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Autore: Nitrotori    08/07/2022    1 recensioni
Annualmente due regni un tempo in perenne guerra, si radunano per ingaggiare in uno scambio culturale per mantenere la ormai duratura pace. Nove talentuosi rappresentanti scelti da entrambi i regni salpano a bordo della nave Fraternity, tuttavia durante il viaggio le loro vite vengono messe in pericolo da un misterioso incidente.
ATTO 1 - Terminato
ATTO 2 - In corso...
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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La prima notte sull’isola infine giunse. l’unico modo per vedere attraverso l’oscurità era tramite i focolari arcani che Simon aveva sparso qui e lì per tutto il perimetro dell’area. Il vento corrente arrivava dalle fessure poste sul soffitto e ululava attraverso i corridoi.

Leah era immersa in un sonno inquieto fatto di pensieri turbolenti, mentre la sua coscienza andava e veniva in un perenne stato di dormiveglia. 

Abitualmente stringeva i denti nel sonno, rigida come un sasso, mentre il suo corpo avvolto dalle coperte tremava. Il dolore di aver perso Piper l’aveva seguita fin nei recessi dell’incoscienza, tanto che riusciva a sentire il suo cuore battere nell’oscurità, intrappolato nel freddo abbraccio della paura.

Poi spalancò gli occhi. Davanti a sé c'era Piper completamente sfigurata e coperta di sangue che la fissava con sdegno, con gli stessi occhi vuoti che aveva visto riflesso nella sua testa decapitata.

“Sei stata tu ad uccidermi” Disse il suo fantasma puntandole il dito tremante contro “Sei stata tu. Assassina”.

Leah si paralizzò sul posto, non sentiva più il suo cuore battere, né riusciva a respirare. Ogni muscolo volontario e non si era arrestato. Si sentì morire, mentre suoni immondi e striduli penetrarono nei suoi timpani.

La testa di Piper si staccò dal corpo e cadde al suolo, rotolando verso di lei. La sua faccia aveva uno sguardo orribile, distorto, colmo di odio e rimpianto.

“Assassina!” Le gridò.

Leah si svegliò da quell’orribile incubo, scattando fuori dalle coperte con un grido.

Era diventata cinerea, madida di sudore nonostante il freddo e respirava a fatica. Le ci volle un po’ prima di rendersi conto che si era finalmente svegliata e tutta l’adrenalina iniettata improvvisamente nel suo corpo, le provocò una forte emicrania.

Poi dei passi, l’ombra di qualcuno arrivava dal corridoio. Egli coprì la calma luce blu dei focolai arcani, oscurando ancora di più l’angusto corridoio.

Leah era spaventata, chi poteva mai essere? Mille pensieri macabri iniziarono a strisciare nel suo stomaco, provocandole altro tormento. Il suo cuore tornò a pompare furioso e accelerava nel suo petto ad ogni eco dei suoi passi. Ma tutto il terrore e l’angoscia di quel momento terminarono istantaneamente, lasciandole solo sollievo alla vista del suo salvatore.

“Stai bene?” Le chiese Aoki. “Ho sentito urlare”.

La ragazza si portò le mani sul viso e scoppiò in lacrime. Tutto il dolore, la miseria e la paura si mischiarono in un cocktail di emozioni fuori controllo e fuoriuscirono dalle sue lacrime salate. Ora che finalmente era sveglia, si rese conto finalmente della verità che fino a quel momento negava con tutta se stessa. Era arenata su un’isola deserta senza una reale possibilità di fuga, e la sua più cara amica era stata brutalmente e inspiegabilmente uccisa. Era tutto vero, l’orribile realtà che stava vivendo non era un incubo, non era un illusione. 

“Ce la fai ad alzarti?” Aoki le allungò la mano.

Leah si asciugò le lacrime e annuì afferrandola con fermezza, riuscendo a sentire la sua mano asciutta e ruvida.

Ora che Leah era in piedi si sentì subito meglio. Aoki le fece cenno con la testa “Ti preparo del tè, così ti calmi un po”.

