Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Snehvide    06/07/2022    2 recensioni
Marco è cambiato.
Quando abbia cominciato a farlo, Jean di preciso non lo sa. Ma Marco lo ha fatto.
Forse, è iniziato tutto la mattina in cui nel farsi scorgere a sonnecchiare sulla poltrona logora accanto al suo letto, anziché corrugare la fronte in quel misto di rabbia e disperazione che a Jean sembra dire ‘ma perché mi hai costretto a tutto questo?!’ Marco ha azzardato un sorriso. Uno di quelli veri.
Ha steso le labbra, sollevato gli zigomi medicati, e – dannazione: non ricordava neanche che aspetto avesse, il sorriso di Marco (né che gli piacesse tanto da farlo arrossire come una vergognosa ragazzina innamorata ).
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[JeanMarco] [What-If: Alive!Marco] [Hurt/Comfort]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanji Zoe, Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Step out of the shadows (and into my life)

 

Marco è cambiato.
Quando abbia cominciato a farlo, Jean di preciso non lo sa. Ma Marco lo ha fatto.
Forse, è iniziato tutto la mattina in cui nel farsi scorgere a sonnecchiare sulla poltrona logora accanto al suo letto, anziché corrugare la fronte in quel misto di rabbia e disperazione che a Jean sembra dire ‘ma perché mi hai costretto a tutto questo?!’ Marco ha azzardato un sorriso. Uno di quelli veri.
Ha steso le labbra, sollevato gli zigomi medicati, e – dannazione: non ricordava neanche che aspetto avesse, il sorriso di Marco (né che gli piacesse tanto da farlo arrossire come una vergognosa ragazzina innamorata).
O forse, ha avuto inizio già da qualche settimana. Già dalla volta in cui prima di tornare ai suoi doveri, Marco ha smesso di artigliare la sua mano in quel modo orrendo, e lui ha smesso di staccarla da sé lasciandogli in pegno quel pezzo della sua anima che, per tutto il giorno, lo avrebbe reso una sorta di guscio vuoto sino al momento in cui lo avrebbe rivisto, lì – su quel letto.
Con la stessa paura e la stessa voglia di impadronirsi della sua mano, stringendola sino a fargli male.

Marco adesso è cambiato.
Quando se ne sta seduto contro la testiera ferrea ad attendere con piglio curioso di vedere i suoi (vani) tentativi di presentargli una frittata di riso come quella di sua madre, anche chiedergli di assaggiare almeno le parti non bruciacchiate, ha smesso di suonare come un ulteriore tormento.
Non lo avrebbe mai creduto.
Nei giorni in cui i raggi del sole penetrano dalle vetrate e camuffano le sue fasciature rendendole quasi incandescenti; quasi come se nulla fosse mai accaduto e le parti mancanti del suo corpo fossero ancora al loro posto, nascoste da qualche parte, lì nella luce, a Jean piace credere abbia smesso anche un po’ di odiarlo.
Per non averlo lasciato morire sul fondo di quella lettiga dell’ospedale distrettuale di Trost, o per non aver dato ascolto ai suoi ‘lasciami andare’ che gli avrebbero risparmiato tutto questo.
Per non aver saputo evitare che finisse lì, dilaniato in un angolo della strada, insieme ai cadaveri di Trost che nessuno ha mai riconosciuto.

Per non averlo saputo proteggere.

Sì, Marco è cambiato.
Ed è cambiato anche suo modo di recepire il mondo intorno a lui.
La sua espressione non è più la stessa quando vede la chiassosa figura della caposquadra Hange alla porta.
La luce che brilla nel suo occhio libero dalle bende è adesso vivida e sospettosa – certo, a volte, la guarda ancora come se temesse che possa pugnalarlo da un momento all’altro, ma per lo meno, lo farebbe su questo pianeta.
Non su uno distante anni luce che nessuno dei suoi sforzi gli avrebbe permesso di raggiungere.

 “Facciamone un’ultima, su. Solo per precauzione.”

Sino a poco tempo prima era ‘va bene, provo a fartene un’altra. Ma è davvero l’ultima, per oggi.’, e un’espressione contrariata, tutta nuova, è andata a rimpiazzare il sollievo che quella frase – e soprattutto, quella siringa – di Hange erano un tempo in grado di evocare.

“Oh, andiamo, non mettermi il broncio come al solito. Ti ho già detto che è l’ultima, una soltanto. Poi, basta con le iniezioni. Promesso!”

Jean incrocia le braccia al petto, storce le labbra. “Gli aveva detto così la settimana scorsa.”

Marco non lo rimprovera neppure per aver usato quel tono supponente.
Eppure, Jean è abbastanza sicuro di aver perso il conto di quante volte abbia preferito mordersi la lingua pur di non questionare l’originalità delle terapie della caposquadra, persuaso dai gemiti e dallo sguardo di Marco, desideroso – almeno da parte sua – di una tregua.
Adesso invece, si limita a farsi adagiare la testa sul suo grembo e a lasciarsi accarezzare i capelli e a trovare consolazione anche in quella mano che Hange attarda sul suo fianco più di quanto serva per scoprirlo e prepararlo.

“Ho fatto male i miei conti, tutto qui—” dice poi, per niente sorpresa e per niente intenzionata a staccare lo sguardo dal cilindro graduato che solleva controluce.
O a far trapelare nulla della ricaduta della scorsa settimana.

Perché Marco è cambiato, e probabilmente, Hange sa che sono cambiate anche le sue sfide.
Chiudere i rapporti con il Marco-di-qualche-tempo-fa, fosse anche quello di-una-settimana-fa, è una di quelle.

