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Autore: ___Page    24/08/2022    2 recensioni
«Sarai emozionata per il tuo primo Cahya Mera»
«Suppongo di... sì?» ribatté incerta Perona, voltandosi verso Ace in cerca di aiuto, ma il moro non sembrava saperne più di lei.
«È una nuova ricorrenza locale?»
«Nuova?» chiese conferma Yamato con una smorfia tra l'incerto e il divertito prima di venire colpita da un dubbio. «Aspetta, sei serio? Non sai cos'è il Cahya Mera?»
«È il festival di stasera Ace» venne in suo aiuto Izou ma con scarso successo.
«Festival...»
«Con la musica in piazza e le lanterne di carta»
«Okay mi dice qualcosa»
«Che c'è la luna rosa» intervenne Koala.
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«Mh» mugugnò Nojiko, finendo di asciugarsi le mani, prima di posarle sui fianchi con fare riflessivo. «Potresti provare»
«Che cosa?»
«A dimenticare» fece spallucce la barista. «Stasera è il Cahya Mera»
Ishley la fissò qualche istante prima di parlare. «Non sei seria»
«Perchè no? La Luna esaudisce i desideri stanotte, e il tuo è così sincero»
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Importante: trama del primo capitolo editata!
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Jewelry Bonney, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bonney era una persona diretta.
Si poteva coniugare quella descrizione in molti modi, raramente lusinghieri, ed era di fatto ciò che avveniva. E certamente Bonney aveva dei difetti, che spesso venivano presi per ciò che non erano.
Era sboccata, non maleducata.
Era protettiva, non possessiva.
Era diretta, non senza filtri.
Se per esempio qualcuno a caso le avesse chiesto in quel momento perché fosse tanto scura in volto, non è che gli avrebbe raccontato gli affari suoi e delle persone a lei vicine. Ma non vedeva perché mai sforzarsi per nascondere il fatto di essere inviperita.
Lo era, lo era eccome e non la si poteva biasimare. Non se tanta carne fresca aveva occhi solo per il Portuguese, quel maledetto. Sulle prime non le aveva neanche riconosciute, non fosse stato per Perona che si era presentata sprovvista di cane – che a quanto pare aveva preso troppo sole e un po' di febbre –, ma munita di amiche.
Bonney ci aveva messo un po' a realizzare che già le conosceva, anche se non le ricordava causa sbronza, e che forse era stata stupida a lanciarsi sull'alcool anziché su una di loro al Cahya Mera.
Ma non una di loro aveva dato segni di interesse per chiunque che non fosse Ace, con l'eccezione, Bonney stentava a crederlo, di Satch.
Un po' perché Satch era impossibile da ignorare e un po' perché erano due bastardi fortunati, Melville e Portuguese.
Che poi Bonney lo sapeva che Satch era così di natura, che non era una posa, un'esagerazione, che quella mattina il ciuffo a banana neanche le cercava le attenzioni delle quattro nuove arrivate, soddisfatto com'era dal bacio spontaneo ricevuto da Ish.
Ecco, Ish.
Lei era l'altra metà della questione, l'altra metà del malumore.
Perché era strana, non c'era un altro modo per descriverla, era strana, era in qualche modo sfuggente, pur restando presente e partecipe a tutto ciò che quella mattina stava succedendo.
Ishley era strana e Bonney era preoccupata.
Perché se di Bonney una cosa si poteva dire, oltre che era diretta, era anche che non c'era oncia di amore che ricevesse che non tornava al mittente moltiplicata.
Era vero, Bonney poteva insultare Satch anche dodici volte al giorno, ma guai a chi osava farlo al di fuori della loro cerchia.
Se la sua Ish stava male e neanche poteva prendersela con chi ne era la causa, perché l'imbecille stava anche peggio, non le si poteva chiedere di sorridere.
Anche se, a onor del vero, Ish non sembrava stare male.
Però era strana, era come diversa, Bonney non riusciva a trovare l'aggettivo.
