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Autore: Nereisi    17/06/2022    0 recensioni
A Punk Hazard gli Strawhats si scontrano con le abominevoli realtà del Nuovo Mondo: innocenti vittime della crudeltà di persone potenti, traffici di Frutti del Diavolo, esperimenti umani. Nonostante la loro vittoria, vengono a conoscenza di una terribile verità: non sono riusciti a salvare tutti i bambini. Decisi a porre fine ai rapimenti, gli Strawhats si imbarcano in un viaggio che li porterà alla ricerca di un nemico nascosto in piena vista.
La chiave per la soluzione di questo mistero sembra essere una ragazza che avrebbe preferito di gran lunga rimanere nell'ombra, capitata nel posto giusto al momento sbagliato.
Tra nuove isole, combattimenti contro il più insospettabile degli avversari, aiuti inaspettati e fin troppi Coup De Burst la ciurma di Cappello di Paglia verrà coinvolta in un viaggio che potrebbe scuotere - e forse distruggere - le fondamenta del mondo e dell'ordine che lo governa.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Nuovo personaggio, Sorpresa | Coppie: Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Footprints'
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Barefoot

- Tripping over -

 

 

 

In un altro punto dell’isola, Zoro si fermò improvvisamente sui propri passi. Usopp, non aspettandoselo, gli andò a sbattere contro.

“Cosa succede?” Chiese, massaggiandosi il naso.

Lo spadaccino si rabbuiò, puntando lo sguardo verso il cielo. “C’è qualcosa che non va.”

“L’avevo capito.” Rispose piccato l’altro, il nervosismo che lo rendeva più audace nelle risposte.

Zoro lo ignorò. Non era dell’umore giusto per scherzare. Fece cadere lo sguardo su un orologio appeso nella vetrina di un negozio lì vicino. “Troviamo gli altri e andiamocene.” Disse, riprendendo a camminare.

Usopp si affrettò a raggiungerlo prima che si addentrasse in un bivio, giusto in tempo per strattonarlo verso la strada giusta. “Non prendere l’iniziativa se non sai dove andare!” Gli sibilò, afferrandogli fermamente una spalla e tirandoselo di fianco.

Lo spadaccino era sul punto di scaricare la colpa del suo pessimo senso dell’orientamento sul dedalo di strade fin troppo complicate, ma prima che potesse proferire parola un rumore improvviso lo interruppe. Alzarono entrambi lo sguardo per vedere uno stormo di uccelli volare via dal bosco che abbracciava il perimetro della città, schiamazzando rumorosamente.

“Ti prego, non dirmi che vuoi andare lì.” Disse Usopp con voce tremante, sapendo già benissimo la risposta.

“Va bene, non lo dirò.” Disse l’altro, prendendo a marciare in quella direzione. Usopp cercò invano di trattenere le lacrime, opponendo una futile resistenza mentre il compagno lo trascinava verso l’ennesimo guaio.

 

-

 

 

Mana incespicò indietro, cercando di trascinarsi via come meglio poteva. Piedi, gomiti, ginocchia, mani: qualsiasi cosa andava bene, purché la portasse via di lì.

Klazina non si scomodò nemmeno ad allungare il passo, seguendola con flemma e un sorriso derisorio stampato in faccia. “Ti trovo bene, 174.” Disse, guardandola dall’alto in basso. “È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ti ho vista in questa posizione, ma devo dire che è sempre un piacere.”

Il cuore le batteva così velocemente che sentiva di stare per svenire. Non si era ancora ripresa dalla debolezza di prima; e come avrebbe potuto? Non le era passata, era solo stata interrotta da un avvenimento ancora peggiore. Si sentiva la testa girare e lo stomaco che minacciava di svuotarsi dei propri contenuti da un momento all’altro. Era sudata in tutto il corpo e tremava, rendendo ogni tentativo di guadagnare terreno tra lei e la sua aguzzina più scivoloso e provante di quanto avrebbe dovuto essere.

“Ad essere sincera non mi sarei mai aspettata di incontrarti così. Che piacevole coincidenza!” Esclamò la donna, con tono allegro. “Questa isola sembra portare fortuna. Chissà cosa troveremmo se chiedessi ai miei uomini di perlustrare il porto secondario dell’isola.” Disse ad alta voce la donna, fingendosi pensierosa. “Forse la nave di una giovane supernova?”

Mana sbarrò gli occhi. Sapeva di Luffy e degli altri. La paura la gelò dalla testa ai piedi, una sensazione alla quale, purtroppo, era ben abituata. Per quanto strano, trovò conforto in quella familiarità. Quante volte aveva sentito quel gelo pervaderla quando si era trovata con le spalle al muro? Ripensarci fu tremendamente spaventoso e tranquillizzante al tempo stesso. Sapeva cosa doveva fare. Lo aveva fatto tante altre volte.

