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Autore: La_Sakura    22/06/2022    6 recensioni
Alla vigilia del World Youth, un grave incidente costringe Tsubasa al ritiro dalla competizione e anche dal calcio giocato. Rimasto inspiegabilmente in Brasile, il giovane lascia andare i contatti con gli amici di sempre fino a far perdere le proprie tracce.
Sono passati cinque anni quando, da San Paolo, giunge una nuova notizia: Roberto Hongo ha perso la vita in un incidente d’auto. Gli amici della vecchia Nankatsu si radunano per recarsi al funerale, curiosi anche di sapere se Tsubasa sarà presente, ma la sua assenza fa sì che Yuzo decida di cercarlo, rintracciandolo finalmente a Santos. Ciò che troverà, sarà in grado di spiegare il passato?

«Dobbiamo essere veloci.»
«Veloci e furiosi.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

Rap das Armas

Yuzo aveva notato un cambiamento nel rapporto tra Kei e Tsubasa: si guardavano le spalle a vicenda, quando uno era affaccendato in qualcosa ecco che l’altra gli compariva accanto a dargli supporto, e viceversa l’ex calciatore la teneva sempre sotto controllo, come se volesse mantenerla nel suo raggio visivo.

«È successo qualcosa?» domandò a Cris, impegnato a lavare i piatti.

«Oh, normale amministrazione: diventano un tutt’uno, prima di una gara.»

«Gara?» ripeté Yuzo, quel termine stonava parecchio nel contesto.

Cristóvão si interruppe: l’acqua continuò a scorrere nel lavello ma lui non stava più sciacquando i piatti, e il fatto che non riuscisse a vederlo in volto non gli dava modo di comprendere la sua reazione. Il nissei chiuse il rubinetto e, dopo essersi asciugato le mani con uno strofinaccio che poi fece volare sulla spalla, si voltò verso di lui con le labbra piegate in un sorriso divertito.

«Volevo dire» gli si avvicinò «prima di qualcosa di importante.»

Yuzo lo osservò in quelle iridi quasi bicolore: il ragazzo non distolse lo sguardo, bensì mantenne quel piglio di chi ti sta prendendo in giro con benevolenza.

«Ha detto “gara” perché è abituato a chiamarle così.» Yuzo fu grato che Tsubasa fosse arrivato in quel momento, il contatto con lo sguardo del nippobrasiliano lo imbarazzava maggiormente ora che avevano condiviso un momento importante.

«Scusate ma non arrivo a capire di cosa state parlando: non ci si riferisce alle partite di calcio col termine “gare”.»

Tsubasa ridacchiò accomodandosi accanto a lui e gli posò una mano sulla spalla.

«Facevamo gare clandestine in auto, Kei e io. E Cris, ovviamente.»

«Diciamo che io testavo le auto che voi due rimettevate in sesto, ma tu, tu» si posizionò alle spalle di Tsubasa e lo strinse in un caloroso abbraccio, spettinandolo con una mano in un gesto d’affetto, «tu pestavi su quell’acceleratore meglio di chiunque altro. Lo sai che una volta ha fatto mangiare la polvere a uno che…»

«Non facevo nulla di che, mi limitavo a guidare.» Tsubasa minimizzò la situazione, come se tutti quei complimenti lo mettessero in imbarazzo.

«Quindi è questo che farete stasera? Guiderete e basta?» Yuzo non riuscì a mascherare la nota di apprensione.

«L’idea è quella.» annuì Tsubasa, picchiettando le dita sul tavolo «Sicuramente quelli del PCC non tarderanno a scoprire del furto e ci cercheranno: le auto su cui abbiamo lavorato in questi giorni non sono abbastanza anonime da perdersi nel traffico ma hanno abbastanza cavalli da permetterci di correre veloci. Taglieremo fuori la capitale e passeremo da Mauá, ah, grazie Kei.»

La ragazza li aveva raggiunti e aveva steso sul tavolo una mappa su cui erano stati tracciati vari segni, come a voler sottolineare i percorsi.

«Meglio non fare troppe ricerche su internet.» Cris rispose al suo interrogativo mentale, facendogli l’occhiolino e piazzandosi al suo fianco. Non gli sfuggì il fatto che, nell’accomodarsi alla sua destra, gli aveva sfiorato il collo, causandogli dei brividi.

