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Autore: Johnee    27/07/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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11 - Chaos


Tra la ristrutturazione di Skyhold e le preparazioni per la partenza dell'Inquisitrice per Crestwood, i tempi erano così stretti che nessuno aveva il tempo materiale per andare oltre al "buongiorno".

La giornata per Lavellan era un'insieme di rapporti da leggere, persone da giudicare, cantine da disinfestare e fin troppe scale da salire e scendere. In tutto ciò, doveva trovare il tempo per allenarsi a padroneggiare l'Ancora, imparare una disciplina accessoria per migliorare le sue prestazioni durante le missioni e spiegare alla sarta che i suoi occhi le impedivano di distinguere il cremisi dal magenta.

A metà pomeriggio del giorno precedente alla sua partenza, Lavellan dovette imporsi di fermarsi e lo fece esattamente al centro della navata del salone principale. Afferrò un braccio a Cullen e a Josephine, che le stavano esponendo un problema meno serio del dovuto e smezzò un'occhiata madida di stanchezza su entrambi, frenandoli dal proseguire il cammino.

-Ora, per la durata esatta di un minuto, respireremo e basta e, se proprio dobbiamo, parleremo del tempo.- decretò. -Ci siamo capiti?-

Josephine esalò un sospiro stanco, sgranchendosi il collo con aria sofferente. -Sia ringraziato il Creatore, non ne potevo più!- disse.

Cullen eseguì un paio di esercizi per stirare le braccia, guardandosi attorno con aria guardinga, la stessa che manteneva da quando il Campione di Kirkwall era apparso sulle mura di Skyhold.

La domanda incessante che le sue tre colleghe erano costrette a sentirsi porre era: -Dov'è Hawke?- e, dopo essersi fatto rispondere, Cullen cercava di concentrare i suoi impegni il più lontano possibile dal luogo indicato.

Lavellan individuò un movimento sospetto all'altezza del portale d'ingresso, giusto dove Varric aveva deciso di gestire i suoi affari, al che si voltò, spinta dalla curiosità. Notò immediatamente la presenza di Hawke, che si nascondeva sotto alla scrivania del suo compagno di viaggio, facendole cenno di non rivelare la sua posizione, nonostante fosse chiaramente visibile e stesse attirando numerose occhiate perplesse nella sua direzione.

Hawke era il classico esempio di una persona che eccede nei vizi, ma che allo stesso tempo li gestisce in maniera funzionale. Varric, che soffriva della stessa sindrome, definì le abitudini del suo migliore amico “un problema con delle belle gambe”.

I suoi capelli lunghi, color mogano, inquadravano un viso attraente, ma rovinato dal sole e dall’alcol. L’abbronzatura metteva in risalto gli occhi di un peculiare giallo ambrato, nascosti da una gabella prominente e divisi da un naso importante, reduce da più di una rottura. Le guance erano gonfie, accarezzate da una barba che s’infoltiva mano a mano che raggiungeva la mascella. Era un’opera di tutto rispetto e, da come veniva tenuta, si vedeva lontano un miglio che crescerla era costato al suo proprietario una fatica immane.

Chiuso nelle sue vesti da Campione, Hawke era un’unità. Aveva una corporatura robusta, a partire dagli arti possenti, fino alla pronunciata pancia da birra. Portava un tatuaggio sul braccio, rosso quanto la striscia di Kaddis che gli divideva il viso orizzontalmente ed era costituito da un turbine di piume di corvo che partivano dal dorso della mano fino alla clavicola destra.

-Ti stressa così tanto che il Campione sia a Skyhold?- domandò Josephine, che pareva non essersi accorta della scenetta in atto.

Cullen fece un giro su se stesso, guardandosi attorno con circospezione. -Se lo conoscessi così come lo conosco io, saresti altrettanto preoccupata. Quell'uomo è un agente del caos.- rispose, proprio mentre Hawke sfuggiva al suo sguardo per ripararsi dietro al palo di un'impalcatura talmente sottile da non nasconderlo minimamente.

Dalla sua scrivania, Varric seguì le imprese di spionaggio del suo migliore amico con uno sguardo carico di rassegnazione, ridacchiando e scuotendo la testa di tanto in tanto.

-A me ha fatto una buona impressione.- intervenne Lavellan, sforzandosi di non ridere.

-Fa a tutti una buona impressione. È così che ti inganna!- sbottò Cullen, voltandosi di scatto in risposta a un rumore di stoviglie rovesciate. Osservò con sospetto una cameriera impilare una serie di piatti rotti dentro a un vassoio, poi si voltò nuovamente verso le sue colleghe, permettendo ad Hawke di smettere di fingersi una statua. -Parlare con lui è come avere qualcuno che bussa insistentemente sulla tua fronte e ti ripete: "te l'avevo detto, te l'avevo detto, te l'avevo detto" all'infinito.-

Hawke, che era riuscito ad avvicinarsi abbastanza per ascoltarli, si sporse dal suo ennesimo nascondiglio inutile e prese ad annuire, ridendo e indicandosi.

