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Autore: Lartisteconfuse    09/07/2022    0 recensioni
Quando Kaminari bacia a sorpresa Katsuki durante "obbligo e verità" ricordi che risalgono a quando aveva dieci anni tornano a tormentare Bakugou, portandolo a chiudersi in se stesso sotto gli occhi preoccupati dei compagni e soprattutto di Izuku
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Quanto sono pessima a scrivere le trame :')
DKBK
TW : past rape / underage rape / panic attack
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Note: ciao gente! 
Allora prima di lasciarvi al capitolo piccola info: quando trovate il testo tra parentesi quadre significa che quel testo è in corsivo. 
Il motivo di questa cosa è che sto pubblicando da cellulare e non sono a casa e non mi fa editare il testo bene :( 
Quando tornerò lo correggo per il futuro. 
Però dato che sto fuori per una settimana non volevo sparire senza dire niente quindi ecco a voi il capitolo 2. Non so se riuscirò a postare gli altri nei giorni seguenti, però almeno siete avvisati 💖
Detto questo buona lettura e se volete ditemi cosa ne pensate con la dovuta educazione pls 🥺💖



Katsuki aprì la porta di casa con le chiavi, anche se sapeva che i suoi genitori quel giorno non dovevano lavorare. 
“Sono a casa!” urlò con poco entusiasmo.
Masaru venne ad accoglierlo subito, sorridendo serenamente al figlio. “Bentornato Kat, è bello averti a casa.” Senza aspettare che il figlio rispondesse, Masaru lo abbracciò stretto. All’inizio Katsuki si irrigidì, ma poi il suo corpo si rilassò e lasciò che il padre lo abbracciasse per qualche secondo. 
“Come mai questa visita, moccioso?” Il solito tono aggressivo di sua madre fece interrompere l’abbraccio e Masaru si scostò per lasciare che Katsuki e Mitsuki si potessero guardare. Katsuki scrollò le spalle. “Mi andava.”
Mitsuki lo osservò attentamente, si avvicinò senza mai distogliere lo sguardo. “C’è qualche problema?”
E lì Katsuki fece un errore. Non ricambiò lo sguardo, evitò di guardare la madre negli occhi come invece faceva sempre. “No” rispose.
Ma Mitsuki non gli credette e ora che la moglie lo stava notando, anche Masaru non poté fare a meno di vedere come il figlio apparisse stanco, abbattuto. 
Katsuki sospirò. “Ho dormito poco stanotte, tutto qui” disse alla fine. “Volevo riposarmi e al dormitorio con tutti quegli idioti non ci sarei mai riuscito.”
Questa scusa sembrò bastare ai suoi genitori. Katsuki era conosciuto per essere una persona facilmente irritante e da quando era piccolo se non dormiva abbastanza era anche peggio. Il minimo rumore poteva mandarlo fuori di testa e le persone che gli stavano attorno gli diventavano ancora più fastidiose. 
La ragione, però, era anche un’altra e Katsuki faticava anche ad accettarla tra sé e sé: voleva stare con i suoi genitori, sentirli vicini ed essere certo di essere al sicuro. 
Questo, per una persona orgogliosa come lui, era abbastanza umiliante. 
Ma dal bacio di Kaminari i ricordi, che erano rimasti nascosti e soppressi nella sua mente, erano riaffiorati totalmente e non lo lasciavano in pace. Immagini, parole, tocchi, lo sommergevano e a malapena riusciva a sopportare di essere nel suo stesso corpo. 
“Vado a posare le mie cose” disse, per poi superare i genitori e dirigersi in camera sua, solo che ora i suoi occhi vedevano altro. 

[“Sei un così bravo bambino Kacchan. Meriti una ricompensa.” Makoto lo afferrò per un polso e guidò la sua piccola mano verso il basso, in quella parte che Katsuki sapeva che non avrebbe mai dovuto toccarle. Provò a ritirare la mano, spaventato. 
“Non posso” mormorò, insicuro. Makoto ridacchiò e aumentò la presa sul suo polso. “Sì che puoi.”
Ma Katsuki scosse con vigore la testa. “è sbagliato.”
“No Kacchan, ti do il permesso io.” Makoto si chinò a baciarlo sulle labbra, come ormai faceva sempre e Katsuki rispose come lei gli aveva insegnato a fare. “Come io ho dato piacere a te, tu devi dare piacere a me o mi offendo. Non sarebbe giusto che solo tu puoi godere.”
Katsuki sembrò riflettere sulle sue parole e quel momento di distrazione bastò a Makoto per portare la mano del bambino oltre l’elastico delle sue mutande, lasciandosi sfuggire un sospiro di piacere quando le dita la sfiorarono.] 