«Dicevo: passando per Mauá la allunghiamo di pochi chilometri, ma almeno ci teniamo aperte le possibilità di usare percorsi alternativi all’ultimo momento, se la situazione diventasse calda.»

«Le Impreza possono dare soddisfazione anche sullo sterrato.» Keiko si accomodò accanto a Tsubasa, chiudendo il cerchio.

«Sì ma dobbiamo prestare attenzione alla distanza tra di noi.» Cris scattò in piedi e corse nella sua stanza, salvo poi tornare poco dopo con una valigetta che depositò con delicatezza sul tavolo. Fece scattare i ganci, quindi ne sollevò il coperchio e, come se stesse per mostrare un tesoro, la voltò alla loro attenzione.

«Ricetrasmittenti di ultima generazione, resistenti alle intemperie, agli urti e alle alte velocità» ridacchiò divertito, battendo le mani con entusiasmo «Le ho già settate su una frequenza privata che possiamo usare solo noi quattro: funzionano nel raggio di cinquanta chilometri, per questo non dobbiamo allontanarci troppo tra di noi. Ognuna ha un codice privacy che, se usato, le blocca, in questo modo possiamo usarle solo noi.»

«Ottimo lavoro, Cris.» Tsubasa si congratulò con l’amico.

«Mi sono permesso di inserire anche un GPS in ognuna di loro» si fece immediatamente serio «Anche ammettendo che tutto vada per il meglio, ho voluto inserire la possibilità di cercarci a vicenda, nel caso in cui...»

Rimase in silenzio, e abbassò lo sguardo fingendo di concentrarsi sulla propria ricetrasmittente, mentre Kei e Tsubasa si impossessavano della loro. Yuzo comprese che quel silenzio aveva sicuramente a che fare col lutto che avevano vissuto cinque anni prima, anche se faticava a capire come un GPS potesse essere d’aiuto. Il suono del suo cellulare ruppe il silenzio, così si congedò per recarsi sulla verandina a rispondere.

«La Premiata Ditta Shuzo Mori è a sua disposizione e in attesa di ordini, Morisaki-san.»

«Ciao anche a te, fratello.»

«Mi hai cacciato in un bel guaio, lo sai vero?»

«Niente che il grande Mori-san non sappia gestire.» ridacchiò, consapevole di colpire il suo ego.

«Seh, seh, paraculo. Senti, io sono in posizione, aspetto solo un tuo cenno e poi procediamo.»

«D’accordo, allora appena ho il via libera, ti mando la posizione. Shuzo…»

«Sì?»

«Stai attento.»

Il gemello rise, prima di chiudere la comunicazione. Yuzo mise il cellulare in tasca e rimase a fissare il riverbero del sole sulla baia di Santos.

 

 

Continuava a fissare quella foto di Yuki nella speranza che il sorriso del bambino le desse la forza per affrontare anche quella situazione: non era il fatto di dover guidare veloce a preoccuparla, quanto il guaio in cui si erano cacciati. Anzi, in cui lei li aveva cacciati. Anzi, in cui Roberto Hongo li aveva cacciati: alla fine era sempre colpa sua. Era così semplice incolparlo di ogni male, soprattutto ora che non era più di questo mondo.

Ripiegò la foto e la nascose nella tasca laterale dei pantaloni scuri che aveva indossato, i più comodi che aveva insieme agli anfibi militari.

«Ancora niente?» domandò, avvicinandosi a Tsubasa e Cris che stavano sistemando gli ultimi dettagli sul motore dell’auto che avrebbe guidato il nissei.

«Arriveranno, non avere fretta. Pazienza, Kei-chan, pazienza.»

Le sfuggì uno sbuffo divertito, nonostante la tentazione fosse quella di incrociare le braccia al petto per proteggersi, e così fece, per innalzare la sua corazza.

«Li hai evocati, Kei-chan.» Tsubasa si pulì le mani con uno straccio che poi lanciò in un angolo, mentre si dirigeva verso l’ingresso dell’officina dove quattro Mercedes scure si parcheggiarono a semicerchio di fronte a lui.

Yamai-san scese dalla prima auto, seguito a ruota da altri due tirapiedi che gli si affiancarono, sguardi beffardi e ghigni poco raccomandabili in costosi completi neri.

«È giunta l’ora, Ozora.» si fece scrocchiare le nocche, come se si preparasse per una rissa; Tsubasa non reagì, si limitò ad assentire.

«Kei, Cris, salite sulle auto, si va in scena.»