-Ha insegnato una canzoncina oscena alle reclute...- Cullen si dovette bloccare, girandosi di nuovo in risposta all’ennesimo campanello d’allarme. Hawke, che era arrivato a pochi passi da lui, si cristallizzò sul posto.

-...che parlava in dettaglio del mio...- Cullen si impedì di continuare, ricordandosi di essere in presenza di due signore. -Era oscena, vi basti sapere questo.- tagliò corto.

-Insomma, avete dei trascorsi.- disse Josephine, cercando di attirare l'attenzione su di sé.

Cullen però continuava a scandagliare la stanza. -So che è qui, devo solo capire dove e correre dalla parte opposta.-

Con una mossa fulminea, Hawke sgusciò fuori dal suo ultimo nascondiglio e trotterellò fino alle sue spalle, abbrancandolo. Cullen starnazzò un gemito, mentre veniva sollevato da terra come un sacco di farina. -Bel bisteccone!- lo salutò Hawke, riponendolo bruscamente per potergli pizzicare i fianchi.

Josephine si aggrappò al braccio di Lavellan, che osservava la scena con un sorriso d'incredulità.

Cullen indietreggiò d'un passo, alzando una mano per impedire che Hawke continuasse a trattarlo come una bambola di pezza. Aveva gli occhi sgranati e le guance tinte di rosso.

Hawke si abbassò di scatto, camminando a granchio scherzosamente per schivare la mano che Cullen agitava a mezz'aria per tenerlo a distanza. -È una cosa nostra.- si giustificò, dopo che entrambi si furono stancati.

Cullen si raddrizzò il mantello con un gesto secco, lanciandogli un'occhiata truce. -Non lo è, invece!- affermò. -Sei un bullo e un irruento, è sempre stato così.-

-Se mi odiassi davvero, non mi avresti copiato il pellicciotto.-

-É una criniera!-

-Non ci avevo fatto caso.- ammise Josephine, riconoscendo la somiglianza. Hawke le lanciò un'occhiata divertita. -Ha ancora problemi a pronunciare la parola "bordello"?-

Cullen sbuffò una risata arida di divertimento, spostando lo sguardo altrove. -Sei l'emblema della volgarità!-

Hawke si posò una mano sul petto, inclinando la testa, intenerito. -Anche a me sei mancato, Culls.- si voltò verso Lavellan. -Paragona ancora i Maghi agli animali, o ha trovato qualche altra minoranza da vessare?-

Lei perse immediatamente il sorriso, lo stesso successe a Josephine, che sciolse la presa sul braccio della collega per ricomporsi.

Dopo un istante di profondo imbarazzo, Cullen intrecciò le dita dietro la schiena, guardando Hawke dritto negli occhi. -Era una cosa inaccettabile da esprimere all'epoca e, ora più che mai, è il caso che ti ripeta le mie scuse.- disse. -Puoi rinfacciarmi tranquillamente tutte le schifezze che ho detto su di te e sui Maghi di fronte a una platea di centinaia di persone e io ammetterò ogni colpa senza ritrarmi dalle conseguenze che potrebbe...-

Hawke portò entrambe le mani ai lati della bocca e inspirò profondamente. -Cullen è un idiota represso con la faccia come il culo di un mabari!- gridò, a pieni polmoni.

-...costarmi.- concluse Cullen, per poi roteare lo sguardo. -L'avevo detto o no che è un agente del caos?-

-L'hai detto.- esalò Lavellan, massaggiandosi le orecchie.

-Ara seranna-ma*, Ankh.- si scusò Hawke, passandole affettuosamente una mano sul braccio.

Lei sospirò. -Tel'enfenim**.- rispose. -E da novello datore di lavoro di "idiota represso con la faccia come il culo di un mabari", posso garantirti che non c'è stata occasione in cui non abbia trattato ogni Mago dell'Inquisizione o alleato con il rispetto che meritava.- aggiunse.

Cullen distolse immediatamente lo sguardo, serrando la mascella su un'espressione tesa. Al che, Lavellan si rese conto di avergli fatto più un torto che una gentilezza nello spezzare una lancia in suo favore.

-Posso confermarlo.- intervenne Josephine, prontamente. -Ora, se potessimo lasciare certi atteggiamenti fuori dal salone dove accolgo gli ospiti di rilievo con cui devo stringere alleanze delicatissime, sarebbe l'ideale.- disse, congedandosi con un cenno del capo per andare a scusarsi con il seguito dell’arlessa Stormhedge che aveva reagito alle oscenità svenendo in maniera particolarmente teatrale.

