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Autore: Lady Warleggan    16/07/2022    2 recensioni
Fanfiction ambientata dopo la fine della 4° stagione (allerta spoiler!)
Isla ha ventisette anni quando accetta un impiego come istitutrice in Cornovaglia presso la tenuta di Trenwith. George invece, ormai sulla soglia dei quaranta, si è letteralmente catapultato nel lavoro e nella politica per mettere al tacere il dolore che lo tormenta dalla morte di Elizabeth.
Isla rappresenta per lui la più fresca delle novità: è intraprendente, dolce e amorevole col piccolo Valentine, di cui è diventata la sua migliore istitutrice. Tra i due c’è un semplice rapporto di educazione e rispetto, ma il destino ha in serbo per entrambi qualcosa di completamente diverso, e forse per George riserva ancora l’opportunità di amare di nuovo.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, George Warleggan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dieci.

 
Il sole splendeva ancora nel pomeriggio primaverile a Trenwith, mentre George osservava, con una certa soddisfazione, i risultati dell'organizzazione dei giorni precedenti. Ci sarebbe stata luce abbastanza anche in serata grazie ad una splendida coreografia delle più moderne innovazioni e un salone invitante e accogliente nel caso in cui avrebbe fatto troppo freddo per restare all'aperto, anche se il padrone di casa sperava che non fosse necessario ricorrere a quella soluzione.
All'arrivo dei primi ospiti, i musicisti convocati iniziarono a suonare delicate melodie di sottofondo e il giardino cominciò a riempirsi di sorrisi tirati e risatine soffuse, chiacchiere e facce che George aveva imparato a conoscere abbastanza da decifrarne anche i movimenti più impercettibili, grazie più o meno alla sua influenza come banchiere.
Si allungò a salutare i Trenelogos: Ruth sfoggiava la sua nuova gravidanza come un trofeo e le dame attorno a lei si esprimevano in cianciose congratulazioni. Era paffuta, e l'attesa di un nuovo figlio sembrava averla rinvigorita. George aveva lanciato uno sguardo preoccupato nella direzione di Mary, sperando che non avesse avuto già a che fare con Ruth Treneglos e il bambino che portava in grembo, non si poteva mai sapere che effetto potesse avere su di lei.
Per fortuna, la donna era troppo impegnata a conversare col marito mentre sorseggiavano assieme un bicchierino di liquore. Aveva un sorriso talmente splendente che al suo ingresso a Trenwith la prima volta, George non avrebbe neanche potuto immaginarlo.
"Grazie mille per le composizioni, signora Thomson" disse avvicinandosi a lei, ed interrompendo educatamente la conversazione fra i due coniugi. "Isla mi ha detto che ve ne siete occupata voi."
Alec, nel frattempo, lo osservò con uno sguardo strano, uno di quelli che non riusciva mai a decifrare fino in fondo: avevano deciso sulla base di un tacito accordo di comportarsi pacificamente l'uno con l'altro per quieto vivere, benché si tollerassero davvero poco. Alec non poteva permettersi di interrompere quel soggiorno a Trenwith, non ora che Mary stava mostrando evidenti segni di miglioramento; e George non poteva certo fare un torto del genere ad Isla.
Isla.
Era dall'inizio della festa che sperava di vederla finalmente arrivare. Si era girato continuamente verso la casa aspettando impaziente di vederla finalmente uscire, ma fino a quel momento non vi era ancora traccia di lei. In realtà non era così tanto in ritardo, gli ospiti dovevano arrivare ancora tutti, ma i suoi occhi non smettevano di cercare quelli della ragazza.
"Grazie mille, signor Warleggan. Credo che il merito di tutto però vada a mia sorella, è lei che si è occupata della maggior parte delle cose."
"Questo è vero, ma negare il vostro talento nelle composizioni floreali sarebbe un'eresia" disse George, gentile. "Ve ne siete già occupata prima?"
Mary annuì, cominciando a raccontare le volte in cui le era stato permesso di allestire alcuni dei saloni della sua vecchia casa in occasione dei ricevimenti. In realtà, non è che ne avessero organizzati a profusione negli anni precedenti, visto che le finanze della sua famiglia non erano mai state troppo floride per sostenere spese di eventi del genere. E l'unica capace di amministrare il patrimonio con così tanta competenza era sempre stata solo e soltanto sua sorella maggiore.