Nel corridoio dove il giovane vigilante teneva le sue cose, c’era una piccola stufetta arcana che Simon aveva acceso prima di coricarsi. Il giovane uomo dell’Est mise della polvere nella teiera e dopo una breve attesa versò in una tazza di coccio del tè fumante.

Leah era seduta su un gradino, con una coperta rossa attorno al corpo e gli occhi pesanti e irritati dalle lacrime. Fissava ipnotizzata il movimento irregolare della fiamma arcana, che bruciava continuamente illuminando l’intera area di un rilassante tenue azzurro. Quando Aoki sbucò dal corridoio, tornò con in mano una tazza e uno sguardo calmo sul volto. La ragazza si chiese come faceva a restare così impassibile davanti a quella situazione assurda.

“Attenta che scotta” Le disse porgendogli il tè.

“Grazie” Rispose lei.

L’aroma al limone e zenzero la aiutò a respirare meglio e calmare gli agitati sensi. Soffiò appena sul bordo del liquido bollente più volte e per poi sorseggiarlo lentamente.

Mente ingoiava il té, il calore la avvolse. Finalmente la sensazione di gelo che la faceva tremare si acquietò.

“E’ buono” Disse Leah facendo un sorriso ad Aoki, che rispose semplicemente rilassando il suo sguardo sempre serio. Era da tanto che Leah voleva ringraziarlo per averla salvata quel giorno. Non passava giorno che non pensava a quel eroico gesto, dispiaciuta di non poter in qualche modo ricambiare il favore. Ma ora che lo aveva davanti, che aveva finalmente l’occasione di ringraziarlo, le parole non volevano uscire dalla sua bocca.

Si sentì stupida, debole e si maledì.

“Sembra che tu voglia dire qualcosa” Disse Aoki mettendosi seduto vicino ad un focolare.

Leah arrossì appena, si maledì un’altra volta per essere così facilmente leggibile.

“Ecco…” Si sforzò con tutta se stessa, ma semplicemente non ci riusciva. Era così dannatamente difficile dire grazie?

“Non c’è di che…” Disse improvvisamente Aoki facendo un mezzo sorriso.

Nuovamente aveva capito cosa stava pensando. 

“Uffa, mi stai leggendo nel pensiero?” Leah gonfiò un po’ le guance.

“Sei facile da leggere” Rispose lui scrollando le spalle “I tuoi occhi e il tuo sguardo parlano al posto tuo”.

Per qualche ragione il commento diretto di Aoki la rilassò. Probabilmente aveva semplicemente paura di essere giudicata male, o di fare una figuraccia, un timore che si era radicato nel tempo in ogni occasione come quella.

“Non tenerlo dentro” Le disse Aoki col suo solito tono di voce severo e serioso “Qualunque cosa tu abbia nel cuore in questo momento, non tenerla dentro”.

Leah non riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi occhi profondi. Quel ragazzo era molto difficile da decifrare, ma lei vide qualcosa di familiare in quello sguardo, così come il suo tono di voce. Anche Piper aveva quel modo di comunicare, era in grado di tirare giù la maschera e di scendere allo suo stesso livello, affinché anche lei potesse avere uno sguardo in grado di esprimere ciò che voleva.

In qualche modo Aoki era molto simile a Piper sotto quel punto di vista.

“Quando non riesci a trovare una via d’uscita, quando non puoi fare altro che fuggire di fronte ad una situazione disperata, non è giusto continuare a tenere dentro tutto il dolore” Disse lui “Siamo esseri umani, dobbiamo accettare anche emozioni negative come il dolore. Se vuoi piangere, se vuoi urlare, fallo. Io ascolterò in silenzio e sarò testimone del tuo tormento”.

Leah prese a cuore quelle parole e involontariamente iniziò a tremare e a singhiozzare. Grosse lacrime salate coprirono il suo viso e non la smettevano di scendere.

Pianse, lasciando scorrere tutto il dolore dentro di sé. Piangendo a sufficienza, si rese conto di quanto quel dolore in un certo senso stesse lenendo il suo animo ferito. 