Hawke circondò immediatamente le spalle di Cullen con un braccio, battendogli una pacca sullo stomaco con decisione. Quello si passò una mano sulla fronte, stancamente, per poi presentare al Campione un'occhiata arrendevole. -Non posso proprio sperare in una tregua?- domandò.

Hawke batté le ciglia, eloquentemente, rivolgendogli un gran sorriso.

 

*

 

Le lanterne erano state accese da poco a Skyhold e, a causa del vento perenne, proiettavano una luce scostante sulle facciate delle mura e degli edifici, come una sequela di schiaffi luminosi.

Seduto alla scrivania del suo ufficio, Cullen sollevò il capo dal tomo che stava leggendo, facendo per alzarsi in risposta alla porta che si apriva.

Lavellan sgusciò all'interno della stanza, tenendo in equilibrio tra le mani una tazza fumante mentre richiudeva la porta con il piede. Indicò a Cullen di restare seduto, facendo il giro della scrivania per appoggiare la tazza di fronte a lui. -Ho visto la luce accesa dalle terrazze e ho pensato di fare un salto per vedere come stavi.- spiegò, sedendosi sul bordo del tavolo.

Cullen appoggiò le dita sul contenitore, rivolgendo a Lavellan un mezzo sorriso. -Sto bene.- rispose, semplicemente.

-E il mal di testa?-

-Una cosa ragionevole.-

Lavellan posò un polso sulla sua fronte, trovandola tiepida, poi raccolse le mani in grembo. -Ho letto le memorie di un Templare in disgrazia della chiesa di Denerim che ha… fatto la tua stessa scelta. È stata una lettura molto pesante, ma altrettanto informativa.- disse, moderando il tono di voce. -È nel mio studio, assieme ad altri resoconti, semmai volessi consultarli.-

Cullen raccolse la tazza, per scaldarsi le mani. -Ti ringrazio, anche se non era necessario.- disse, con la voce macchiata di incertezza.

-Lo so che hai la situazione sotto controllo.- lo rassicurò lei. -Volevo solo portarti un decotto per conciliare il sonno e dirti, di nuovo, che hai il mio totale appoggio.-

Cullen spostò la testa altrove, in difficoltà. -Non penso di meritarlo.- ammise, posando lo sguardo sulla scatola del giocattolo che lei gli aveva regalato qualche giorno prima. -Cosí come non merito che tu mi difenda.-

-Per via di quello che ha detto il Campione?-

-Soprattutto per quello. Non hai il quadro completo, Lavellan.-

Lei rilassò la postura, mentre lui esponeva ogni singola credenza mal riposta e cattiveria che avesse mai pronunciato nei riguardi dei Maghi. Non si risparmiò, nel dettagliare i crimini di cui era stato complice e carnefice per paura e per rancore. Mentre vomitava informazioni su di sé, la voce gli tremava dalla vergogna e dal risentimento. Accettava che fossero i suoi errori, senza prendere le distanze dalla persona che li aveva perpetrati, mettendosi completamente a nudo.

Lavellan rimase seduta ad ascoltarlo finché non ebbe terminato, senza mai interrompere il suo flusso di parole per rassicurarlo, o trovargli una giustificazione. Quando arrivò il momento, gli appoggiò una mano sulla spalla, stringendo appena la presa. -Grazie per essere stato sincero con me.- disse.

Lui aggrottò la fronte, non riuscendo a guardarla per il disagio che gli provocava quell’interazione. -Dovevi sapere.- mormorò. -Sono un mostro, Lavellan.-

-Sei un Essere Umano.- lo corresse lei. -Se fossi un mostro, quello che mi hai detto di aver fatto avrebbe una giustificazione logica, legata a un'urgenza istintiva.- fece una pausa. -Tu hai fatto quello che hai fatto deliberatamente, con l'attenuante di dover adempiere ai tuoi doveri di Templare.-

Cullen inspirò profondamente, soffrendo come se lei gli stesse intagliando quelle parole sulla pelle.

-Non intendo graziarti dalle tue colpe, o punirti, se è questo che cerchi da me.- proseguì Lavellan, mantenendo la presa. -Sai già come la penso sull'argomento. Rendersi conto dei propri errori e schierarsi contro la propria stessa natura per rimediare, come stai facendo tu, è l'impresa più difficile che una persona possa affrontare.- cercò il suo sguardo, spingendolo a ricambiarla.

Cullen esalò un sospiro nervoso. -Lavellan...- iniziò.

-Non sei uno che molla, Cullen. So che andrai fino in fondo.- affermò lei, interrompendolo. -Ma semmai la vergogna e il senso di colpa dovessero farsi talmente intense da gestire...- gli sorrise, gentilmente. -Sappi che la mia porta è sempre aperta.-

Cullen serrò la mascella, reprimendo una replica sul nascere, al che Lavellan si rimise in piedi, battendogli la mano sulla spalla dopo aver lasciato la presa. -Ho chiesto a uno dei ragazzi delle cucine di preparartene uno a giorni alterni, mentre sono via.- disse lei, cambiando drasticamente discorso nell'alludere al decotto. -Se il sapore dovesse essere troppo forte, diluiscilo con del latte.- aggiunse, muovendosi verso l'uscita.