«Non così in fretta.» la voce di Yamai li bloccò quando stavano per prendere posizione «Non sarete da soli.»

«Le nostre auto hanno solo due posti, e io non carico nessuno sul sedile passeggero.» Tsubasa si mise di trequarti rivolto allo yakuza, che non perse tempo e gli si avvicinò.

«Capisco che essere un tuo passeggero sia pericoloso, ricordo bene com’è andata a finire quando avevi tua cognata in auto con te…»

Keiko sarebbe voluta correre da Yamai e riempirlo di botte, ma dovette trattenersi: Tsubasa aveva serrato le mani a pugno e questo aveva allarmato i due tirapiedi, che si erano avvicinati a difesa del loro leader.

«Andiamo.» fu tutto ciò che sentì pronunciare dal suo compagno. Yamai piegò le labbra in un ghigno vittorioso e si raddrizzò sulla schiena.

«Masuda, vai con la ragazza; Takeda col bastardo.»

«Ehi, vacci piano con le parole.» Cris si risentì dell’appellativo, ma proseguì fino alla propria auto per mettersi in posizione. Kei approfittò del momento per avvicinarsi a Tsubasa.

«Ehi…» gli sfiorò la spalla per attirare la sua attenzione.

«Va tutto bene, non cederò alla provocazione. Pensiamo a guidare.» le sorrise, e Kei replicò al suo sguardo per cercare di infondergli coraggio. Gli posò una mano sulla guancia, quindi tornò sui suoi passi e prese posto alla guida. Lo sguardo le cadde sull’occupante del posto passeggero, e vide il rigonfiamento nei pantaloni.

«A meno che tu non sia eccessivamente felice di vedermi, ti consiglio di togliere la pistola dalla tasca e mettere la cintura.»

Masuda ghignò estraendo l’arma e puntandogliela contro.

«Guida e basta, stronzetta.»

«Come vuoi.» replicò al suo ghigno accendendo il motore e premendo sul pedale dell’acceleratore. L’auto sgommò sul cemento dell’officina, e il contraccolpo costrinse lo yakuza a tenersi alla maniglia.

«Che cazzo…»

Kei fece lo slalom tra le auto ancora parcheggiate a copertura e, una volta nel piazzale sgombro, iniziò un 360 stretto e veloce che alzò un enorme polverone.

«Fermati, fermati, stupida puttana, fermati!»

Mantenne il piede sul pedale e continuò a ruotare fino a quando ritenne che Masuda fosse livido abbastanza, quindi inchiodò e si sporse per aprirgli la portiera e spingerlo fuori. I conati dello yakuza riempirono l’aria, seguiti subito dopo dalla risata di Cris.

«Mi serve qualcuno con più pelo sullo stomaco, Yamai: non posso fermarmi a ogni piazzola di sosta per fargli prendere aria.»

«Lasciala a me!» inveì lo sventurato, recuperando un colorito idoneo «Ci penso io a sistemarla, questa maledetta put…»

«Tu vai con Ozora, salgo io con lei.» Yamai interruppe il suo sproloquio «Andiamo, non abbiamo più tempo da perdere.»

Kei risalì in auto e, dopo aver lasciato sfilare le Mercedes, lanciò un’ultima occhiata all’officina tramite lo specchietto retrovisore: Yuzo era rimasto nascosto all’interno, e ora toccava a lui partire per salvare Yuki. Sperò con tutta sé stessa che il piano fosse valido, non sarebbe riuscita a sopportare un fallimento in quella missione.

 

 

Erano parcheggiati al porto da ore e Tsubasa iniziava a scalpitare: odiava quelle attese insensate, soprattutto quando la gestione non era in mano sua. Sbuffò per l’ennesima volta poggiando il gomito sulla portiera e supportando la testa con la mano a pugno.

«Spazientito?» sghignazzò Masuda.

«Detesto la pessima organizzazione.»

«Ehi» lo apostrofò l’altro «Yamai-san sta solo aspettando il momento adatto per agire. Sono cose che vanno programmate nel giusto modo, col giusto tempismo.»

La ricetrasmittente gracchiò e la voce di Cris riempì l’abitacolo.

«Ho la scritta SPARCO(1) tatuata sul culo: possiamo muoverci?»

Tsubasa afferrò la ricetrasmittente e tornò ad addossarsi alla portiera.