George in realtà non ascoltò neanche una parola di quel discorso. Il suo sguardo continuava a vagare per il giardino, alla ricerca di qualcuno che stava aspettando da tempo, e finalmente, dopo quella che gli parve un'eternità, riuscì a riconoscere Isla che usciva dall'ingresso di Trenwith.
Indossava l'abito rosa con cui erano andati al primo ricevimento assieme. I capelli erano raccolti dietro alla nuca, mentre, ai lati della testa, aveva due deliziose trecce che si univano nel punto in cui terminava lo chignon. Aveva anche delle deliziose decorazioni di fiori che le adornavano l'insieme.
Era bellissima, lo era sempre stata, come la prima volta che l'aveva accompagnata a casa degli Enys, ora invece ne era solo più consapevole. Il cuore gli batteva come non succedeva da tempo e la cosa che più gli costasse ammettere, di tutta quella faccenda, era che quel piantagrane di suo zio avesse ragione: non aveva mai abbracciato Elizabeth come aveva fatto con Isla quella volta, forse chissà, osò chiedersi se avesse mai guardato sua moglie come in quel momento stava facendo con quella ragazza.
"Vi prego di scusarmi" sottolineò con una premura e una gentilezza insoliti per lui, non appena Mary si fermò un attimo col suo racconto. Alec, fino a quel momento, non aveva spiccicato parola. "Credo di dovermi dedicare un attimo anche agli altri miei ospiti."
L'arrivo degli Enys, in quel momento, fu davvero provvidenziale. George poté in questo modo congedarsi e avvicinarsi ad Isla senza attirare l'attenzione di nessuno, soprattutto perché già dai tempi in cui si era presentato con la ragazza al ricevimento a casa di Caroline si era parlato di loro: gli sembrava di rivivere quello che c'era stato tra Demelza e Ross molti anni prima, quando lei era la sua domestica e lui il suo padrone e la gente aveva iniziato a sparlare di quel rapporto così complice.
Gli fece così strano paragonarsi a Ross Poldark e a sua moglie.
Certo, Isla non ricopriva il ruolo di una serva, ed era sicuro che per la sua posizione sociale non sarebbe stata trattata allo stesso modo della signora Poldark, anche se poi Demelza, a modo suo, si era integrata. Lei e Caroline si erano salutate e abbracciate affettuosamente e avevano iniziato a conversare assieme a Dwight, che, da vero cavaliere, era andato e tornato a prendere un paio di calici sia per la moglie che per l'amica.
"Caroline, Dwight, benvenuti" li accolse George, col suo solito savoir-faire, quando fu abbastanza vicino perché potessero sentirlo. "Sono lieto che siate venuti."
"E chi poteva perdersi il compleanno del banchiere più influente di tutta la Cornovaglia?" scherzò Caroline, lanciando un'occhiata complice all'amica di fianco a lei. "Buon compleanno a voi, George! Festa incantevole. E che allestimento stupendo!"
Isla era insolitamente più agitata di quanto l'avesse mai vista. Non riusciva a sostenere il suo sguardo per più di cinque secondi ed era una cosa che non si sarebbe mai aspettato normalmente, conoscendo il temperamento della ragazza.
"Tanti auguri, George" aggiunse Dwight e il padrone di casa abbassò il capo in segno di ringraziamento.
"Vi ringrazio. Tutto quello che vedete, però, è opera della vostra amica" specificò, indicando Isla ad entrambi i suoi ospiti.
"Non ho fatto tutto da sola" rispose lei con modestia.
"Sciocchezze, una volta tanto ci si può prendere i complimenti se lo si merita!" esclamò Caroline, allegramente. "Ora vi prego sir George, credo che io e Dwight andremo a mangiare un boccone del vostro meraviglioso banchetto. Sembra tutto delizioso!"
"Servitevi pure!" fece George, mentre gli Enys si congedavano e si allontanavano lentamente da lui.
Per un attimo gli sembrò che Caroline lo avesse fatto a posta a lasciarlo da solo con Isla, e che avesse reso complice, suo malgrado, anche il povero marito. Aveva lanciato un sorriso divertito all'amica, che in realtà, sembrava presa da un moto di panico. Fissava un punto indistinto da un altro lato, opposto a quello di George.
"Valentine ha un amichetto."
Furono le prime parole che le sentì dire a quel ricevimento.
