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Autore: DarkWinter    21/05/2022    1 recensioni
Sul punto di diventare Tsuchikage, Kurotsuchi si ricongiunge con la sua figlia illegittima.
Con la necessità di provare la sua fedeltà all'inflessibile Iwa, ma anche di proteggere la bambina, come potrà Kurotsuchi tenere la sua nascita illegale completamente segreta?
~[DeiKuro] [AkaKuro]
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Altri personaggi non presenti nella lista disponibile su EFP:
-Akatsuchi
-Onoki
-Kitsuchi
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deidara, Kurotsuchi, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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IX. Stanza con Vista

 

 


 




 

All'ultimo momento, prima che gli edifici del viale secondario le togliessero la visuale, Kurotsuchi aveva visto dalla finestra la figura minuta di Onoki-sama inseguire la traccia brillante della moglie del Daimyo.

Aveva ordinato ad Aoi di fare la guardia alle lettere dei Kage di Suna e di Konoha ed era saltata dalla finestra a vari tetti, fino alla grotta che custodiva il monumento ai caduti.

Il piccolo rimbombo del suo atterraggio sul suolo della grotta non aveva fatto girare Dalia, rimasta davanti alla stele con scolpiti i nomi degli eroi di guerra. 

La sua chioma catturava piccole spade di sole, appese quasi in verticale al soffitto roccioso.

Un ago di delusione si innestò da qualche parte sulla schiena di Kurotsuchi, "Sei qui tutta sola?"

Dalia si girò di tre quarti e un frammento di iride apparve nella coda del suo occhio, "Sono venuta qui prima di tornare a casa, a porgere i miei saluti."

Allungò una delle sue delicate mani manicurate e sondò col polpastrello la scanalatura di un nome.

“Hai visto, carissima amica mia? La tua bambina è diventata Tsuchikage, proprio come dicevi tu. Io l'ho vista farlo, tu sii fiera di lei.”

Poi Dalia mosse il dito su un'altra scanalatura.

"E tu, mio primo amore. Sai, a volte si vive abbastanza a lungo da vedere le...cose più impensate." 

"Ti riferisci alla Stramba, Dalia?"

Kurotsuchi fece un passo avanti e accarezzò la scanalatura a forma del nome di sua madre e, al fianco, l'intervallo di soli ventidue anni fra data di nascita e di morte. 

"Dopo la morte di mia madre ti eri promessa di finire la tua carriera di kunoichi, perché non sopportavi l'idea di non tornare più a casa da tuo figlio di tre anni. Indovina? Io ne avevo due. Odio la Terza Guerra senza nemmeno ricordarla. "Eppure, c'è n'è stata un'altra." 

Dalia scosse da sé il pensiero di tutti coloro a cui era sopravvissuta, sia in tempo di guerra che di pace. Erano troppi. Captò l'indizio di energia negativa irradiato dalla leader di Iwa, "Sei molto sulle spine."

"Dov'è il vecchio? Ho visto che ti pedinava."

Kurotsuchi era sicura che Onoki avesse delle questioni da discutere con lei...E cosa stava aspettando?

Dalia strinse le dita intorno alle ampie maniche del kimono, esitò nel fare un qualsiasi gesto che poteva indicare nervosismo. "Non preoccuparti."

"Non mi preoccupo, niente sarà come quando lui era Tsuchikage. Nel presente giace il mio potere.” 

Kurotsuchi si avvolse i fianchi con le dita e rimase ferma come una statua, il mento alzato.

L'ultima consegna della sua assistente —il destino, il presente in cambiamento sotto forma di inchiostro e cellulosa— aveva ricordato al Quarto Tsuchikage che anche se posti come Konoha non erano ancora alleati di Iwa, una nuova era era comunque in arrivo.

Anzi, era già arrivata, con una serie di eventi che sarebbero passati alla storia.

Roccia e Foglia erano infine in pace; la figlia del daimyo della Terra aveva sposato un Sarutobi ed aveva doppia cittadinanza; Naruto Uzumaki, neo Hokage, voleva incontrare la neo Tsuchikage.

Che il loro incontro avvenisse. Che l'ombra del regno di Onoki svanisse in polverina di luce sotto i passi del suo successore. 

"Cosa ti ha detto il nonno, Dalia?"

"Mi ha chiesto di Raisa."

Raisa?—"Ti ha chiesto conferma se è imparentata con una certa Tanako?" 

"Sì."

Kurotsuchi scandì sillaba per sillaba, "E tu cosa gli hai detto?"

"La verità."

Dalia non era a conoscenza di tutte le bugie e gli insabbiamenti che erano iniziati nel momento in cui Onoki aveva fatto irruzione nell'ex ufficio di sua nipote e aveva visto Raisa.

Le sue sopracciglia soleggiate tremolarono in un'espressione meno pacifica, e Kurotsuchi sospirò forte.

"Bene. Per coprirmi, Akatsuchi ha sparato che Raisa è un parente della sua futura moglie, e poi Onoki-sama è andato a cercarla. In effetti é andato a confrontare tutti tranne me."

La signora Daimyo emise un piccolo mormorio.

Prima che si azzardasse a muovere un passo in direzione dell'uscita, Kurotsuchi la tenne ferma sul posto, sotto le lame di sole che si infrangevano e rimbalzavano sulla sua chioma. Anche se ormai Dalia doveva ascoltarla solo per etichetta, Kurotsuchi sbuffò e implorò.

"Devo chiederti un favore. Uno di quelli grossi."

"Suvvia, Kurotsuchi. Sto per partire con Daimyo-sama."

"Non andare. Per favore. Non posso dirti perché, adesso." 

Kurotsuchi scannerizzò con lo sguardo quelle pareti che non dovevano avere né occhi né orecchie.