Era inutile pensare a chi fosse la sua avversaria, l’avrebbe solamente mandata ancora di più nel panico. Doveva concentrarsi su quello che sapeva, sui movimenti che già conosceva, su un sentiero di pensieri che aveva già percorso. Doveva concentrarsi sullo scappare.

Dopotutto, lo aveva detto anche Zoro. La fuga era ciò che le riusciva meglio.

Con la mente finalmente fredda, fece saettare gli occhi nei dintorni, ma non vide altri soldati. In quel caso…

Si girò di scattò, cercando di mettersi in piedi e schizzare tra il groviglio di alberi poco più in là. Se riusciva a separarsi da lei anche solo due secondi, giusto il tempo per togliersi i bracciali, avrebbe avuto una possibilità. Nel cielo, era lei ad avere un vantaggio, anche se labile.

Ovviamente, aveva sottovalutato la sua attuale condizione fisica. E peggio ancora, aveva fatto l’imperdonabile errore di sottovalutare la sua avversaria.

Non appena vide il suo movimento, Klazina le fu addosso come un orso, placcandola con violenza con l’intero peso del suo corpo. Era ovvio che non l’avrebbe fatta scappare così facilmente. Il viceammiraglio la afferrò per i capelli, puntandole la lama di un pugnale alla gola. “Non ci sperare.” Ringhiò, il tono scherzoso sparito del tutto.

Non appena si sentì toccare da quelle odiose mani, Mana fu pervasa da una scarica di adrenalina e disperazione. Sgroppò come un cavallo imbizzarrito per levarsela di dosso, nella speranza di farle perdere l’equilibrio e riuscire a sgusciare via.

Un coltello piantato con violenza e precisione tra un polso e il bracciale che lo circondava la congelarono sul posto. La lama era a un soffio dalla sua pelle, minacciando di mordergliela in qualsiasi istante.

“Sembra che durante le tue scorribande ti sia scordata le buone maniere.” Commentò dura l’altra donna, schiacciandole la faccia a terra. Mana respirò dal naso con veemenza, digrignando i denti. Occhieggiò il pugnale con frenesia. Piuttosto che tornare lì…

“Mmh?” Da sopra di lei giunse un verso interessato. “Ma che bei ninnoli ti porti addosso.” Fosse stata un’altra persona, lo si sarebbe potuto scambiare per un complimento sincero, ma Mana aveva imparato da un pezzo a non farsi raggirare dall’atteggiamento fintamente amichevole della donna. Quest’ultima si chinò fino a portare gli occhi allo stesso livello dei suoi, non curandosi del modo in cui i capelli finirono per trascinarsi sul terreno. “Chi te li ha dati?”

Lei non rispose, evitando il suo sguardo e fissando testardamente da un’altra parte.

Klazina aggiustò la presa sulla sua nuca, direzionandole la testa. Estrasse il coltello dal terreno, usandole la punta per sollevare il bracciale e costringendola a guardarlo. “Il Governo Mondiale ha il monopolio dell’agalmatolite e i suoi traffici sono gestiti dalla Marina Militare. Questa bella pietruzza è un lusso raro, un furto di questo genere non passerebbe inosservato, specialmente se c’è dietro una lavorazione così pregiata.” Così dicendo, inclinò la lama in varie direzioni, studiando l’oggetto che le adornava il polso. “Queste non sono le manette che avevi addosso quando sei riuscita a evadere, un anno e mezzo fa.” La donna si fece ancora più vicina. “Chi te le ha date?” Ripeté, il tono glaciale.

Mana non poté evitare di guardarla in faccia. La sua attenzione fu attirata dalla grossa cicatrice che le deturpava un lato del viso, attraversandolo in verticale lo zigomo e la guancia, mancandole per un soffio l’occhio. Il cuore accelerò i battiti. Quel viso aveva abitato i suoi incubi per troppo tempo e lo faceva tutt’ora. La temeva persino più di quelle maschere inespressive attaccate ai corpi di coloro che quotidianamente le iniettavano strani intrugli nel corpo, rimanendo sordi alle sue grida. Oltre la fredda soglia della paura, il panico minacciò di nuovo di prendere dimora nelle sue viscere.

Ma non parlò.

L’altra si limitò a scrutarla con la sua solita espressione ferrea, senza scomporsi. “Credi davvero di poter ancora sfuggirmi? Quest’anno di libertà ti ha riempito la testa di false speranze.” Lasciò andare il pugnale, e Mana trattenne il fiato. La mano sparì dal suo campo visivo e, pochi secondi dopo, un riverbero metallico le riempì le orecchie. “Dimmi chi ti ha dato questi bracciali.” Enunciò Klazina, con timbro basso e voce autoritaria.

Per un secondo, le sembrò che la testa si spaccasse in due per quanto fu viscerale la risposta del suo corpo a quel comando. Mana lottò con tutta sé stessa, contro sé stessa, dimenandosi, la bocca aperta che sbavava e ansimava al tempo stesso. Ce la poteva fare. Ce l’aveva già fatta una volta in passato.