Tutto quello che era successo con Makoto in quell’anno di sei anni prima era accaduto in quella stanza.
La sua stanza.
In quel letto.
Katsuki si vergognò nel realizzare come per tutto quel tempo avesse continuato a viverci indisturbato. Ma adesso, come avrebbe potuto spenderci anche solo un minuto? 
Non sarebbe dovuto tornare. 
Ora come avrebbe trascorso il weekend a casa sua se non riusciva nemmeno a stare nella sua stessa camera? I suoi genitori si sarebbero di certo accorti che c’era ben altro oltre alla stanchezza dovuta a una notte in bianco. 
Mentre Katsuki aveva lo sguardo perso nel vuoto della sua camera, un peso si poggiò sulle sue spalle e sentì sulla schiena un seno premuto addosso. Sobbalzò spaventato e spinse via Makoto, per poi girarsi e fronteggiarla. 
Solo che davanti a lui non c’era la ragazza dai lunghi capelli rossi, ma sua madre, che lo guardava confusa. “Che cazzo fai moccioso?” domandò. 
“Tu che cazzo fai!” esclamò Katsuki irritato, provando a mascherare la paura che lo aveva invaso con la solita rabbia a cui sua madre era abituata. 
“Non posso nemmeno abbracciare mio figlio? Ingrato.”
“E ora cosa c’entra l’ingratitudine?”
“C’entra, perché sei un ingrato moccioso, che non accetta nemmeno un abbraccio di sua madre.”
“Oh ma piantala, sei tu che abbracci senza permesso.”
Il botta e risposta proseguì per un po’, perdendo il suo senso, ma questo permise a Katsuki di riprendersi, tranquillizzarsi e dimenticare per un po’ il grande problema che era tornato nella sua vita.
“Ora scendi e apparecchia per il pranzo” concluse Mitsuki andandosene.
Katsuki non se lo fece ripetere due volte, si chiuse la porta della sua camera alle spalle e andò in camera da pranzo. 
 
***

"Papà" chiamò Katsuki, interrompendo il silenzio che c'era a tavola durante il pranzo, rotto solo dal rumore in sottofondo della televisione. Masaru alzò gli occhi dal piatto. "Si?"
"Lo vuoi?" Katsuki indicó il proprio piatto ancora mezzo pieno. Aveva provato a sforzarsi per mangiare, ma era arrivato a un punto per lui impossibile da superare. L'ansia costante che sentiva dal giorno prima gli aveva bloccato lo stomaco ed era certo che un solo pezzo in più di cibo lo avrebbe fatto vomitare. 
Sia suo padre che sua madre rimasero abbastanza confusi, loro figlio aveva sempre avuto un buon appetito. Rare volte era capitato che si rifiutasse di mangiare. 
"Sicuro di stare bene?" domandò Mitsuki seria e allungò una mano per posarla sulla fronte di Katsuki. "Non hai la febbre, però sei pallido." 
Katsuki prese un profondo respiro, trattenne il fiato per pochissimo e poi espiró. "È la scuola" disse e odiò se stesso per aver permesso alla voce di tremare. "Stiamo facendo così tante cose e ho un po' di ansia." 
Questo non era nuovo ai suoi genitori, in passato Katsuki tendeva a mettersi sempre così tanta pressione addosso per gli esami, lo studio, gli allenamenti, che finiva per essere soffocato dall'ansia. Era sempre servita una strigliata da parte di Mitsuki per farlo fermare, respirare e rilassarsi. Sempre dopo essere passato per una crisi di pianto in cui scaricava tutta la tensione. 
Ora, però, quella era solo una scusa. Non c'era nulla a scuola che lo preoccupasse, il suo malessere era dovuto a qualcosa di passato rimasto intrappolato nella sua mente e mai, mai, lo avrebbe rivelato ai suoi genitori. 
Con che coraggio avrebbe ammesso di aver accettato di farsi fare quelle cose. Di non aver mai visto nulla di sbagliato in Makoto, anzi, a lui piacevano. 
Era stato crescendo che aveva capito che era stato tutto sbagliato e non si era mai confrontato con nessuno. Aveva preferito dimenticare. 
"Va bene, dai a me." La voce di Masaru lo riportò alla realtà e vide come il padre prendeva il suo piatto. 
"Vado a stendermi" mormorò e sotto lo stupore dei genitori andò a stendersi sul divano invece che raggiungere la sua camera. 
Disteso sul divano, Katsuki prese il cellulare dalla tasca e vide che aveva un messaggio di Deku. Sbuffò e alzò gli occhi al cielo, però aprì subito la chat, curioso di sapere cosa gli avesse scritto il nerd. 
Davanti agli occhi si trovò un tema. 
Tipico di Deku.
 
