Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ladyElric23    23/08/2022    5 recensioni
Il treno si ferma, le porte si aprono, ci sono passeggeri che scendono e che salgono.
“Quindi sei venuto a cercarmi?” chiede ancora Erwin, mettendo palesemente a dura prova la sua ben famosa manchevole pazienza.
“Si, idiota”
E poi succede.
Mentre lo sta dicendo vede Erwin fare un passo in avanti ed entrare nel vagone, voltandosi poi nuovamente verso di lui con espressione di sfida.
“Non osare, cazzo” minaccia il moro, assottigliando lo sguardo. “Erwin, non osare” ripete ancora, mentre sente il suono che annuncia la prossima chiusura delle porte automatiche.
Ma Erwin osa, come sempre del resto.
Lo sfida, incrociando le braccia al petto e guardandolo con un sopracciglio alzato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dovrei aggiornare “Ogni promessa è debito”, vero? Si, dovrei, avete ragione. Però avevo iniziato a scrivere questa one-shot prima di partire per le ferie, dopo aver ricevuto un bel messaggio da una lettrice molto molto appassionata che era in vacanza a Londra, fantasticando con lei di una storia ambientata in metropolitana… ovviamente non ero riuscita a finirla, ma eccola qua, meglio tardi che mai!

Una piccola storia senza pretese, dai toni molto più leggeri rispetto al mio solito, e che spero possa strapparvi un sorriso. Perché si, qui si prende in giro la mania di Levi per la pulizia, siete avvisati!


Non vi annoio oltre, vi lascio alla lettura.



Storia dedicata a Giorgi_b, perché è pazza di questi due quasi quanto me.

Grazie per i messaggi, cara! <3







MIND THE GAP





Avevano litigato ancora, per l’ennesima volta quella settimana.

E sempre per lo stesso motivo: Erwin voleva fargli conoscere la sua famiglia.

Per i suoi genitori sarebbe stato importante conoscere il suo ragazzo e quindi avevano proposto una cena per quel venerdì sera, Levi però si ostinava a rifiutare, ancora e ancora.

Era già la terza volta quella settimana, ed era finita in un brutto litigio.

Erano volate parole pesanti, cattive, e alla fine Erwin aveva deciso di andarsene da casa del suo ragazzo, preferendo una ritirata strategica per cercare di salvare il salvabile, piuttosto che un accanimento senza senso. Aveva imparato a sue spese quanto la lingua di Levi potesse essere tagliente, e non gli andava di rimanere oltre. Era uscito da casa dell’altro sbattendo la porta ed aveva camminato fino alla stazione della metropolitana, cercando di farsi passare il nervoso.

Non gli piaceva litigare.

Soprattutto con lui.

Ad Erwin piaceva il dialogo costruttivo, avrebbe voluto semplicemente che Levi si aprisse con lui; ovviamente aveva capito che l’ostacolo apparentemente inaffrontabile erano i suoi genitori, perché purtroppo Levi era rimasto orfano da bambino, finendo affidato al suo strambo zio Kenny. Non sapeva gestire i rapporti familiari, ma Erwin lo capiva. Avrebbe solo voluto che glielo dicesse apertamente, perché quella sincerità avrebbe significato rispetto e fiducia.

Avrebbe significato tutto, perlomeno per lui.

Invece il moro continuava a dirgli sempre e solo di no, ad impuntarsi sul non dare troppe spiegazioni, e questo lo faceva arrabbiare più di quanto potesse esprimere a parole.

Stavano insieme da sei mesi ed Erwin sentiva il bisogno di portare la loro relazione ad un livello più ufficiale. Non aveva senso continuare a vedersi a casa sua o dell’altro solo quando non c’era nessuno, non voleva ci fossero questi inutili paletti, iniziavano a pesargli, non erano più dei ragazzini.

Erwin arriva alla banchina della metropolitana mentre le porte del treno si stanno chiudendo.

Le guarda chiudersi davanti a sé con espressione afflitta, storge l’angolo della bocca, poi si dirige sospirando verso la panchina poco più avanti, sulla sinistra. Si siede, apre la tracolla che ha in spalla e tra i due libri ed i vari quaderni di appunti cerca le cuffie. Le indossa e taglia tutto il mondo fuori dalla sua testa, facendo partire la musica.

La sua musica triste, come la chiama Levi, abituato ad ascoltare solo rock.

Vorrebbe convincerlo.

Vorrebbe davvero che venisse venerdì sera, eppure Erwin sa benissimo di non poterlo costringere. Lo sa anche perché il suo ragazzo ha pensato bene di urlarglielo in faccia neanche mezz’ora prima, etichettandolo poi con sentitissimo “Stronzo”.

