Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: kamony    02/07/2022    3 recensioni
Una missione da compiere: riportare la terra alla vita. Un uomo distrutto dal rimorso che ha bisogno di un motivo per tornare a sperare e a lottare. Due nuovi arrivi sull'Arcadia: una ragazza dal passato nebuloso, costretta a fingersi ciò che non è, e un ragazzo che ha qualcosa da nascondere. La loro presenza scombinerà le dinamiche a bordo della nave pirata più famosa della galassia, il cui capitano si troverà a dover fare i conti con sentimenti che credeva morti per sempre. Storia ambientata totalmente nel movieverse con alcune contaminazioni dal multiverse di Capitan Harlock
|Harlock, nuovo personaggio, Yama, Meeme, Yuki Kei, Yattaran e un po' tutti i personaggi|
|Romantico, avventura, introspettivo, shi-fi|
Fic rivista e corretta. Postata nel 2014, cancellata da me nel 2018
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Yama
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno e buon sabato a tutti voi!

Questo che vi apprestate a leggere è il penultimo capitolo. Siamo arrivati in fondo alla storia!
L’ultimo capitolo lo posterò domani o lunedì sera a l più tardi.
Sono un po’ emozionata ma ce l’abbiamo fatta e questo “salto nel buio” è stato una piacevolissima sorpresa!
Ancora una volta come sempre il mio più sincero grazie va:
A tutti coloro che gentilmente hanno avuto voglia di farmi sapere il loro pensiero sulla storia attraverso le recensioni.<3
Ai tanti che comunque leggono e seguono la storia con affetto. Magari un giorno anche voi mi direte il vostro pensiero. ;)
A chi mi ha aggiunta ai preferiti, seguiti e ricoraadti :)

Buona Lettura! =)

 

.46.



 

UNA NUOVA REALTA’

 

SPAZIO ANNO 2977
Quella mattina, come sempre, Harlock si svegliò dopo poche ore di sonno. Allungò la mano, sull’altro lato del letto, in cerca di chi non c’era più, ormai da quasi un anno. Era strano come il tempo trascorresse nonostante tutto molto velocemente, mentre per certi versi era invece incredibilmente lento.
La missione di riedificazione della Terra andava avanti tra alti e bassi come era normale che fosse, grazie anche al massiccio contrasto che la Gaia Saction faceva loro. C’erano state molte battaglie, ma fino a quel momento erano stati sempre in vantaggio e le primissime colture, da poco trapiantate, sembravano reggere, nonostante qualcuna si fosse inesorabilmente seccata.
Harlock si girò e guardò la porzione di letto vuoto. Chiuse la palpebra e tornò con la mente ad una delle tante mattine in cui, svegliatosi prima di lei, si era tirato su e l’aveva osservata mentre ancora dormiva. Le sembrò di vederla come se fosse ancora lì, parzialmente coperta dal lenzuolo leggero, con un braccio piegato sopra la testa appena reclinata di lato e le labbra semichiuse, mentre il seno si muoveva seguendo appena il ritmo leggero del sonno. Dormivano sempre abbracciati ma la mattina lei ad un certo punto si scostava, come se d’abitudine lo volesse lasciare libero di fare con calma le sue cose.
Non c’era stato un solo giorno in cui lei non fosse stata con lui e non solo perché portava addosso il Wakizashi che gli aveva regalato, ma perché era diventata una parte di lui e lo sarebbe sempre stata. E poi c’era Yama che gliela ricordava a volte in modo inequivocabile, perché aveva certi gesti e alcuni modi di fare tipici di Joy.  Prima non ci poteva fare caso, non sapendolo, ma ora era lampante che una parte di lei vivesse nel ragazzo. 
Si chiedeva come stesse, che facesse. Come potesse essere la sua vita in quel momento, ma ovviamente non trovava mai una risposta che fosse sufficientemente appagante. Gli mancava in tutti i modi e in tutti sensi, ma cercava di non crucciarsi più del dovuto, di lavorare sodo, per poi poter andare a riprendersela, appena fosse stato possibile.
La mattina era il momento peggiore di tutta la giornata, così come la sera quando si coricava, perché erano i due frangenti in cui lei gli mancava di più. A volte gli mancava prepotentemente anche a livello fisico e non solo per il sesso, ma per la sua voce, il suo odore e la sua pelle. I suoi abbracci, la sua risata, il suo calore…
Il Capitano scacciò queste visioni dalla mente e si alzò per andare in bagno. Si muoveva lento, seguendo un rituale di gesti consueti e uguali, che si ripetevano ogni giorno, come una ruota che gira sempre nello stesso verso. Aprì l’acqua della doccia ed andò al lavabo, dove si sciacquò il viso con acqua fredda. Evitò di incrociare lo sguardo con lo specchio e s’infilò sotto la doccia. L’acqua era appena tiepida e gli dette ristoro. Il getto vigoroso picchiettava sulla pelle, simile ad un acquazzone estivo di antica memoria; abbassò la testa e lasciò che il flusso si concentrasse sulla nuca e sulle spalle. L’acqua scorreva come una gentile carezza che gli solleticava appena il corpo, formando tanti piccoli rigagnoli che gli defluivano ai piedi. Quella sorta di delicato massaggio, aveva un potere rigenerante di cui aveva tanto bisogno. Si girò e lasciò che il flusso lo colpisse direttamente sul petto, quindi chiuse il rubinetto dell’acqua calda e lasciò che il freddo del gettito lo riportasse bruscamente alla realtà, svegliandolo definitivamente da quel vago senso di malinconico torpore, che ogni mattina lo avvolgeva come una fitta nebbia.
Finì di lavarsi, si fece la barba e uscì dal bagno. Si vestì meticolosamente, senza fretta, e alla fine arrivò Masu-san con la colazione. 
La ringraziò. 
La donna gli sorrise e si raccomandò che mangiasse, dato che aveva ripreso a piluccare di mala voglia qualsiasi pietanza gli preparasse, poi lo lasciò solo. Era passato del tempo, ma la cuoca sapeva che la ferita era fresca e che gli faceva ancora male, anche se lui era impenetrabile, silenzioso e non diverso da come, più o meno, era sempre stato. Non lasciava trapelare niente ma lei lo conosceva a fondo e sapeva riconoscere i suoi stati d’animo, anche quando erano camuffati dalla sua maschera abituale.
Dopo aver mangiato, rimase quasi un’ora in piedi a braccia conserte ad osservare le stelle. 
Per sicurezza, L’Arcadia stazionava appena fuori dell’orbita terrestre, vi entravano solo quando dovevano scendere, perché avevano appunto cominciato a fare i primi trapianti da Caladan. E poi, da lì era molto più facile scappare o nascondersi in-skip, se la situazione lo avesse richiesto. Ma non era questo l’oggetto dei suoi pensieri, bensì Yama. Era giunta l’ora di parlare con il ragazzo e di dirgli la verità, di lì a poco avrebbe cominciato il suo addestramento e voleva che tra loro le cose fossero chiare una volta per tutte.  