Dalia mosse le labbra per dire qualcosa che non disse mai, riprese a giocherellare con le sue maniche e ritentò. 

"Sai che mi sto stancando di mettere pezze ai casini di tutti?" 

"È importante. Una persona innocente può andarci di mezzo..."

Kurotsuchi aspettò che Dalia divenisse più costernata, ma si stancò e finì per rivelare, "Raisa può andarci di mezzo."

La signora sospirò, dopo una pausa, uscendo con la spalla dalla lama di sole. Si succhiò un labbro come se avesse freddo.

"Haha. Ti basta farti un giretto per trovare gente normale che non ha messo al mondo una minaccia internazionale, eppure è me che scegli per proteggere tua figlia. È esilarante." 

Kurotsuchi le premette i pollici sulle spalle. La voce le uscì alta ed esigente, ma con qualche crepa di malinconia sempiterna. 

"Smettila Dalia, sei una brava madre. Aiuta me ad esserlo." 

Poi Dalia fu investita da un'onda di apprensione che quasi rovesciò il suo sorrisetto. 

"Tu hai paura che facciano del male alla tua bambina."

Quello che Tsuchikage-sama diceva andava fatto; se Dalia si era trasferita fuori da Iwa sin dal suo matrimonio con il Daimyo, in qualche cassetto aveva ancora il suo coprifronte. 

Ma prima di tutto Kurotsuchi era una creatura che aveva sempre amato come se l'avesse partorita lei.

Dalia diede un'ultima occhiata alla stele, chiuse gli occhi.

 "Daimyo-sama deve partire. Ma suppongo di poterlo raggiungere fra qualche giorno, e nel frattempo passare un po' di tempo con Kaori."

Kurotsuchi le afferrò gentilmente le dita che sporgevano dalla sua manica esagerata, abbassò il capo.

"Ma guarda, lo Tsuchikage che dipende così tanto da me. Non nego che mi faccia sentire un po' potente." 

Kurotsuchi rialzò lo sguardo in tempo per vedere Dalia che stringeva una mano a pugno, nella declinazione più sagace della sua luminosa empatia.

"Devi proprio?"

"Ti sto dando giusto un assaggio della tua medicina."

La signora sfiorò le scapole dello Tsuchikage e camminò con lei verso l'uscita, i suoi sandali alti di legno rimbombarono sul pavimento roccioso.


 


 



 

 Kurotsuchi doveva tornare in ufficio, ma i suoi precedenti con una bambina che poteva volarsene fuori dalla finestra a sentimento la spinsero a fare una deviazione a casa e a bussare cinque volte alla porta, prima di inserire la chiave nella toppa.

Kurotsuchi esalò il suo sollievo in una nuvoletta di condensa, nell'udire la corsa scomposta di Raisa.

"Mamma?"

Kurotsuchi chiuse la porta e rimase di fronte alla stramba, in silenzio, a guardare i suoi capelli tingersi di un lucido ma poco lusinghiero nero a base verde.

In casa si guardò intorno per valutare il grado di devastazione, ma Raisa aveva tenuto tutto in ordine. Un gradevole profumo di detersivo si diffondeva persino nella stanza.

"Hai fatto le pulizie?"

"Ho usato il tuo bagno e la tua cucina, quindi sì, dopo ho pulito. Poi ho studiato un po'."

Kurotsuchi seguì sua figlia in cucina, il cui tavolo era occupato dalla borsa da viaggio con gattini e margherite, un tomo aperto e una delle sue zuppiere di metallo, piena d'acqua.

"Ohh. Riuscirò a vederti fare le tue cose da illusionista?"

"Sono una maga." 

Raisa si rimboccò le maniche e mise le mani intorno alla ciotola. Con la sua concentrazione, bolle e vapore si attivarono come se il recipiente fosse stato posto su un fornello.

"Sai manipolare l'acqua? Anch'io."

Kurotsuchi schioccò le dita, le intrecciò in un sigillo.

Raisa squittì a vedere l'acqua saltare fuori dalla ciotola e allungarsi in uno specchio che coprì un'intera parete, dal pavimento al soffitto.

"Sembra una magia..."

Kurotsuchi imitò il suono di un bottone d'emergenza premuto, abbassò il pollice.

"È ninjutsu: chakra Acqua."

"Ma per manipolare gli elementi hai bisogno della forza magica."

Raisa diede un'ultima occhiata allo specchio d'acqua prima che Kurotsuchi lo disperdesse in pioggerella.

"Io uso chakra, noi shinobi lo usiamo per manipolare gli elementi. E tu sembri un utilizzatore di chakra Acqua."

Raisa tornò alla ciotola vuota.

"Non ho completato la mia formazione. Cosa sono, cosa posso fare esattamente e perché è ancora un mezzo mistero."

"Le cose sono quello che sono. Hai appena manipolato acqua."

Prima che Kurotsuchi potesse dirglielo ad alta voce Raisa le fece cenno di guardare e, unendo le sue mani, trasformò la ciotola di metallo in un serbatoio alto un metro, che si schiantò insieme poco dopo che Raisa strinse la mano sinistra nella sua direzione.

"Su." 

Sussurrò la maga, girando il palmo della mano verso il soffitto.

La grande lattina schiacciata iniziò lentamente la sua ascensione, ma non passò molto tempo prima che Raisa perdesse in qualche modo la concentrazione e il serbatoio cadesse.

Al fracasso Kurotsuchi aggrottò il viso ed espose i denti, poi sogghignò.

"Accidenti. Potresti fare questo se ti fanno arrabbiare."

Raisa socchiuse gli occhi in un sorriso, inspirò e con un gesto della mano dissolse tutta la sua magia.

Sospirò e fece schioccare la lingua, tenendo la ciotola ora ammaccata e annerita.

"Già, non è esattamente com'era prima." Dichiarò Kurotsuchi, prendendogliela dalle mani.