Ma non con lei.

Klazina aggrottò la fronte, non aspettandosi una resistenza così forte. Quando riuscì a calmarsi, Mana non poté impedirsi un ghigno di vittoria. “Non… sono più la tua… marionetta.” Riuscì ad ansimare, sorridendo nonostante avesse ancora il viso schiacciato a terra, sporco di fango e saliva.

L’altra donna inarcò il sopracciglio. “Ah no?” Chiese, innocentemente. “Beh, pazienza. Occorrerà un’aggiustatina, ma poi sarai come nuova. Su, andiamo. Hop hop.” Mana sbiancò mentre veniva costretta in piedi. Un senso di spaventosa incombenza si impossessò di lei e le gambe le cedettero – non sapeva nemmeno lei se l’avesse fatto apposta o se fosse fuori dal suo controllo. Klazina grugnì per l’improvviso peso morto, ma si limitò ad usare entrambe le mani per tirarsela addosso.

Una sequela di No, no, no, no, no, no- si morse freneticamente la coda nella sua testa.

Iniziò ad ansimare in maniera incontrollata, adrenalina a mille senza sapere dove direzionarla- un animale preso nella trappola. Cercò di opporre resistenza, di divincolarsi, dimenandosi come se fosse posseduta mentre piccoli versi e gemiti frenetici le piovevano dalle labbra. Piantò i talloni nel terreno; poi, quando sentì il terreno scivolarle via da sotto le piante dei piedi, cercò di aggrapparcisi con le dita. Sentì sassi e spine ferirla e la presa impietosa sui suoi avambracci forzati dolorosamente dietro la sua schiena. Fece scattare la testa all’indietro, in un tentativo disperato e illogico di mordere la sua aguzzina e farle mollare la presa.

“Tsk.” Uno scapaccione violento le fece fischiare le orecchie, facendole di nuovo piovere la testa in avanti. Mana vide i capelli oscurarle la visuale e tutto si fece improvvisamente più claustrofobico. Si fece tutto più buio e freddo e duro, pietra e ferro e sangue- Stava per tornare in quel posto- Anzi, era già lì, era già in trappola, no-

Un sibilo nell’aria, uno schiocco e un grugnito di sconforto. Improvvisamente, Klazina perse l’equilibrio e sbandò di lato, trascinandosi Mana dietro. Fu tutto troppo repentino e imprevisto perché Mana approfittasse di quello spiraglio per scappare: non era del tutto presente, ancora preda di quel panico che aveva continuato a mutare senza mai abbandonare davvero il suo corpo.

Un altro sibilo fischiò vicinissimo al suo orecchio, risvegliandola come il tocco di un ferro incandescente sulla pelle. Prima ancora che potesse registrare i suoi dintorni, gli occhi ancora annebbiati che mettevano a malapena a fuoco il cielo azzurro- perché stava vedendo il cielo, cosa stava succedendo- Klazina rovinò a terra, trascinandosela addosso. D’istinto, la donna liberò un braccio per attutire la caduta. Mana se ne accorse, ma sia la sua mente che il suo corpo sembravano ricoperti di una melassa che le rallentava i pensieri e i movimenti. Sentì un braccio sfuggire alla presa della donna e lo lanciò avanti a sé mentre sbatteva a terra con un gemito di dolore, aggrappandosi ad una zolla d’erba e stringendo come se ne andasse della sua vita. Klazina la stava già tirando via, abbaiando ordini a qualcuno e, proprio mentre sentiva la presa venire meno, finalmente registrò gli altri suoni e voci che le circondavano.

“Mana!!” Urlò la voce gracchiante di Usopp. “Vieni via da lì!”

Un fiume di voci concitate le invase le orecchie, seguite da spari e dal suono metallico di armi che collidevano. Un altro sibilo e Klazina imprecò, perdendo la presa sull’altro braccio. Mana si ritrovò carponi sul terreno e si affrettò ad alzare la testa.

Erano circondati.

Come apparsi dal nulla, decine e decine di soldati si erano riversati nello spiazzo, l’uniforme che li faceva sembrare una distesa liquida di bianco e blu e nero. Zoro ne stava affrontando la maggior parte, venendo però contrastato dalla loro superiorità numerica. Usopp doveva essersi nascosto in uno degli alberi lì intorno, usandolo come punto di vantaggio per dare pieno sfoggio alla sua abilità di cecchino.

Una miriade di pensieri le attraversò la testa in un nanosecondo.

Perché erano lì? Erano venuti a salvarla? Il cuore le si strinse. Forse… Forse poteva uscirne?