 

LONDRA ANNO 2034

Joy era rientrata a casa con suo padre. Londra, che l’aveva riaccolta tra le sue braccia, con il suo caos ordinato e compito di moderna metropoli con gli alberi e la tanta, troppa luce a cui non era più abituata, le era sembrata un posto sconosciuto. Le pareva quasi fosse stata la città dove avesse vissuto un’altra vita, che ora era finita, morta e sepolta, una sensazione strana, che la faceva sentire una straniera a casa propria.
Era molto confusa. Ovattata, in uno stato di babele mentale che la prostrava. Non sapeva neanche lei come si sentisse realmente. Aveva praticamente partorito un bambino, senza neppure aver avuto il tempo di abituarsi all’idea che sarebbe diventata madre. Non aveva vissuto il cambiamento del suo corpo, né aveva avuto modo di capire che le accadesse: semplicemente, si era ritrovata quella creatura tra le braccia, quasi come se le fosse caduta dal cielo, ma le sorprese non erano finite.
Una volta a casa, erano cominciati i fatidici chiarimenti e Joy era venuta a sapere cose che avevano aggiunto maggior turbamento al suo stato già molto disorientato e prostrato.

Intanto, aveva scoperto di essere stata adottata, che il professore Teinosuke Takuro non era affatto suo padre e che Nami non era sua sorella. Non era ancora tutto. Venne di conseguenza a sapere di non avere alcuna discendenza giapponese nelle vene, ma di essere figlia di inglesi, rimasta orfana a pochi mesi, unica sopravvissuta di un incidente stradale in cui era stata sterminata tutta la sua famiglia: padre, madre e due fratelli più grandi. Il suo nome di battesimo non era Joy, ma Skyler(1) e il suo vero cognome era Logan.
Naturalmente tutte queste novità avevano ancor più minato il suo stato psicologico, già messo a dura prova dalla bislacca situazione che stava vivendo. In un primo momento aveva avuto quasi una crisi di nervi e si era ribellata al Professore in malo modo, voleva andarsene di casa e dimenticare tutto e tutti. Le sembrava di essere in un incubo senza fine, come se fosse entrata in un tunnel buio ed inospitale, la cui uscita fosse stata murata. Si sentiva soffocare ed era profondamente triste ed infelice. Le mancava l’aria, era persa, come una straniera in un luogo inospitale. E poi c’era la terribile mancanza di Harlock, che la destabilizzava non solo a livello psicologico, ma che la faceva soffrire così tanto da farla star male a livello fisico. Per fortuna, dopo lo choc iniziale e soprattutto grazie al piccolo Yama, che era diventato improvvisamente la sola unica vera ragione di vita, si era un po’ calmata e aveva fatto mente locale su tutta la situazione, cercando di non impazzire. Aveva bisogno del professore per rimandare suo figlio da Harlock e aveva intenzione di fare ciò per cui si era sacrificata ed era tornata indietro, quindi cercò di fare buon viso a cattiva sorte; non senza difficoltà e una buona dose di dolore, cominciò ad elaborare tutte le informazioni che aveva avuto facendole proprie, cercando un modo per poter superare questo momento così duro e difficile per lei, che si ritrova veramente sola.
La prima cosa che fece fu di riappropriarsi del suo vero nome e di renderlo ufficiale all’anagrafe. Non era più Joy Takuro, ma Skyler Logan, cognome che dette anche a suo figlio, che così diventò Yama Logan
(2). Avrebbe voluto dargli quello di suo padre, ma era oggettivamente impossibile farlo riconoscere da un uomo che viveva in un altro arco temporale, in un futuro molto lontano dal loro. Anche se, nella sua testa, cominciava farsi strada un’idea folle che prima non avrebbe mai preso in considerazione, ovvero trovare il modo di poter tornare sull’Arcadia, anche se non era certa di come avrebbe mai potuto riuscirci, dato che era consapevole che non sarebbe potuta andare con Yama, perché non poteva certo creare un altro paradosso temporale, e magari incontrare la se stessa nel futuro, combinando chissà quali guai.


Molti mesi dopo, appena Yama fu svezzato, cercò casa per conto proprio e abbandonò l’abitazione del Professore. 
Non sopportava più di vivere con lui, perché si era sentita tradita. Forse con il tempo avrebbe anche potuto perdonarlo, ma per ora non ce la faceva proprio.
Ovviamente, a suo tempo gli aveva spiegato tutta la situazione, morte di Nami compresa, e gli aveva detto che la loro unica speranza, anche per sua figlia, era rimandare Yama nel futuro per impedirgli di ripetere il solito errore. Il Professore prima si era disperato a lungo, ritenendo il tutto una follia, ma poi, grazie anche alla Chiave Sonica che Joy aveva salvato dalla distruzione della navetta, cominciò subito a lavorare per poter rimandare nel futuro il ragazzino, e non più tardi dei suoi tre, massimo quattro anni, così da non fargli ricordare chi fosse e da dove venisse, di modo che non potesse alterare il futuro che lo attendeva nell’altro arco temporale, eccetto salvare la vita a Nami.
Del resto, se la ragazza lo aveva incontrato, significava per certo che loro erano in qualche modo riusciti a farcelo arrivare, e quello divenne l’unico obiettivo e scopo di vita dell’uomo: richiudere il loop dell’esistenza di Yama.

 

SPAZIO ANNO 2977
Quella sera stessa Harlock mandò a chiamare Yama, lo avrebbe ricevuto nella sua cabina.
Il ragazzo fu avvertito da Yattaran e, non senza un filo d’ansia per quella convocazione, si diresse dal Capitano. Ultimamente avevano discusso parecchio riguardo il suo addestramento per diventare l’eventuale comandante in seconda dell’Arcadia. Lui non voleva proprio farlo e Harlock invece pareva irremovibile. I loro rapporti erano senza infamia né lode, forse da un certo punto di vista erano anche migliorati, ma ancora c’era quel sentore di qualcosa in sospeso, che non aveva mai abbandonato Yama e che lo teneva sempre sul chi va là.

Giunto di fronte alla porta della cabina di Harlock, bussò e appena gli fu risposto, entrò.

