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Autore: Lady Warleggan    23/06/2022    1 recensioni
Fanfiction ambientata dopo la fine della 4° stagione (allerta spoiler!)
Isla ha ventisette anni quando accetta un impiego come istitutrice in Cornovaglia presso la tenuta di Trenwith. George invece, ormai sulla soglia dei quaranta, si è letteralmente catapultato nel lavoro e nella politica per mettere al tacere il dolore che lo tormenta dalla morte di Elizabeth.
Isla rappresenta per lui la più fresca delle novità: è intraprendente, dolce e amorevole col piccolo Valentine, di cui è diventata la sua migliore istitutrice. Tra i due c’è un semplice rapporto di educazione e rispetto, ma il destino ha in serbo per entrambi qualcosa di completamente diverso, e forse per George riserva ancora l’opportunità di amare di nuovo.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, George Warleggan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Per la scrittura di questo capitolo, mi ha ispirata tantissimo la soundtrack Arrival of the birds. Se avete l’opportunità di ascoltarla durante la lettura, ve la consiglio tantissimo. Soprattutto per una scena in particolare, vi svelerò alla fine quale. –
 
Nove.
 
Che alla sua età, Cary Warleggan, dovesse mettersi a fare da Cupido, era a dir poco assurdo e imbarazzante. Ma, se suo nipote non prendeva in mano le iniziative di sua volontà, era giusto - e doveroso - in quanto suo zio e suo più stretto parente, aiutarlo con una piccola "spintarella".
Sapeva che con le sue parole, l'ultima volta, doveva aver sconvolto George. Essere così diretto su quell'abbraccio che aveva visto fra lui ed Isla e ammettere che nemmeno Elizabeth fosse stata calcolata allo stesso modo, era stato indelicato, ma gli era venuto spontaneo.
A lungo, forse per troppo tempo, aveva spinto perché George si interessasse ad un nuovo partito. Era vero, aveva ormai quasi raggiunto la soglia dei quaranta, ma non era certo da buttare e se avesse fatto più vita sociale, dopo la morte della sua prima moglie, sicuramente non avrebbe fatto fatica a scoprire che diverse fanciulle gli sarebbero cascate ai piedi con la fortuna che aveva, anche le figlie di quelle famiglie dal cognome importante che a lungo avevano disdegnato i Warleggan per le loro umili origini, e che ora riuscivano a tenere in pugno per l'influenza che avevano nel mondo bancario. Senza contare che, se avesse voluto, era quasi sicuro che sarebbe riuscito ad avere ancora altri figli.
Prima di sposare Elizabeth, George non aveva mai considerato l'alternativa del matrimonio. Aveva sempre visto solo ed unicamente lei: Cary Warleggan non era uno stupido, riusciva a comprendere le occhiate che le lanciava nelle occasioni in cui se li ritrovava davanti, anche quando era sposata con quel pappamolle di Francis Poldark e non era appropriato che lui fosse così lusinghiero nei suoi riguardi.
Solo quando lei era poi rimasta vedova, era convolato a nozze, proponendole un matrimonio che era stato più vantaggioso per Elizabeth, che per lui, parlando almeno in termini economici.
All'inizio Cary Warleggan aveva pensato che quel suo interesse fosse generato dalla volontà di fare soltanto una ripicca a Ross Poldark, ma il tempo gli aveva rivelato che quella del nipote era stata una scelta di cuore. E che di altro non potesse trattarsi: in quanto suo zio non aveva mai approvato quel matrimonio, soprattutto perché Elizabeth versava all'epoca in un mare di debiti che non avrebbe risanato troppo in fretta e anche perché aveva passato l'età del matrimonio da un pezzo, avendone già alle spalle un altro.
Anche Isla Wood aveva passato quella fase già da bel po', ma a differenza della prima moglie di George, doveva ammettere che quella ragazza gli facesse "simpatia". Era gentile, umile, e una gran lavoratrice; oltre che indipendente e probabilmente molto attenta a non sperperare le sue finanze. Sapeva anche il fatto suo e aveva un caratterino niente male, e questo era un lato della sua personalità che lui non riusciva a non ammirare; senza contare che, se George era arrivato al punto di abbracciarla a quella maniera, sicuramente quella ragazza doveva aver davvero aperto una breccia nel suo cuore di ghiaccio.