"Vedi? Non so fare bene la magia, e non è solo l'acqua. Una volta ho portato questo ad un altro livello, l'ho fatto--"

"Brava. Ora senti, ci sono provvedimenti da prendere." Kurotsuchi sbatté dolcemente la ciotola sul tavolo e fissò Raisa negli occhi.

"Vuoi dire che non posso restare? Non abbiamo davvero provato di tutto affinché--"

"Puoi restare. Fino a quando non ti sarai di nuovo rimessa in piedi, ricordi?"

Raisa rimase a bocca aperta, le palpebre sbattevano.

".. Vuoi davvero rimandarmi indietro?"

"Sei tu che l'hai detto, stramba. Non hai nemmeno finito la scuola."

Kurotsuchi trasse un breve respiro per sputare fuori la sua risposta, ma altri cinque colpi alla porta fecero incollare ancora una volta gli occhi a Raisa allo spioncino.

"È papà!"

"Akatsuchi?" 

Tanto valeva abituarsi a sentire sua figlia chiamarlo così. Kurotsuchi lo lasciò entrare e lo sorprese, meno ansioso della sera prima, ad accarezzare la testolina di nuovo fiammante. 

"Allora? Avete parlato?"

"Tanako sa di lei," disse lapidaria la bodyguard, gettando uno sguardo negli occhi di Raisa. "Della sua esistenza. Potrebbe anche sapere di noi."

"Onoki-sama anche."

Kurotsuchi sentì qualche conato d'ansia, si strofinò la bocca agitata.

"Come mai?"

La sera prima, quando Akatsuchi era tornato aveva trovato Tanako sveglia a letto, con un libro.

L'aveva aspettato per discutere —non di loro, ma di una bambina con cui Akatsuchi era stato avvistato. 

La gente parlava, Onoki indagava.

"Tu passi troppo tempo con Tsuchikage-sama."

"Certo, sono la sua guardia del corpo. Non essere gelosa di ogni persona di sesso femminile con cui interagisco."

Le braccia conserte di Tanako, sopra il lenzuolo, le avevano pressato il seno contro il petto. 

"No, solo di quelle con cui sei andato a letto."

"Tanako…"

"Il modo in cui la guardi, è da anni che lo so. E quella famosa bambina che hai fatto passare per mia parente, quanti anni ha? Non mi dirai che è tua."

Akatsuchi si era seduto sul letto, accarezzando il braccio della futura sposa, ma non i suoi occhi. "No…"

Ma la ragazza aveva lasciato cadere il libro, la sua bocca era restata impressa ad O.

"Oh mio Dio, è tua." 

Era come se non avesse voluto crederci, e che ora non avesse più scelta. 


 


 


 Il salotto di Kurotsuchi era così silenzioso che Raisa ebbe quasi paura a riassumere il succo della questione.

Fece un sospiro veloce di sorpresa, quasi ammonì Kurotsuchi con il suo sguardo, ed indicò col ditino indice sia Akatsuchi che se stessa. 

"Quindi mi confermi che siamo papà e figlia?"

Nell'intimità di quattro mura, Akatsuchi avvolse la nuca della piccola con la sua mano e se l'avvicinò.

Kurotsuchi li guardò abbracciarsi, da sola in piedi di fronte a loro.

"Non preoccupatevi. Pensate che non sapessi di Tanako?"

In realtà doveva ringraziare Dalia, e poteva anche darsi che Onoki contasse esattamente sul fatto che lei e Dalia si sarebbero parlate.

Ma niente ansia, Onoki non aveva più potere. Quasi più.

"Non ho dato conferme a Tanako, anche se non riesco a mentirle in faccia." Akatsuchi scivolò via dalle braccia di sua figlia, da cui non avrebbe voluto separarsi, e cercò lo sguardo di Kurotsuchi. 

"Ora devo pensare a Tanako, se mi dai il permesso. Voglio recuperare il nostro anniversario, imbastire qualcosa mentre lei è al lavoro."

"Questo è davvero bene, Akatsuchi. Davvero." Kurotsuchi gli diede un sorriso. Come poteva Tanako guardare ancora Akatsuchi con gli stessi occhi?

Kurotsuchi non aveva mai avuto una vera e propria relazione. Aveva giusto scopato qua e là, persino la sera prima, e se fosse stato per lui il tipo si sarebbe ripresentato alla sua porta con delle stupide infiorescenze da prateria, o gerbere.

Una come lei, acida e zitella, che diritto aveva di compromettere la felicità romantica del suo migliore amico?

Akatsuchi visualizzò la silhouette alta e forte di Tanako di fronte a lui, spontaneamente a letto con lui, a fare tutte le cose che facevano già da tempo anche senza il titolo di marito e moglie.

Un tempo Akatsuchi si era rifugiato negli occhi di Tanako, verdi verdi, per riempire la mancanza schiacciante della ragazza che era stata sua per una notte dannatamente fredda e poi, in primavera, se n'era andata. 

Dieci anni dopo Akatsuchi voleva sempre che quegli occhi, così diversi da quelli di Kurotsuchi, fossero il suo porto sicuro.

E adesso, qualcosa non glielo lasciava più fare interamente, come ne aveva bisogno. Qualcosa che non era solo sua figlia.


 


 


 Kurotsuchi era tornata in ufficio con l'intenzione di risolvere qualche questione pertinente al suo lavoro di Kage, e non a sue gesta erotiche vecchie di tredici anni.

Dedicò la giornata a serena, ordinaria amministrazione: ricevette delle visite, prese nota di tutti i problemi che alcuni abitanti di Iwa le esposero, convocò due team di genin e dispensò semplici missioni. Nel farlo pensò spontaneamente al team di Kaori, che doveva tornare in giornata.