Si stava tenendo tutto dentro da chissà quanto tempo, accettando passivamente gli errori commessi e dandosi per vinta. Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere scusa a Piper o di parlarle, aveva sempre accettato il suo rancore come una giusta conseguenza per le sue azioni.

Dopo essersi calmata, Leah sentì l’enorme peso della stanchezza e del mancato riposo schiacciare il suo corpo. Le occhiaie, unite all’irritazione delle lacrime, aveva profondamente solcato il viso della giovane fanciulla.

“Il tuo pianto è in qualche modo nostalgico” Disse Aoki rivolgendo il suo sguardo verso la fiamma blu “Quando conobbi il mio maestro, lui mi portò sulla riva di un fiume. L’acqua era così cristallina che potevo vedere il mio riflesso sul flusso. Avevo il viso sfigurato dal pianto e dalla stanchezza proprio come il tuo in questo momento. Mi disse di guardare quella pietosa immagine fino a che non riuscivo più a vederlo. Restai lì, imbambolato a fissarmi senza mangiare o bere. Non mi ero accorto che pian piano stavo vedendo così tante cose nell’acqua, che ormai non riuscivo più a vedere il mio viso. Fu come sognare ad occhi aperti, come vedere i miei pensieri scorrere a nudo nell'acqua gelida di quel fiume. Quando fece notte, mi resi conto di non riuscire più a vedere niente, fu in quel momento che il maestro tornò a prendermi. Quando mi chiese cosa avevo visto nell’acqua, tutto ciò che potevo rispondergli era che avevo visto me stesso. Ma lui capì subito, capì che avevo realmente visto l’essenza stessa della mia anima, fu in quel momento che mi disse che non importava quali errori avessi commesso, l’acqua aveva già portato tutto via con sé a valle. Potevo correre disperato per tutta la vita a rincorrere l’impossibilità di recuperare ogni frammento del mio passato, oppure costruire nuove memorie, nuove esperienze” Aoki per la prima volta fece un sorriso amaro “Quella sera piansi di nuovo, ma questa volta non piangevo solo per il mio dolore e per chi avevo perso, piangevo perché avevo deciso di rendere giustizia a quel dolore, di accettarlo e di continuare la mia vita. E’ naturale piangere per qualcosa di perduto, per qualcosa che non tornerà mai più, nessuno dovrebbe trattenere quel dolore”.

Leah rimase senza parole. Il racconto di Aoki le entrò nell’anima, sentendosi in qualche modo legata anche lei a quella storia.

“Spero che questo possa aiutarti a superare il tuo dolore” Aoki si alzò in piedi “Cerca di riposare ok?” Detto ciò si congedò.

“Aspetta!” Leah si alzò, tenendo tra le mani la tazza ancora piena di Tè.

Il giovane vigilante si voltò di nuovo verso di lei, in attesa di una sua parola.

Lei sorrise un po’ timida “Io volevo ringraziarti. Avrei voluto farlo molto prima ma sono successe così tante cose. Mi hai salvata quel giorno in quel vicolo e oggi mi hai salvata di nuovo con le tue parole”.

“Ti sbagli” rispose lui indicandola "La prima volta ti avrò anche salvato, ma questa volta ti sei salvata da sola. Spero che non condannerai più te stessa per i tuoi errori e andrai avanti. Non inseguire il tuo passato fino a falle, non arriverai da nessuna parte”.

Leah annuì sorridendogli con gentilezza. “Grazie…”.

“Bevi, o si fredda” Disse infine Aoki riferendosi al té, le sorrise brevemente poi se ne andò silenziosamente senza più voltarsi.

Leah tornò seduta e bevve quel té. Era squisito e per qualche assurdo motivo si sentì come se un grosso fardello che pesava sulla sua anima si fosse improvvisamente alleggerito.

 

C’era assoluto silenzio all’interno del Santuario. Leah era riuscita infine ad addormentarsi, avvolta dalle coperte che la tenevano al riparo dal freddo pungente. Il suo sguardo appariva molto più rilassato così come il suo respiro, ora calmo e libero dagli incubi. 