George si voltò verso il suo stesso punto. C'era Valentine che rideva e giocava con un suo coetaneo: alla sua festa aveva fatto inserire nella lista degli invitati anche alcuni figli dei suoi clienti, proprio perché voleva che il bambino non si annoiasse a quel ricevimento.
"Uno dei figli di sir Treneglos" spiegò ad Isla. Poi indicò alla ragazza il punto in cui si trovavano Ruth e le altre dame. "Quella è sua moglie. Aspetta un altro figlio."
Isla annuì e sorrise. "Così Valentine non si annoierà. Sembra divertirsi."
"Non vedevo mio figlio stare così bene da molto tempo" disse e la guardò dritto negli occhi. "E tutto grazie a voi."
Isla abbassò gli occhi, imbarazzata. "No, è anche merito vostro."
George scosse il capo. "No. Siete arrivata in questa casa e a Trenwith c'è finalmente colore solo grazie a voi."
Isla deglutì, ma poi non riuscì a non sorridere. Le belle parole del suo datore di lavoro non sembravano dettate soltanto dalla cortesia, non come in altre occasioni. Caroline aveva ragione: provava qualcosa di molto forte per lui, il suo cuore era fuori controllo, e forse sarebbe riuscita finalmente a pronunciare ad alta voce quella parola che tanto la spaventava.
Amore.
Perché non c'era altro termine che potesse descrivere quello che sentiva in quel momento per George.
"George, io..."
"Venite" la interruppe, porgendole una mano. "Ballate con me."
"Ma..." Isla si guardò attorno, tutti erano impegnati a fare altro fuorché danzare. "Nessuno sta..."
"Lo so" continuò lui. "Saremo i primi ad aprire le danze. A meno che voi non vogliate concedere il vostro primo ballo a qualcun altro."
George fece per abbassare la mano, con un'espressione a metà fra la delusione e una punta di nervosismo, ma Isla si affrettò a stringergliela. Alzò lo sguardo su di lei, osservando compiaciuto gli occhi emozionati con cui lo guardava.
Poteva sperare che anche lei ricambiasse quello che sentiva?
"Il mio primo ballo deve essere vostro."
George dischiuse le labbra per lo stupore, ma poi le sorrise. Si ricordò del ricevimento degli Enys, di quando lui l'aveva difesa da quel bell'imbusto di Lord Wright e l'aveva tratta in salvo ballando assieme: sembrava passata una vita, invece erano trascorsi soltanto alcuni mesi.
Osservando i movimenti di George, molti ospiti si voltarono a guardare la coppia che si accingeva ad aprire le danze. I musicisti avevano cambiato sinfonia e ora suonavano qualcosa di più elegante e ritmato, ma non era certo la musica la cosa più interessante di quelle danze. Mentre anche altre coppie si avvicinavano, tra cui anche una sorridente Caroline e un confuso Dwight, altri ospiti erano rimasti in disparte ad osservare gli sguardi del festeggiato e della sua dama. Sembravano parlare abbastanza chiaro e le voci in merito, su quella strana relazione, sembrarono diventare ancora più rumorose.
Cary Warleggan, in lontananza, si godeva quella scena con una soddisfazione che poche volte aveva provato in vita sua, persino quando si era tolto lo sfizio di prevaricare su quelle famiglie nobili che tanto avevano disprezzato il suo cognome a causa delle sue umili origini.
"Ci guardano tutti" sussurrò Isla a George, ma non sembrava preoccupata, anzi, pareva che la situazione la divertisse. Era la prima volta che i muri delle convenzioni sociali tra loro si abbassavano.
"Non importa" disse lui, mentre le metteva una mano dietro la schiena. "Posate lo sguardo su di me, per favore. Voglio danzare con voi guardandovi negli occhi."
Isla annuì, e se aveva osato pensare che il suo cuore non potesse battere più veloce di così, capì in quel momento che si era sicuramente sbagliata. I suoi occhi azzurri si persero in quelli di George, che brillavano dello stesso colore ed emozione, ed iniziò a muoversi in sincrono con lui, con una sintonia che avevano provato anche al loro primo ballo, ma che certamente, quel pomeriggio, sembrava aver raggiunto un livello superiore.
Isla dovette trattenere l'impulso di interrompere quella danza per accarezzargli una guancia.
George tornò a parlare mentre la musica incalzava.
"Non c'è nessun'altra, a parte voi, con cui io oggi desideri ballare."