Ripetè nella mente le parole perfette da scrivere a Gaara e Naruto Uzumaki mentre il suo pennello scivolava sulla carta, e quando le lettere furono completamente scritte appuntò il sigillo di Iwa sulle buste, ascoltando con  soddisfazione il suono appiccicoso della ceralacca schiacciata.

Erano le tre, il sole sarebbe presto sceso. Kurotsuchi protesse il contenuto delle lettere con un altro sigillo a base di chakra, chiamò Aoi e si diresse a casa a prendere Raisa.

"Se Tanako e il vecchio mi stanno alle costole e mia figlia non è in grado di vivere da sola, ecco la cosa migliore dell'essere il capobranco: delegare, delegare, delegare."


 


 



 

 Appostata sulla parete rocciosa che incombeva sul palazzo rosso, Kurotsuchi intravide fuori dalla cancellata la sagoma monolitica di suo padre, quella del Daimyo —snella e coronata dal copricapo a ventaglio— e infine quelle di domestici che ripartivano con lui.

Vide anche un guizzo bianco e giallo correre fuori dai portoni, e le braccia del vecchio signore avvolgerlo teneramente. Kurotsuchi era abbastanza vicina da udire il fruscio dei loro abiti e Dalia che emetteva un risolino, col marito lungo e secco chino sulla sua silhouette ancora florida.

Il signore accarezzò i capelli del suo fiorellino con delicatezza speciale, le inclinò il mento per stamparle un bacio.

“Mi mancherai, mia signora.”

“Non tarderò di molto.”

Dalia gli battè energicamente una mano sulla spalla, guardò il generale Kitsuchi scortarlo fuori dal quartiere signorile di Iwa.

Annidata nella sua tasca, in forma di scricciolo, Raisa non faceva rumore. 

"E se si fosse addormentata come quando è caduta dalla mensola e iniziasse a espandersi?"

Kurotsuchi accarezzò Raisa-scricciolo con il polpastrello del dito medio, "Tutto bene qui dentro?"

E poi scese dal suo nascondiglio a salutare Dalia. 

“Lo scorfano è ancora così con te…”

“Ribadisco: guardami,” cinguettò Dalia, congedando con uno sguardo cortese la domestica che aveva tenuto aperti i portoni.

Kurotsuchi la ignorò con un gesto della mano, "Ma alla fine lo ami?"

"Scusami, è mio marito."

"Hai sposato il tipo quando hai capito che avresti dovuto fare doppio gioco con Deidara prima che lui facesse doppio gioco con te."

"...Può darsi." Ammise Dalia, con un sospiro. Come le se costasse dirlo, ma non volesse scadere nell disonestà. 

"Ma prima del nostro matrimonio, Daimyo-sama ed io avevamo già dieci anni di amicizia alle spalle. L'ho conosciuto, giorno per giorno, amo il modo in cui mi ama."

Forse Kurotsuchi voleva sfogarsi. 

"Quindi in teoria non sei innamorata di lui, ma del suo amore per te. Cioè di un riflesso di te stessa."

“Daimyo-sama è gentile, è un meraviglioso padre, ha un grande senso della giustizia. Diverso dal nostro, qui.” 

Dalia, annuì con passione alle sue stesse parole. 

“E come dicevamo, ho avuto la mia dose di uomini amorali che non ricambiano pienamente i miei sentimenti.”

“Eccome...”

“Ma tu no, vero?”

Gli occhi a mandorla di Dalia, aperti in una curiosità non completamente innocente, cercarono quelli di Kurotsuchi.

Akatsuchi era dove voleva andare a parare.

“Ah, no. No.” Kurotsuchi allargò le mani e scosse la testa.

“Ho avuto anche la mia dose di disavventure, senza Daimyo-sama non so se sarei qui. Non questionare mai più il mio amore per mio marito.” 

La calma di Dalia era così perentoria che lo Tsuchikage ebbe l'impulso di dire 'Sì signora'.

Fu Dalia a doverle ricordare che se non era partita, era perché la sua presenza era stata richiesta.

Quando le due donne furono nel patio del palazzo rosso, Dalia osservò Kurotsuchi trarre dalla tasca una bestiola che zampettò tranquilla sul selciato e poi si espanse, fino a raggiungere dimensioni umane.

"!...Raisa!" Esclamò Dalia, con un ansito. Aveva pronunciato una R che ne valeva due, a causa della sorpresa che rasentava lo spavento. "Sei qui. Cosa ci fai qui?"

Rivedere la bambina in modo così inaspettato —e sapendola ormai figlia di Kurotsuchi— spinse la signora del daimyo ad ansimare quieta ancora una volta e a giocherellare con l'incrocio del suo kimono, sul lato sinistro del suo petto.

"Da-...lia?" 

Quasi incredula Raisa incollò le sue iridi alla moglie del daimyo, con la speranza di non aver storpiato il suo nome strano e soave.

"Perchè ti stai comportando così?"

Kurotsuchi venne pungolata dal chakra di Dalia che si stava alzando. 

Si mise tra lei e Raisa, interrompendo l'incanto.

"Bene che vi state simpatiche. Fino a nuovo ordine sarà meglio che voi due passiate del tempo insieme. Qui al palazzo rosso."

L'ordine della Tsuchikage spinse due paia di occhi parecchio simili, saturi di sbigottimento, a fissarla fino al disagio.

"Vi devo spiegare…" Kurotsuchi cedette.

Come un segno del destino, in quel momento ci fu un rumore di porte e la domestica di prima apparve nel patio, in compagnia.

"Mamma, ma non sei partita? E c'è Kurotsuchi. E Raisa Akamori!" 

Kaori, appena tornata dalla sua missione, corse incontro al trio senza nemmeno togliersi la giacca o il coprifronte. 