“Finta” sarebbe stato forse adatto ma Bonney aveva visto Ishley tentare di dissimulare così tante volte ciò che provava per Sabo senza mai riuscirci che non riusciva neanche a prendere in considerazione quella possibilità. E che Ishley avesse smesso di provare dalla sera alla mattina quell'amore che la faceva brillare nell'anima, era impensabile. Era come se si fosse dimenticata, semplicemente, il che non era ovviamente plausibile.
Ma anche se Bonney avesse trovato una spiegazione, quale che fosse, non sarebbe comunque stata soddisfatta, perché Bonney voleva solo che Ishley tornasse normale e non importava quanto serena e frizzante si mostrasse. Ish non era Ish, Bonney lo sapeva e basta e la rivoleva indietro.
«Ahi-ahi. Quelli sono occhi che hanno bisogno di vedere cose belle»
Ora bisognava dire che Chabo non c’entrava niente. Mai nessuno era stato più nel posto sbagliato al momento sbagliato di lui in quell’istante però avrebbe anche potuto restare zitto. Certo le sue intenzioni erano buone. Con Nojiko che si era dovuta assentare, si era coraggiosamente fatto carico del chiringuito e questo comprendeva prendersi anche cura degli avventori. Non avrebbe potuto più guardare Nojiko negli occhi se avesse semplicemente ignorato il malessere di quella ragazza che gli aveva chiesto una piadina kebab.
Ma Chabo non era Nojiko e non sapeva leggere bene le persone come Nojiko né, conseguentemente, scegliere bene le frasi di apertura come Nojiko. Capì di aver fatto il passo più lungo della gamba quando la ragazza dai capelli rosa si mise a ringhiare.
«Che hai detto?»
«S-se volevi anche il caffè da portar via» tartagliò rapido il mulatto, facendo quasi cadere la piadina per lo spavento, evento che sarebbe sfociato quasi certamente nel suo omicidio. Ringraziò i propri riflessi e si affrettò ad avvolgere la pietanza nella stagnola e a tenderla alla ora sua legittima proprietaria.
«Tieni il resto» borbottò monocorde Bonney, allontanandosi dal bancone con un’ondeggiamento della mano per saluto.
Chabo espirò sollevato per lo scampato pericolo ma rimase a guardarla allontanarsi ancora un momento, le mani sui fianchi.
«Certo che due parole con Nojiko le avrebbero fatto proprio bene»
 

 
§

 
C’era una rientranza tra gli scogli a est della spiaggia, un fenomeno geologico indefinito destinato a diventare, in qualche decennio, una cala. In quel punto, gli scogli più bassi erosi dal mare spuntavano alla giusta altezza per sedercisi sopra, sgabelli naturali a pelo d’accqua, posto d’onore per assistere alle gare di tuffi dalle rocce più alte lì accanto, o punto di appoggio per le spedizioni amatoriali di snorkeling.
Law e Koala si erano dati lì il primo bacio e la compagnia era certa che non si fossero limitati solo al primo bacio, sebbene i due avessero sempre glissato.
Era poco frequentato e, ovviamente, lo spot preferito da Ace e Sabo per fare il bagno. Izou non si era stupito che Ace lo avesse subito proposto a Perona e compagnia, e trovava ironico che ad aggregarsi fosse stata, oltre a lui e Satch, Ishley e non Sabo. E se proprio in virtù della sua assenza, Izou sapeva che Sabo non si stava godendo quel bagno, sull’altro fratello meraviglia aveva dei legittimi dubbi.
Comodamente accomodato sul suo sgabello naturale, trovava antropoligicamente affascinante ciò che stava accadendo. Era certo di aver letto la situazione con la stessa facilità di un libro della prima infanzia, scritto a caratteri molto grandi e con illustrazioni esplicative.