No. Non poteva sperarci. Erano solo in due. Klazina non aveva le sue armi con sé, ma questo non la rendeva un’avversaria meno temibile. E poi, quello non era un plotone come tutti gli altri. Non sarebbero riusciti a sconfiggerli così facilmente. E se avessero catturato anche loro? Dov’erano gli altri? E se venissero attirati lì dal clamore? Oh, Dio. Li avrebbe fatti catturare tutti. Doveva mandarli via di lì.

Sentiva i battiti del cuore rombarle nelle orecchie. Le girava la testa, il sangue che affluiva troppo velocemente per l’agitazione. Aveva la bocca prosciugata, le parole che si aggrappavano alla sua gola con un rampino, come se non volessero uscire. “And-“

“VEDI DI SBRIGARTI, IMBECILLE! NON ABBIAMO TUTTO IL GIORNO!”

Il ruggito infuriato di Zoro la svegliò definitivamente, come una delle secchiate d’acqua gelida che le aveva tirato addosso durante il loro allenamento sulla Sunny.

Si sentì come attraversata da una scarica elettrica. Si lanciò in avanti e fece leva su una gamba per spingersi verso la sua direzione. Non importava se fino a poco fa avesse cercato di abbandonarli, non importava che si stesse lanciando dritta addosso ad un manipolo di soldati. Lì c’erano facce amiche.

Il successivo sibilo – che aveva capito essere un proiettile di Usopp – colpì il suo bersaglio con un suono sordo. Mana sentì un ringhio alle sue spalle e prima che se ne rendesse conto una morsa si chiuse intorno alla sua gamba, strattonandola e facendola sbattere a terra. Mentre stringeva i denti per non mordersi la lingua, Mana udì l’imprecazione di Zoro.

Il terreno si allontanò dalla sua visuale mentre Klazina si alzava, tenendola per la caviglia come un pesce appena pescato. Usopp sparò altri proiettili da dove era nascosto, ma la donna li intercettò con una mano ricoperta d’haki, rispedendoli al mittente. Dalla direzione da cui provenivano i colpi, si udì un urletto spaventato.

La sua testa scattò verso Klazina, guardandola con odio. “Brutta stronza-“ Ora che aveva le mani libere, con un movimento fluido si sfilò i bracciali, stringendoli nelle mani come tirapugni e flettendo gli addominali per sferrarle un colpo in faccia. Riuscì a connettere, ma per quanto poco si scompose l’altra le sembrò di aver colpito una pietra.

La presa sul piede si strinse, impietosa, mentre l’altra mano della sua aguzzina, ormai libera, le levò il fiato chiudendosi intorno alla sua gola. “Non fami perdere tempo, 174.” Le sibilò a pochi centimetri dal viso.

Mana perse la presa sui bracciali, lasciandoli cadere a terra, e artigliò il braccio che la stava strozzando. Udì altri fischi sopraggiungere alle sue spalle – Usopp! – ma non fece in tempo a sperarci che il viceammiraglio mollò la presa sulla sua caviglia, afferrando i proiettili con la mano ricoperta d’haki e stringendoli fino a ridurli in polvere davanti ai suoi occhi. Si alzò il vento e la polvere metallica le sbatté in faccia, facendola lacrimare. “Non mi servi cosciente, 174. E loro non mi servono vivi.”

Con suo orrore, Mana vide la donna portarsi una mano alla cintura dove teneva i pugnali. Quasi al rallentatore, vide il suo sguardo spostarsi verso Zoro, che nonostante avesse sconfitto diversi soldati era ancora impegnato nella lotta. Una stretta feroce le impedì di urlare, di avvertirlo, di chiamare aiuto-

“Jet pistol!”

Klazina grugnì per l’attacco inaspettato, piegandosi su sé stessa. La morsa si allentò e Mana bevve avidamente l’aria. Nonostante le lacrime che le appannavano la vista, riuscì a vedere con la coda dell’occhio Luffy e Nami, trasportati entrambi di gran carriera da Sanji.

“Mana!” Nami sfoderò il suo Clima Tact non appena atterrò. “Gust Sword!” Una corrente d’aria incredibilmente forte spazzò via una manciata di soldati, aprendo un passaggio fino a Zoro. L’attacco fece piovere anche Usopp giù dal suo nascondiglio, con tanto di verso strozzato che quasi la fece sorridere.

“Sanji!” Chiamò Luffy. Non ci fu bisogno di dare ordini: il cuoco era già scattato a dare man forte ai suoi compagni, salvando per il rotto della cuffia Usopp da un nugolo di soldati che l’aveva mirato non appena era uscito dal suo nascondiglio.

Il giovane pirata tentò nuovamente di colpire Klazina. La donna quasi riuscì ad afferrare il braccio del ragazzo mentre si ritirava, ma nel cercare di cambiare la mano con cui la teneva prigioniera, Mana le scivolò tra le dita. Mana sgusciò via, incredula, buttandosi all’indietro ed evitando per un soffio di essere presa di nuovo. “Nami, al volo!” Chiamò a gran voce, ricoprendosi il gomito di haki.