«Non dici sempre che nella vita ci vuole pazienza, irmão

«Lo dico a Kei perché lei non ne ha, ma qui siamo fermi da ore senza concludere nulla. Inizio a pensare che l’affare sia saltato.»

«Non è saltato nulla.» la voce di Kei era ferma «Ci muoviamo: due nel piazzale e uno a copertura.»

«Kei, rimani a copertura, io e Cris… merda.»

L’auto di Kei gli sfilò davanti, a fari spenti, seguita a breve distanza da quella di Cristóvão che però si fermò poco dopo.

«A te l’onore, Bas.» gli confermò via radio.

Parcheggiò accanto all’auto di Kei, lasciando i fari spenti ma il motore acceso, e mentre Masuda raggiungeva Yamai e Takeda di fronte al container, lui si affiancò alla compagna.

«Che ne pensi?» domandò, appoggiandosi al cofano.

«Che c’è molto silenzio.»

«Troppo.» ne convenne lui, dandosi un’occhiata intorno.

«E che abbiamo aspettato parecchio, per essere un’operazione mordi e fuggi.»

«Vado a dire a Cris di tenere d’occhio la zona, tu…»

«Io vado da loro.»

«Kei!» la afferrò per il polso, costringendola a voltarsi «Fa’ attenzione. Ti prego.»

Lei si limitò ad annuire, così la lasciò andare e raggiunse il nissei che, un piede nell’abitacolo e l’altro a terra, stava masticando patatine.

«Non so come tu faccia a mangiare in situazioni come questa.»

«È semplice» replicò l’altro, porgendogli il pacchetto, che lui rifiutò «Afferro il cibo, lo metto in bocca, mastico a più riprese, deglutisco e poi via di nuovo.» Tsubasa non poté fare a meno di sorridere «Che succede là?»

«Succede che c’è puzza di guai, Cris: dobbiamo stare attenti.»

«Questi puzzano di fogna, irmão, credi a me, che nelle fogne ci ho vissuto.»

«Teniamo gli occhi aperti, quelli del PCC potrebbero sbucare da un momento all’altro, dobbiamo essere veloci.»

«Veloci e furiosi.» Cris appallottolò la confezione e la nascose nel portaoggetti, prima di indicare il container con un cenno «Stanno uscendo, prepariamoci.»

Yamai, Takeda e Masuda raggiunsero le rispettive vetture con due valigette a testa. Le posizionarono ai loro piedi, sul tappetino, e intimarono loro di muoversi.

Una volta nell’abitacolo, Tsubasa si allacciò le cinture di sicurezza da corsa, assicurandosi che Masuda facesse altrettanto, quindi inserì la marcia e, sempre a fari spenti, iniziò a seguire il percorso per uscire dalla zona portuale.

«Check.» pronunciò alla ricetrasmittente, attendendo di ricevere la risposta da Kei e Cris.

Scartò un container, infilandosi in uno spazio stretto, illuminato solo dalla luce della luna, e una volta percorso il corridoio svoltò a sinistra per imboccare l’uscita e immettersi sull’Avenida Freire, dove dovette rallentare per l’impatto delle ruote sui sampietrini. L’auto ballò per l’irregolarità del fondo stradale, tanto che Masuda si attaccò alla maniglia della paura e si mostrò visibilmente a disagio: una volta giunti all’incrocio con l’Avenida Barata, Tsubasa riaccese i fanali e lanciò un check ai compagni di viaggio, attendendo la risposta.

«Kei, check.» sollecitò.

«Check.»

«Kei, passami davanti, io chiudo il gruppo.» e Tsubasa si trovò d’accordo col nissei, avendo notato la difficoltà della giovane nel replicare al check.

«Arretro, ho un’auto argentata che mi sta dietro da quando siamo usciti dal terminal

«Merda, lo sapevo…» Tsubasa masticò l’imprecazione sbattendo la ricetrasmittente sul volante.

«Voi rimanete sull’Anchieta, io prendo lo svincolo per l’Imigrantes e vi riacchiappo sul Rodoanel per Mauá.»

«Chi ha mai parlato di Mauá?» Masuda si ricollegò alla conversazione e si voltò verso di lui di scatto.

«Non possiamo passare per San Paolo, a maggior ragione che quelli del PCC ci stanno già alle calcagna e Keiko è costretta a cercare di seminarli.»

«Non erano questi i patti, Ozora.» lo yakuza, pur mantenendosi saldo alla maniglia, gli puntò l’arma contro.