Il Capitano era seduto al tavolo e gli fece cenno di sedersi, aveva davanti una bottiglia di Masseto(3) e due calici vuoti.
Yama notò che dietro di lui, sulla sua scrivania, faceva bella mostra di sé un vaso di vetro sbriccato e riappiccicottato alla meglio, dove aveva trapiantato il fiorellino che aveva sbarbato sulla Terra.
“Ti piace il vino?” gli chiese il Capitano con la bottiglia in mano, prima di versarlo.
“Direi di sì” rispose il ragazzo. 
Harlock abbozzò un accenno di sorriso e versò il liquido rosso nei due bicchieri.
“Al nuovo, probabile, comandante in seconda” accennò come brindisi, ma forse era più una provocazione, per carpire la sua reazione.
Yama fece una smorfia.
“Proprio non ti va questo incarico?”.
“Non è che non mi vada a priori” cominciò a dire il ragazzo dopo aver assaggiato una sorsata del vino, che gli sembrò estremamente corposo, ma buono “Ė solo che non capisco perché di punto in bianco tu abbia preso questa decisione. Sono uno dei più giovani e l’ultimo arrivato, non ho ancora dimostrato niente e quindi mi sfuggono le tue ragioni” gli disse, guardandolo dritto nell’occhio.
“Come ti trovi su questa nave?” gli domandò Harlock cambiando discorso. 
Yama fece spallucce “Bene. Anche perché ormai non ho più una casa, quindi…”.
Il Capitano fece roteare appena il vino nel calice, prima di berne un sorso che centellinò piano.
“Sceglieresti ancora di vivere a bordo dell’Arcadia se avessi un’alternativa?”.
“Ma io non ho alternative!”.
“Ma se ne avessi?”.
Yama sbuffò, non capiva dove volesse andare a parare.
“Credo di sì. Quando ho scelto questa vita l’ho fatto consapevolmente, mi piace ciò che stiamo facendo per la Terra, mi sento utile e mi appaga ciò che faccio con il biologo. I miei problemi sono altri…” ammise infine.
Harlock bevve di nuovo e lo guardò. Sebbene fisicamente fosse quasi la sua copia, lui in realtà ci rivedeva moltissimo sua madre e questo lo aveva notevolmente ammorbidito nei suoi confronti.
Il suo volerlo comandante in seconda, non era né un capriccio né una forzatura. Yama era la sua discendenza, aveva il suo sangue nelle vene e se fosse stato mentalmente adatto, niente e nessuno avrebbe comandato quella nave meglio di lui, se un giorno avesse per caso deciso di lasciare il posto di Capitano, magari scegliendo di invecchiare e morire.
“Non sai più chi sei” gli disse come se gli leggesse nella mente. Poteva comprendere benissimo il suo stato d’animo.
“Già…” ne convenne il ragazzo.
“Tu chi credi di essere?”.
Yama lo guardò perplesso, poi provò a rispondere.
“Credo di essere uno che si è sempre sentito un po’ fuori posto e ora forse, ne comprendo la ragione. Quella non era la mia vera casa e quella non era la mia vera famiglia, anche se sono sempre stato così legato a quella che credevo fosse mia madre…”.
Harlock sospirò e bevve di nuovo. Era dannatamente difficile dirglielo. Difficile e doloroso. E poi c’era sempre la preoccupazione che potesse prenderla male, ma Meeme aveva ragione, bisognava darci un taglio e saltare quel fosso, più si aspettava e più sarebbe stato peggio.
“Dimmi una cosa. Che ne pensi di Joy?” gli chiese a sorpresa, spiazzandolo di brutto.
Il ragazzo si chiese che diamine c’entrasse la biologa adesso in quel discorso e perché mai l’avesse tirata in ballo.
“Non capisco che cosa c’entri lei…”.
Il Capitano non rispose e scolò il bicchiere, quindi si versò altro vino, ne versò ancora al ragazzo e bevve di nuovo.
“Puoi rispondere?” gli chiese calmo ma fermo.
“Per me è una brava persona…”.
“Che sentimenti nutri per lei?”.
Yama s’infastidì.
“Non ho mai pensato a lei in quel senso!” disse mettendosi sulla difensiva. Tutte quelle domande lo stavano inducendo a credere che l’altro avesse equivocato qualcosa.