Finalmente in grado di toccare terra, Mana calciò i suoi bracciali nella direzione della Gatta Ladra, confidando nei suoi riflessi, per poi colpire il viso del viceammiraglio con tutta la rabbia che aveva in corpo.

Funzionò, anche se non sembrava aver fatto grandi danni. La donna barcollò all’indietro e Mana, finalmente, spiegò le ali.

“Via! Via, via, VIA!” Urlò, iniziando a correre. Decollare dal terreno era tutta un’altra storia rispetto che a farlo sul ponte di una nave dove, bene o male, il vento spirava sempre. Sbatté le ali più forte che poteva, cercando di mettere distanza tra sé e Klazina almeno finché non si fosse librata in aria.

Zoro e Sanji, schiena contro schiena, udirono le sue grida e unirono gli sforzi per respingere i soldati. Ne avevano decimato la maggior parte, ma ne restavano comunque parecchi, e non sapevano se sarebbero arrivati o meno dei rinforzi. Mana vide il cuoco tirare su Usopp per i vestiti, caricandoselo in spalla come un sacco di patate. Forse avevano davvero una chance di scappare.

Proprio mentre staccava i piedi da terra, un brutto presentimento la colse. Le sembrava impossibile essere stata in grado di allontanarsi a tal punto. Si voltò indietro.

Klazina non stava guardando verso di lei. No, stava guardando verso Luffy, che non le stava prestando attenzione per difendere Nami da un manipolo di soldati che l’aveva accerchiata. Stava tirando qualcosa fuori dalla giacca. Luffy non l’aveva notata; e nemmeno Nami, che sembrava stesse creando dei nuvoloni in miniatura con la sua arma, forse per usarli in un attacco.

Il sangue le si ghiacciò nelle vene. Cos’aveva lì sotto? Una pistola? Un pugnale? Un’arma in agalmatolite?

Tutte le volte che era sfuggita alle squadre incaricate di catturarla aveva avuto pensieri simili. E, tutte le volte, aveva il pieno controllo decisionale della situazione. Ma in quel momento no. In quel momento c’erano diverse persone con lei, diversi fianchi scoperti e feriti e punti deboli e fronti di battaglia e- Non poteva gestirli tutti.

Se avesse provato ad avvertire qualcuno, sarebbe già stato troppo tardi.

Se fosse stata da sola, quella sarebbe stata un’opportunità d’oro per scappare, irripetibile.

Ma non era sola.

E quindi Mana si gettò in picchiata contro Klazina, con un verso disperato, cercando di attirare la sua attenzione, distrarla, qualsiasi cosa-

La donna si voltò verso di lei come se l’avesse aspettata al varco, un sorriso perfido sul viso. Mana sentì i peli delle braccia rizzarsi e sgranò gli occhi. Istintivamente cercò di fermarsi- facendo peggio, inavvertitamente. Klazina sfilò dalla giacca una lunga catena e, con una mossa fluida, gliela lanciò contro.

Il suo primo pensiero fu che fosse in agalmatolite e cercò di far fluire frettolosamente il proprio haki nelle braccia per difendersi; ma l’acciaio della catena si avviluppò intorno alle sue enormi ali, lasciate in bella vista e indifese nel suo tentativo di frenare. Come un pesce preso nella rete, Mana rovinò a terra con un grugnito di dolore.

Klazina le fu sopra in un secondo, inchiodandola a terra. Le gravava sopra con uno stivale, nemmeno fosse un trofeo di caccia. Il tempo sembrò fermarsi e un improvviso silenzio cadde nella radura. “Oh, che carina.” La sbeffeggiò. “Avere un cuore troppo grande lascia tanti fianchi scoperti, 174. Pensavo lo sapessi.”

“Lasciala andare!” Ringhiò Luffy, rilasciando una piccola ondata di haki. I soldati presenti barcollarono e una manciata di loro svenne sul posto.

La donna ghignò. “Bella prova leoncino, ma rimani fermo dove sei. Non ci metto niente a fare un purè di ossa.” Infilò una mano nella giacca e Mana fece saettare lo sguardo verso i Mugiwara. La catena che l’avvolgeva non era in agalmatolite, stranamente; se avesse fatto rientrare le ali forse sarebbe riuscita a scivolare via. Ma dopo quello, non sapeva come sarebbero riusciti a filarsela.

Brrr-brrr-brr, brrr-brrr-b-

“Sono io.” Disse Klazina, portandosi un lumacofono alle labbra. Prima che potesse continuare, una voce giovane e allegra la assalì con una valanga di domande e lei strinse le labbra, chiudendo gli occhi come per portare pazienza. Mana strabuzzò gli occhi a quel comportamento inusuale. Non riconobbe la voce dall’altro capo del lumacofono. “… Sì.” Continuò infine la donna. “Segui il mio haki e porta rinforzi. Abbiamo trovato un’interessante compagnia.” Interruppe bruscamente la chiamata, troncando sul nascere un nuovo fiume di parole dall’altra parte della cornetta.