[Deku🐰🚑: Ciao Kacchan, spero che tu stia bene e stai trascorrendo un buon sabato con i tuoi genitori. 
So che sono l'ultimo da cui vorresti ricevere un messaggio (non so nemmeno se finirai mai di leggere quello che sto scrivendo), ma volevo scusarmi per stamattina per averti infastidito. È solo che volevo davvero dirti che mi dispiace per quello che è successo ieri, ho provato a convincere gli altri a lasciarti perdere, ma non ci vedevano nulla di male e mi hanno ignorato. Ora, però, hanno capito e ci stanno male, soprattutto Kaminari. 
Questo che ti sto dicendo non è per convincerti a perdonarli, a farti sentire in colpa o altro, è solo per dirti che hanno imparato dal loro enorme sbaglio. 
Ecco beh, volevo dirti questo e che se vuoi parlare con qualcuno io ci sono (anche se so che non lo farai mai).]

Katsuki rilesse il messaggio più volte, soprattutto l'ultima frase. 
Sì, Katsuki non avrebbe mai parlato con nessuno e con Deku ancora meno, ma non per i motivi che l'altro sicuramente pensava. 
Katsuki non odiava Deku. 
Non più. 
Anzi, voleva cercare di riavvicinarsi a Izuku, ma non sapeva bene come. Si vergognava di se stesso per come si era comportato fino a qualche mese prima e ora, dopo quello che stava vivendo in quel momento, la vergogna si era estesa. 
Come avrebbe mai potuto rivelare a Deku di quanto fosse stato stupido e di come ancora adesso un fatto così lontanto lo stesso facendo stare male. 
Era grato, però, a Deku per avergli scritto e dato che si era ripromesso di provare a riavvicinarsi all'altro decise di rispondere 

[Katsuki: Grazie e scusa per stamattina.]

Chi non lo conosceva, davanti a quel messaggio avrebbe pensato che Katsuki fosse freddo e che Deku non si meritava una risposta del genere. Ma Katsuki sapeva che Deku avrebbe capito che quel messaggio di risposta era il massimo che avrebbe potuto ottenere da lui. Anzi, era certo che Deku nemmeno si aspettava una risposta. 
Sospirò e mise via il telefono, poi puntò gli occhi sulla televisione, senza però riuscire davvero a concentrarsi. 


***

Il resto della giornata Katsuki lo trascorse sul divano. Se non stava disteso, stava seduto. Se non guardava la tv, stava al cellulare. 
Ad un certo punto era emigrato a terra per fare i compiti sul tavolino. Più volte Mitsuki era entrata in soggiorno e gli aveva chiesto perché non andasse in camera sua, ma Katsuki le rispondeva irritato e che doveva lasciarlo perdere. 
Verso sera Masaru si sedette accanto al figlio sul divano, mentre era intento a guardare un film di cui nemmeno aveva visto l’inizio e non sapeva quale fosse la trama. 
“Katsuki” disse l’uomo, attirando l’attenzione del figlio, che girò la testa per guardarlo in attesa che parlasse. 
“È successo qualcosa?”
Katsuki avvertì una fitta allo stomaco come accadeva ogni volta che la sua mente ritornava di nuovo a pensare a Makoto. “No” rispose, pregando che dal tono di voce usato non fosse trasparita l’agitazione che stava di nuovo affiorando.
Masaru lo guardò a lungo e Katsuki dovette distogliere lo sguardo. Se con Mitsuki riusciva sempre a mantenere gli occhi puntati nei suoi, con suo padre Katsuki si sentiva completamente allo scoperto. Masaru aveva un’abilità nel capire subito quello che Katsuki nascondeva con una sola occhiata.
“Sei sicuro?” 
Katsuki alzò gli occhi al cielo e sbuffò. “Certo. È solo un periodo faticoso a scuola, ve l’ho detto.”
“Ti serve una mano con lo studio?”
Katsuki ridacchiò. “No e poi dubito che queste materie siano comprensibili per te, vecchio.”
Masaru rise. “Hai ragione, ma a volte quando si lavora con qualcuno si può capire meglio.”
“Non ne h bisogno” rispose Katsuki con decisione. “Ma grazie.”
Masaru sorrise e scompigliò i capelli del figlio. “Se non stai facendo nulla ti va di aiutarmi con la cena? Potremmo fare il tuo piatto preferito.”
Katsuki annuì e seguì suo padre in cucina. Prima però riprese il telefono che per tutto il pomeriggio aveva ignorato. 
Aveva qualche messaggio da Kirishima che gli chiedeva come stesse, da Iida che lo informava di un qualche nuovo avviso della scuola e da Deku. 
Katsuki ignorò i primi due con l’intento di leggerli dopo e aprì la chat di Izuku. 