Anche Aoki sonnecchiava con la schiena poggiata al muro. La maggior parte del gruppo dormiva, anche Alphonse che nonostante le terribili esperienze di quel giorno, era riuscito stranamente a riposare correttamente.

Qualcuno però non era riuscito a dormire quella notte, quel qualcuno era il principe Harris.

Alle prime luci del mattino sì affacciò nel corridoio dove dormiva Alphonse e in quel preciso istante, il giovane minatore aprì lentamente gli occhi.

“Scusami… ti ho svegliato?” Chiese Harris con un sorriso dispiaciuto.

“Sua Altezza?” Alphonse si alzò con i gomiti “Che succede?”.

Harris guardò verso il centro del Santuario, assicurandosi che non ci fosse nessuno.

“Devo parlarti, in privato…” Gli disse con sguardo serio. “Usciamo prima che qualcuno ci veda ok? Anglia ci sta aspettando al laghetto qui vicino. E’ della massima urgenza”.

Harris sorrise e si allontanò per lasciare ad Alphonse il tempo di prepararsi.

Quando il Sole iniziò timidamente a sollevarsi dall’orizzonte, la delicata luce dell’alba penetrò dai grossi interstizi sul soffitto della caverna, mischiandosi alle luci arcane dei focolari. 

L’aria era umida e fredda, non esattamente ideale per le ossa deboli. 

Alphonse si sentiva tutto intorpidito, mentre si alzava dal suo sacco a pelo. Indossò la sua divisa e uscì dal corridoio cercando di non fare rumore.

Vide Aoki riposare vicino all’ingresso, ma sembrava essere profondamente addormentato, nonostante stesse seduto. Harris stava aspettando vicino all’ingresso, indicò con il pollice alle sue spalle e fece un sorriso, per poi uscire.

Una volta all’esterno però, Alphonse fu accolto da uno scenario a dir poco inquietante. 

Non c’era un filo di vento, non si sentiva nessun suono, nemmeno gli uccelli cinguettavano al nascere del giorno. Gli arbusti degli alberi erano immobili, congelati in quella che sembrava un’eterna stasi. Il silenzio era così fitto, che il frantumarsi delle foglie secche al peso di ogni passo di Alphonse, echeggiava nei suoi dintorni quasi fosse il rumore più forte del mondo. Ancora una volta rimase sgomento davanti all’innaturale atmosfera che si palesava dinanzi a sé.

C’era ancora poca luce all’esterno, ma ce n’era abbastanza da potersi orientare e avanzare nella vegetazione.

“Da questa parte” Disse Harris dirigendosi verso il laghetto a pochi isolati dal Santuario. Anglia stava aspettando lì. Alphonse si chiese cosa avesse in mente il Principe, perché tutta quella segretezza? Per qualche ragione ebbe un brutto presentimento a riguardo, era convinto che qualunque cosa il Principe gli stesse per comunicare non sarebbero state buone notizie, complice il fatto che Harris sembrava tutt’altro che tranquillo. Stava mascherando la sua agitazione dietro il suo sorriso e per tutto il tragitto verso la piccola sorgente era rimasto in totale silenzio.

Una volta arrivati al laghetto, Alphonse vide Anglia nei pressi del bordo mentre fissava la piccola cascata d’acqua. Il lieve rumore del flusso tranquillizzò Alphonse, che fino a pochi momenti prima era immerso in un fitto e innaturale silenzio.

All’arrivo di Harris, Anglia si voltò e posò subito lo sguardo su Alphonse. Gli occhi gelidi e severi della donna sembravano persino più intensi del solito, sempre cauta e pronta ad agire di fronte ad ogni situazione. Era palese che non si fidava affatto di lui.

“Qui dovrebbe andare bene” Disse lui ad Anglia “Assicurati che non si avvicini nessuno”.

“Sua Altezza, siete certo che sia una buona idea?” Chiese lei. 

Harris annuì “E’ la cosa giusta da fare, lascia che sia io ad occuparmene”.