Ah—"

Piagnucola quando l’ago lo punge, soffia tra i denti quando lo stantuffo comincia lento a scendere.
La testa incassata tra le spalle, addenta il labbro inferiore tra gli incisivi come a voler serrare in bocca tutte le parole che ancora tentennano venir fuori.
E avrà sicuramente qualcosa che non va, dev’essere un po’ impazzito, Jean – perché su quel viso aggrottato, su quei fiati rotti che scaldano il suo grembo più del sole, Jean vede il Marco-che-non-era-Marco andare via e restituirgliene uno che un ago ha ancora il potere di offendere.
E gli sta bene, non chiede altro. Quel Marco talmente agonizzante da non accorgersi neanche dell’ingresso di un pezzo di metallo tra le sue carni ormai, è solo nel passato.

“Finito, ho finito—” strascica Hange, materna e comprensiva, insieme ad un’altra serie di parole che a-questo-Marco servono a qualcosa, Jean ne è sicuro – così com’è sicuro che il suo tamburellare tra le pieghe della nuca, lo strisciare delle sue nocche sotto le palpebre umide, siano lì per qualcosa.

“Siamo lamentosetti oggi, eh? Fino a poco tempo fa attendevi con trepidazione questo momento, e adesso? Guardati! Quasi mi fulmini con lo sguardo! Farei bene a fare attenzione o uno di questi giorni finirai per farmela pagare.”

Lamentosetti?!”

Non è offeso davvero: Jean sa che è solo un altro modo escogitato da Hange per dirgli che è stato bravo, che ce l’ha fatta. Che diavolo, diavolo, se è contenta.
Diavolo, se è orgogliosa di vederlo così diverso, così cambiato. E anche se è abbastanza certo che questi non siano più i pensieri della caposquadra, ma decisamente i suoi ormai, vederle piegare un ginocchio sopra il materasso pur di sporgersi e continuare ad accarezzargli la schiena adesso che Marco è di nuovo seduto e stretto a sé (perché adesso, sì - può di nuovo sollevalo e stringerlo a sé) lo confonde.
E quasi, quasi, a Jean piace, essere confuso.


“Com’è andata ieri? Ho saputo che Moblit è riuscito a ritagliarsi del tempo per farti fare della fisioterapia, è così?”

Quella di fare il giro del letto per deporre la siringa tra gli oggetti da sterilizzare è solo una scusa per recuperare il suo viso.
Jean non può vederlo, ma lo immagina ancora imbruttito dall’affronto.

Sente però Marco annuire contro la spalla, e non arretra quando Hange gli ravvia i capelli della fronte e dalle tempie così piano che sembra quasi un modo per chiedergli scusa.
Jean sente il proprio torace chiedere di rilasciare la boccata d’aria che trattiene.
Del resto, le dita di Marco contro la sua spalla si sono ammorbidite, è un buon segno.
Probabilmente, l’ha già perdonata.

“Allora dovrò seriamente aver paura che prima o poi tu me la faccia davvero pagare.”

Il suo scuotere vigorosamente la testa gli solletica un po’ il mento, ed è bello, pensa Jean.
Scorre con le dita le ossa aguzze della sua spina dorsale, adesso meno aguzze di quanto le ricordasse.
Affonda le labbra e il naso sul collo, si riempie i polmoni del suo odore: anche quello è cambiato.

“Vi farò portare il pranzo alle dodici.”

Jean solleva di scatto la testa, guarda di sbieco.

“Ah –no, penserò io a cucinare per lui, oggi sono di riposo!”

Sullo stipite della porta, Hange si ferma.
Piega il collo di lato, guarda Jean, poi Marco. Storce le labbra.

“Oh, Marco – mi spiace davvero per te.”

“Cosa—cosa vorrebbe dire?!”

Prima che possa finire di balbettare come un’idiota, Hange è già uscita.
E forse è un bene così.

“Jean—”

Perché sarebbe oltremodo sconveniente, essere guardato mentre Marco allunga la mano verso il suo mento e lo riporta a sé (come se avesse davvero bisogno di riportarlo a sé – come se non bastasse sentire il suo nome, o anche il solo, raro suono della sua voce, per richiamare ogni attenzione su di lui).

“A m-me piace…come cucini.”
Lo fissa ancora un po’ in silenzio, quel visetto smagrito ma adesso luminoso.
Lo fissa, e lo trova così bello. Bello come non lo era da tempo.
Jean bacia la punta del naso. Lascia che un rossore colori la distanza che separa le sue lentiggini tra loro.

“E se ti piace come cucino, allora aspetta di vedermi mentre cucino. Vieni, ti porto con me!”

Marco solleva un sopracciglio, poco convinto di quello che ha appena sentito – e in effetti, ne è poco convinto anche lui, ma decide di sorvolare.
Meglio continuare a guardare ancora Marco, e pensare a quanto sia cambiato.

Quando si discosta piano dalla mano che gli ha cinto intorno alla spalla, e punta i talloni sul pavimento, Jean capisce che è proprio arrivato il momento di rendergliene merito.


Fine

 

Note:

·        Fanfiction scritta per la ‘Ouch! Challenge’ challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia – Non corretta, non betata.

·        Segue il filone what-if che vuole Marco sopravvissuto a Trost (ma gravemente mutilato). Viene salvato da Jean che riesce a farlo curare nell’infermeria interna del corpo di ricerca.

·        Ho scritto anche altri lavori al riguardo, li trovate qui nel mio account. Headcanon condiviso anche con Joy.

·        Grazie per aver letto <3

 

 

   
 
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