 

 


 


Il sole era già sparito dietro le vette quando Dalia emerse dalle cucine del palazzo rosso nel suo cortile interno, tenendo in ogni mano una quantità di vasetti impossibile per qualsiasi essere umano strutturato normalmente, e che fece balzare le sopracciglia di Raisa sulla sua fronte.

La ragazzina trotterellò dietro Dalia verso il tavolo di pietra e la guardò rilasciare i vasetti, lasciando per ultimo quello che teneva con il palmo aperto.

"Non ti finiscono le...dita?"

Dalia aprì i barattoli e mescolò in un mortaio un pizzico di spezie da ciascuno.

"Sì, certo."

Alzò lo sguardo distratta, solo allora notando l'espressione pensierosa sul viso di Raisa.

Mosse appena la testa di lato.

"Dimmi tutto, piccola."

Raisa stava ancora elaborando la sua accettazione della spiegazione che le era stata data —la sua nascita era uno strappo alle regole, se l'avessero vista con Kurotsuchi sarebbero stati guai.

Ma il modo in cui Dalia aveva fatto la sua richiesta —il suo tono, la sua postura, tutta l'aura calda e rassicurante che emanava— rendeva impossibile a Raisa rifiutare.

Raccolse i suoi pensieri, schioccòle labbra.

"È come se mia madre dovesse nascondermi perché sono qualcosa di sbagliato. È un bel po' per me da sopportare, ma capisco e credo...preferisco non tornare indietro e vivere da sola."

"Kurotsuchi liquida tutto in fretta senza prendere in conto i sentimenti degli altri. Vero, Kurotsuchi?" 

Dalia sbuffò, dando occhiate al giovane Kage che si stava avvicinando al tavolo. "Dovevo tornare alla Capitale e avrei apprezzato preavviso, anche se tu sapevi che non ti avrei detto di no."

Lo Tsuchikage ruppe il suo mezzo sorriso e osservò la principessa della Roccia, moglie del più influente politico della Nazione, seduta a gambe incrociate fra pentole di ghisa come una normalissima casalinga. 

"Sarei aperta alla possibilità. Anche da Kage non ho alcun potere su di te." 

"Mamma…"

Raisa alzò gli occhi al cielo alla risposta, impertinente oltre la sua zona di sfida, ma Dalia continuò semplicemente a preparare la cena.

"Raisa, tua madre sa che non le dirò di no perchè mi importa di te."

Kurotsuchi ridacchiò, "Come si fa ad essere così entusiasti per i figli degli altri?"

Dalia, l'intera massa della sua capigliatura appuntata precariamente in cima  alla testa, emerse attenta dal vapore delle pentole. 

"Una dritta. Non far arrabbiare chi maneggia il tuo cibo."

Una seconda domestica posò un pezzo di carne sul tavolo, si fermò a osservare le pentole borbottanti. 

"Signora Dalia, non volete che ci pensiamo noi?"

"No, ti ringrazio. È bello cucinare su fiamma qui fuori, tanto che non fa ancora freddo."

"La gente di Iwa è davvero strana," Raisa si sussurrò di riflesso, rabbrividendo ed esalando collane di cotone etereo.

"Wow, anche questo è strano. Perché vedo il mio respiro se è solo settembre?"

Guardò poi Kurotsuchi, Dalia e Kaori godersi la carne ancora cruda, marinata nel suo stesso sangue e nella miscela di spezie che la signora del Daimyo aveva creato.

Kaori ridacchiò sommessamente allo sguardo confuso e incuriosito della sua nuova amica.

"Prova. Buone vitamine." 

Bofonchiò Kurotsuchi, infilandosi una fetta in bocca e tenendone un'altra sulle bacchette all'altezza delle fauci di Raisa.

Dopo aver assaggiato e superato la stranezza della novità, Raisa si spazzolò un intero piatto di succosa carne rossa e le altre tre donne risero e applaudirono.

"Questo significa che ora sono una di voi?"

Raisa cercò qualcos'altro sul tavolo, ma tre paia di occhi che la guardavano la dissuasero e si reclinò sullo schienale.

"Sapete che da piccola non mangiavo niente? Mama Ragga era disperata perché temeva che non crescessi."

"Allora Kurotsuchi l'ha scampata bella."

Rise Dalia.

"Mi dispiaceva di farle preoccupare così,  ma davvero non mi piaceva niente. Quindi quando avevo quattro anni mi sono fatta una magia su di me, così Mama Ragga avrebbe pensato che mi fossi giusto messa a mangiare bene e non ci avrebbe pensato più."

Raisa dimenticò di essere intimidita e, persa nella sua discussione, iniziò a riempirsi il piatto di riso.

"Quindi è così che sei diventata una tale ingorda." Kurotsuchi ridacchiò.

"No, quello è solo perché adesso mi piace il cibo. Allora ho fallito la magia e ho iniziato a mangiare anche cose che non sono cibo. Come saponette, carta igienica,--"

"Come karma per aver mentito a quella Ragga?" Kurotsuchi lo schernì di nuovo.

Raisa scosse bruscamente la testa, i denti anteriori che masticavano il labbro inferiore.

"Nah-ah, non ho mentito. Ma la magia è uno scambio e ci sono sempre delle implicazioni, sai, non dovrebbe mai alterare il mondo. Alla fine Mama Ragga ha appreso del mio piano, ed è per questo che odio ancora la sensazione della lana sotto i denti."

Mentre assaggiava altro cibo nuovo e guardava i vestiti delle donne e il giardino intorno a loro, la mente di Raisa si disperdeva automaticamente in mille strade, una per ogni storia che aveva sentito nel corso degli anni da Mama Ragga. 

Storie così disparate sui climi e gli accenti e le genti del mondo, dall'altissima roccaforte di Iwa alla sempre umida isola di Ouzu. 

“Alla fine, nessuno è davvero strano.”