* * *
"Allora... mi inviterai a danzare, o resterai a guardare mia sorella ancora a lungo?"
Alec sobbalzò. Si voltò alla sua destra, e trovò sua moglie. Aveva iniziato ad ignorarla da quando George si era separato da loro per raggiungere Isla, perché non era riuscito a guardare altro in quel giardino. Altro che rispetto... tra quei due c'era decisamente un'intesa, come aveva sempre sospettato, e sicuramente, ad osservare le occhiate che si rivolgevano, Isla forse nemmeno pensava più a lui.
"Non sono lei, non lo sarò mai, ma sono pur sempre tua moglie." Mary lo guardava con un'espressione sicura che mai le aveva visto sul volto. Era incredibile come le cure di Enys la stessero già aiutando ad acquistare più consapevolezza. "So che non mi amerai mai come hai amato lei, ma puoi provare a vedermi come un'amica. Mi conosci da sempre."
"Scusami" farfugliò, come un poppante che ancora non sa spiccicare una parola.
"Non importa." Mary fece spallucce. "Ora portami a ballare."
Alec si passò una mano fra i capelli biondi, ma poi condusse finalmente sua moglie accanto agli altri ospiti. La prese con sicurezza dietro la schiena e tentò con molta fatica di non rendere quella danza meccanica e priva di emozioni, ma non riusciva quasi a trattenere l'impulso di correre a separare la coppietta del momento.
"Non vedevo Isla così felice da tempo" ammise Mary, gettando un'occhiata veloce alla sorella maggiore. "Sir George sembra provare lo stesso e anche se è parecchio più grande di lei, qui in Cornovaglia lei sembra trovarsi bene."
"Già" fu tutto quello che riuscì a dire suo marito, facendola volteggiare.
"Alec, ora guardami, per favore." Mary si piantò con i piedi sull'erba, rischiando di urtare altre coppie che stavano eseguendo gli stessi passi. Gli posò una mano in volto per essere certa che le prestasse attenzione. "Lasciala andare. Direi che ci meritiamo a vicenda."
"Cosa?" chiese Alec, sempre più confuso.
"Non mi fraintendere. Non ho la presunzione di credere che un giorno mi amerai, ma ce lo siamo meritati. Tu l'hai lasciata andare troppo in fretta, io ho sposato l'uomo che amava. Siamo stati pessimi. E ci meritiamo a vicenda."
Alec non ebbe il coraggio di protestare, nemmeno quando Mary aveva parlato dell'amore che Isla provava per lui usando il passato.
Fece solo ciò che si sentì di fare in quel momento. Baciò velocemente il capo di sua moglie, e la sentì tremare tra le sue braccia. Dopodiché, ricominciò a ballare con lei riflettendo su quanto le aveva appena sentito dire: era finita. Anche se Isla avesse provato ancora qualcosa per lui, questo non avrebbe cambiato comunque la realtà dei fatti. Aveva giurato rispetto e doveri nei confronti di un'altra persona.
E l'atto d'amore più giusto e più coraggioso che potesse fare per la donna che amava davvero, era solo quello: lasciarla andare via.
* * *
Completamenti ignari di essere al centro della conversazione tra i due ospiti di Trenwith, George e Isla avevano continuato a ballare con una complicità che certamente non poteva passare inosservata. Quando la danza stava ormai per raggiungere al suo termine, George avvicinò di più il suo volto all'orecchio di Isla. Lei si sentì arrossire da capo a piede.
"Credo di dovervi parlare" sussurrò. "Lontano da qui."
"Che succede?" chiese lei allarmata.
Le bastò osservare il volto sereno di George per tranquillizzarsi. Non sembrava esserci nulla di cui preoccuparsi.
"Andate nel mio ufficio e non fatevi vedere. È lontano dalle cucine, ma non si sa mai che un domestico possa accorgersi di voi." Con una destrezza che la stupì, lo vide infilarsi qualcosa tra le mani e quando ritornò a stringere la sua, si accorse che le stava passando qualcosa di metallico senza farsi vedere da nessuno.
"Questa è la chiave. Aspettatemi lì, vi raggiungerò a breve. Con un po' di fortuna, nessuno dovrebbe accorgersi della mia assenza per un po', anche se sono il festeggiato. Devo parlarvi, non credo di poter resistere oltre."