Cullen si affrettò ad alzarsi a sua volta, seguendola per tenerle aperta la porta. -Ti farò sapere se funziona.- l'assecondò, senza metterci troppo entusiasmo.

-Ci conto.- replicò lei, fermandosi giusto un istante per voltarsi in direzione del suo interlocutore e sorridergli. Lui appoggiò una tempia sullo stipite della porta, ricambiando. -Non fare troppi danni, là fuori, che poi tocca a noi rimediare.- la ammonì.

Lavellan gli rivolse un'occhiata eloquente. -Sarà il caso di dire a Josephine di fare scorte di carta e inchiostro, allora.- disse, agitando una mano in segno di saluto nel dileguarsi.

Cullen rimase a osservarla finché non fu abbastanza distante, poi esalò un sospiro stanco e ritornò a lavorare, vessato da un profondo senso di inadeguatezza.

 

 

*

 

 

Sotto la pioggia battente che sconvolgeva Crestwood da giorni, la truppa di briganti posta a protezione del portale d'accesso a Caer Bronach si affrettò a rovesciare due carri nel cortile dell'atrio, per creare una fila di fortificazioni in vista dell'incursione.

Gli arcieri invece presero posizione nei punti sopraelevati, pronti a far fronte a qualsiasi cosa sarebbe entrata dal portone, che in realtà era realmente massiccio e ben picchettato, quindi ci sarebbero volute come minimo due ore per sfondarlo.

Nonostante i briganti stessero velocizzando i preparativi per la difesa, in realtà l'unica persona davvero preoccupata per lo scontro era Magrit di Kirkwall, il cui viso aveva assunto una malsana sfumatura di verde quando le sentinelle avevano descritto alla truppa gli invasori. Addirittura, aveva preso a pregare Andraste, i Numi e la sua madre ignota, alla ricerca di una protezione santa a cui affidarsi in vista di quello che sarebbe successo.

I suoi compagni risero di quella reazione esagerata, ma se solo avessero saputo l'entità del guaio in cui si trovavano, avrebbero sicuramente seguito il suo esempio.

Improvvisamente, lo scrosciare della pioggia venne interrotto da un fulmine, per poi fungere da accompagnamento per una melodia cadenzata, alternata da brevi arpeggi dalla personalità epica e solenne.

I briganti si scambiarono occhiate incerte, mentre Magrit mollava spada e scudo, scappando a gambe levate nel gridare: -Non mi pagano abbastanza per questo!- tra le altre frasi fatte che di solito precedono un assottigliamento considerevole del numero delle persone di dubbia moralità durante una colluttazione.

Difatti, pochi istanti dopo, il portone da tutti considerato indistruttibile venne sfondato da un'onda d'urto dirompente.

Schegge di legno e metallo volarono come frecce di balista su tutto il cortile in una sventagliata letale, conficcandosi sul fondo dei carri e su chiunque non fosse al riparo, ferendo a morte due briganti e azzoppandone un terzo.

Gli arcieri, dopo aver messo in discussione la santità di Andraste nelle loro imprecazioni, si ritrovarono a cercare di definire con lo sguardo gli aggressori, che in quel momento erano solo sagome indistinte che avanzavano dentro a una nuvola di polvere.

Quando riuscirono a individuarli, però, era già troppo tardi per reagire. Vennero freddati da colpi di freccia precisi, al cuore e nello spazio vulnerabile del viso che l'elmo falliva a proteggere. Ciò che le frecce mancavano, venne raggiunto prontamente da dardi di balestra e incantesimi elementali.

-Te l'avevo detto che la sua musica aveva un senso.- disse Hawke, entrando tranquillamente nel cortile.

Lavellan, subito dietro, scoccò una freccia per evitare che un brigante calasse la spada su di lui. -Allora è a questo che servono i bardi!- esclamò, con aria divertita, mentre Cassandra e il resto della squadra si infilavano nel cortile per occuparsi degli avversari più ostici.

-Hai sentito Zither? Sei utile!- gridò Varric, affiancandosi al suo migliore amico.

Dalle retrovie, il liuto incantato di Zither ululò una lunga nota d'approvazione.

Hawke mulinò il bastone da mago, poi lo piantò a terra, spingendo una mano di fronte a sé nell'evocare una palla di fuoco che distrusse le fortificazioni provvisorie dei nemici. -Così non è nemmeno divertente!- sbottò, notando che il cortile stava venendo messo in sicurezza rapidamente dalla squadra dell'Inquisitrice. -È come fare lo sgambetto a uno zoppo per rubargli gli stivali!-

-Lamentatene pure!- esclamò Varric, ridendo.

