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Autore: LorasWeasley    27/07/2022    4 recensioni
future|fic [semishira]
"Ami aveva mostrato un grande interesse per la lettura fin da quando era piccolissima, che si era poi trasformato in scrittura. Era quello il club della scuola che frequentava ed, essendo una delle più brave, la sua insegnante l’aveva iscritta a un concorso dove avrebbero partecipato tutti gli aspiranti scrittori del Giappone."
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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Parte 2
            Da: Futakuchi-Aone Yuki
      Oggetto: Commento alla storia del concorso
Ciao, mi chiamo Futakuchi-Aone Yuki e ho partecipato al concorso di scrittura come te, ma da Miyagi. Ci tenevo a farti sapere che ho amato la tua storia e che, secondo il mio inutile parere che non importa a nessuno, doveva vincere.
Sicuramente sono di parte, perché anche io sono stato cresciuto da due padri, ma la tua storia… la quotidianità che hai descritto, la normalità di vivere con due genitori dello stesso sesso e la mancanza di ogni tipo di cliché scritti sempre da chi prova a trattare l’argomento senza prima averlo vissuto sulla propria pelle… beh, è stata grandiosa.
Mi hai colpito e commosso, grazie per il tuo lavoro.
Yuki

 
Ami rimase a leggere l’email che aveva appena ricevuto più e più volte mentre il suo petto si infiammava e il sorriso gli nasceva sul volto.
Era felice, davvero felice che le sue parole avessero toccato qualcuno in quel modo, che fossero servite a qualcun’altro, che fossero state apprezzate.
Le sue mani tremavano leggermente mentre cliccava su “rispondi” e iniziava a digitare una risposta.
 
Fu un inizio quel giorno. L’inizio di una storia, l’inizio di qualcosa di bello, l’inizio di qualcosa di particolare.
Ami e Yuki iniziarono a scambiarsi e-mail sulla scrittura, commentando le rispettive storie e consigliandosi libri ed opinioni.
Due mesi dopo, si scambiarono i numeri di cellulare e continuarono a parlare per messaggio, ma così era molto più semplice e veloce. Non fu difficile iniziare a parlare anche di altro, raccontandosi pezzi di vita quotidiana che li faceva sentire un po’ più vicini, che li faceva conoscere sempre più a fondo.
 
Quattro mesi dopo litigarono per la prima volta, Ami gli scrisse “posso chiamarti?” e Yuki rispose “scusa, non posso… sono sordo”. Fu una sorpresa per la ragazza, ma non un problema.
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Non volevo che fosse un problema.”
E quello la fece infuriare “mi credi così superficiale da trovare in questo un problema?”
Si arrabbiò con lui e non gli rispose più fino al giorno successivo, ma due ore dopo si era già iscritta a un corso online per imparare la lingua dei segni.
 
Sette mesi dopo, Ami parlò ai suoi genitori. Era domenica e, per una volta, si trovavano tutti liberi dal lavoro per mangiare insieme un’abbondante pranzo.
-Pensate che possa piacermi una persona anche se non l’ho mai vista?
I suoi genitori la guardarono confusi, poi Shirabu chiese -tipo le fan di tuo padre?
Ami rise scuotendo la testa, poi gli raccontò tutta la situazione fin dalla prima e-mail ricevuta da Yuki.
-É come se lo conoscessi- fece presente Semi alla fine con un sorriso -anzi, lo conosci a tutti gli effetti se parlate ogni giorno, quindi sì… è ovvio che ti piaccia.
Shirabu, al contrario, non sembrava convinto della cosa, ma infine sospirò e dovette dire -ormai sei grande, devo accettare il fatto che non sei più la mia bambina.
-Nostra- lo corresse Semi.
-Sì, sì, come vuoi.
Ami rise alle buffonate dei suoi genitori, perdendosi a guardarli litigare scherzosamente e a sperare che anche lei, un giorno, avrebbe avuto tutto quello.
 
“Il treno diretto a Miyagi arriverà al capolinea fra tre minuti. Si pregano i gentili passeggeri di prepararsi e di dirigersi verso l’uscita più vicina, vi ringraziamo inoltre per aver deciso di viaggiare con noi.”
La voce robotica proveniente dagli altoparlanti fece battere più forte il cuore di Ami, poi iniziò a sistemarsi.
Indossò la sua giacca di jeans sopra la leggera maglietta lilla, si assicurò di avere entrambe le scarpe allacciate (perché non era per niente carino cadere non appena fosse scesa dal treno), si sistemò la coda alta che si era fatta lasciando sciolto il ciuffo biondo e mise lo zaino sulle spalle.
Yuki era proprio lì ad attenderla, le mani in tasca e un sorriso dolce in volto. Era alto, più alto di quanto Ami avesse immaginato e i suoi occhi erano grigi, colore che le foto non avevano mai davvero catturato. Il vento gli scompigliava i capelli corti e un leggero rossore gli colorò gli zigomi.
Anche Ami arrossì leggermente mentre lo raggiungeva, fermandosi a mezzo metro da lui.
“Ciao” lo salutò con la lingua dei segni.
Yuki la fissò commosso, poi fece quel passo in più che li divideva e si chinò su di lei per abbracciarla.
Ami sussultò, poi si sciolse e rispose tremante all’abbraccio.
Era passato un anno da quella prima e-mail, ma adesso erano lì e si stavano finalmente toccando. Ami poteva sentire il cuore di Yuki battere contro il suo orecchio, poteva sentire il calore del suo respiro sul collo, poteva sentire il suo profumo e poteva sentire di averlo finalmente tra le dita mentre si stringeva a lui ancora di più.
E proprio in quel momento capirono entrambi che le parole sarebbero state solo superflue.
  
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