Ad Isla iniziò a mancare la terra sotto i piedi. Se aveva capito a cosa George stesse alludendo, era certa che sarebbe morta dall'imbarazzo, ma un'altra parte di sé sapeva che se si fosse tirata indietro si sarebbe pentita per il resto della sua vita.
Il ballo terminò, e come prevedeva la buona educazione, la ragazza fece un inchino rispettoso al suo cavaliere. I due si allontanarono l'uno dall'altra cercando di non attirare ulteriori occhiate, ma Isla pensò che George non le rendesse certo le cose più semplici se continuava a rivolgerle sorrisi e sguardi a destra e a manca in lontananza.
Seminò Caroline che voleva evidentemente raggiungerla per spettegolare su quello che era appena successo e, prestando attenzione che nessuno si accorgesse di lei, scivolò oltre la porta di ingresso di Trenwith. Il salone era vuoto e col cuore che le rimbombava nel petto, camminò veloce verso l'ufficio di George. Non vi era mai entrata, ma sapeva dove si trovasse.
Le mani le tremavano mentre faceva girare la chiave nella toppa, e quando la porta si spalancò, Isla si affrettò a richiuderla dietro di sé. Si portò una mano al petto, cercando di placare il respiro sempre più rarefatto e, qualche lungo istante dopo, riacquistò una parvenza di lucidità.
La prima cosa che fece, fu quella di andare ad accostare le tende. La finestra dell'ufficio non affacciava sulla porzione di giardino dove si teneva la festa, ma non si poteva mai sapere e se qualcuno fosse passato di lì, almeno non li avrebbe visti in atteggiamenti che potevano risultare ambigui.
E se George voleva davvero dirle ciò che sperava, sarebbe stata pronta ad ammettere ad alta voce lo stesso?
Si prese quel tempo osservando la stanza attorno a sé. L'ufficio di George non aveva niente di speciale: uno scrittoio, un armadietto, un camino e un mucchio di scartoffie accatastate l'una sull'altra dall'aria di essere incredibilmente noiose. Isla non riusciva a concentrarsi su nient'altro e diverse volte fu tentata di uscire da quella stanza per paura di restarci secca, ma il suo buon senso riuscì a piantarla al suo interno fino all'arrivo del padrone di casa.
George bussò lievemente prima di entrare, ma questo bastò comunque a farla sobbalzare. Sì accorse, al suo ingresso, che aveva buttato un'occhiata alle tende dietro di lei e sembrò aver apprezzato il suo gesto di garantire ad entrambi più privacy possibile. Quando lo sentì richiudere la porta, Isla si convinse a rivolgergli finalmente un sorriso timido.
George si avvicinò a lei con cautela, più vicino di quanto le norme delle buone maniere lo consentissero.
"Isla" disse il suo nome come se fosse una supplica.
"George."
Era la prima volta che non usava il sir per rivolgersi a lui.
"Mi permettete... di abbracciarvi?"
Isla ne restò stupita, non era quello che si aspettava da lui, ma annuì, era certa che non sarebbe riuscita a dire altro. George si avvicinò ancora, e ancora, e un attimo dopo le sue braccia furono dietro la sua schiena. Pur tremando, Isla si lasciò andare, ricambiando quella stretta che si scoprì a desiderare ancor più di quella volta che, tre settimane prima, George l'aveva consolata.
"State tremando" notò lui, preoccupato, accarezzandole la testa.
"Non è niente. Sono solo troppo emozionata e continuo a chiedermi se tutto questo sia vero oppure no."
George si staccò da lei quel poco che bastasse a guardarla in volto. Le accarezzò le guance con i pollici, un gesto che forse avrebbe voluto fare anche per cancellarle le lacrime di tre settimane prima.
"Me lo sono chiesto anche io, tante volte, se tutto questo stia succedendo davvero."
Isla non si oppose quando si avvicinò di nuovo e stavolta le baciò la fronte, poi la tempia e poi una guancia, e se avesse voluto, avrebbe potuto prenderle anche il cuore e strapparglielo dal petto.
"Se posso osare di pensare che proviate lo stesso che sto sentendo io in questo momento, permettetemi di baciarvi."
Il tocco di George, sulla pelle di Isla, si fece ancora più rovente. Lei annuì.
"Baciatemi" mormorò.
E lui lo fece.
E la baciò con un desiderio tale che la colse alla sprovvista. Isla gli gettò le braccia al collo, completamente assuefatta, domandandosi se di quel passo non avrebbe perso i sensi a causa di tanta adrenalina.