Mana rimase pietrificata per un istante; poi iniziò a sgroppare come un cavallo tra le urla concitate della ciurma poco distante. I nemici erano in superiorità numerica e avevano (era) un ostaggio. Se fosse arrivato un plotone ancora più numeroso sarebbe stato praticamente impossibile cavarsela.

Fece rientrare le ali, approfittandone per liberarsi dalla catena. Riuscì a fare solo quello, però.

Nami aveva evocato la pioggia, probabilmente per colpire l’avversaria con un fulmine, ma dovette fermarsi quando Klazina la sovrastò di nuovo. Quasi volle dirle di farlo ugualmente, di prendere anche lei; ma, in tutta sincerità, non sapeva se sarebbe sopravvissuta ad un fulmine.

“Op-op-op- Non penso proprio.” La marine l’afferrò per i capelli, usandoli come un guinzaglio per strattonarla indietro, verso le mura delle città- probabilmente, la direzione da cui sarebbero arrivati i rinforzi nemici. Altri proiettili sfrecciarono intorno a lei, sicuramente opera di Usopp. Klazina nemmeno si scompose, facendo diventare la propria pelle color pece e lasciando che si frantumassero al contatto.

Mana si girò verso di lei con un verso disperato e gutturale. Si trasformò del tutto, imponente ma goffa, puntando a ferirla con ogni mezzo possibile. Delle piume vennero strappate via, ma strinse i denti e cercò di artigliarle gli occhi, il ventre, le gambe; qualsiasi punto riuscisse a raggiungere. Non la ferì- l’haki della donna era troppo superiore al suo- ma riuscì a stapparle la cintura su cui portava le armi, lanciandola lontano.

Vide il colpo appena in tempo per prepararsi all’impatto. “A cuccia, 174.” Tuonò Klazina, colpendola violentemente al fianco scoperto e scagliandola via. Mana ruzzolò via, scivolando sul terreno reso fangoso dalla pioggia, finendo poco distante da dove si trovavano Zoro e Sanji.

“Polletta!” Abbaiò Zoro. “Attenta!”

Mana si riscosse appena in tempo per tornare alla sua forma umana, un attimo prima che Klazina le pestasse con ferocia le fragili zampe posteriori. Cercò di tendere una mano verso Luffy- una richiesta d’aiuto che non aveva mai avuto il lusso di poter fare prima – e il pirata scattò verso di lei, la pelle lucida di vapore. Quasi riuscì ad afferrarle il braccio, e Mana sentì le lacrime scorrerle già per le guance perché era già troppo tardi.

La mano di Klazina si chiuse sul suo braccio, impietosa ed ineluttabile. “Ti ho già detto che non mi servono vivi, 174.” Il clamore di un plotone in movimento le raggiunse le orecchie e lo sguardo saettò sui giovani pirati davanti a lei, in pericolo per colpa sua.

Mana abbassò gli occhi, guardandosi le gambe e i tatuaggi che le serpeggiavano sulla pelle. “… io sì.” Sussurrò.

“Ah?”

“Io sì!” Si rivolse alla ciurma. “Andate via!” Urlò sopra al frastuono e alla pioggia. “Andate! Le servo viva!”

“Non dire cazzate!” Sentì abbaiare la voce roca di Zoro.

“Non ci pensare nemmeno! Non esiste!” Gli fece eco Luffy, seguito in coro dagli altri.

“Nami, ti prego! Ascoltami!” La supplicò. “Andate via!” Non udì nemmeno la sua risposta, se gliene aveva data una.

“Perché ti limiti, 174? Non c’è agalmatolite.” La voce di Klazina tagliò il silenzio, inquisitoria e divertita al tempo stesso. “Temi così tanto per questi pirati?” Una pausa. “Ti ricordavo più spietata di così.”

Mana fece un verso vulnerabile e strozzato. Klazina la strattonò, alzandole la testa con la forza. Grosse gocce di pioggia le caddero sul viso, costringendola a sbattere le palpebre come per scacciare delle lacrime. “Cos’era questa pagliacciata?”

La giovane cercò di evitare il suo sguardo, finendo per incrociare quello di Nami. Era fin troppo vicina ed aveva la fronte aggrottata, gli occhi che saettavano tra lei e il viceammiraglio che la teneva prigioniera. Aveva sentito.

Klazina seguì la direzione del suo sguardo. “Oh. Oh.” Esclamò, come se avesse avuto una rivelazione. “Quindi non lo sanno.”

“Sapere? Sapere cosa?” Si fece avanti la Gatta Ladra.

La pioggia continuava a battere sul campo di battaglia. Lo scontro sembrava in stallo, ma le armi erano ancora tutte sfoderate.