La donna non obiettò, fissò di nuovo Alphonse per poi farsi da parte.

“Sua Altezza che sta succedendo?” Alphonse si decide a chiedergli spiegazione, tutta quella tensione era diventata insostenibile.

Il Principe si voltò verso di lui e di nuovo fece un debole sorriso insicuro.

“Mi dispiace per la segretezza, quello che sto per mostrarti è qualcosa che vorrei non fosse visto da occhi indiscreti, non ora per lo meno. Con tutto quello che è successo non ho avuto l’occasione di farlo prima, ma ora che abbiamo un momento per parlare in modo indisturbato, credo sia il momento migliore”.

Harris tirò fuori da dietro il mantello un panno azzurro con dentro avvolto qualcosa. Alcune parti del tessuto erano sporche di una macchia scura e una volta scoperto, Alphonse si sentì le ginocchia cedere dallo shock.

C’era un coltello dalla lama sporca di sangue, con un familiare manico rinforzato. Di istinto, Alphonse portò le mani verso la fondina e notò che il suo coltello era assente. Ricordava di averlo usato per orientarsi nella foresta durante le sue prime ore sull’isola, ma in seguito era convinto di averlo inserito di nuovo nella fondina, e di non averlo più usato.

“Non è possibile io…” Alphonse balbettò, si rese conto che se avesse tentato di giustificarsi, sarebbe sembrata solo una scusa insensata. Quel sangue poteva appartenere solo ad una persona, e soltanto l’idea che il suo coltello fosse in quelle condizioni lo terrorizzava a morte.

“Sua Altezza io… deve credermi!” Il giovane Minatore pallido scosse il capo e cercò ugualmente di spiegarsi “Non sono stato io, qualcuno deve avermi preso il coltello!”.

Harris abbassò il capo e ripose il coltello nel panno.

“Quando abbiamo trovato i resti di Piper, ricordi che sono entrato per prima nel corridoio vero? Onestamente non so cosa mi è preso, semplicemente non riuscivo a credere ad una realtà così terribile e il mio corpo si è mosso da solo”

Alphonse lo ricordava, come poteva dimenticare quell’orribile scenario ormai marchiato a fuoco nella sua memoria. Il Principe Harris si era avvicinato per poi ordinare a lui e Leah di allontanarsi dalla scena in modo tempestivo.

“Mentre mi avvicinavo, ho notato qualcosa per terra” Disse Harris serio in volto “Era particolarmente buio, quindi era difficile confermarlo con esattezza, ma avevo notato qualcosa. Senza pensarci l’ho preso ed è stato in quel momento che ho riacquistato lucidità. Osservandolo da vicino ricordai quel coltello. Quando abbiamo portato Leah nella baita vicino alla spiaggia, ti sei proposto per cercare del cibo e dell’acqua, avevi detto che ti saresti orientato proprio con quel coltello, e nella mia testa è subito nato il sospetto. Ma è proprio questo il motivo che mi ha spinto di rimuoverlo dalla scena in totale segretezza”.

Alphonse restò in silenzio con il cuore in gola, mentre Harris cercava di dare espressione ai suoi dubbi e di far chiarezza nei riguardi di tutta quella difficile faccenda. Cosa l'aveva spinto a rimuovere una prova schiacciante dalla scena di un crimine?

“Alphonse. Rispondimi sinceramente. Non sei stato tu vero?” Quella fu una domanda cruciale, una domanda nata dal sospetto e dalla paura.

Il giovane minatore scosse il capo “No, non avrei mai potuto!” Esclamò addolorato “Non sarei mai capace di fare una cosa simile!”.

Harris fissò a lungo Alphonse come se i suoi occhi stessero giudicando la sua sincerità. Alla fine però, il principe rilassò lo sguardo e sorrise.

“Lo so. Io ti credo”.

Al sentire quella frase, Alphonse sentì la tensione lentamente morire.