Sospira ancora Erwin, poi guarda il tabellone luminoso che lo avvisa che mancano sei minuti al suo treno.

Chiude gli occhi ed abbassa la testa, iniziando a battere nervosamente il piede a terra.

Non sa cosa fare con lui.

È sicuro che la loro storia può funzionare, è innamorato di Levi, ma allo stesso tempo inizia a pensare che forse semplicemente vogliono due tipi di relazione differenti, e…

Erwin sobbalza di colpo quando si sente toccare la gamba.

Alza la testa di scatto e si trova davanti Levi con ancora il piede alzato verso di lui. Ha le mani sprofondate nelle tasche della felpa nera, e sembra stringersi nelle spalle appena incrocia il suo sguardo.

Ohi” gli dice semplicemente il moro, una volta che lo vede togliersi le cuffie dalle orecchie. E lo dice con un filo di voce, quasi come se non riuscisse a trovare un tono migliore da usare, cosa che lo lascia stupito: Levi Ackerman sembra sempre sicuro di sé, è una delle cose che gli è piaciuta subito di lui.

Eppure Levi non si sente sicuro per niente in questo momento, tanto che ha bisogno di far vagare lo sguardo sul muro ricoperto di locandine, sul pavimento lercio, e solo alla fine di nuovo su Erwin.

Che ci fai qui?” gli chiede il suo ragazzo, sicuramente memore del suo “Vattene, cazzo”. O forse semplicemente realizzando che si trova in una fottutissimamente lurida stazione della metropolitana. Proprio lui, che ha un desiderio quasi patologico di pulizia ed ordine.

Sprofonda ancora di più le mani nelle tasche.

Ti cercavo” dice semplicemente, scuotendo appena la testa e attirando l’attenzione di Erwin. “Ho esagerato, scusa” continua poi, ma in quell’istante il fischio dei freni preannuncia l’arrivo della metro. Lo spostamento d’aria dovuto all’arrivo del treno gli smuove i capelli neri dalla fronte, ma lui non fa niente per rimetterli a posto. Si limita ad osservare Erwin che si è alzato con tutta calma e sta camminando verso la linea gialla mentre gli chiede “Hai fatto il biglietto?”.

Che cazzo di domanda è?

Non avevo tempo. Non c’erano guardie, ho saltato il tornello” risponde monocorde, guardandolo di sghembo, aggiungendo poi un “E poi le casse automatiche sono luride” storcendo l’angolo della bocca in una espressione nauseata.

Il treno si ferma, le porte si aprono, ci sono passeggeri che scendono e che salgono.

Quindi sei venuto a cercarmi?” chiede ancora Erwin, mettendo palesemente a dura prova la sua ben famosa manchevole pazienza.

Si, idiota”

E poi succede.

Mentre lo sta dicendo vede Erwin fare un passo in avanti ed entrare nel vagone, voltandosi poi nuovamente verso di lui con espressione di sfida.

Non osare, cazzo” minaccia il moro, assottigliando lo sguardo. “Erwin, non osare” ripete ancora, mentre sente il suono che annuncia la prossima chiusura delle porte automatiche.

Ma Erwin osa, come sempre del resto.

Lo sfida, incrociando le braccia al petto e guardandolo con un sopracciglio alzato.

E se Levi dovesse confidare uno dei mille motivi per cui si è innamorato di lui, probabilmente sarebbe proprio il suo riuscire a tenergli costantemente testa.

Quel suo maledetto cipiglio da ostinato bravo ragazzo che lo fa vacillare ogni volta.

Ed è mentre le porte iniziano a chiudersi che senza pensarci oltre si getta in avanti, finendo col mettere piede nel vagone semi deserto con un sonoro “CAZZO”. Poi si volta verso il biondo pronto ad incenerirlo con lo sguardo, perdendo però tutta la convinzione trovandolo con un sorriso davvero adorabile stampato in faccia.

Sei salito” gli dice semplicemente, quasi stupito, con un palese E lo hai fatto per me sottinteso.

Si, lo aveva fatto per lui.

Perché voleva chiarire.

Perché era stanco di litigare con lui per una cazzo di cena.

Si limita ad annuire mentre Erwin si siede in uno dei tanti posti liberi, facendogli cenno di fare lo stesso accanto a lui.

Non esagerare adesso” è la sua risposta, che lo fa ridere di gusto.

Erwin ha una bella risata, è piena, ti entra in testa.

Tutto di lui sembra entrargli in testa, sin dalla prima volta in cui gli ha rivolto la parola alla biblioteca universitaria.