Gli lanciò un’occhiata in tralice, prima e lui e poi alla semiautomatica che gli aveva puntato nelle costole.

«Stiamo viaggiando ai 130km/h, su un’automobile che ho modificato io stesso: significa che appena premo sul pedale, raggiungiamo i 200 e tu ti ritrovi di nuovo a vomitare anche l’anima. Oltre a questo, se mi spari finiamo fuori strada, e dopo come lo spieghi a Tanaka-san che hai perso il suo prezioso carico?»

Udì distintamente il digrignare di denti del suo passeggero, poi la pressione della pistola diminuì, e l’arma sparì nella fondina sotto l’ascella.

Percorse i chilometri che lo dividevano dallo svincolo per Mauá coi battiti accelerati, continuando a lanciarsi messaggi di controllo con Cris, che non mancava di affiancarlo, superarlo e farsi risuperare per mantenere la situazione in equilibrio.

«Check

Con enorme sollievo, la voce di Kei lo raggiunse.

«Va tutto bene?»

«Non direi: l’auto argentata mi ha seguito e ora sono diventate due. Posso provare percorsi alternativi ma ormai non ci sono dubbi che mi stiano seguendo.»

«No, rimani con noi.» le intimò Tsubasa, stringendo il volante «Ce ne liberiamo insieme.»

Premette sull’acceleratore e si posizionò davanti a Cristóvão, che gli si piazzò alle calcagna seguito a ruota da Keiko: con gli occhi puntati sulla strada, Tsubasa iniziò a immaginare tutti gli scenari possibili per uscire da quella situazione di merda, ma nessuno era abbastanza soddisfacente da fornirgli il sollievo di cui necessitava.

 

 

Kei si piazzò alle calcagna di Cris, gli occhi puntati sulla sua auto e cercando di non pensare ad altro che a guidare. Yamai continuava a mandare messaggi come se la cosa non lo riguardasse, il che le aveva fatto scattare qualche sospetto, ma non aveva modo di comunicarlo a Bas e Cris senza farsi beccare dallo yakuza. L’unica speranza era che Masuda e Takeda stessero facendo altrettanto, il che non sarebbe di certo sfuggito ai suoi amici.

Alzò nuovamente lo sguardo per controllare lo specchietto retrovisore, le due auto sospette la stavano ancora seguendo: avrebbe potuto accelerare, seminarle nel traffico guidando a fari spenti ma le uscite erano poche e comunque illuminate, l’avrebbero sicuramente notata nonostante l’auto scura.

«Maledizione…» digrignò nella delusione di non riuscire a elaborare un piano.

«Che succede?» il tono di Yamai era allarmato.

«Non riesco a capire come seminare quelle due auto.»

L’uomo sogghignò, e si sporse verso di lei.

«Sembra che, ancora una volta, abbiate bisogno di noi per portare a casa la pelle.»

Il fiato dello yakuza le solleticò il collo e le provocò brividi di ribrezzo lungo tutta la spina dorsale: che il piano di Tanaka-san potesse essere un modo per tornare ad avere il controllo su di lei e la sua famiglia era un’opzione che aveva già considerato, ma sperava di riuscire ad aggirarlo e – per una volta – mettere nel sacco l’oyabun.

«Ha proprio ragione, Tanaka-san, quando sostiene che assomigli molto a tua sorella…» Yamai allungò le dita per sfiorarle il collo, provocandole l’ennesima reazione di disgusto.

«Non sei degno di nominarla.»

«Ero degno di altre cose, però… era divertente avere a che fare con lei, scalpitava molto, e si batteva davvero tanto per non sottostare a nessuno… anche in questo le assomigli…» le dita dello yakuza passarono dal collo alla spalla, e percorsero il braccio fino alla sua mano, serrata sul volante «Immagino che anche tu ti dimeni un sacco, quando scopi…»

Kei rallentò di colpo, quindi sterzò verso destra e premette l’acceleratore a tavoletta: Yamai recuperò la sua posizione ma il ghigno sulle sue labbra non se ne andò.

«Usciamo dall’Anchieta.»

La voce rassicurante di Tsubasa ebbe l’effetto di calmarla: recuperò la sua stabilità e si lanciò verso destra per prendere la saída 86, sempre seguendo a ruota i suoi complici; superò le casse automatiche sfruttando lo spazio a destra, sgombero dai jersey in plastica, e accelerò nuovamente per lasciarsi il casello alle spalle.