Ormai alla piccola straniera veniva automatico immaginare una Kurotsuchi più giovane a sbrigare un incarico ninja con i suoi compagni di scuola ninja —tutti con la bocca imbrattata di una preda fresca e nutriente.

"Kurotsuchi," trillò Kaori. "Raisa Akamori ha scelto di vivere qui perché l'area Erba-Fuoco è ancora politicamente instabile?"

Kurotsuchi posò le bacchette. Si tamburellò la punta delle dita sulle cosce, trasse un piccolo respiro.

"Perchè è con me. Raisa è mia figlia."

Kaori si prese un momento per respirare, calcolando velocemente la somiglianza tra le due, e poi sparò il colpo. 

"Chi è il papà?"

La domanda più istintiva che attirava la curiosità come mosche al miele.

"Kaori."

Avvertì Dalia, metà del suo cipiglio nascosto dal suo bicchiere d'acqua.

"Va bene." Kurotsuchi sbatté le palpebre pesanti e indicò l'altra coppia di madre e figlia, poi Raisa.

"Avanti, diglielo."

"È Akatsuchi," sorrise Raisa. "E mamma dice che non si può dirlo perchè loro due erano nello stesso team quando…"

"Oh! Che carini. In effetti loro due sembrano volersi bene tipo da sempre." 

Kaori annuì e fissò gli occhi di Raisa.

"Come mai i tuoi occhi–"

"Adolescenti infoiati…" Borbottò Dalia, di nuovo.

"Parla quella che si è sposata a sedici anni."

Kurotsuchi drizzò il mento e Dalia svelò il suo sorriso radioso.

"La parte più dura del mio matrimonio era tuo nonno che mi stava col fiato sul collo per farmi sfornare figli, anche se io non volevo.”

In risposta al sospiro a bocca aperta di Raisa, Dalia posò il bicchiere e si strofinò le braccia raffreddate. 

"Eh sì. Ogni mese, per tutta la durata del mio matrimonio col mio marito shinobi, dovevo andare da Onoki-sama a riferirgli di eventuali gravidanze in corso."

"Ma... non si può! Perché?"

Fermata dal pensiero di un politico che si intrometteva nella vita privata di una giovane donna, Raisa si scordò di mangiare una cucchiaiata e del riso le cadde in grembo.

"Beh Raisa, per noi molte decisioni sono orientate verso nindo e strategie militari. Trasmettere certi geni era il dovere di Dalia e suo marito verso Iwa, fine della storia." Kurotsuchi tagliò corto.

"Il suo primo marito era nella Squadra Demolizioni. Ho visto delle foto."

Kaori sussurrò a Raisa e Raisa annuì senza chiedere nulla, per gentilezza.

Mentre si raccapezzava attorno a ciò che aveva appena sentito da sua madre, conversazioni sulla vita riemersero dal passato in prima linea nella sua memoria.

"'Dovere?' Mama Ragga diceva che la natura non si padroneggia completamente nemmeno con la magia, che la genetica è un lancio di dadi. "

Kekkei genkai, cose da ninja. Finiamo qui questo dibattito.” Kurotsuchi concluse.

Ma Raisa, la costernazione che dava alla sua bocca una forma arcuata, cercò ancora una volta Dalia non appena ebbe elaborato il suggerimento di sua madre. “Ma almeno ditemi com'è finita! Con Onoki-sama."

Dalia rispose, “È finita che, lanciando il dado della genetica, gli ho dato esattamente quello che mi ha chiesto.”

“Meno male! Tutto è bene quel che finisce bene.”

Raisa volle crogiolarsi nell'effettivo sollievo datole da quella conclusione, ma qualcosa le impediva di sentirlo fino in fondo: erano Kurotsuchi e Dalia, che se la ridevano come se si fossero appena raccontate una storiella ridicola e assurda.

"Se fossi in te io ce l'avrei ancora col nonno."

Kurotsuchi concluse, ma Dalia chiuse ogni polemica.

"Con la tua logica, Iwa dovrebbe avercela con me. È acqua passata."

"Suppongo che si diventi più saggi  quando si è così vecchi." 

Kurotsuchi sbuffò, sdraiandosi sulla sedia.

"Essere madre di tre figli mi ha resa più saggia"

Dalia versò piccole quantità di uova sbattute in un mestolo sospeso sopra una fiamma, trasformandole in mini omelettes.

"Che coraggio Dalia." 

Kurotsuchi grugnì ancora.

"Tre! Fa così male?" Ansimò Raisa, come se dovesse prepararsi mentalmente all'età adulta.

Kurotsuchi strinse il lembo della sua giacca al vivissimo ricordo del fatidico 10 settembre, il quarto giorno dopo il suo sedicesimo compleanno.

Era restata sul suo lettuccio sfiatata, sfaldata, con la piccola Raisa che dimenava il suo corpicino con una tale violenza che Kurotsuchi temeva ci sarebbe rimasta secca. 

Le pareti di pietra della sua casupola la proteggevano dall'immensità rarefatta che le stava sopra, la terra battuta era pronta da graffiare quando una contrazione le attraversava tutto il corpo.

Ma il dolore era stato crudele, logorante e Kurotsuchi sentiva il vero panico nel suo respiro spezzato. Era stata abbastanza matura in tempo di semina, nel gelido inverno dei suoi quindici anni, ma nel caldo tempo di raccolto aveva fortemente anelato sua madre, o qualsiasi altra donna amica a cui chiedere di spingere per lei. 

"Abbi forza, ragazzina. Nessuno può farlo per te." 

La guaritrice dai morbidi occhi blu ardesia le accarezzava i capelli, le dava sorsi d'acqua e brodo arricchito con ingredienti magici, le asciugava il mento gocciolante quando sputava.

Per ore, la piccola Kurotsuchi era restata a bocca aperta in urla roche.