Si mette in piedi di fronte a lui, allargando appena le gambe per avere maggiore stabilità nel vagone che si muove veloce nelle gallerie, le mani ancora ben piantate nelle tasche della felpa per evitare di toccare una qualsiasi cosa. Alza lo sguardo, osserva la cartina attaccata sopra le sedute, capisce che hanno ancora diverse fermate prima di poter scendere e questo pensiero sembra chiudergli la gola.

Storge appena l’angolo della bocca, ma in quel momento arriva la voce di Erwin a distrarlo.

Sei su una metropolitana” lo canzona, apparentemente molto divertito. Poi il suo tono si addolcisce mentre gli chiede “Come ti senti?”.

Sporco” sentenzia Levi, facendolo ridere di nuovo. “Mi strapperei la pelle, se potessi” continua poi, grattandosi nervosamente un braccio da sopra la felpa aperta.

Esagerato, non stai toccando niente!”

A quel punto dovrei amputarmi una mano, sarebbe irrecuperabil-”

Lo sta ancora dicendo quando il treno frena bruscamente, facendolo sbilanciare all’indietro.

È un secondo.

Un secondo di puro istinto, in cui per evitare di cadere si aggrappa alla sbarra di metallo alla sua sinistra.

Il treno rallenta, in arrivo alla prossima stazione, ma Levi rimane immobile. Rimane immobile ad occhi stranamente sgranati, ancora aggrappato malamente, cercando di trattenersi dall’iperventilare, fino a quando Erwin non lo prende per i fianchi, portandoselo di forza più vicino in totale silenzio. Lo costringe a sedersi sulle sue ginocchia mentre gli dice “Aspetta, ho del gel disinfettante”, aprendo velocemente la tracolla.

Lo sente distendersi appena, mentre lo guarda supplichevole, le mani alzate, in attesa. Erwin vorrebbe ridere, ma non lo fa. Si forza addirittura di non sorridere.

Levi sembra riprendere a respirare solo quando il gel tocca le sue mani.

Va meglio?” chiede Erwin passandogli un braccio intorno alla vita, in un abbraccio appena accennato.

Vorrei farmici il bagno” commenta l’altro con voce contrita, prendendo altro gel, rilassandosi in quell’abbraccio mentre il biondo nasconde un sorrisino divertito contro il tessuto della sua felpa.

Mi spiace per prima, non volevo insistere. "

E io non volevo litigare. Non pensavo davvero quelle cose.”

Lo so. Neanche io le pensavo” conferma Erwin. “Capisco il tuo punto di vista” continua, e questa volta gli morde scherzosamente la spalla, allentando totalmente quella poca tensione ancora presente fra loro, facendolo sorridere appena. Il moro fissa lo sguardo sul pavimento sporco della metro, la mente chissà dove, a rincorrere chissà quale pensiero in particolare, fino a quando la sua attenzione non viene attirata da un “Ehi, Levi”.

Mh?”

Sono felice tu sia qui” gli dice improvvisamente, ma senza coglierlo di sorpresa. Infatti Levi sospira, poi lo guarda e abbozza un sorrisetto complice, stirando appena le labbra, come in imbarazzo. Non dice niente, si limita ad annuire tra se e sé mentre Erwin gli posa una mano sulla nuca per avvicinarlo a sè, posandogli poi un bacio sulla tempia con un “Significa tanto” detto a bassa voce.

E Levi si ritrova ad annuire ancora.

Anche per me.”









Attento” gli dice un Erwin stranamente protettivo mentre scendono dalla metro, indicando lo spazio fra la banchina ed il vagone. Levi si acciglia, apostrofandolo con un secco e polemico “So come scendere da una cazzo di metropolitana” mentre gli rivolge un’occhiataccia.

Erwin sorride, alzando le mani in segno di resa.

Volevo essere gentile”

Sei strano” lo corregge invece lui, facendolo sorridere ancora di rimando mentre salgono sulla scala mobile, pronti a risalire in superficie.

Levi si guarda intorno con fare circospetto, visibilmente a disagio, le mani di nuovo nelle tasche della felpa ed i piedi ben piantati sui gradini, attento a non toccare niente neanche per sbaglio.

Arrivati ai tornelli si accertano che non ci siano guardie in giro, poi Erwin gli fa segno di mettersi davanti a lui. Passa la carta sul lettore automatico e passano insieme, in un abbraccio maldestro che fa ridacchiare Levi, che però aspetta di essere fuori dalla stazione per chiedergli “Hai infranto le regole, come ti senti?”.

