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Autore: Dorabella27    29/06/2022    15 recensioni
Qualche tempo fa vi avevo accennato a una breve long - perdonate l'ossimoro - in cui sarebbe ricomparso un personaggio romanzesco e filmico che ha già fatto capolino un paio di volte nei miei racconti, inserito in un contesto diverso da quello di Versailles e di Parigi. Ecco qui: una ff un po' gotica, e scoprirete presto perché, un po' rosa, con qualche tocco di mistero, e qualche brivido: e noi sappiamo bene che si può rabbrividire per tanti motivi, vero?
Immaginate un risveglio imbarazzato, in una locanda, poco lontana da una città del Nord della Francia: come sono finiti lì Oscar e André, e perché si sono messi in viaggio?
La premessa è piuttosto breve, ma i capitoli successivi saranno più corposi.
Ciao a tutti e buona lettura!
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2- Capitolo 1.  Un messaggio della Regina
Era accaduto quattro giorni prima: Sua Maestà la Regina l'aveva fatta chiamare per un colloquio privato.
Oscar stava esaminando con Girodelle le note di comportamento delle nuove reclute della Guardia Reale: la mano chiusa davanti alle labbra, l'espressione pensosa, aggrondata, mentre cercava di intravedere, nelle scarne note degli ufficiali inferiori, in quale dei giovani da poco arruolati si celassero le qualità necessarie a un futuro capitano, a un tenente, o a un ufficiale superiore.
Girodelle, seduto di fronte, alzava ogni tanto lo sguardo sul suo Comandante, bene attento a non intercettare quello di lei: come avrebbe potuto incrociare l'azzurro cristallino degli occhi di Madamigella, senza abbassare i suoi, subito dopo, imbarazzato, e senza confessare che, da quando le loro lame si erano incrociate, oltre dieci anni prima, in quella radura che sapeva di primavera e di fiori di campo, il suo cuore era rimasto impigliato fra le lunghissime ciglia arcuate del Colonnello Jarjayes?
Allo stesso tempo, pensava con stizza che, ormai da anni, non capitava più di collaborare attivamente con Madamigella Oscar in qualche indagine, come era accaduto, per esempio, al tempo della congiura sventata contro i principi reali, ormai da qualche tempo insediati sul trono.  Ma se la sua familiarità con Madamigella Oscar sembrava ormai essersi impantanata, ferma in uno stallo da cui non sapeva come uscire, il suo attendente, invece, quel Grandier, sembrava essere con lei in una familiarità assoluta: addirittura, una volta, l'aveva colto  - quel villano ripulito! - accelerare impercettibilmente la sua andatura, in modo da ridurre lo spazio di quel mezzo passo che sempre lo separava dal Comandante de Jarjayes, in modo che il braccio di lei sfiorasse la spalla di lui[1]. Li aveva osservati bene, oh, fin  troppo bene, muoversi così, e bordeggiare la piazza d'arme, schiumando di rabbia mentre, dalla finestra, vedeva la donna che amava sfiorata da quel plebeo, che non chiedeva scusa, non rallentava, - segno che si trattava di un gesto tutt'altro che fortuito, ma, anzi, abituale e come concordato - mentre nemmeno Madamigella Oscar, horribile dictu!, si ritraeva.
E allora, aveva iniziato a riflettere, anzi, a rimuginare; e rimuginando e ripensando era arrivato alla conclusione che quel contatto indebito, quello sfioramento apparentemente casuale, ma, in realtà, con tutta chiarezza voluto e concordato, doveva far parte di un alfabeto tutto loro, che, nei loro anni insieme, Madamigella Oscar e il suo attendente dovevano avere elaborato per comunicare senza parole. E che cosa avrebbero avuto mai da comunicarsi segretamente un Colonnello e il suo attendente, ma anche una padrona e un servo, una donna e un uomo, cresciuti insieme, vissuti sotto gli occhi di tutti, e ora impegnati ogni giorno a Versailles, il luogo, dove più di ogni altro, le parole, la loro inflessione, i gesti, ogni minima sfumatura delle espressioni del viso venivano analizzati, scrutati, divinati, commentati da un platea infinita, perennemente pettegola, e malevola, che costituiva al contempo il soggetto e il pubblico dello spettacolo che si andava interpretando ogni giorno?
Ovviamente, qualche accordo poco limpido, per abboccamenti segreti, incontri amorosi, sicuramente, che si tenevano - e qui la fervida fantasia di Victor Clément de Girodelle, eccitata dalla gelosia e dall'amore senza speranza e da lunghi anni compresso, si scatenava  senza posa - nelle scuderie di Palazzo Jarjayes, negli angoli bui dei corridoi meno frequentati della Reggia, nelle radure sulla via del ritorno, nel piccolo appartamento riservato a Versailles al Comandante delle Guardie Reali, appartamento che era proprio accanto al suo, per cui Girodelle si sorprendeva, a volte, ad appoggiare l'orecchio, a volte con l’ausilio di un bicchiere di cristallo di Boemia, alla parete di una delle stanze che gli erano state assegnate, e che la divideva dagli appartamenti del Comandante, per cercare di cogliere ....che cosa? Parole infuocate, sospiri, gemiti... e invece, niente, non aveva mai colto niente, se non l'eco della bella voce bassa e profonda di Grandier che leggeva ad alta voce Orazio o Platone (perché conosceva il latino e il greco, quel fannullone!), alternandosi con la voce musicale e quieta di Madamigella Oscar; oppure, li sentiva ridere, dopo che Grandier aveva letto qualche passaggio di Rabelais : e che risata franca e argentina aveva, Madamigella Oscar!
Perché non rideva mai, con lui?
Ma, del resto, si disse Girodelle, facendo un'amara autocritica, quando mai lui aveva saputo fare una battuta di spirito di fronte al suo Comandante?
In parte, rifletteva, il senso dell'umorismo non faceva parte della pur ricca dotazione di virtù mondane di cui la Natura e l'educazione impeccabile che gli era stata impartita lo avevano fornito; in parte, a lui, di sicuro, non capitava mai di intrattenersi con Madamigella Oscar su questioni frivole, o che non avessero una stretta attinenza con i doveri connessi con il loro incarico alla Guardia Reale: inoltre, il Comandante de Jarjayes non amava particolarmente le occasioni mondane, e, quando capitava che, per puro senso del dovere, partecipasse a balli e feste nei giardini della Reggia, sfoderava sempre un cipiglio severo e un austero mutismo che scoraggiavano ogni genere di conversazione. Né, del resto, nonostante oltre due lustri passati a lavorare a stretto contatto, era mai accaduto che il Vicecomandante delle Guardie Reali si trovasse da solo a solo con Madamigella Oscar, nel suo boudoir cinese, nella dimora dei conti Girodelle, a sorbire una cioccolata leggendole Ovidio o Pierre de Ronsard.
Sovrastato e come travolto dall'ombra di quelle meste riflessioni, il Maggiore de Girodelle sospirò; e il suo sospiro venne intercettato da Madamigella Oscar, la quale levò gli occhi dalle carte che tanto la assorbivano.
"Girodelle, che vi succede? State bene? Siete stanco? Gradireste una pausa?", chiese sollecita, con una espressione sottilmente preoccupata che intenerì l'interlocutore ("Si preoccupa! Si preoccupa per me! Quanto è sollecita e cara!"); ma la risposta di Girodelle non fece in tempo ad arrivare, perché in quel momento un paggio reale bussò alla porta dell'ufficio del Comandante de Jarjayes, e dopo l' "AVANTI!" un poco brusco di Madamigella Oscar, il paggio entrò recando su un vassoio d'argento un biglietto sigillato con la ceralacca. "Da parte di Sua Maestà la Regina per il Colonnello de Jarjayes", proferì il paggio, con austero sussiego, porgendo il vassoio a Madamigella Oscar, che, nel frattempo, si era alzata per raggiungere il servitore. Afferrato con decisione il messaggio e aperta la busta, Madamigella Oscar l'aveva letta in fretta, sotto gli occhi di Girodelle, che la osservavano di sotto in su, increduli perché, proprio nel momento in cui, finalmente, dopo tanto tempo, una crepa sottile, oh, infinitesimale!, sembrava essersi aperta nel contegno irreprensibile del Comandante, una crepa tale da potercisi insinuare, e fare cuneo, per arrivare a uno scambio di battute più personale, ai fini una ritrovata o inedita confidenza, ecco che, proprio in quel momento, arrivava un paggio della Regina!