Lavellan, che in qualche modo era riuscita ad arrivare in cima ai camminamenti che abbracciavano il cortile, attirò l'attenzione dell'alleato con un fischio potente. Una volta che Hawke si fu girato nella sua direzione, gli indicò con un cenno del capo un cancello che portava alle sezioni interne del forte. -Vai e sfogati, ti copro io!- lo invitò.

Cassandra sfilò la lama dallo stomaco di un brigante in tempo per rendersi conto del pericolo che avrebbero corso i due nel procedere da soli. -Vai e sfogati?!- fece eco a Lavellan, con la voce più alta di un'ottava. Preoccupata, si precipitò dietro a Hawke, che si era lanciato su una scalinata, facendo i gradini due a due pur di avere la priorità sul combattimento successivo.

Lavellan corse in parallelo ai due, per poi buttarsi su una grondaia con un cat leap, scivolando lungo di essa per atterrare alle loro spalle. -Voglio vederlo all'opera.- spiegò, in risposta a un'occhiata di rimprovero di Cassandra.

-Lav non sono le Prove di Orzammar, è un assedio!- la riprese quest'ultima, deviando una freccia con un colpo di scudo.

Hawke nel frattempo aveva attraversato il cancello in cima alle scale, ritrovandosi confinato in un semicerchio di frecce che avevano fallito nel colpirlo.

Si fermò di colpo e sollevò il bastone, assieme alla mano sinistra, le cui dita tremarono appena mentre procedeva a protendere gli arti verso il cielo. Lavellan coprì l'evocazione al meglio delle sue possibilità, bersagliando gli arcieri mentre Cassandra caricava un guerriero in prossimità.

-Cercherò di non colpirvi, ma fossi in voi guarderei in alto.- suggerì Hawke, con un ghigno malevolo dipinto in viso.

Lavellan alzò gli occhi, sgranandoli, quindi corse verso Cassandra, placcandola appena in tempo per evitare che finisse schiacciata da una meteora fiammeggiante.

Il campo di battaglia venne percosso da decine di quei bolidi, che precipitavano come grandine infuocata, schiacciando i nemici e le macchine d'assedio come insetti.

Cassandra e Lavellan osservarono quell'opera di distruzione con occhi carichi di sbigottimento, reggendosi l'un l'altra per evitare di finire loro stesse vittima dell'evocazione. Hawke, nel mentre, rideva sonoramente, concatenando onde d'urto e appiattimenti telecinetici per evitare che i nemici graziati dalla pioggia di meteore avessero il tempo di realizzare una contromossa.

Vederlo combattere era un piacere per gli occhi e un orrore per l’anima. Nonostante le sue evocazioni sembrassero volte a sfruttare il caos, non perdeva mai il controllo di ciò che succedeva attorno a lui, usando tutti i mezzi in suo potere per relegare i nemici nella media distanza. Le frecce le deviava con muri di ghiaccio, od onde di energia telecinetica, mentre non si faceva problemi ad atterrare chi si faceva troppo vicino con un attacco fisico, seguito da un'Esplosione Mentale. Gli elementi erano a suo favore e lui non aveva paura di piegarli al suo volere per creare quanta più confusione possibile.

-Non rompere la fortezza, Hawke, ci serve!- gli gridò dietro Cassandra, mentre Lavellan prendeva parte al caos con tiri di frecce esplosive e lanci di trappole elementali, che contribuivano a creare una cacofonia visiva e uditiva degna di uno spettacolo di fuochi d'artificio durante una situazione di sbronza collettiva.

Hawke le rispose semplicemente con un sorriso sornione, facendo intendere alla sua interlocutrice che faceva bene a preoccuparsi.

 

*

 

-Alla buon'ora!- disse Hawke, che aspettava il gruppo seduto su un muretto poco lontano dall'ingresso del villaggio.

Prima di recarsi a Crestwood vecchia per indagare, Lavellan si era chiesta quanto tempo gli sarebbe voluto per fare amicizia con il villaggio intero. Una volta ritornata, si rispose immediatamente nel vedere che chiunque fosse di passaggio lo salutava per nome, ringraziandolo per qualche favore che aveva fatto durante la lontananza dei suoi alleati, o guardandolo in maniera truce per la modalità in cui aveva svolto i favori sopracitati.

In quel momento stava prendendo il tè con una signora anziana, che qualche ora prima l'aveva preso in simpatia, tanto da finire per adottarlo temporaneamente e rammendargli guanti e mantello per evitare che prendesse freddo.

Lavellan, Cassandra, Solas e Varric lo raggiunsero che erano zuppi fin nel midollo, con l'espressione tipica di chi ha bisogno di un lungo bagno caldo e un abbraccio di conforto.

Mentre si avvicinavano, la signora porse i guanti a Hawke con cura e lo congedò, stampandogli un bacio sulla guancia, poi si riprese le tazze vuote per riportarle in casa.