Era vero, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe trovato a fare da Cupido ai due, ma qualcuno doveva pur farlo: Isla era tutto sommato di buona famiglia e pur lavorando come dipendente di George, una loro eventuale unione non avrebbe destato scandalo in società. Certo, le lingue più velenose avrebbero insinuato una relazione già intestina a Trenwith, ma era una cosa che poteva essere contenuta se lavorata a dovere.
L'occasione per adempiere ai propri compiti di Dio dell'amore si presentò quando il compleanno di George divenne sempre più imminente. Concentrati sugli oneri della loro attività commerciale, i Warleggan avevano in realtà ben altro a cui pensare. E sicuramente i festeggiamenti per un compleanno erano una cosa che George avrebbe volentieri evitato.
"Non puoi non organizzare un ricevimento per i tuoi quarant'anni, nipote!" lo aveva ammonito bonariamente suo zio. "Saranno mesi che non fai vita sociale, perché sei talmente assorbito dai tuoi impegni che non ti rendi conto che anche questi eventi possono essere fondamentali per il nostro lavoro, oltre che un modo per evadere un po'."
"Zio, anche se volessi, non avrei tempo per organizzare una cosa del genere" si lamentò George, non staccando gli occhi dalle sue scartoffie. In realtà, ad amministrare quei ricevimenti, Elizabeth era sempre stata più brava di lui.
"Oh, non importa!" esclamò Cary Warleggan. "Lascia che ci pensi io!"
George lo fissò inarcando un sopracciglio.
"Tu?"
"Esatto!" esclamò entusiasta suo zio, in un modo talmente tanto veemente che a George non poté non destare alcun sospetto. Suo zio in realtà, pur partecipando ai vari ricevimenti, non era esattamente quello che si sarebbe potuto definire un animale da festa.
"Andiamo, nipote. I quarant'anni capitano solo una volta nella vita!"
George continuò a scuotere il capo.
"Abbiamo... degli ospiti qui a Trenwith."
Suo zio annuì, e capì a chi alludeva. La famiglia di Isla, dopotutto, non era un peso. Aveva già incontrato la sorella Mary e per quanto provata, non gli era parsa incapace di intendere e di volere, o almeno, non nelle stesse condizioni in cui a lungo aveva versato suo nipote alla morte di Elizabeth.
"E allora? Invita anche loro! La signora Thomson mi sembra si stia riprendendo giorno dopo giorno" evidenziò Cary.
Ed era vero. Mary era lì da quasi tre settimane, ma i risultati cominciavano già a vedersi. Usciva più spesso dalla propria camera e passeggiava parecchio in giardino, suo marito era riuscito persino a convincerla a fare un giro in città. Dwight stava facendo un ottimo lavoro, esattamente come aveva fatto con lui.
George si grattò la fronte, esasperato.
"Va bene, zio. Occupatene tu" lo liquidò in fretta, per toglierselo dai piedi.
Cary Warleggan batté le mani tutto soddisfatto e qualche minuto dopo si congedò con un sorriso sornione da Trenwith. George si massaggiò una tempia, gli era venuto mal di testa e ancora non si capacitava di quell'improvvisa insistenza dello zio.
Nelle ultime tre settimane in casa sua aveva vibrato un'atmosfera piuttosto particolare. In quel tempo Alec aveva tentato un nuovo approccio verso di lui come se niente fosse, dopo quello che era accaduto nel salottino, e George aveva dovuto fingere di sopportarlo per quieto vivere, perché se c'era un unico motivo per cui tollerasse ancora la presenza di quell'individuo in casa propria, era soltanto per lei, per Isla.