«Check.» lanciò alla ricetrasmittente, per confermare l’immissione sulla nuova strada. Mauá distava ancora pochi chilometri, e anche se non si sarebbero potuti fermare, almeno la certezza di essere vicini all’aeroporto le dava la forza per non spaccare la testa a Yamai, togliendogli quel sorrisetto del cazzo che aveva mantenuto per tutto il viaggio.

«Comunica ai tuoi che usciamo a Mauá.»

Voltò la testa verso di lui, non era sicura di aver capito bene: aveva parlato o se l’era immaginato? Yamai estrasse una semiautomatica da sotto la giacca e gliela puntò contro.

«Che significa?»

«Significa che adesso tu prendi la ricetrasmittente, avvisi la tua dolce metà che metta le freccia e segua le indicazioni per di Masuda. E sarà meglio che anche quel bastardo hafu ci segua o avrete grossi guai.»

Kei non replicò, iniziò a valutare le varie implicazioni che quel cambio di programma avrebbe portato: solo quando la canna della pistola di Yamai le sfiorò la tempia si decise ad agire. Spostò la mano dal volante e afferrò la ricetrasmittente e premette il pulsante per la comunicazione.

«Bas, Cris. Usciamo a Mauá.»

«Cosa? Ma che cazzo…» il tono confuso di Cris non la stupì.

«Eseguo.» Tsubasa invece replicò in maniera molto pacata. Troppo. Come se già sapesse a cosa stavano andando incontro. Che Masuda gli avesse già comunicato il cambio di programma?

«È davvero un piacere collaborare con voi, sono contento che Hongo abbia tirato le cuoia e abbiate ereditato il suo debito.» Yamai si mise comodo sul sedile del passeggero e si incantò a guardare l’orizzonte «Mi rincresce solo non essere stato io a spedirlo fuori strada, vedere la sua auto saltare in aria e bruciare sarebbe stato uno spettacolo degno della rottura di cazzo di dover sempre sopportare il suo sguardo mortificato. Sai, si dispiaceva continuamente di non avere più contatti con voi, aveva anche una vostra foto tutti insieme che teneva sempre nel portafoglio, quel patetico stupido hafu. Riempiva la testa di tutti con i suoi aforismi del cazzo su quanto sia bella la vita e su quanto valga la pena fare del nostro meglio per renderla migliore anche al prossimo. Tutte cazzate pseudo-buddiste per avere un karma migliore nella prossima vita.»

«E tu non credi nel karma?»

«Io credo nel qui e ora. Qui, su questa auto che ora proseguirà fino al centro di Mauá.»

Kei cercò di nascondere il proprio disappunto e inspirò profondamente, continuare a seguire il percorso tracciato da Tsubasa.

 

 

Dopo essere entrato nel Terminal Rodoviário e aver schivato sia per le persone in attesa che gli autobus fermi, Cris parcheggiò accanto a Tsubasa e, spento il motore, scese per raggiungerlo. Alle sue spalle Kei inchiodò e scese sbattendo la portiera, dal suo volto trapelava tutta la sua rabbia.

«Che succede, irmão

«Succede che siamo in trappola: vogliono travasare le valigette su un minivan furgonato e proseguire con quello fino all’aeroporto.»

«Quindi noi siamo liberi?» Cris pronunciò quelle parole per cercare di stemperare la situazione ma sapeva bene che non si trattava di un’opzione possibile.

«Ne dubito.» Kei incrociò le braccia al petto, aveva uno sguardo assente che non gli sfuggì «Anzi, temo che il nostro destino sia ben diverso.» con un cenno del capo indicò Masuda che stava trafficando con delle corde e delle fascette di plastica.

«Nascondetevi i coltellini nelle tasche posteriori.» Tsubasa teneva lo sguardo fisso verso l’ingresso del terminal «Se ci dice bene, non ci perquisiranno e riusciremo a liberarci in caso di necessità.»

«Che cazzo di caos.» biascicò Cris, cercando di non farsi notare mentre infilava la sua fidata lama sotto al passante in cuoio dei pantaloni.

«Mi dispiace, è tutta colpa mia…»

Kei crollò. Lasciò andare le braccia lungo il corpo e abbassò lo sguardo a terra, come se l’ultimo bagliore di vita la stesse abbandonando. Tsubasa le si avvicinò e le sollevò il mento con delicatezza, obbligandola a fissarlo negli occhi.