[Deku: Figurati Kacchan! 
Deku: Senti, volevo chiederti se domani ti andava di vederci per tornare insieme a scuola. 
Deku: Mia madre ha rimandato l’impegno che aveva e mi ha chiesto di venire a casa. Quindi dato che dovremmo fare la stessa strada…
Katsuki: Va bene, passerò sotto casa tua alle quattro.]
 
***

“Vedo che la fame ti è tornata” notò Mitsuki dopo che Katsuki ebbe finito tutto quello che aveva nel piatto. 
“Sta zitta, vecchia.”
Mentre Mitsuki si premurò subito di replicare al figlio, Masaru sorrise nel vedere come non solo Katsuki avesse mangiato, ma dopo aver speso tempo a cucinare sembrasse anche più rilassato. 
Sia lui che Mitsuki sapevano ci fosse qualcosa che turbava il figlio, ma lo conoscevano fin troppo: Katsuki non avrebbe mai parlato se avesse ricevuto domande dirette o se fosse stato messo all’angolo. 
Entrambi ricordavano di un periodo di quando Katsuki era ancora piccolo, aveva circa undici, dodici anni e si comportava in maniera strana. Ovviamente si erano preoccupati e avevano provato a parlarci, Mitsuki era arrivata anche alle minacce e questo aveva spaventato il figlio che invece di parlare aveva finito per avere un forte crollo nervoso, che mai riuscì a spiegare. 
Spaventati nessuno dei due costrinse più il figlio a parlare e che poco dopo riprese a comportarsi come al solito, come se non fosse mai successo niente di insolito. 
Qualsiasi accenno a quel fatto lo faceva arrabbiare e perdere il controllo del quirk, tanto che alla fine lasciarono perdere. 
Dopo aver finito di cenare Katsuki aiutò i suoi genitori a mettere a posto e una volta finito di asciugare gli ultimi piatti osservò i due prendere posto sul divano, mentre discutevano su quale film guardare. 
Avvertendo la presenza immobile del figlio sulla soglia della cucina, Mitsuki si girò. "Che fai moccioso, vuoi vedere il film anche tu?" 
Katsuki annuì, non sapeva nemmeno cosa avessero scelto, ma non aveva una diversa opzione. Aveva ancora paura della sua stanza. 
Katsuki si avvicinò e stava per prendere posto sulla poltrona, ma la madre lo afferrò per un braccio e lo spinse a sedersi tra lei e Masaru. 
"Oggi stai qui, in mezzo a noi. Sono anni che non vediamo un film insieme" disse Mitsuki e abbracciò il figlio con un braccio, poggiando il mento sulla sua testa. 
Katsuki cercò di liberarsi. "Vecchiaccia lasciami! Oi, mamma!" 
Mitsuki ridacchiò dopo aver lasciato andare il figlio, che cercò di ricomporsi e sedersi bene. 
Lui le lanciò un'occhiataccia, ma fu ignorato perché la madre aveva già portato l'attenzione sulla televisione. "Su Masaru, metti il film." 
Dopo nemmeno venti minuti di film Masaru sentì un peso improvviso sulla sua spalla. Abbassò lo sguardo e sorrise teneramente. 
"Mitsuki, abbassa un po' il volume" sussurrò. 
"Mh? Perché?" 
Masaru le fece cenno di stare zitta e indicò Katsuki che dormiva profondamente addosso a lui. 
Mitsuki si sporse per guardare il volto del figlio. "È completamente andando" commentò per poi abbassare il volume del film. 
"Per come stava ha retto anche fin troppo oggi" aggiunse Masaru. 

[Stava facendo tardi. Quello stupido nerd. Dovevano stare a scuola per le cinque e erano almeno dieci minuti che stava aspettando Deku. 
Alla fine il portone del palazzo si aprì e uscì un Deku dalla faccia colpevole. 
"Scusa Kacchan, non volevo farti aspettare."
"Tch,idiota." 
Deku si avvicinò e gli afferrò il volto per poi alzarsi sulle punte e baciarlo. Katsuki rispose subito al bacio e strinse a sé Izuku. 
Era tutto così bello e giusto e Katsuki si sentiva bene, felice come mai si era sentito in vita sua.]

"Kat, Katsuki, svegliati."
Katsuki si lasciò sfuggire un lamento e aprí gli occhi, guardando con confusione il volto di sua madre. 
"Andiamo a letto" gli disse e lo picchettò sul braccio. 
In quel momento Katsuki si rese conto di stare addosso a suo padre e di essersi addormentato a praticamente inizio film. 
Confuso e assonnato, si alzò con il supporto di sua madre e si lasciò guidare verso la sua camera. 
Stava già dormendo quando si distese sul letto e nemmeno sentí il bacio che sua madre gli lasciò sulla guancia o la porta che si chiudeva, facendo sprofondare la stanza nel più completo buio. 
   
 
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