Pur vivendo all'interno delle stesse mura, avevano avuto poche occasioni per sedersi e parlare, almeno non come succedeva di solito, forse anche a causa dei due ospiti. Tuttavia, in quelle tre ultime settimane, era capitato spesso qualcosa di incontrollabile tra Isla e George in quei momenti in cui i loro sguardi si incontravano: quelle occhiate duravano a lungo, si sorridevano, talvolta sembravano parlarsi senza parole che non fossero quelle abituali di cortesia e convenienza.
George si era accorto che Isla aveva l'abitudine adorabile di arrossire quando le si sorrideva di più o le si riservava uno sguardo più lungo del solito. Talvolta doveva sforzarsi di distoglierlo perché gli si formava qualcosa al centro del petto e perché persino i muri di Trenwith stavano iniziando a capire che c'era qualcosa di strano in quel rapporto: George stesso era consapevole che con quell'abbraccio che si erano concessi tre settimane prima avevano varcato un limite da cui difficile sarebbero riusciti a tornare indietro.
Cary Warleggan invece, voleva pure adempiere alle sue mansioni di Dio dell'amore, ma doveva ammettere che in quanto organizzatore di compleanni e ricevimenti fosse un autentico disastro, e quando riuscì finalmente a beccare Isla da sola per un momento, pensò che non ci fosse motivo per non trarre vantaggio da quel suo difetto, rivolgendosi alla giovane istitutrice per chiedere pareri e consigli sulla festa di George e cercare di sondare un po' il terreno sui suoi sentimenti per il nipote.
"Credo di essermi caricato di un compito piuttosto grande per un uomo solo" disse ad Isla, e alla ragazza era venuto spontaneamente da sorridere perché Cary Warleggan dirigeva assieme al nipote un'impresa bancaria piuttosto importante, probabilmente la più in vista di tutta la Cornovaglia. Il che faceva abbastanza ridere sapere che fosse invece incapace di organizzare una festa di compleanno.
"Potreste darmi una mano?"
"Certo" gli rispose, accondiscendente, esortando Cary Warleggan a prendere posto al tavolo di Trenwith per stare più comodi. "Non sapevo che a breve sir George compisse gli anni."
Cary Warleggan scosse il capo in maniera drammatica, mettendosi a sedere di fianco a lei.
"Se fosse stato per mio nipote non avremmo organizzato niente" borbottò. "Ovviamente l'invito è valido anche per voi, vostra sorella e vostro cognato. Non vorrete certamente mancare!"
Isla fece segno di no con la testa, non avrebbe potuto esimersi anche se l'avesse voluto. Cary Warleggan le dettò la lista di cose da preparare per quel ricevimento per cui sarebbe stato presente un vero e proprio corteo di invitati. C'erano un bel po' di punti da spuntare...
"Vi dispiacerebbe se coinvolgessi anche mia sorella, in questi preparativi?" domandò. "Credo le farebbe bene distrarsi un po'."
Il volto di Cary Warleggan si aprì in un sorriso che, per i suoi standard, Isla avrebbe potuto definire cordiale.
"Nessun problema, signorina Wood" le rispose. "Qualunque aiuto sarà ben accetto."
La ragazza gli sorrise affabile. "Isla, signor Warleggan. Potete chiamarmi così."
"Allora voi chiamatemi soltanto Cary."
Isla annuì, incerta sul fatto che si sarebbe presa una tale confidenza con lui, ma era la prima volta che finalmente sentiva un'affinità con quell'uomo. Ricordava ancora lo sguardo arcigno che aveva conosciuto a Trenwith al suo primo colloquio, e come cozzasse ora con lo sguardo gentile di quel momento.
Forse era la prima volta che gli vedeva comparire sul viso un'espressione tanto benevola. E sincera.
Mary fu ben lieta di partecipare all'organizzazione dell'evento. Diresse un piccolo gruppo di domestici perché si facesse recapitare i fiori voluti da Cary Warleggan per l'occasione e si dedicò con passione, alcuni giorni prima, ad alcune composizioni che potessero abbellire in maniera elegante l'allestimento.