«Ne usciremo. Insieme. Come abbiamo sempre fatto, Kei-chan.»

Lei gli afferrò il polso della mano con cui la stava sostenendo e si aggrappò a lui, a quella speranza che le stava fornendo. Cris rimase in silenzio, per non intromettersi in quel gesto di reciproco sostegno: quante volte aveva assistito a quell’atto d’amore tra Bas e Kei, in passato? E quante volte si era ripetuto che Santos era il loro nuovo nido, il luogo della rinascita, e che mai più avrebbe dovuto leggere lo smarrimento negli occhi dell’amica – sorella – perché erano finalmente liberi?

Sentì un dolore allo sterno, una contrazione tale da togliergli quasi il fiato: si era ripromesso di rendere il favore a Kei, una volta o l’altra, per ringraziarla di ciò che lei e Tsubasa avevano fatto per lui, salvandolo dal triste destino a cui la famiglia lo aveva condannato e regalandogli una famiglia vera, che lo amava e lo sosteneva per ciò che era.

«Ah, siete troppo sdolcinati per i miei gusti. Venite qui.» si avvicinò e passò le braccia attorno alle spalle di entrambi, attirandoli a sé «Andrà tutto bene, fidatevi dello zio Cris. Questi sono dilettanti, avete visto le facce?»

«Yamai ti sembra un dilettante?» Kei pronunciò quelle parole con aria divertita.

«Sì, in effetti lui è quello che potrebbe darci maggiori rogne. Facciamo così: io li tengo impegnati e voi due pensate al piano per la fuga.»

«Considerato che ci faranno lasciare qui le auto, ci conviene assecondarli fino a Guarulhos, e solo una volta in zona aeroporto agire.»

«Voi tre!» Masuda attirò la loro attenzione, uno strano luccichio negli occhi «È ora di andare.»

«Prendiamo le auto.» Tsubasa tentò l’impossibile, ma neanche se ne resero conto ed erano già circondati da tre brutti ceffi.

«Alle auto ci penseranno loro, consegnate le chiavi. Da bravi.» aggiunse Yamai, sporgendosi in quel momento dal furgone «La festa è qui dietro.» e, così dicendo, mostrò loro un manganello che si poggiò sulla spalla destra.

«Ehi, amigo, siamo colleghi, no?» Cris si avvicinò a lui con le mani alzate. Per tutta risposta, Yamai scese dal furgoncino con un balzo e gli mollò un pugno in pieno stomaco.

«Noi non siamo un cazzo, hai capito? Schifoso hafu.» terminò, sputando a terra «Muovetevi: legate loro le mani e caricateli sul retro, abbiamo del lavoro da sbrigare.»

Cris fu sollevato a forza da due che non aveva mai visto: gli legarono i polsi dietro la schiena e lo sbatterono malamente sul furgone. Si raggomitolò, controllando di avere ancora la lama al suo posto, e si mise a sedere come meglio poté. Di fronte a lui, Tsubasa e Keiko furono fatti accomodare sul passaruota, l’uno di fianco all’altro.

«Che dire, non sarà un viaggio comodo.» sbuffò, riprendendo fiato. Masuda si chinò accanto a lui e fece scattare una lama contro la sua gola.

«Te lo giuro: se fiati un’altra volta, io ti taglio il collo, e me ne sbatto degli ordini di Tanaka-san.»

«Oh, sì, fallo, ti prego: voglio che i miei amici godano dello spettacolo del tuo seppuku

Lo yakuza non replicò: si sollevò e rimase posizionato accanto a lui, come fece Yamai: Takeda chiuse il portellone e poco dopo si udì la portiera sul davanti chiudersi, e il furgone fu messo in moto per partire.

Poco più di trenta chilometri e avrebbero raggiunto l’aeroporto: certo, non erano nella condizione di portare avanti il loro piano iniziale, ma ne avrebbero sviluppato un altro. Cercò lo sguardo di Tsubasa e gli fece un cenno, indicando il davanti: l’amico annuì e posò la testa contro la lamiera alle sue spalle. Ora toccava a lui spostare l’attenzione e lasciare che lui e Kei si liberassero.

 

 

Cris aveva un piano, lo aveva capito dal suo sguardo: nonostante il volto fosse serio, gli occhi gli sorridevano.

«Ehi, non c’è una radio, qui dentro?»