“Se mai ho nutrito qualcosa, è stato un sentimento di tipo fraterno. Te lo assicuro. Mi ha salvato la vita ed è sempre stata gentile con me, comprensiva e affettuosa, proprio come una sorella maggiore”.
Harlock suo malgrado sorrise di quell’agitazione.
“Ti manca?”.
Il ragazzo era sempre più perplesso, però in effetti un po’ di nostalgia si era fatta sentire, forse perché c’era sempre stato un buon rapporto e poi per lui era stata una buona amica.
“Magari un poco sì” ammise.
Ma continuava a non capire quella serie di domande fatte, secondo lui, a casaccio.
“Senti, non vorrei mancare di rispetto a te e alla tua autorità, ma ti sarei profondamente grato se mi spiegassi il vero motivo della tua convocazione” gli disse abbastanza seccato.
Harlock si alzò, gli si avvicinò quindi tirò fuori il detonatore delle bombe a vibrazione dimensionale e glielo consegnò.
“Quando prendo una decisione, non lo faccio mai sull’onda delle emozioni, ma perché la ritengo la più giusta” cominciò a spiegargli. “Un giorno potrebbe darsi che io me ne vada, o che mi accada qualcosa, o che semplicemente io voglia abdicare da questo ruolo e allora, chi sarebbe il più idoneo a sostituirmi?” gli chiese retoricamente scrutandolo. “Kei è troppo ottimista. Non sarebbe capace di detonare quelle bombe neppure per salvare l’umanità, è la sua indole e questo determina la sua debolezza, ma anche la sua forza, che io ammiro molto, ma che la rende inadatta al comando” gli disse, mentre il ragazzo lo ascoltava serio. 
“Yattaran al contrario le detonerebbe di sicuro, ma è troppo impulsivo è un valido guerriero e un ottimo hacker, ma una parte di lui è rimasta infantile e non è affidabile al cento per cento. Il suo odio per la Gaia Sanction potrebbe portarlo a fare cose avventate e già una volta io ho commesso quell’errore, non posso permettere che accada di nuovo. Ho bisogno di una persona che sia riflessiva” e lo fissò dritto negli occhi.
“Tu hai un bagaglio di esperienze diverse. Conosci il nemico meglio di chiunque altro, perché ci hai vissuto insieme. Nonostante la tua giovane età, ti porti dietro un fardello pesante che ti rende, a parte qualche ingenuità, cauto e anche affidabile. Conosci il valore del rimpianto, del rimorso e sai che ad ogni scelta, corrisponde un pesante rovescio della medaglia. Sai quale può essere il prezzo di uno sbaglio e il valore del ponderare una scelta. Non credo che agiresti mai d’impulso, considerando che cosa sia costata questa riedificazione della Terra in termine di persone a te care. Ezra non sarà stato tuo fratello biologico, ma lo è stato a livello affettivo. Nami era ciò che di più caro tu abbia avuto come sorella, amica e primo amore” quindi fece una breve pausa “E poi c’è tua madre…” disse quasi a fatica, ora veniva davvero il difficile di tutto il discorso.
“Attraverso lei, il suo lavoro, il suo impegno ed il suo sacrificio hai compreso e amato l’importanza della Terra, il nostro pianeta natio. Sono certo che sapresti prendere la giusta decisione, qualunque essa fosse, se lo ritenessi necessario. Sei un ragazzo che nonostante tutto ha a cuore più di chiunque altro la sorte del nostro Pianeta, perché è costato il sangue di chi ami”.
Yama era ammutolito. In effetti, il ragionamento aveva un suo senso logico. Anche se lui credeva che si riferisse alla sua madre adottiva, che era una botanica.
Guardò il detonatore mentre dentro di lui si affacciava timidamente una nuova consapevolezza.
“Ma non è tutto Yama” gli disse grave, quasi sottovoce.
Ora veniva il bello della faccenda.
“Sei anche l’unico in tutto l’Universo che avrebbe forse la possibilità di entrare empaticamente in contatto con l’essenza di Tochiro
(4), che vive di vita propria, racchiusa nel Computer Centrale” gli disse, svelandogli uno dei più grandi segreti dell’Arcadia.