Approfittando dell'inizio della primavera, Cary Warleggan aveva optato per un ricevimento all'aperto. Sarebbero stati allestiti dei piccoli gazebo di colore bianco e tavolini con sedie di legno a cui avrebbero potuto fermarsi e fare uno spuntino, oppure mettersi a giocare a carte. Ovviamente non poteva mancare un ricco buffet adatto a soddisfare le esigenze e le preferenze di tutti.
Isla si occupò invece di spedire gli inviti, e fu lieta di sapere che sulla lista degli invitati fossero stati inseriti anche i nomi di Dwight e Caroline Enys. Ovviamente, come c'era da aspettarsi, i coniugi Poldark erano stati esclusi.
Un sabato mattina, approfittando della sua giornata libera e del fatto che Mary ed Alec fossero in città a fare compere, Isla si mise in sella al suo cavallo per fare la sua tanto attesa visita all’amica dai capelli biondi.
Voleva che fosse una giornata tutta per sé visto quanto era capitato nell'ultimo periodo. E anche perché, se ripensava al tumulto che aveva nel cuore ogni volta che alla mente le ritornava l'abbraccio di George, era certa di volere anche il parere di un'amica.
Caroline non era granché impegnata quando arrivò. Era seduta ad una delle poltrone di uno dei tanti salotti della casa e stava leggendo un libro, mentre appollaiato ai suoi piedi, c'era il suo cagnolino Horace. Ormai, abituato alla presenza di Isla, le venne incontro scodinzolando e pretendendo attenzioni.
"Iniziavo a darti per dispersa" commentò l'amica con tono esagerato e la invitò a sedersi sulla poltrona di fianco a lei.
Non la guardava, ma continuava a fissare il suo libro con l'aria di chi si finge offesa.
"Mi spiace se non sono venuta a farti visita, in questi giorni" le disse Isla, dispiaciuta. "Mary mi ha dato più da fare del previsto e non sapevo come chiarire le cose con Demelza, sinceramente."
Caroline distolse finalmente lo sguardo dalla lettura e chiamò una domestica per farsi portare del tè. Dopo qualche minuto era tornata la stessa amica allegra di sempre e si fece aggiornare da Isla su tutto quello che si era persa in quelle tre settimane, come se semplicemente non si fossero viste dopo un lungo periodo di lontananza.
Caroline fu la seconda persona a cui Isla confidò il suo passato: il matrimonio tra Mary e Alec, il padre inetto e la famiglia che non le aveva mai voluto bene. L'amica ne restò sconvolta e qualunque broncio volesse mantenere per fingersi offesa, se ne andò via senza tornare più indietro.
"Oh, mia cara, ma come fai ad essere così buona!" le disse premurosa, stringendole le mani in una presa affettuosa. "Non credo che io li avrei perdonati tanto facilmente, anzi, io non credo li avrei perdonati affatto."
Il volto di Isla si aprì in un sorriso calmo.
"Direi che per Mary il mio rancore sia stato più che sufficiente come punizione" rispose con una tranquillità che colpì molto l'amica. "Siamo entrambe vittime di due pessimi genitori. Solo che io sono riuscita ad oppormi, lei invece no."
Isla dovette trattenersi dal piangere di nuovo anche all'interno di quel salotto. Sapeva che non avrebbe trovato le braccia di George a confortarla. E non serviva a niente piangere su qualcosa che non avrebbe potuto cambiare.
"Chissà quanto hai sofferto..."
"Molto" ammise. Non aveva senso mentire. "Ma qui in Cornovaglia ho ritrovato il sorriso. Grazie a Valentine, a Trenwith e ovviamente anche a te e Demelza."
Caroline annuì, pensierosa, e poi sorrise divertita.
"E George?"
Sembrava che le avesse letto nel pensiero, come se sapesse che l'invito per i suoi quarant'anni non fosse l'unico motivo per cui si era presentata a casa sua.
"Isla, tesoro. George... non è quello che si potrebbe definire il migliore fra gli uomini, ma tu provi qualcosa per lui, non è vero?"
Isla rimase zitta, forse perché ancora non riusciva ad ammetterlo ad alta voce e non poté fare altro che annuire. Ormai negare quello che sentiva nel cuore non serviva più a niente e non valeva la pena di farlo con Caroline, che si poteva definire l'amica più cara che avesse mai avuto. Anche perché era pure certa di essere davvero pessima a mentire sui suoi sentimenti.