Lui la strinse più a sé e il bacio si fece ancora più impellente e passionale, come se volessero recuperare un tempo che non sapevano di aver perso. George la lasciò andare soltanto per farle riprendere fiato per un attimo, ma non abbastanza.
Si avventò di nuovo sulle sue labbra con audacia, sempre più desideroso. Quando fece per togliersi la giacca, Isla capì che sarebbero precipitati in un punto di non ritorno, e la cosa, paradossalmente, non la spaventava.
Forse davvero non avrebbe avuto più paura a pronunciare quella parola.
Amore.
Isla lo aiutò a togliersi la giacca e quando se lo ritrovò davanti, in camicia, un po' spettinato e divertito, non riuscì a trattenere la sua risata.
"Che bella" sussurrò George, riprendendo il suo volto fra le mani e scontrando il suo sorriso sulle sue labbra, per poi baciarla ancora e ancora, e ancora.
E quando Isla stava per permettergli di sfiorare anche la pelle del suo collo, un rumore li fece sobbalzare e staccare all'istante.
Non avevano chiuso nemmeno la porta dell'ufficio, ma nessuno fortunatamente li aveva colti di sorpresa. Forse un domestico aveva fatto cadere qualcosa fuori dalla porta a giudicare da quanto fosse forte il rumore: aspettarono pietrificati di sentire i passi allontanarsi dall'esterno e quando furono attutiti abbastanza da essere impercettibili, finalmente tornarono a guardarsi.
"I capelli" disse Isla a George ridacchiando.
Lui non poteva fare a meno di essere un po' imbarazzato per come si fossero lasciati andare e da cosa sarebbero stati capaci di fare se non fossero stati interrotti.
Isla lo desiderava, ma lui lo sapeva che quella non poteva essere la loro prima volta. Isla meritava di più: un posto più caldo e confortevole, un luogo dove potesse ripeterle in continuazione quanto bella la trovasse. Perché George era certo che, dopo quello che era successo, non l'avrebbe lasciata andare mai più.
"Perdonami" si scusò, baciandole mani. "Mi sono lasciato trasportare."
"Non hai fatto niente che anch'io non desiderassi" mormorò la ragazza per rassicurarlo.
George chiuse gli occhi, appoggiando la fronte alla sua.
"Lo sai che dopo tutto questo... io non posso più rinunciare a te?"
"Non devi, infatti."
Lo baciò di sua iniziativa, e George ricambiò allo stesso modo. La abbracciò di nuovo così stretta che Isla ebbe l’impressione che di quel passo avrebbe smesso di respirare.
Dopo qualche minuto, lo aiutò a rimettersi la giacca, gli aggiustò come poté i capelli e sorrise quando lui si avvicinò a stamparle altri due lunghi baci prima di separarsi da lei e tornare alla festa. Avrebbero fatto esattamente come prima: sarebbero usciti dalla casa a distanza di tempo l'uno dall'altra per non destare sospetti.
Per ora era giusto che quella cosa rimanesse fra loro.
"Come sto?” le chiese un’ultima volta, prima di lasciare l’ufficio.
“Magnificamente.”
 
 


Angolo dell’autrice
Ciao!! Finalmente faccio ritorno anche io su questa piattaforma e mi spiace se ci ho messo una vita a pubblicare un nuovo capitolo. Chiedo scusa se aggiornerò più saltuariamente del previsto, ma questo periodo per me è impossibile, anche se cercherò di mantenere comunque una certa regolarità (spero a breve di poter buttare giù anche il 4° capitolo di Skam Cornovaglia, perché le idee ci sono già nella mia testa).
Allora, cosa ne pensate? Come potrete immaginare sono attaccata a questo capitolo in un modo assurdo, perché non vedevo l’ora di arrivare a questo punto. Ho tentato di ricreare un po’ l’atmosfera della festa col collage che trovate all’inizio, che spero possa piacervi.
Attendo i vostri pareri, sperando di non aver “snaturato” troppo il personaggio di George. Vedendo quanto ha amato Elizabeth, volevo che trovasse la forza di amare di nuovo, questa volta un personaggio che ho creato io stessa, immaginando la compagna che avrei visto meglio al suo fianco: una persona dolce e amorevole, che però sa come tenergli testa.
Vi aspetto
Lady Warleggan
   
 
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