Non aveva mai urlato così.

Nemmeno in missione, nemmeno affrontando il malvagio psicopatico un semestre e mezzo prima.

"Ahh, figlio di puttana! Lo odio, deve morire."

La guaritrice le aveva detto, "Non pensarci, è tardi ormai. Le tue energie sono preziose, usale ora per te."

Vituperare in modo febbrile le aveva disinnescato il terrore e dato energia, ma quando le contrazioni avevano raggiunto il loro picco Kurotsuchi si era appallottolata, tenendosi la pancia.

Si era coperta gli occhi, singhiozzando "Mamma" prima di asciugarsi in fretta le lacrime e diventare di nuovo rossa dallo spingere.


 


 


La notte albeggiava sul patio rosso del palazzo, Kurotsuchi sollevò i suoi zigomi arroganti alle prime stelle.

 "La gente parla per iperboli. Non è così male."

Dalia catturò un altro sguardo fugace di Raisa, le rivolse un sorriso modesto che avrebbe potuto sciogliere il basalto del muro di Iwa.

"Vuoi che la contraddica? Bene, se chiedi a me scelgo il parto, rispetto a tutto ciò che viene prima. Senza dubbio."

Raisa ricordò che Kaori aveva menzionato una sorella maggiore.

"Capisco. I tuoi tre figli sono tutte femmine? Mama Ragga diceva che una futura mamma sta molto peggio se il bambino è una femmina."

"Mamma…" Kaori si girò verso Dalia con una risatina consapevole. 

Dalia fischiò il suo dissentire, con un ondeggiare espressivo delle sue sopracciglia chiare.

"Con le due femmine, non una nausea. Ma col maschio, ah dio."

Dalia non lasciava intendere se, a tre decadi di distanza, il ricordo la divertisse o la sfiancasse ancora. Parlava delle difficoltà come se fossero semplicemente parte della vita.

"Non te ne lagni ancora. È elegante."

Kurotsuchi la guardò, e un sorriso sincero si formò all'angolo delle sue labbra.

Poi assolse sua figlia con tono amichevole, "La tua Ragga doveva verificare le sue fonti invece che giocare alla dottoressa, tsh." 

"Io ti ho fatta stare male?"

Raisa, lei stessa figlia femmina, si voltò verso il giovane Kage con gli occhi spalancati e il respiro in pausa.

"Stavo bene."

Kurotsuchi canticchiò in tono asciutto, spostandosi alcune ciocche corvine.

La mente di Raisa vacillava ancora al pensiero delle aspettative dell'ex Tsuchikage.

Diede un colpetto alla spalla di Dalia.

"O forse la mia Mama Ragga aveva ragione di fatto, e tu stavi male perché tuo figlio è forte. Come dite voi, 'roba da ninja'."

Kaori e Kurotsuchi sussurrarono qualcosa all'unisono e ridacchiarono.

Dalia guardava sempre fiamme libere e pentole, gli occhi bassi e le mani occupate.

"Bambini a basso o alto costo di produzione. Nemmeno io potrei metterci la mano sul fuoco, ma mi piace come pensi. Sei sveglia."

"E anche a costo medio-basso," rise Kurotsuchi.

Complimenti gratuiti da Tsuchikage-sama e anche dalla magnifica signora Daimyo.

Quella era una notte di abbondanza per Raisa, ora le preoccupazioni della giornata erano un cumulonembo che si allontanava sotto il vento della calda compagnia delle donne di Iwa, i loro sorrisi e le discussioni tutte femminili che riducevano la distanza.

Lo sguardo di Raisa vagava nell'orizzonte, costellato dalle prime stelle. Cercò la sua Mama Ragga, da qualche parte.

"Non ti preoccupare, Iwa può benissimo essere casa mia. Dopotutto, starò bene."


 


 



 

 Le domestiche rimaste al palazzo rosso avevano preparato per Raisa, su ordine della padrona di casa, la migliore stanza per gli ospiti.

"Ti accompagno su e poi vado," disse Kurotsuchi alla figlia.

"Non puoi dormire con me per stanotte?" "No. Ma se ti senti sola chiama Dalia o Kaori, entrambe dormono qui."

Madre e figlia erano arrivate alla stanza preparata di fresco, ma senza nemmeno aprire la porta Kurotsuchi stropicciò il naso in puntina.

"Che c'è? Non è la migliore stanza?" 

Raisa spinse la porta scorrevole, vide una camera che doveva essere più grande del suo cottage nei boschi del Paese del Fuoco.

Kurotsuchi allungò il collo, “È una buona stanza, dà sul patio. Ma Dalia ha detto cazzate, la vera migliore stanza di questo posto non la mostra mai.”

Gli occhi scurissimi di Kurotsuchi brillarono del bollore di una marachella. 

Come due ninja, madre e figlia salirono al terzo piano e scivolarono lungo il corridoio illuminato solo dalla luce della luna che filtrava dalle finestre. 

Kurotsuchi premette piano un pannello di legno nella parete e questo rivelò delle scale di legno, non del tipo a chiocciola da mansarda, ma vere scale lucide. 

Raisa sorrise al non sentirle scricchiolare e piegarsi mentre le saliva; forse, alla luce del giorno, il legno aveva il colore del miele.

Il Quarto Tsuchikage e la sua figlia segreta giunsero infine ad una specie di mansarda buia con pavimenti che al tatto sembravano dello stesso legno delle scale. 

Tutto sembrava nuovo, specialmente i muri che catturavano i riflessi del corridoio molto più in basso.

"Mamma? La luce?" Raisa camminò tentoni verso una parete.

Sentì uno strato scolpito che non le diede la sensazione né di assi di legno, né di bassorilievo di pietra.

“Che bello…A casa con Mama Ragga non ci sono dei muri così belli. A casa tua nemmeno." 