"Devo raccontarti una cosa."
Caroline si fece servire una seconda tazza di tè e Isla raccontò tutto quello che si era persa in quelle tre settimane. L'abbraccio di George l'aveva turbata, ma evidentemente, aveva sorpreso anche la sua amica, che non se l'aspettava: lo capì dalla sua espressione. Non rivelò quello che era accaduto invece in sala da pranzo, la notte in cui aveva fatto ritorno dal compleanno di Caroline: quella era una cosa fra lei e George, e poi era stato un momento talmente fragile per lui che Isla non sarebbe mai stata così meschina da spifferarlo a qualcuno.
"Non so cosa pensare" sospirò.
"Forse anche lui prova qualcosa" osservò Caroline, come se stesse prendendo sul serio quel pensiero. "Ma non posso dirlo con certezza. George... George ha sofferto molto per la scomparsa della moglie. E credo abbia paura di lasciarsi andare e di soffrire di nuovo. Così come tu hai paura ad innamorarti a causa di Alec... accidenti! Non lo conosco nemmeno e vorrei soltanto prenderlo a schiaffi!"
Isla si fece una bella risata genuina e pensò che quella fosse la prima vera risata a cui si lasciava andare da giorni. La sua amica aveva parlato di amore, Isla non sapeva se fosse così o se, dopo più di un anno, avesse di nuovo la forza di pronunciare quella parola ad alta voce.
Restò con Caroline fino a pranzo, promettendole che presto avrebbe chiarito anche le cose con Demelza, perché scoprì che anche a lei mancava molto e che era molto dispiaciuta per il loro litigio, e che se avesse avuto occasione di incontrarla, sicuramente avrebbero messo a posto le cose.
Si congedò da quella casa con la promessa che si sarebbero riviste presto per l'imminente ricevimento.
Quando Isla fece ritorno a Trenwith, George era in casa. Aveva del tempo libero, e ne aveva approfittato per passarlo assieme ad Ursula e Valentine, controllando, piuttosto interessato, i preparativi per quel compleanno che fino a quel momento aveva ignorato. Già soltanto dando una rapida occhiata attorno a sé, comprese che non ci volesse certo una scienza infusa a capire che un tocco del genere non appartenesse di certo a suo zio.
O, almeno, che non avesse fatto tutto da solo.
In lontananza, vide Isla rientrare dall'ingresso di Trenwith. George teneva Valentine per una mano e con l'altro braccio invece la piccola Ursula, che si lasciava andare a versetti gioiosi e sorrisi in sua presenza. Più cresceva e più gli somigliava: non sembrava aver preso quasi niente dalla madre. Si accorse, con suo sommo stupore, che quella era una delle poche volte che pensava ad Elizabeth da molto tempo.
Isla accompagnò il cavallo fino alla porta principale, dove un inserviente venne ad aiutarla, e poi, come se non li avesse proprio visti, finalmente si accorse di loro.
Non era certo la prima volta che George la trovava attraente, ma complici quelle sensazioni che non lo lasciavano più in pace nell'ultimo periodo, il sorriso timido di Isla che lo salutava gli apparve così bello e così luminoso che per un attimo, quasi non si rese conto che Valentine gli stava per staccare la mano a furia di richiamare la sua attenzione.
Quando osservò il figlio, si accorse che aveva messo su un'espressione parecchio divertita, come se si fosse reso conto che si era imbambolato come un vero idiota.
Gli lanciò un'occhiataccia.
"Mattinata piacevole, Isla?" le chiese, quando lentamente, lei li raggiunse.
La ragazza annuì, sempre con quel sorriso radioso. Non aveva niente a che vedere con quel pomeriggio in cui gli era crollata tra le braccia.
"Sì, sir George. Sono stata dalla signora Enys per portarle l'invito del vostro compleanno."
George annuì diverse volte. Ora aveva finalmente un quadro ancora più chiaro della situazione.
