la pressione del coltello sulla mia gola, sento un rivolo di sangue caldo colarmi giù per il collo.
«Anche se mi uccidessi, Valentine porterà avanti il progetto al posto mio.» Sorride, un ghigno malefico. «E poi, non ne avresti mai le palle. Sei solo un esperimento…»
Il rumore di uno sparo esplode nella stanza. 
Camille fa cadere il coltello, il suo tubino blu si tinge di rosso proprio sopra al cuore. La vedo barcollare sui tacchi alti e cadere a terra con un tonfo, i suoi occhi ora sono vuoti, il suo volto inespressivo.
Magnus se ne sta lì immobile, con la pistola fumante ancora tra le mani.
«Mi dispiace, Alec. Spero tu possa dimenticare ciò che ho appena fatto.» Sussurra, poi si volta verso i computer. Punta l’arma contro i dispositivi e spara, facendoli esplodere uno dietro l’altro in una nube di vetri e scintille.
Dagli schermi, vediamo gli Intrepidi riprendere il controllo dei loro corpi, storditi e confusi, come se si fossero appena risvegliati da un incubo. I pochi che invece erano coscienti, i corrotti, si danno velocemente alla fuga, probabilmente diretti qui.
Una lunga sirena d’allarme comincia a risuonare in tutto il Quartier Generale degli Eruditi, la stanza si accende di rosso.
«Presto, andiamo!» 
Magnus mi prende per mano e corriamo via, lasciandoci indietro una scia di morte e sangue.



§



Quando usciamo, Magnus non può non notare il corpo di Tessa a terra, con la schiena appoggiata al muro. 
Lo vedo asciugarsi le lacrime con le maniche della giacca, chinarsi su di lei scosso dai singhiozzi e baciarle una guancia fredda. Il suo volto è così pallido da confondersi con le pareti.
«Non posso lasciarti qui.» Le sussurra, come se potesse rispondergli. Lui la prende in braccio senza difficoltà, tenendola stretta al suo petto.
Gli faccio segno di seguirmi, mentre le sirene continuano a urlarci nelle orecchie: se rimaniamo qui rischiamo di farci trovare dagli Intrepidi corrotti, o da qualche Erudito armato pronto a difendersi.
Raggiungiamo l’uscita di emergenza, dove Clary e Simon ci stanno ancora aspettando; nel vedere Tessa, Clary si copre la bocca con la mano e si sforza per non piangere. 
Corriamo insieme giù per le scale, i nostri passi sul metallo fanno un clamore assordante. Simon aiuta Clary a reggersi sulla gamba ferita, sostenenendola con un braccio intorno alle spalle.
Una volta sceso l’ultimo gradino, ci guardiamo nel panico più totale. Comincio a sentire le conseguenze dell’aver perso molto sangue, mi gira la testa e ho la vista annebbiata.
«Dovete andare via.» Ci dice Magnus, Tessa ancora stretta a sé. «Scappate il più lontano che potete: andate dai Pacifici, là sarà più difficile rintracciarvi.»
«Possiamo andare da mia madre.» Suggerisce Clary. Si tiene ancora la coscia tra le mani, ha le dita incrostate di sangue. «C’è un treno che parte fra non molto e con poche ore a piedi saremo già lì…ma Jace e Isabelle, come faremo con loro? Sono ancora dagli Abneganti, saranno sotto shock…non possiamo abbandonarli.»
«Ci penso io a loro.» Magnus abbassa lo sguardo, distrutto, su quella che una volta era la sua più cara amica. «Porterò lei al cimitero, la fazione degli Abneganti mi sta di strada. Ci reincontreremo tutti dai Pacifici.»
«Non esiste, è troppo pericoloso.» Mi affretto a dire. «Non andrai da solo in giro per la città, tantomeno con…» stavo per dire “tantomeno con un cadavere tra le braccia”, ma ammutolisco.
Lui mi guarda dritto negli occhi e nel suo sguardo leggo decisione, coraggio, forza, ma anche stanchezza e tanto dolore. Soltanto rispetto a ieri, sembra più vecchio di almeno dieci anni.
«Alexander, ti prometto che starò attento, sono armato. Presto tornerò con i tuoi fratelli e decideremo cosa fare, quando saremo al sicuro. Ora vai, sia tu che Clary siete feriti e state perdendo ancora sangue. Via, subito!»
Simon e Clary si lanciano uno sguardo d’intesa, sono pronti a partire. 
Io prendo il volto di Magnus tra le mani e lo bacio fugace. È un sigillo, una promessa, un bacio che promette di non essere l’ultimo. Prima di separarci, lo sento emettere un sospiro.
Mentre corriamo via, non riesco a non pensare che le fazioni degli Abneganti e degli Intrepidi si sono sciolte, i loro membri si sono dispersi. Siamo come gli Esclusi, ora. Non so come sarà la vita, senza una fazione; mi sento senza vincoli, come una foglia separata dall’albero che le dava sostentamento. 
Adesso possiamo soltanto contare su noi stessi.

   
 
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