Il ragazzo era allibito, turbato, ma anche molto affascinato. Ascoltò poi tutta la storia del grande amico di Harlock e del suo straordinario passaggio, da incorporeo, dentro quella nave di cu era diventato per sempre l’anima, per sorreggere ed aiutare il Capitano, in quel lungo cammino di redenzione e ricostruzione.
“Una cosa mi sfugge” cominciò a dire argutamente Yama, quando l’altro ebbe terminato le spiegazioni. 
Harlock immaginò subito che cosa fosse.
“Perché proprio io sarei predisposto ad entrare empaticamente in comunicazione con Tochiro?”.
Harlock chiuse l’occhio e prese fiato, poi parlò.
“Perché tu sei sangue del mio sangue” disse infine in tono solenne.
Yama spalancò occhi e bocca all’unisono.
“Oddio! Mi stai forse dicendo che siamo fratelli?” chiese quasi senza fiato. In effetti poteva avere un certo senso per lui.
“No” rispose Harlock asciutto. Era incredibilmente difficile, il cuore gli stava bombardando il petto e gli sembrava di annaspare come se fosse senza aria. L’emozione e la paura stavano lottando l’una contro l’altra e lui era agitatissimo.
“In realtà, tu sei mio figlio” ammise infine, con un filo di voce e Yama ci mancò poco che non cascasse dalla sedia, franando malamente a terra.
Si riprese al volo e poi lo guardò come si potrebbe guardare un folle.
“Come, prego?” gli domandò freddamente, con una sorta di rabbia incredula che spuntò all’improvviso e lo afferrò per la gola quasi strozzandolo.
Harlock si sedette nuovamente e si versò da bere. Fece per versarne anche a Yama, ma quello tappò il bicchiere con il palmo della mano in segno di diniego. Fissandolo, come se volesse trapassarlo “Questa fregnaccia da dove te la sei tirata fuori?” gli chiese tagliente, mentre il Capitano si mesceva generosamente il liquido rubino.
Il ragazzo era più che contrariato, se quello credeva di prendersi gioco di lui era fuori strada.
“Non è una fregnaccia Yama e credo che se ti guardi allo specchio, la risposta sia molto più evidente di quanto non ci abbiamo mai dato peso, o forse, di quanto non ci abbiamo mai voluto fare caso”.
Il ragazzo scattò in piedi, agitato, confuso e infuriato.
“Sono stufo di questi discorsi idioti e fantascientifici! Vuoi forzarmi a fare qualcosa che io non voglio e mi avevi quasi incastrato, ma sai che ti dico? Non lo farò neanche morto il comandante in seconda, e tu inventati quello che ti pare, non mi obbligherai. Mai!”.
“Siediti” gli disse secco Harlock.
“Sennò che fai? Me le suoni?”.
Se mai avesse avuto un minimo dubbio sul fatto che potesse essere figlio di sua madre, in quel momento sarebbe stato fugato. Pareva lei quando si arrabbiava, tale e quale. La cosa per assurda che fosse, in un certo senso lo divertiva e lo stimolava, ma rimase comunque imperturbabile e serissimo.
“No. Credo che non te le avrei suonate neppure se fossi stato un ragazzino, sebbene ora tu ti stia comportando come tale. Siediti!” gli intimò di nuovo, trafiggendolo con un’occhiataccia.
Yama incrociò le braccia al petto e rimase in piedi in segno di sfida. Era insofferente e anche molto contrariato, eppure una vocina cominciava a dare credito a ciò che gli aveva appena detto il Capitano, perché qualche tassello del puzzle cominciava a combaciare nella sua testa e la cosa non gli piaceva per nulla. Anzi lo destabilizzava molto.
“Sei stato molto male ricordi?” gli disse Harlock sedendosi, lasciandolo in piedi impalato.
Si versò altro vino. Magari quella sera si sarebbe anche ubriacato, perché no? Infondo la rivelazione di paternità poteva anche essere un ottimo giustificativo per una bella sbronza!
“Voglio sapere chi è mia madre!” sbottò Yama molto arrabbiato.
Harlock trangugiò il bicchiere che aveva appena riempito e se ne versò ancora. Perché doveva essere tutto così dannatamente difficile e complicato?