"Immaginavo non fosse merito di mio zio, tutto questo" disse, facendo segno, con la testa, ai preparativi di Trenwith. "Ma non è compito vostro, non vorrei vi affaticaste. Avete già molto a cui pensare."
"Oh, ma non mi è stato di alcun peso, ve lo posso assicurare. Sono riuscita a coinvolgere anche un po' mia sorella, credo che le abbia fatto bene distrarsi. Ha un ottimo gusto in fatto di ricevimenti."
George per un attimo puntò lo sguardo sulla finestra ad angolo della stanza di Mary, e Isla fece lo stesso.
"Mia sorella e suo marito sono rientrati?" gli chiese.
L'uomo annuì. "Sì, da una mezz'ora credo. Volevano cambiarsi prima di scendere a pranzo."
"Capisco."
Mentre passeggiavano, Valentine fece una cosa che forse in un'altra occasione lo avrebbe fatto infuriare. Con una mano teneva quella di George e con l'altra, con una naturalezza disarmante, aveva raggiunto quella di Isla per far sì che stesse al suo passo.
In questo modo, tutti e quattro - lui, Valentine, Isla e la piccola Ursula - sembravano in piena regola il ritratto di una famiglia.
Isla sembrò accorgersene e si irrigidì un poco, e anche George ne sembrò imbarazzato; ma dopo qualche attimo di disorientamento, come se tutti dovessero abituarsi a quell'improvvisa situazione, la cosa si fece piacevole.
Sembravano davvero una famiglia, e George pensò che la cosa non sembrava nemmeno così terribile. Guardò Isla e lei sembrò essere dello stesso avviso. 
Mentre chiacchieravano dei miglioramenti di Mary, i quattro non potevano sapere che alla finestra ad angolo, in quel momento, ci fosse Alec a spiarli già da un po': la scena lo aveva lasciato completamente atterrito e osservava, anche se da lontano, gli sguardi che si lanciavano George ed Isla. 
Lo avevano sempre insospettito, ma ora, guardando meglio quel quadretto familiare, si rese conto che in realtà non aveva mai capito niente di Isla: aveva sempre creduto che non volesse saperne del matrimonio, visto che non si decideva ad accettare la sua proposta, ma ora, guardando il modo in cui si rivolgeva a George, iniziava a comprendere che forse, in realtà, non è che detestasse proprio l'idea delle nozze.
Isla, semplicemente, non stava aspettando di sposare lui.
Forse stava aspettando di incontrare George.
* * *
Ormai dietro l'angolo, il giorno del ricevimento arrivò ancor prima del previsto. Trenwith, immersa già nei preparativi da tempo, divenne ancora più frenetica e in ogni stanza vi fu un andirivieni di domestici che oltre a svolgere le consuete mansioni, si occupava anche di finire di allestire l'esterno e di pensare al ricco banchetto della serata.
Anche Isla, sorprendentemente, si svegliò emozionata come non lo era da tempo. Il quarantesimo compleanno di George cadde di venerdì e quel giorno non avrebbe dovuto lavorare come al solito: il suo datore si era concesso la mattinata libera e aveva insistito per trascorrerla assieme ai suoi figli, quindi ne aveva approfittato e si era alzata più tardi.
Si lavò, si vestì e scese al piano inferiore, dove, con sua grande sorpresa, scoprì che Valentine non aveva lasciato ancora Trenwith.
"Isla!" esclamò venendole incontro.
In un primo momento, la ragazza pensò che George avesse rimandato la mattinata con i figli.
Cercò di far uscire quella domanda dalla sua bocca mentre Valentine le augurava buongiorno e la abbracciava, ma nel frattempo George arrivò da una delle stanze laterali della sala da pranzo con quello che era un grosso cesto di vimini.
"Oh, Isla. Buongiorno" salutò, con un sorriso che non gli aveva visto troppo spesso in volto, forse praticamente mai. "Si unisce a noi?"
La ragazza balbettò confusa. "Ehm...?"
"Colazione sulla spiaggia!" esclamò Valentine entusiasta. 