E’ colpa tua, quindi ho la coscienza piuttosto pulita” ammette il maggiore con un sorrisetto beffardo, domandandogli poi “Vuoi che ti faccia il biglietto per il ritorno?”.

Levi si blocca sul marciapiede, lasciandosi andare ad una espressione disgustata.

Pensi davvero che riprenderò quella cosa?”

Ti riporto in auto?”

No, troverò un modo” lo liquida con tono monocorde ed espressione neutra, facendo un primo passo nella direzione che sa bene essere quella di casa dell’altro. Erwin rimane un attimo stupito da quella risposta, poi lo segue senza farsi ulteriori domande.

Lo raggiunge con due falcate e gli prende la mano, vedendosi risolvere prima un’occhiata sorpresa e poi un sorriso. Un sorriso grato, bellissimo.

Succede ogni volta, e probabilmente lo fa proprio per questo: perché i sorrisi di Levi sono rari, e vedersene rivolgere uno per così poco è un regalo che non si lascia mai sfuggire.

Camminano tenendosi per mano quella decina di minuti che dista la metropolitana da casa di Erwin, parlando del più e del meno con naturalezza, buttandosi alle spalle il litigio di poco prima. È sempre così tra loro: hanno due caratteri forti, finiscono per scontrarsi con facilità, eppure allo stesso modo riescono a chiarire e far pace.

Sembrano fatti per stare insieme, Levi lo sa, sembra averlo saputo sin da subito, e se ne convince ogni giorno di più.

Un colpo di fulmine.

Si sente fortunato, e non è una sensazione così usuale per lui.

Sono arrivato” dice Erwin in tono mesto, indicando la palazzina di fronte a loro con gesto quasi svogliato mentre Levi si limita a mugugnare qualcosa che non capisce, abbassando la testa, a disagio. Il biondo esita con le dita ancora tra le sue. “Ci vediamo domani?” gli chiede, stringendo appena, e lui si limita ad annuire.

Poi alza lo sguardo su Erwin proprio mentre lo vede avvicinarsi al suo viso, cogliendolo quasi di sorpresa, costringendolo a fermarsi e a guardarlo interrogativo.

Tua madre è già a casa?” chiede, ed il suo ragazzo inarca un sopracciglio, sorpreso.

Guarda l’orologio e conferma, “Si, sicuramente è già arrivata”.

Pensi che potrei conoscerla?”

La domanda arriva in modo così inaspettato e con tono così stranamente incerto da parte sua, che per un attimo Erwin crede di essersela immaginata. Poi cerca il suo sguardo e che capisce che no, non se la era immaginata affatto. Si lascia andare ad un sorriso felice mentre annuisce, mentre risponde “Certo” e si china per stampargli un bacio all’angolo della bocca. “Cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiede mentre lo prende per mano e lo conduce fino al portone della palazzina a mattoncini.

Ho pensato che così venerdì sarà più facile”

Quindi verrai?”

Annuisce piano, ma sembra convinto.

Erwin non sa quantificare quanto gli costi conoscere sua madre, sa solo che non riesce a smettere di sorridere.

Grazie, Levi” lo guarda ancora, incuriosito da ogni sua minima reazione.

Nello specifico dal modo in cui sta nervosamente battendo il piede a terra mentre attende che infili le chiavi nella serratura ed apra finalmente la porta di casa.

Forza, apri questa maledetta porta” lo incalza con voce ferma, impaziente, senza però avere il minimo effetto.

Anzi, Erwin decide di tergiversare volontariamente, solo per fargli dispetto.

Quindi potrò conoscere Kenny?” domanda infatti prontamente, parandosi di fronte alla porta con le chiavi già inserite.

Levi lo guarda storto, con quel suo tipico sguardo a metà tra lo scocciato e lo svogliato che ha imparato a conoscere fin troppo bene in questi sei mesi.

Non esagerare”

Perchè?”

Non seccarmi, Erwin”

Tu dimmi perché”

Perchè è Kenny” risponde, come se fosse la cosa più naturale del mondo, degnandosi finalmente di sfilare le mani dalle tasche.

E quindi?” lo incalza ancora lui, vedendolo sospirare ed alzare gli occhi al cielo, palesemente trattenendo tra i denti una imprecazione.

E quindi” calca Levi con voce calma, facendosi poi un passo più vicino per abbassare il tono ed evitare di essere sentito da oltre la porta, “Sa che scopiamo ed ha una collezione di fucili da caccia”.

Cala un attimo di silenzio, poi Erwin annuisce tra se e sé schiarendosi la voce.

Magari aspettiamo ancora un po’, si”

Già.”




   
 
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