Constatò, mentre sua madre brontolava a proposito di un interruttore di cui non ricordava la posizione.

Raisa riportò la sua attenzione sul muro riflettente ma opaco —piastrelle? Gesso? Qualcosa di meno facilmente caratterizzabile?— ed udì che sua madre si era accigliata.

"Smettila di star lì a fissare uno stupido muro come una scema."

Forse Raisa non doveva interpellarla mentre cercava interruttori... 

"Di chi è questa stanza? Di Dalia?"

"Era di suo figlio."

"Quello ad alta manutenzione?" Raisa ansimò, e sua madre le fece un cenno del capo.

"Dov'è, ora?"

Raisa fece scorrere ancora una volta il palmo della mano aperta sul muro.

“È liscissimo. Toccalo.”

“Lo so a memoria, Raisa. Ah ecco qui."

Si udì un lieve clic e, con uno scorrere di cardini ben oliati, un grande lucernario si spalancò in mezzo al soffitto come lo sbadiglio di un grande e vecchio spirito di montagna.

Il diametro era così ampio che un piccolo aliante avrebbe potuto entrarne ed uscirne.

L’aria fredda della notte colò dentro la stanza, alzandosi in ghirigori di foschia contro il parquet vagamente caldo. 

La madre trasportò la figlia sul bordo di quella finestra direttamente sotto la notte d’alta montagna, le scie gassose della Via Lattea, le tempeste di stelle.

“Guarda! Si vede casa tua,” esclamò Raisa, indicando una costruzione in linea retta davanti a sé, poi si soffiò sulle manine arrossate.

“Come sapevi di questo posto sul tetto, mamma?”

“Ci venivo spesso. Dovresti sederti qui in estate, quando il sole splende sul villaggio e il vento porta il profumo dei fiori di montagna e della resina di pino."

La voce di Kurotsuchi stava diventando sempre più sottile.

"Non mi sarei mai aspettata che un giorno sarei venuta qui con... qualcuno come te."

Un afflusso di sangue scaldò le guance di Raisa. 

"Un tuo figlio?"

"Con te."

"Quindi ci venivi da sola?"

"No."

Per quanto alte e scure, le montagne non potevano soffocare il cielo; la magia delle notti settentrionali era qualcosa di solo loro, nessun altro villaggio, nessun’altra Nazione poteva averne di uguali a Iwa. 

Era bene che fosse buio e che lo spettacolo delle stelle fosse totalizzante, così che Raisa non vide lo sguardo emozionato della donna più tosta della Roccia.

Le finiture del soffitto e delle pareti erano ancora belle, anche se ormai non sapevano più di nuovo di zecca. Kurotsuchi le guardava ancora, Raisa seguì il suo sguardo col proprio.

"Scommetto che sono ancora più belli con il sole!"

"Riesci a trovare poesia anche nell'edilizia, stramba. Ma cosa ne pensi del panorama?"

Raisa alzò il mento nella notte. 

"È bellissimo. Ma è quando lo guardi cavalcando le nuvole, che ti senti viva e in soggezione di fronte a tutta la grandezza.”

Dopo un attimo di silenzio, Kurotsuchi chiese "E a te piace cavalcare le nuvole?"

"Sì mamma, ma a piccole dosi."

"Non ti piace stare su nel cielo?"

"È troppo grande!" Reclamò Raisa. "Non so cosa farne. A un certo punto devo scendere."

La sua trasformazione preferita era la tigre, le fece sapere.

"Una tigre che corre fra boschi, montagne e deserti. Quindi sei team terra."

"Non sapevo ci fossero team."

Raisa guardava la Via Lattea, si lasciò cullare dal solido abbraccio delle spesse tegole.

"Mama Ragga e io guardavamo spesso il cielo. Lo chiamavamo la terra dell'eterno."

Si girò verso Kurotsuchi. "Sicura che non si può essere di tutti e due i team?"

A Kurotsuchi mancò il fiato per una risposta immediata. 

E quando riuscì a riportare lo sguardo su sua figlia sentì che, forse, Iwa non le avrebbe fatto del male: lei era eternamente libera.

"Io non posso. Ma tu sì." 

Le avvolse le spalle in un mezzo abbraccio, le poggiò le labbra fra i capelli freddi.

"Tu sì."




 










 

Pensieri dell'autrice:




 

Ho disegnato Kurotsuchi e Raisa in cima al palazzo rosso.

Sono nel complesso soddisfatta del disegno, anche se non credo di aver reso giustizia a Kurotsuchi e al suo fascino spigoloso (penso che sia una bellezza moderna) ma il mio subconscio mi ha fatto disegnare Raisa con una precisione maggiore di quanto sperassi.

Ho altri due suoi ritratti, li posterò a tempo debito.



 




 

Ho anche due ritratti di Dalia dell'era della terza guerra. Ho deciso di pubblicarli perché è bella, forse troppo bella per le mie capacità di disegnatrice.

Il primo è recente e il secondo è del 2015.






 

Riguardo al secondo, con il senno di poi penso di aver esagerato con le sue curve ma entrambi i ritratti danno un'idea di com'è.

Uno dei motivi (e di gran lunga il migliore) per cui ho aggiornato così in ritardo è che la scena con lei che cucinava in giardino e che menziona qua e là il suo primo marito mi ha ispirata a scrivere una OS sul loro ultimo giorno da marito e moglie, prima che la 3a guerra rovinasse tutto. 

Non sono sicura di poterla condividere perché è interamente incentrata su OC (con Onoki menzionato una o due volte).

 

In ogni caso grazie di avermi letta! Se avete tempo, una recensione sarebbe apprezzatissima. Potete anche contattarmi per messaggio se avete dei dubbi e volete che spieghi qualcosa meglio.

Buon weekend🍀

   
 
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