-Andraste misericordiosa, dove siete andati a infilarvi, stavolta?- domandò Hawke, con aria divertita, quando i quattro gli furono finalmente di fronte.

-In una caverna allagata.- rispose tranquillamente Lavellan.

-Ah, ecco spiegata la puzza di umido e di guano di pipistrello.- commentò l'altro, scorrendo lo sguardo su di lei. -Pensavo fosse una dichiarazione di stile.-

-Magari nelle Anderfels.- borbottó Solas.

-Lievemente meglio dei cunicoli della Città oscura, comunque.- si aggiunse Varric, strizzando il fazzoletto da collo per liberarlo dell'acqua in eccesso. -Giusto per farti capire gli standard.-

Hawke contrasse i lineamenti in una smorfia infastidita. -Quello è uno standard molto basso, amico mio. Rasoterra.- disse, per poi affiancarsi a Lavellan, che si accingeva a entrare nel villaggio.

Nonostante il pericolo fosse passato, regnava un'atmosfera angosciante. I difensori continuavano a restare in allerta, a ridosso degli accessi alle mura e molte case mantenevano porte e finestre sbarrate. Chiunque fosse all'esterno liberava la tensione in maniere molteplici, dall'affanno a contribuire alla ricostruzione di ciò che i non-morti avevano danneggiato al decisamente più canonico pianto a dirotto.

Dopo essere uscita dalla residenza del borgomastro, Lavellan si voltò per gettare un'occhiata di traverso a una madre che non riusciva a calmare un bambino urlante, a pochi metri dal gruppo. -Guarda un po' qui.- disse, porgendo un biglietto a Cassandra, altrettanto infastidita.

Hawke allungò il collo per leggere a sua volta e, quando ebbe finito, rilasciò un sospiro sconfortato. -Mannaggia, Gregory!- disse, condividendo un'espressione crucciata con Cassandra mentre lei riconsegnava il biglietto a Lavellan.

- Lo sapevo che non erano solo quei morti ambulanti a preoccuparlo.- intervenne Varric, dopo che l'ultima ebbe riferito agli altri le colpe del borgomastro.

Il bambino strepitò un acuto spacca timpani, facendo fare un salto a Solas. Quest'ultimo osservò con disapprovazione la madre, chiaramente imbarazzata, prima di rivolgersi a Lavellan.

-L'Inquisizione lo consegnerà alla giustizia?- domandò, massaggiandosi le orecchie sul trago.

La sua interlocutrice lisciò il biglietto, con aria assorta. -Intanto, direi di trovarlo.- disse, cercando con lo sguardo uno degli esploratori che si erano installati nel villaggio per distribuire approvvigionamenti. -Il contesto in cui il Borgomastro ha preso quella decisione, per quanto orribile essa fosse, è di certo un'attenuante, ma non una giustificazione.- spiegò, dando una breve smorfia di fastidio nel sentire il bambino sperticarsi in un acuto più alto dei precedenti. -Sarà una decisione impossibile da prendere.-

Mentre lei articolava il discorso, Hawke si allontanò per raggiungere madre e bambino, seguito dallo sguardo interessato di Varric.

-Aiutami a capire cosa ti passa per la testa, Lav. Quale sarebbe la soluzione logica?- domandò Cassandra.

Lavellan però non le rispose, perché condivideva la curiosità di Varric in relazione alla scena che si stava svolgendo a pochi passi da loro.

Hawke, dopo aver salutato la madre in difficoltà, si era portato le mani a coprirsi il viso, per poi aprirle assieme a una pioggia di scintille colorate che rimasero sospese a mezz’aria come minuscoli fuochi fatui iridescenti.

Il bambino abbassò il tono di voce, spalancando gli occhi di fronte all'evocazione. Hawke allora gliene mostrò altre, analoghe a quella, riuscendo nel tentativo dapprima di distrarlo, per poi permettere alla madre di consolarlo efficacemente.

Lei lo guardò con occhi carichi di gratitudine, al che Hawke le passò una carezza sul braccio in segno di conforto, prima di tornare a far parte della conversazione.

-Santo subito!- lo accolse Varric, ridendo sommessamente.

Hawke fece spallucce. -Sono un cretino, mica uno stronzo.- disse, tornando a prestare attenzione a Lavellan. -Le mamme non vanno mai lasciate da sole.-

Quella studiò il suo viso a lungo, senza smettere di chiedersi se l'avesse fatto per permettere alla conversazione di fluire senza fastidi esterni, o per dare effettivamente una mano a qualcuno in difficoltà.

Per Varric la risposta era più scontata del tramonto, ma per amore del suo migliore amico evitò di condividerla con lei.

 

*



Lavellan incrociò le braccia sulla balaustra di una splendida terrazza di pietra ricoperta d'edera e fiori rossi, nella torre più alta di Caer Bronach.