"Vostro cognato e vostra sorella sono usciti stamattina presto" si affrettò ad aggiungere George. "Unitevi a noi. Non vorrete restare qui tutta da sola?"
Isla scosse il capo e alzò le braccia in un gesto accondiscendente. 
"Beh, come potrei dire di no" osservò con un sorriso, facendo una carezza sulla testa di Valentine. "E comunque, buon compleanno sir."
George sorrise a sua volta. "Grazie, Isla."
* * *
Trascorsero una mattinata bellissima e tranquilla. In riva al mare, al piacevole tepore del sole di primavera, la Cornovaglia sembrava incredibilmente quieta e silenziosa, eccezion fatta per le risate di Valentine e per i versetti della sorellina minore. 
George non aveva voluto che Emily, la bambinaia di Ursula, li seguisse; e ora si occupava della piccola e di Valentine un po' affaccendato, perché gli bastava girare un attimo lo sguardo per perdere prima l'uno e poi l'altra. 
Isla non riusciva a stare ferma un attimo, nemmeno per spalmare la confettura di frutta sulle sue fette di pane. Rincorreva Valentine sulla spiaggia, lo inseguiva, lo abbracciava e rideva con lui. George, che in un momento di riposo stringeva la più piccola della famiglia, sentì un piacevole calore al centro del petto: riusciva a vedere ancora Elizabeth in alcuni tratti di Valentine, ma poco in Ursula.
Però, quel giorno, fu la prima volta che pensò ad Isla come ad una figura materna per Valentine. Era certo che, pur non avendolo mai detto ad alta voce, quella ragazza volesse bene al suo bambino proprio come se fosse suo figlio. 
E poi, più la guardava e più non riusciva a fermare il fermento che sentiva nel cuore da più di tre settimane, e forse, inconsapevolmente, anche di più. Era qualcosa che non credeva che sarebbe stato più capace di provare dalla morte di Elizabeth: si era sempre detto che non sarebbe più stato capace di amare, non così almeno, e che se avesse sposato un'altra donna lo avrebbe fatto per una pura questione di affari e praticità.
Ma ora si trovava lì, su quella spiaggia, col vento che gli metteva in disordine i capelli e col cuore che gli batteva forse ancora più forte di quando aveva provato quel grande amore per Elizabeth. Guardava Isla e, dentro di sé, sapeva già che da quel momento in poi avrebbe fatto di tutto per renderla felice.
* * *
Rientrarono a casa per pranzo e al tavolo l'atmosfera sembrò persino più leggera alla presenza dei Thomson. Come se il mare avesse reso immune qualunque tipo di malumore in quella casa.
Mary aveva ripreso colorito ed era di ottimo umore: i preparativi per il ricevimento di quella sera erano stati utili a tenerla impegnata e non vedeva l'ora di catapultarsi quel pomeriggio nel mettere a punto gli ultimi dettagli. L'unico a parlare poco era stato Alec che rappresentava la nota stonata di quel pranzo, ma George non gli badò molto: non gliene fregava niente dei suoi sguardi sospettosi ed ignorò la sua aura negativa. Si sentiva stranamente vitale all'idea che quello fosse il giorno del suo compleanno.
Nel primo pomeriggio, Isla chiese di riposare per qualche ora, ma non vi fu verso di mettere davvero in pratica quell'intenzione. Si sentiva emozionata come una ragazzina, come se fosse la sua festa di compleanno, anche se era certa che vi fossero ben altre motivazioni che la facessero tremare da capo a piede, e quello che Caroline le aveva insinuato in confidenza al loro ultimo incontro prendeva sempre più forma.
Distesa a pancia in su sul letto, rifletté che forse provava davvero qualcosa per George. E il fatto che potesse essere ricambiata, era quello che la faceva sentire più viva. Non si sentiva più così... da quanto?
Aspettò che si facesse un orario adeguato per chiamare Anne in stanza e chiederle di aiutarla a prepararsi. La domestica le preparò un bagno caldo con dei sali profumati che però servirono ben poco a calmare l'orchestra che sentiva in petto e a niente servirono le chiacchiere di Anne a distrarla da quello che sarebbe accaduto di lì a breve.