Da parte sua, Madamigella Oscar, subito dopo aver letto il messaggio, aveva risposto al paggio con sollecitudine: "Riferite a Sua Maestà che arriverò immediatamente", riponendo con grazia e decisione, come aggraziati e decisi erano tutti i suoi gesti, il messaggio sul vassoio, e congedandosi con elegante fermezza dal suo secondo.
"Perdonatemi, Girodelle, ma la Regina ha chiesto di parlarmi urgentemente in udienza privata: continueremo il nostro discorso in un'altra occasione". E, mentre queste parole erano ancora nell'aria, Oscar si avviò a passi decisi, oltre la soglia, appena varcata dal paggio che le avrebbe fatto strada verso gli appartamenti della Regina, lasciando Victor Clément de Girodelle solo al tavolo del Comandante, inebetito e contrariato. Quando poi il vicecomandante si alzò e, girando attorno alla scrivania in legno di rosa finemente intarsiata, una volta davanti alla grande vetrata vide Madamigella Oscar percorrere la Piazza d'Armi seguita dal suo attendente, non potè trattenere, in barba al suo leggendario autocontrollo, un gesto di stizza, e, mentre si percuoteva la coscia con la mano destra, di bianco guantata, stretta a pugno, esclamò: "Villano ripulito! Che il diavolo ti porti! Maledizione a te!".
 
 
[1] Ringrazio Settembre17 per avermi suggerito, in una sua ff, "Le parole sono finite", questo particolare: certo, Girodelle non ha affatto colto il vero motivo di questo accelerare impercettibilmente il passo di André.
   
 
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