Il paesaggio che si dipanava di fronte a lei era costituito da un'ampia vallata, abbracciata a est da uno strapiombo e a ovest da una fila di monti bassi con le cime appena inzuppate di neve. Nell'aria permeava l'odore della battaglia che si era conclusa la notte precedente, nonostante il vento portasse con sé il fragrante profumo di salsedine proveniente da nord.

Lavellan si voltò appena, notando che Hawke le si era affiancato, appoggiando l'avambraccio sulla balaustra.

-Splendida giornata, no?- le domandò, rivolgendo lo sguardo a occidente.

Lavellan scorse una rapida occhiata su di lui, poco convinta che fosse lì per parlare del tempo, ma decise comunque di assecondarlo. -Il primo sole che troviamo, da che siamo in zona.- disse.

Rimasero in silenzio a godersi la brezza per qualche istante, poi Hawke inclinò la testa per poterla guardare negli occhi. -So che dovrei farmi gli affari miei, ma Varric sta facendo un po' troppe battute sul fatto che tu e Cullen ve la intendete.- ammise. -È un modo per prenderti in giro, o c'è un fondo di verità nelle sue parole?-

Lavellan si passò una mano sul capo, mentre si girava per incrociare il suo sguardo. -Mettiamo il caso che confermi questa voce. Mi chiederesti se sono nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, o mi diresti che è un'idea orribile?-

Hawke rise. -Nessuna delle due, anche se ora che me l'hai detto, sarei tentato di porgerti la prima domanda.- rispose. -Sarebbe molto incoerente, però, dato che anch'io mi sono innamorato di una persona che chiunque riteneva essere fuori dalla mia portata e viceversa. Non per una questione d'aspetto, ovviamente, dato che lui è di una bellezza irraggiungibile e io sono uno snack.- le sorrise, maliziosamente.

-Uno snack?- ripeté lei, con un sorriso poco convinto.

-Facciamo anche un pasto intero.-

Lavellan ridacchiò. -Questa me la riciclo.-

All'improvviso, il viso di Hawke prese una sfumatura di serietà. -Per un certo periodo, era palese che la mia vicinanza mettesse in allarme ogni fibra del suo corpo e questa cosa mi divorava dall'interno perché ero in totale adorazione di quell'uomo e sapevo che era reciproco.- chinò il capo, assieme a un’espressione enigmatica. -Finché un giorno ho scoperto che il problema non ero io e, se possibile, questa cosa mi ha fatto stare peggio.-

Lavellan esplorò il suo viso, fallendo nel riconoscere la persona scanzonata con cui aveva condiviso le ultime settimane. Aggrottò la fronte, restando in silenzio per dargli modo di continuare senza offrirgli una frase di circostanza controproducente.

-È la persona che amo di più al mondo, dopo mio fratello, ma a un certo punto della nostra storia mi sono ritrovato a guardarmi allo specchio e a chiedermi se volessi stare con lui perché lo amavo, o perché volevo salvarlo.- Hawke si lisciò la barba, nervosamente. -Quando stai con una persona che è costretta a rivivere il suo trauma costantemente, quel trauma diventa involontariamente parte della tua relazione. Il problema è che la persona che l'ha subito se ne rende fin troppo conto e nonostante tu faccia qualsiasi cosa per alleviare il suo dolore, ogni sforzo diventa inutile, perché sai già che quelle ferite resteranno completamente esposte, inguaribili, per sempre.-

Lavellan annuì piano. -Com'è finita?- domandò.

-È esplosa una chiesa, i Templari hanno dato di matto e il cielo si è spaccato. Peggio di così c'è solo la svolta romance di Varric!- rispose Hawke, spezzando la tensione con un sorrisetto.

Lavellan lo guardò di sottecchi. -Intendevo chiedere quale fosse la risposta che ti sei dato.- precisò.

-Lo so, ma quando non c'è un risvolto comico devo per forza crearmelo e tu me l'hai servita su un piatto d'argento.- disse Hawke, per poi prendere un respiro profondo. -Tu sei innamorata di lui, o sei innamorata dell'idea di poterlo salvare?- fece una pausa, poco convinto. -Redimere, nel suo caso.- si corresse.