Aveva accuratamente scelto l'abito per l'occasione. Era il vestito rosa che aveva indossato al ricevimento degli Enys, quello che aveva fatto confezionare dal sarto su consiglio di Caroline.
L'abito che aveva indossato quando George l'aveva invitata a ballare per la prima volta.
"State tremando, signorina" azzardò a dire Anne. "Avete freddo? Se volete, posso chiudere la finestra."
"No" la tranquillizzò Isla. "È tutto a posto. Credo di essere solo un po' nervosa."
Anne non proferì altro. Non le era concesso in qualità di domestica avere delle opinioni in merito, o quantomeno, di esternarle davanti ai propri padroni. Ma da qualche tempo la servitù spettegolava sul legame tra Isla e George: probabilmente gli unici a non essersi ancora resi conto dei reciproci sentimenti potevano essere soltanto loro. 
Erano cambiati parecchio dalla prima volta che si erano incontrati, e una volta aveva sentito dire al cuoco di casa che sarebbe stata una vera fortuna se quell'adorabile ragazza scozzese fosse riuscita ad ammansire un po' il loro perfido padrone. Perché se c'era un aggettivo che potesse descrivere perfettamente l'istitutrice del piccolo Valentine era proprio quello: adorabile.
"Non avete motivo di essere agitata, signorina" tentò di rassicurarla. "Guardate il vostro riflesso. Siete splendida."
Isla osservò l'immagine che vedeva nella specchiera davanti a sé. Aveva preso un po' di peso in quei mesi e il suo volto si era rinvigorito: la Cornovaglia le aveva fatto bene e ormai era certa che non ci fosse altro posto nel mondo in cui avrebbe voluto stare.
Si sentiva sicura, bella e adulta nell'acconciatura raccolta dietro la nuca, a cui aveva voluto aggiungere dei piccoli fiori; e anche nel trucco che risaltava invece il suo incarnato senza esagerare. Il vestito, quell'abito che aveva scelto appositamente per l'occasione, la faceva sentire bene.
"Grazie, Anne. Sono pronta."
 
 


 
Angolo dell’autrice
Ehilà, come state?
Scusate se aggiorno dopo tanto tempo: ho avuto un po’ da fare ultimamente, e come se non bastasse, mi sono beccata anche un bel raffreddore... questo però non mi ha impedito di continuare a scrivere.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Quello che accade in realtà è molto tranquillo, ma aggiunge tanto alla trama della storia: Isla finalmente ammette a se stessa i suoi sentimenti, e anche George lo fa, e questa piacevole calma è ciò che vi preparerà al prossimo capitolo che, tra parentesi, ho già scritto. Ha solo bisogno di essere revisionato.
La soundtrack Arrival of the birds è stata perfetta per la scrittura della scena sulla spiaggia: immaginavo proprio questo quadretto familiare in cui George si accorge della luce che Isla ha portato a Trenwith, ma anche nella sua famiglia e nella sua vita. Spero che anche voi lo troviate azzeccato.
 
Alcuni appunti prima di salutarvi.
In queste ultime settimane ho fatto un rewatch di tutta la serie (ho sfinito talmente tanto mio padre che alla fine ha iniziato a guardarla e se n’è appassionato). Mi ha aiutata a ricordare particolari che avevo completamente rimosso, ma soprattutto mi ha riportato alla mente quanto George fosse odioso sotto tanti aspetti. Eppure questo mi ha permesso di comprendere anche i motivi per cui mi sono interessata a lui: al di là delle azioni alquanto discutibili, il suo personaggio ha tante sfaccettature e colori.
Sono arrivata agli ultimi episodi della quinta stagione e questo mi ha permesso di ricordare anche che la bambinaia di Ursula ha un altro nome, ma qui ho preferito lasciare quello di Emily, che ho inventato io, proprio perché in realtà sarà solo un personaggio di contorno.
Bene, la chiudo qui se no mi dilungo troppo!
Aspetto i vostri commenti, un abbraccio fortissimo.
Lady Warleggan
   
 
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