Gli venne da sorridere, ma pregò che ciò sfuggisse agli yakuza: stava per liberarsi le mani con il taglierino che Kei gli aveva passato, dopodiché avrebbe liberato anche lei e sarebbero passati a occuparsi di Masuda e Yamai, e lo avrebbe fatto molto volentieri, gli prudevano già le mani al pensiero.

«Come siete silenziosi.» Cris continuava a stuzzicare gli yakuza, per provocare loro una reazione: purtroppo per lui Masuda gli rifilò un pugno, colpendolo in pieno volto.

«Ehi, vacci piano.» il nippobrasiliano sputò del sangue sul pavimento «Mi rompi un dente, così.»

«E ti romperò anche altro se ora non taci. Non ho bisogno del rumore di sottofondo della tua stupida voce.»

Era fatta, lui e Kei erano liberi: fece un cenno a Cris, che colse al volo.

«Parapapapapapapapapa…»

«Canti pure, adesso?» Masuda lo colpì nuovamente, costringendolo a sdraiarsi sotto la raffica di pugni.

«Papara… papara… papara … claque… boom…»

«Te la faccio passare io la voglia di… ma che…»

Masuda si sollevò appena, giusto il tempo di rendersi conto che Cris si stava proteggendo con le mani libere.

«Io canto, ma ora loro te le suonano per bene!»

Kei fu su Masuda con un calcio in pieno volto: lo yakuza roteò su sé stesso e finì contro il portellone laterale, svenendo. Yamai realizzò in quell’istante che c’era qualcosa che non andava ma Tsubasa fu più lesto e allungò un braccio per arrestare la sua corsa verso il finestrino anteriore, quindi con un gancio lo fece finire lungo disteso. Prima che questi potesse dire qualcosa, lo afferrò per il colletto e si avvicinò al retro, dove Kei aveva aperto il portellone per scaraventare Masuda giù dal mezzo, e lo fece sporgere con metà busto, minacciando di fargli saltare la testa a contatto con l’asfalto.

«Ora tu stai zitto, e fai come ti dico, o la tua testa diventa un tutt’uno con la strada e per riconoscerti dovranno effettuare un esame del DNA.»

«Uh, irmão, que cruel(2) Cris saltellò sul posto, come se si stesse riscaldando per una corsa.

Lo sguardo di Yamai valeva più di mille parole: se avesse potuto, lo avrebbe trasformato in carne macinata, ma era in una situazione di minoranza. Tsubasa lo risollevò quando fu sicuro che avesse recepito il messaggio, quindi lo lasciò a Keiko, che si occupò di legarlo per bene, e si avvicinò a Cris.

«Quanto manca?»

«Poco, direi: abbiamo passato l’ultimo svincolo, siamo già in zona.» il nissei pareva sapere davvero il fatto suo «Tutto dipende da dove ci vogliono portare.»

«Credo che lo scopriremo presto.» mormorò, cercando di mantenere l’equilibrio quando il furgone compì una curva più stretta delle altre.  

 

1 SPARCO è una ditta specializzata in componenti automobilistici e abbigliamento tecnico utilizzati nelle maggiori competizioni automobilistiche. Vi lascio la pagina Wikipedia: SPARCO

2«Uh, irmão, que cruel.» = «Oh, fratello, quanto sei crudele.» 


Ed eccoci al nostro Rap das Armas (vi lascio QUI la canzone così potete canticchiare insieme a Cris). La situazione si è aggravata, come predetto da Tsubasa, ma i nostri amici cercano comunque di ribaltarla per avere un vantaggio. 

Yuzo non compare fisicamente ma rimane nei nostri pensieri perché non sappiamo come, ma sta salvando Yuki (e Shuzo è in posizione: chissà cosa vorrà dire ^^) 

Scopriamo un altro pezzetto di passato di Tsubasa e Keiko, le gare: lo so, rido moltissimo io stessa a questa idea xD però io Tsubasa lo vedo come uno che ama mettersi alla prova. 

Ora stiamo arrivando all'aeroporto Guarulhos (lo scalo principale di San Paolo) e i quesiti si moltiplicano: 

- riusciranno i nostri eroi a salvarsi?

- Yuzo avrà salvato Yuki?

- ma soprattutto, che fine ha fatto Carmen Sandiego?

Ok, la smetto, il caldo fa svalvolare anche me *ridacchia* 

Grazie come sempre per il vostro affetto e per la vostra partecipanza, mi fate commuovere ç__ç

Um abraço 

Sakura 

   
 
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