“Davvero non lo capisci da solo?” gli disse, guardandolo di sbieco, era stanco, agitato e si sentiva tremendamente fuori posto. L’unica cosa che desiderava davvero era che tutto finisse quanto prima. 
Yama fece mente locale qualche secondo, poi strabuzzò gli occhi.
“Non ci credo! Non è possibile! Non può essere lei! Cazzo, ha quasi la mia età!” disse scioccato e furioso. Era certo che sua madre fosse una donna di molti anni prima. In fondo quello lì aveva più di cent’anni, poteva essere plausibile, ma la biologa proprio no! Gli sembrava una sorta di abominio, una cosa contorta e contro natura, perché non capiva la dinamica ed era scioccato e molto spiazzato.
“Ti assicuro che è possibilissimo” affermò secco Harlock e, con molta calma e pazienza, dopo aver bevuto l’ennesimo bicchiere di vino, gli raccontò tutto, per filo e per segno. Non tralasciando niente anche della sua quasi sparizione a causa del rientro di Joy a Londra, dove il lui piccolo era attualmente con Joy, in attesa di essere nuovamente rimandato in quell’arco temporale nell’eterno loop tempo/spazio che si perpetrava all’infinito, compiendo la sua esistenza.
Yama era fuori di sé, questa cosa non riusciva proprio ad accettarla. Quando Harlock ebbe finito, lo guardò con disappunto e anche forse con odio e poi gli sputò “Bella roba! Tra tutti non potrei aver avuto due genitori peggio di voi! Due incoscienti, egoisti che mi hanno fatto vivere una bella vita del cazzo! Basata sulla menzogna e sul dolore, ma tu lo sai che è stata la mia vita in quella casa? Te ne rendi minimamente conto? E ora capisco perché Ezra e mio padre mi mal tolleravano, magari sapevano anche la verità! E questo perché? Perché voi non vi siete trattenuti! Fanculo a te e lei!”.
“Ehi! Modera le parole ragazzino!” gli disse torvo Harlock, non tanto per se stesso ma per Joy, che sistema era quello di parlare? Lui aborriva il turpiloquio. Capiva il suo choc, ma a tutto c’era un limite e lui lo aveva appena travalicato.
“Altrimenti che fai?” lo sfidò di nuovo il ragazzo, guardandolo dall’alto in basso con strafottenza “E poi fai la pace con il tuo cervello, prima vuoi che faccia il comandante in seconda e poi ora sono un ragazzino? Che c’è, non ti vado più bene perché non puoi manipolarmi? Non sono mica lei che te la portavi a letto!”.
Harlock scattò in piedi e lo raggiunse in due falcate; quindi, lo afferrò per la giacca sollevandolo quasi di peso da terra.
“Ora falla finita!” gli disse furente “Se non te la senti di portarmi rispetto come padre, per me va bene, ma non ti azzardare mai più a parlare così di tua madre, perché la prossima volta che lo fai, ti suono come un tamburo, è chiaro? Ha rischiato la sua vita ben tre volte per te e questo deve avere la tua riconoscenza eterna e il tuo massimo rispetto, ad di là del fatto che ti abbia messo al mondo! Cerca di non dimenticarlo mai!” e lo lasciò andare, dandogli una spinta che lo fece barcollare all’indietro.
Yama gli lanciò uno sguardo tagliente pieno di odio.
“Se pensi di metterti a farmi da padre scordatelo, per me non lo sei e mai lo sarai, non ti voglio come padre!” gli si rivoltò rancoroso.
Harlock sospirò, si sedette di nuovo e bevve ancora, la bottiglia era stata consumata per più della sua metà, ma lui era ancora lucidissimo.
“Mi dispiace Yama, ma i genitori non si possono scegliere e per quanto tu possa esserne rammaricato e indispettito, io resto ciò che sono: tuo padre. Ora devi darti una calmata e devi decidere che cosa davvero vuoi fare della tua vita e lo devi fare seriamente, una volta per tutte. Nessuno ti obbliga a restare qui, né a diventare ciò che ti ho chiesto, solo tu puoi scegliere” quindi prese fiato e finì di scolare l’ennesimo bicchiere.