“Ascoltami” Harris tornò serio portandosi la mano sul mento “C’è qualcosa che non mi torna in questa situazione. La morte di Piper è troppo inusuale. Lo stato del suo corpo, il modo in cui è stata uccisa, il luogo, e adesso salta fuori questo sospetto che tra di noi ci sia un mago. E’ tutto troppo strano, voglio dire… se veramente ci fosse un mago tra di noi, se veramente l’obiettivo del carnefice era quello di rubare il libro di Piper e far sparire le sue tracce, allora perché mutilare il suo corpo in quel modo? Non ha senso. Cosa lo ha portato ad agire in questo modo? Possibile che sia solo un modo perverso e abietto di infierire su un corpo inerme?” Harris abbassò il capo e strinse i pugni con forza “Tutta questa faccenda del mago dove ci porterà? E’ davvero così facile? Ho i miei dubbi che lo sia. Chiamami pure paranoico ma come posso non esserlo? Ci sono ancora troppi misteri, troppe incognite. Perché questo fantomatico mago ha sentito la necessità di causare un naufragio e portarci qui? Che scopo abbiamo su quest’isola? Possibile che voglia solo ucciderci tutti? Se si, allora perchè?”.

Pallido e spaventato, Harris si portò una mano sul viso “Ho il dovere di proteggervi, come rappresentante e futuro regnante è mio dovere proteggere i miei alleati! Non voglio vedere mai più qualcuno a me caro fare una fine del genere! Ho bisogno di capire, ho bisogno di rimuovere tutti i sospetti uno alla volta e scovare il manigoldo che ha tolto la vita a Piper”.

Il Principe si fece prendere dalle emozioni e dalla foga. I suoi occhi si erano inumiditi e togliendosi le lacrime ancor prima che potessero scendere, posò il suo sguardo su Alphonse.

“Ti prego Alphonse, aiutami a scoprire la verità…”.

“Io? Ma come potrei aiutare?” Chiese il giovane minatore colto alla sprovvista da una richiesta tanto importante.

“Tu sei innocente, so che posso fidarmi di te. E’ vero non ho conferme esatte, né prove assolute che tu non sia l’assassino, ma voglio fidarmi del mio istinto e di te. Se stasera Simon non troverà nessun mago tra di noi, allora abbiamo bisogno di essere preparati. Ho bisogno di più occhi e orecchie dappertutto, di qualcuno come te che può facilmente muoversi e entrare nel cuore delle persone. Noi tre possiamo venirne a capo, ne sono certo! Non posso coinvolgere nessun altro. Solo Anglia e te. Ti prego, voglio vendicare la morte di Piper!”.

“Sua Altezza…” Alphonse non sapeva cosa dire. Si sentì pervaso da una strana sensazione di determinazione, tanto che il suo intero corpo si irrigidì. Non aveva avuto molto tempo a disposizione per conoscere Piper, ma ricordava bene quel sorriso sincero sulle sue labbra prima di morire. Era una ragazza colma di sofferenza, colma di insicurezze e paure. Perché una persona così genuina era dovuta morire in un modo tanto atroce? Il responsabile l’avrebbe pagata cara.

“Voglio aiutare, farò il possibile” Disse infine Alphonse posando lo sguardo sul principe. 

Harris sorrise con sollievo e annuì “Sono felice che posso contare su di te, sapevo di non sbagliarmi”.

“Cosa posso fare però? Avete un piano?”.

“La prima cosa da fare secondo me è capire di chi fidarci e chi no, e cercare di capire meglio le dinamiche dell’incidente” Disse Harris pensoso “Tu sei restato da solo con Piper finché qualcuno non ti ha tramortito. Questo individuo apparentemente riesce a viaggiare attraverso la nebbia senza subire alcunché, ha rubato il tuo coltello e ha ucciso Piper con esso facendo a pezzi il suo cadavere, poi ha lasciato il coltello sul posto così che tutti avrebbero infine sospettato di te. Chi potrebbe secondo te fare una cosa così?”.

Alphonse ci pensò su per qualche secondo, poi ebbe un’idea.

“Da quel che ho capito Aoki riesce a navigare nella nebbia grazie al suo addestramento. Lui afferma di essersi perso come tutti gli altri, ma è la verità? Potrebbe essere stato lui”.