Un fragile equilibrio, destinato ad essere spezzato prima del tempo.

 

-

 

Il prode capitano Usopp non era un codardo.

Sarà pure stato un debole, un bugiardo, un codardo ma sicuramente non uno che si faceva sfuggire l’attimo.

Come biasimarlo, quindi, quando decise di scommettere il tutto per tutto in una ritirata (del tutto strategica, come vi permettete-) e portare a casa la pellaccia?

“È ora di sgomberare il campo, sento i loro rinforzi a poche centinaia di metri da qui!” Esclamò, cercando di scuotere i propri compagni.

I suddetti compagni, però, erano impegnati a lanciare sguardi di fuoco a colei che si erano impantanati a salvare. Nami in primis, che non sembrava essere troppo entusiasta delle ultime rivelazioni. “Allora? Cos’è che dovremmo sapere, Mana?” Intimò, la voce qualche ottava più acuta del normale.

La ragazza sembrò voler rispondere, ma una veloce occhiata alla donna che la stava tenendo prigioniera le fece stringere le labbra. Lanciò uno sguardo supplicante alla navigatrice, che però non sembrò lasciarsi impietosire. “Altri segreti? Sul serio? Dopo che siamo arrivati fino a questo punto?!”

Sanji tentò di placarla. “Nami-san-“

“Nami-san un cazzo!” Ringhiò lei. Fece un passo avanti, impugnando il Clima Tact a due mani come se volesse picchiarglielo personalmente sulla testa. Se non avesse saputo benissimo che aveva troppa paura di avvicinarsi alla viceammiraglio, l’avrebbe trovata persino intimidatoria. “Tu! Avevi promesso!”

“Beh…” Tentò di intervenire.

“Silenzio!”

Il prode capitano Usopp, saggiamente, accettò la propria sconfitta.

Quell’assurdo ping-pong di accuse, sguardi contriti e mezze risposte mangiucchiate, però, passò in secondo piano. Perché quando uno naviga con la ciurma del futuro Re dei pirati per così tanto tempo, inizia ad affinare un certo sesto senso, particolarmente efficace nel fiutare le cazzate a cui erano così proni i propri compagni di avventura.

E fu proprio quel sesto senso – che alcuni potrebbero definire haki dell’osservazione; altri, invece, semplice istinto di sopravvivenza – che Usopp notò le occhiate che si stavano scambiando i membri del monster trio. E non gli piacquero per niente. E gli piacque persino meno quando i suddetti mostri si girarono verso di lui, con un’espressione che non prometteva nulla di buono stampata su quei brutti musi.

Il berciare incessante di Nami, ormai fuori controllo per la rabbia, si rivelò essere in loro favore, dal momento che coprì le pochissime parole sussurrate tra di loro. A lui, invece, rivolsero solo un ghigno demoniaco. Sentì le lacrime montare. Aveva già capito.

Il prode capitano Usopp, che aveva bene imparato che non c’era verso di far cambiare idea al proprio capitano e ai suoi complici – e in quella situazione non ve n’era proprio il tempo – decise che non c’era infamia nel completare l’incarico assegnatogli tremando come una foglia nel mentre. Era pur sempre il cecchino del futuro Re dei pirati, un po’ di tremarella non gli avrebbe fatto mancare il bersaglio. Usopp accarezzò con le dita i tre semi di Impact Wolf che portava dentro il borsello. Aveva impiegato mesi a coltivarli, ma se significava portare a casa la pellaccia non si sarebbe lasciato prendere dall’avarizia.

Un verso strozzato di Nami riportò di scatto l’attenzione sulla scena di fronte a loro.

“Cosa diavolo-“

“Mana?!”

Huh.

Usopp era abbastanza sicuro che gli ippogrifi non avessero la pelliccia.

 

-

 

Non voleva che lo scoprissero in quel modo. Se fosse stato per lei, non avrebbero mai dovuto scoprirlo. O almeno, all’inizio la pensava così. Poi mille dubbi si erano insinuati nella sua mente e si era permessa di affezionarsi a loro. Poi, i conflitti con la ciurma, la sgridata di Nami, la lite con Sanji, l’allenamento con Zoro.

E, beh.

Le era semplicemente passato di mente.

I giorni si erano susseguiti, poi era arrivata la possibilità di sbarcare su quell’isola e allontanarsi e… si era detta che forse era meglio così. Si sarebbero separati e, visto che fino a quel momento non aveva trovato il momento giusto, non aveva senso dirglielo ora. Molto probabilmente, non si sarebbero mai più incontrati.

Ma, a quanto pareva, il destino aveva in mente altro per lei.

E ora Mana si ritrovava gli occhi feriti e duri di Nami che le facevano il terzo grado silenzioso da qualche metro di distanza. Silenzioso per modo di dire, perché ci pensava la sua bocca a sopperire al silenzio furibondo dei suoi occhi.