“Non ti ho chiesto di diventare il mio braccio destro perché sei mio figlio, lo avevo già deciso prima di sapere chi fossi. Te l’ho chiesto perché in te, vedo tutto ciò che vorrei per il mio successore, compresa questa rabbia e questo dolore che faranno di te un uomo più profondo e più comprensivo di chiunque altro. Vedo in te la forza che tu non sai ancora di avere e vedo la purezza delle tue intenzioni, oltre che una certa etica. Quindi, ora esci da questa cabina e rifletti bene. La prossima volta che ci vedremo, mi dirai che cosa hai definitivamente deciso”.
Avrebbe voluto dirgli molto altro, ma non voleva influenzarlo, con lui, come con sua madre, stava applicando la regola della libertà totale di scelta. Non avrebbe mai costretto chi amava a stare per forza con lui.
Yama non rispose e, con un moto di stizza, uscì dalla cabina. Era davvero irato, non riusciva a capacitarsi di questa situazione così inverosimile e ne stava soffrendo molto, soprattutto perché aveva sempre ammirato Harlock e ora si sentiva come tradito, poi non sapeva più che pensare di Joy, verso di lei sentiva rancore ed imbarazzo.
Mentre camminava veloce e stizzoso per i corridoi dell’Arcadia, gli si fece incontro Meeme. Lui la vide solo quando l’ebbe davanti, l’aliena gli toccò un braccio e lui si sentì immediatamente più calmo, mentre lei avvertì chiaramente la ridda confusa di sentimenti che gli si aggrovigliavano dentro.
“Sei sconvolto. Ti devi calmare. Non devi dare troppo credito alla tua rabbia o finirai per fare del male a te stesso e a chi ami”.
“Io non amo nessuno!” sbottò il ragazzo divincolandosi, ma lei non lasciò la presa.
“Oh sì invece, io lo sento” gli disse molto calma, ma decisa. Lo sconvolgimento del ragazzo le rese chiaro che Harlock lo aveva messo a parte della verità. 
“Yama ascoltami” gli disse con estrema dolcezza, catturando inesorabilmente la sua attenzione “Tutto ciò che sta accadendo non è un caso bizzarro, né una coincidenza beffarda, semplicemente è così che doveva succedere ed è così che doveva accadere la rinascita della Terra. Questa è una nuova Era per il genere umano. Vedi, i tuoi genitori sono una coppia oppositiva
(5) e tu sei ciò che deriva dalla loro unione. Per arrivare a questa svolta decisiva, occorreva una serie di condizioni particolari che permettessero una concatenazione di eventi straordinari ed è stato possibile perché passato, presente e futuro si sono incontrati, si sono intersecati e concentrati insieme, simultaneamente, in un’unica direzione. Harlock rappresenta il presente, Joy rappresenta il passato e tu Yama, sei il futuro che li lega indissolubilmente e sei la chiave di volta per la rinascita della Terra, perché sei tu che la porterai a termine in maniera definitiva. Per questo ti dissi che avresti dovuto scegliere a quale retaggio appartenere. Intendevo dire, se a quello della tua famiglia adottiva, o se a quello della tua vera famiglia” gli spiegò l’aliena, aggiungendo confusione alla confusione, nella mente e nel cuore del ragazzo, che ora davvero si sentiva come preso tra due fuochi.
“E c’è un’altra cosa che devi sapere. Tu sei l’unico che terrà legati i tuoi genitori e sei l’unico che potrà permettere la loro ricongiunzione”.
Si era spinta molto oltre, forse troppo avanti, ma le era venuto spontaneo e l’aveva ritenuto giusto.
“Che significa?” chiese imbronciato Yama.
“Quello che ho detto: che si potranno ricongiungere solo grazie a te! E ora medita e fa la cosa giusta. Cerca di ricordare tutto il bene che hai avuto da loro, anche prima che sapessero chi tu fossi. Perché anche loro l’hanno scoperto solo poco prima della partenza di Joy e non credere che non siano rimasti scioccati. Come te, si sono trovati nel mezzo a questa cosa senza averla prevista, ma è così che doveva essere, io lo so” concluse, liberandogli il braccio dalla sua presa, per poi lasciarlo da solo ed andarsene.