“Mmm, però è stato lui stesso ad affermare dei suoi allenamenti. Se davvero riuscisse a navigare attraverso la nebbia, allora avrebbe mantenuto quel dettaglio segreto dico bene?”.

Il ragionamento di Harris filava. Aoki non avrebbe mai lasciato trapelare un’informazione del genere, visto la sua intelligenza e scaltrezza.

“Beh, possiamo fare un passo in avanti e dire che possiamo togliere Leah dalla lista. Dopotutto è stata con voi tutto il tempo” Disse Alphonse.

Harris tuttavia non era d’accordo, aggrottò la fronte e scosse il capo “No, a dire il vero è falso”.

Alphonse non si aspettava una risposta così, Harris sospettava di lei?

“Ovviamente non sto dicendo che sospetto di lei, sarebbe alquanto assurdo per Leah compiere un gesto così crudele, soprattutto nei riguardi di una persona a lei così cara. Tuttavia quando ho riaperto gli occhi dopo la nebbia è stata Leah a svegliarmi. Quindi avrebbe potuto in linea teorica avere un margine di azione. Ma ripeto, solo l’idea che Leah possa essere l’assassino lo trovo a dir poco paradossale”.

Alphonse tuttavia sapeva che tra le due non correva buon sangue. Un ipotetico movente poteva anche esistere, ma non c’erano prove e soprattutto Harris aveva ragione: il pensiero che una ragazza come Leah potesse agire in quel modo, era completamente assurdo.

“Restano Lord Armstrong, Simon e Sir Moults”.

“Sir Moults, intendi quel tipo con il mandolino?” Chiese Alphonse.

Aveva avuto una prima impressione positiva nei suoi riguardi, visto che era stato lui a mettere una buona parola per permettergli di essere temporaneamente scagionato da ogni accusa. Inoltre era stato lui ad avanzare l’idea che potessero esserci altre persone sull’isola.

“Qualche idea su di lui?” Chiese Harris curioso.

"Più che su di lui, mi chiedo se quello che ha detto sia vero, ovvero la possibilità che ci siano altre persone su quest’isola”.

“Non è da escludere. Onestamente, se i risultati di Simon stasera porteranno alla luce che non ci sono maghi tra di noi, le chance che esista un’altro o più sopravvissuti, o addirittura abitanti veri e propri aumenterà. Tuttavia…” Harris si guardò attorno e vide la foresta attorno a se rimanere immobile “Certamente ti sarai accorto che questo luogo è fuori dal normale. Non sembra esserci nessuna attività animale e tutto sembra così innaturale”

“Sì, l’ho notato” Rispose Alphonse teso “Mi viene difficile credere che ci siano persone qui oltre a noi, tuttavia quella baita e il Santuario, non siamo di certo i primi ad essere stati qui”.

Harris era d’accordo “Assolutamente. Ad ogni modo, sarà meglio riprendere questa discussione dopo l’esame di Simon. Vediamoci qui ogni mattina a quest’ora ok? Cerca di non farti vedere, nessuno deve sospettare di nulla”.

I misteri dell’isola erano numerosi, così come le circostanze della loro presenza su quell’ignoto suolo, in aggiunta all’inspiegabile morte di Piper. Alphonse decise di collaborare con il piano del giovane erede al trono, ma si domandò se il sotterfugio fosse davvero la soluzione ideale per scoprire la verità. D’altro canto però, restare con le mani in mano era altrettanto sbagliato, nonché un’opzione che Alphonse mal sopportava.

Mentre fissava sovrappensiero la cascata d’acqua, notò Harris sussurrare qualcosa a Anglia, poi si avviarono verso il Santuario.

Invero, c'era un’altra cosa che preoccupava Alphonse. Chiunque avesse ucciso Piper aveva cercato di scaricare la colpa su di lui, inoltre perché Harris si fidava così tanto del fatto che non fosse lui l’assassino? Come era giunto realmente a quella conclusione?

   
 
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