Lavellan esalò un sospiro stanco, poi si soffermò a rifletterci. Era la prima volta che si interfacciava a una lettura del genere, dato che non credeva nella redenzione, ma trovò comunque molto difficile ottenere una risposta coerente nell'intrico di sentimenti che provava, in relazione a quelle che erano la condizione di Cullen e il suo passato terribile. -Non so che dire.- ammise, sentendosi in dovere di confrontarsi con una persona che aveva effettivamente visto il peggio dell'oggetto del suo amore. In qualche modo, sapeva che quell'apertura sarebbe stata necessaria per fare chiarezza. -Non conosco l'entità del suo dolore, ma sono consapevole dell'aspetto che ha il mio e della sua incapacità di comprenderlo. Ho paura che questo sentimento sia reciproco.-

Hawke incrociò le braccia sul petto, accarezzando i picchi innevati con uno sguardo accigliato. -Francamente, Ankh, non penso che arriverete mai al punto di comprendere quanto profonde siano le vostre ferite.- affermò. -Quello che vedo è che sei disposta ad accettare che la persona di cui sei innamorata abbia giocato il ruolo dell'oppressore per tutta la sua esistenza, senza vacillare un istante, nemmeno quando gli era palese che stesse sotto al comando di una pazza.-

Lavellan aggrottò la fronte. -E ora è un uomo completamente schiacciato dal rimorso.-

-Come è giusto che sia.-

Si scambiarono un'occhiata veloce, poi tornarono a guardare l'orizzonte.

-Con lui mi sento al sicuro, come mai lo sono stata in vita mia. E non è solo una questione di muscoli.- mormorò Lavellan, dopo un po'.

Hawke sorrise appena.

-Sai qual è la cosa ironica?- seguitò lei, raddrizzandosi. -Quando era necessario entrare in una grande città, perché il clan era nei guai, facevo in modo di tenermi a debita distanza dagli Umani come lui. Ho visto cosa fanno alla mia gente nelle enclavi, per provare di essere veri uomini.- deglutì, sforzandosi di articolare un pensiero coerente. -Forse era quel tipo di persona, prima di entrare nell'Inquisizione? Non lo so, lethallan. L'uomo che ho conosciuto io mi ha sempre trattata con onestà e decenza, senza i fronzoli che usano mettere quelli come voi che fanno finta di simpatizzare con la mia causa solo per dimostrare di essere persone migliori in presenza dei loro simili.- deglutì in risposta alla frustrazione che le provocava quell'atteggiamento, prima di proseguire. -Non ha mai mostrato falsa compassione nei miei riguardi, o cercato di spettacolarizzare il trauma che ha subito la mia gente per guadagnarsi i miei favori. Quando mi viene in aiuto, non lo fa per far tacere il senso di colpa, o per ottenere qualcosa: lo fa perché è la cosa giusta da fare.- guardò Hawke dritto negli occhi. -Dovrebbe importarmi della persona che era, lo so, eppure il ritratto che mi ha fatto di se stesso è così diverso da quella con cui sono abituata a interagire che sembrano addirittura due entità distinte. Sai, forse è lui che sta salvando me, dandomi speranza che le cose possono cambiare, che gli Umani arriveranno ad acquisire un pensiero critico.- spostò uno sguardo turbato altrove. -Ipercritico, nel suo caso.- aggiunse, in un sussurro.

Hawke, che si accarezzava la barba con fare pensoso, annuì piano. -Mi fai quasi venire voglia di tifare per lui, così.- ammise, ridendo nervosamente.

-Sarebbe una cosa così fuori dal personaggio?- scherzò Lavellan.

-No, ma mi farò comunque un bagno nell'acido per buona misura.- replicò lui, dando le spalle al paesaggio per appoggiare la schiena sulla balaustra. -Vuoi sapere la mia risposta?-

-Mi sono appena tolta i pantaloni di fronte a una persona che conosco da mezzo minuto. Direi che me lo merito.-

-Se la metti così...- Hawke si strinse nelle spalle. -Mi sono innamorato di Fenris perché è l'unica persona che riesce a farmi fare un discorso completo senza che senta il bisogno urgente di fare una battuta.- rispose, aprendo un bel sorriso tra le labbra. -Ed è l'unico uomo che è rimasto al mio fianco quando gli ho mostrato la mia tristezza. Non ha cercato di togliermela di dosso, o di farne una competizione tra anime ferite... è rimasto e mi ha stretto forte tra le braccia, permettendomi di fare altrettanto.-

Lavellan assunse immediatamente un'espressione madida di tenerezza.

-Ecco quanto. Spero di essere stato esauriente.- concluse Hawke, aprendo i palmi verso il cielo.

-Esauriente e stucchevole.- lo punzecchiò lei, dandogli un buffetto sul braccio.

-Mi sembra giusto.-

-Niente predica, quindi?-

-No, ma tieniti pronta a una cosa molto veloce e molto intensa. In dieci anni, l'unica donna con cui l'ho visto parlare è ancora pietrificata nel centro esatto della Forca.-

Lavellan rimase immobile, a fissarlo con una punta di apprensione nello sguardo. -Queste robe vanno dette all'inizio Hawke, non dopo tre ore di dialogo pesantissime.- lo rimproverò, faticando a trattenere un sorrisetto.

Lui si distanziò dalla balaustra, muovendosi verso l'interno del forte. -Che dire, mi piace chiudere con il botto.- disse, allontanandosi dall'alba con aria soddisfatta.

 
   
 
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