Il ragazzo rimase interdetto alcuni secondi. Un nuovo e più confuso turbinio di pensieri ed emozioni prese possesso della sua testa, ma anche del suo cuore. Alla fine mogio e pensoso si cacciò le mani in tasca e, a capo basso, riprese a camminare. Una cosa si ripromise, che avrebbe pensato seriamente a che cosa volesse realmente fare. E con questo nuovo proposito nell’animo, raggiunse i suoi alloggi e lì si rintanò, a meditare.

 

NOTE

(1)  Skyler è il primo nome che avevo scelto (al tempo nella stesura della fic. Successivamente l’ho cambiato in Joy per semplificarmi la vita perché Joy è un nome (anche se si scrive in modo diverso per i maschi) la cui pronunzia va bene sia per uomo, sia per donna e mi era utile all’inizio quando si fingeva ragazzo.

(2) Yama Logan. Un mio vezzo/sfizio Chiamare questo personaggio con i due nomi che sono stati usati nel film per appellarlo, Yama per i giappi e anche per noi, Logan per gli altri paesi o giù di lì.

(3) Vino consigliatomi da mio fratello. Io non mi intendo di vini :)
http://www.masseto.com/Default.aspx?tabid=221&vino=3&annata=27&campo=note_degustazione_it

(4) Nella mia testa Tochiro e Harlock hanno un rapporto assolutamente esclusivo, che come avrete notato per scelta non ho mai approfondito, rispettandone quasi religiosamente la sacralità, che non è mai stata del tutto svelata neppure dal sensei. È una mia scelta personale e giammai mi permetto di contestare chi fa altrimenti, ma per me, nella mia testa, nessuno può interagire con Tochiro a parte Harlock. Ho ipotizzato che potesse forse riuscirci suo figlio, in virtù del fatto che sono sangue delle stesso sangue, ma chissà…

(5) Le coppie oppositive sono: futuro/passato, inganno/verità, morte/vita costituiscono gli assi centrali attorno a cui si sviluppa la trama del film e sono presenti in numerosi personaggi che prendono vita negli interstizi dimensionali creati da questi opposti (tratto da disamina critica del film fatta a tempi dell’uscita dello stesso)

  
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