“Non appena torniamo sulla Sunny ci dirai tutto. E intendo davvero tutto, stavolta. Sono stata chiara?” Le intimò a denti stretti.

Un’ondata di disagio si fece strada in lei, facendo compagnia alla vergogna e ai sensi di colpa.

Una risata secca ed incredula. “È ammirevole come vi illudete di poterla scampare anche questa volta.” Disse Klazina. “Cosa pensate di poter fare, esattamente?”

“Non lo so, ma ci teniamo sempre pronti a tutto.” Minimizzò Nami, fissandola intentamente. “Il nostro capitano è colui che diventerà il futuro Re dei pirati. Siamo abituati a miracoli e sorprese inaspettate. È così che si sopravvive sulla Grand Line, dopotutto.” Calcò su alcune parole continuando a scrutare Mana, quasi come se volesse dirle qualcosa. O forse era una frecciatina.

O forse era entrambe.

Oh. Oh.

Mana sgranò gli occhi.

Klazina aggrottò la fronte, sulla difensiva. Si guardò intorno, come se si aspettasse di vedere il resto della ciurma Mugiwara saltare fuori dagli alberi che li circondavano da un momento all’altro.

Il frastuono causato dai rinforzi militari si fece improvvisamente vicinissimo, lasciando che alcune voci sovrastassero il clamore delle armi e degli stivali. Klazina si irrigidì, facendo saettare gli occhi da una parte all’altra dello spiazzo; dimenticandosi per un preziosissimo momento della preda che aveva esattamente davanti a sé.

Mana non perdette tempo a ragionarci su, a valutare pro e contro, a farsi mille domande come suo solito. Per una volta nella sua vita, lasciò decidere a qualcun altro.

Furono gli istanti più lunghi della sua vita.

Fece schizzare le ali fuori dalle scapole con violenza, usando il loro volume per cogliere di sorpresa Klazina. La donna perse la presa per un secondo e scattò in avanti per catturarla di nuovo, portandosi la mano alla cintura- ma le sue armi erano ben distanti. Mana richiamò le ali, lasciando che fosse qualcosa di diverso a invaderle le membra, pregando che funzionasse.

Klazina sembrò diventare improvvisamente più grande di qualche spanna e Mana sentì Nami fare un verso strozzato. Cercò di non darci peso- non aveva il lusso del tempo.

Si accucciò per evitare la presa della Marine e sentì le esclamazioni di sorpresa di Zoro e degli altri.

“Immaginalo come un pezzo di stoffa. Invece di coprirti tutto il corpo, piegalo, stratificalo e concentralo in un punto solo.”

Mana sbatté le palpebre. E se il punto in questione fosse molto piccolo?

Indisturbata dalla pioggia, che le scivolava addosso senza rallentarle i movimenti, Mana fece appello a tutto il suo haki, scagliandosi addosso a Klazina e perforandole la mano con canini acuminati.

La Marine imprecò.

Poi, molteplici cose accaddero contemporaneamente.

Mana sentì qualcosa avvolgerla intorno alla vita, strattonandola via da Klazina.

Zoro e Sanji rilasciarono dei potenti attacchi, scagliando lontano i soldati rimanenti.

Quelli che sembravano enormi lupi verdi apparvero dal nulla, schiantandosi sulla viceammiraglio proprio quando Mana si ritrovò caricata sottobraccio a Luffy.

Infine, il resto del plotone militare fece irruzione nello spiazzo, capeggiato da un ragazzo che riuscì ad intravedere solo con la coda dell’occhio.

Non riuscì ad intravedere altro, però. Con un ringhio frustrato, Nami mosse violentemente il suo bastone verso il basso. I nuvoloni che avevano continuato a schiaffare pioggia in faccia a tutti i presenti si fecero come d’inchiostro.

L’ultima cosa che vide prima che Luffy catapultasse tutti lontano da quel luogo fu un fulmine che si abbatteva su Klazina Fleckwölle, sotto gli occhi attoniti dei suoi sottoposti.

 

 

Note autrice:  

Pensavo di starmi avvicinando all'anno di assenza, ma invece ho superato i due. Beh. Non c'è molto da dire. Penso costantemente a questa fic e ho già riempito un intero moleskine con essa, cominciando anche il secondo. Purtroppo ho le mani in pasta in davvero troppe cose diverse: studio, lavori, varie fic, traduzioni di altre fic e gli altri hobby più immediati a cui posso dedicarmi già fin troppo poco. Non so se c'è ancora qualcuno che sta leggendo questa fic, ormai la continuo solo per mia soddisfazione personale perchè è una storia che è da più di quattro anni che voglio raccontare. Con questo capitolo siamo a circa un terzo della storia e con questo anniversario voglio anche dire di aver imparato la lezione: postare solo a storia già completata. Ma più una cosa simile con una long. Mai più.

Buon Pride a tutti!

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