Reiju era una macchina da guerra. Incalzava domande e commenti alle risposte di Ace con la precisione di un cecchino, senza mai perdere un colpo, tirando le fila della conversazione per mantenerla sul leggero mentre collezionava informazioni e dettagli sul suo amico, a beneficio di qualcuno che non coincideva con la sua stessa persona.
Izou lo sperava, per Reiju, perché era evidente che tutte quelle attenzioni fossero poco gradite a Ace. O meglio gli sarebbero state gradite in altre circostanze, in cui suddette attenzioni non gli avessero impedito di dedicarne altrettante a Perona, che, dal canto proprio, poteva essere scocciata per le troppe attenzioni di Reiju a Ace o per le troppo poche attenzioni di Ace a lei.
Izou lo sperava un po' anche per sé, perché se ci aveva visto giusto su Reiju e se Reiju aveva visto ciò che vedeva anche lui, la situazione era a dir poco esilarante.
E senza sfociare nel drammatico, Izou non avrebbe disdegnato una bella risata quella mattina in cui, oltre al lutto per il suo kanzashi, ci si metteva la preoccupazione per Ish.
E per Sabo, certo, ma cosa prendesse a Sabo era lampante.
Ishley invece...
Scrutò attraverso le lenti scure verso la fetta di acqua dove lei e Satch stavano istruendo Aisa e Pudding sulle zone più ricche di vita marina da osservare, prestando le proprie maschere con boccaglio. Lei e Satch era da tutta la mattina che facevano comunella e, se Izou lo avesse conosciuto meno bene, probabilmente lo avrebbe classificato come uno stronzo indegno dell’amicizia di Sabo.
Ma Izou lo conosceva bene e sapeva che anche Satch era preoccupato e se stava approfittando della loro ritrovata complicità era per non lasciarla sola, per cercare di capire. Tutti stavano cercando di capire ma nessuno sapeva cosa dovessero cercare di capire.
«Ehi!»
Izou riportò lo sguardo davanti a sé ritrovandosi la visuale quasi interamente occupata dalla faccia lentigginosa di Ace, a due bracciate da lui. Un ghigno mefistofelico gli si dipinse in faccia.
«Ora d’aria?» domandò e Ace non riuscì a non voltarsi per un attimo verso Reiju, tradendo l’effettivo disagio che aveva iniziato ad accusare in compagnia della ragazza. «Se vuoi possiamo nasconderti ma credo serva un protocollo protezione testimoni, ha l’aria di una che ti risucchia l’anima fin da dentro lo stomaco»
«Sai la cosa strana… grazie…» si issò sullo scoglio, dove Izou gli aveva fatto spazio, appoggiandosi spalla a spalla all’amico. «Non penso neanche di essere il suo tipo»
«Non pensi di esserlo o è che speri di essere più il tipo di qualcun altro?» gli lanciò un’eloquente occhiata in tralice Izou, a cui Ace con un po’ di ritardo sorrise, per poi passargli il braccio sulle spalle.
«So benissimo di essere il tuo tipo, Izou»
«E come non potresti, Portuguese? Sei irrestitibile» stette al gioco il moro, quello con gli occhi un po’ a mandorla, mentre portava la testa sulla spalla di Ace. «E poi perché dici che non sei il suo tipo? Ti sminuisci sempre» protestò Izou. «Di piuttosto che è lei a non essere il tuo tipo»
«Ma non è per sminuirmi» Ace fece spallucce, obbligando Izou a rialzare la testa. «È l'istinto che me lo dice» afferrò l'aria davanti al proprio stomaco, a sottolineare il concetto della viscelarità del suo istinto.
Già, l'istinto.
Lo stesso che diceva a Izou che c'era effettivamente qualcosa da capire, qualcosa da indagare, qualcosa di strano riguardo a Ish.
«Sembra finalmente serena eh?» fu di nuovo Ace a strapparlo dalle proprie riflessioni. Izou gli lanciò solo un'occhiata prima di tornare sull'amica.
«Già»
«Certo è stato inaspettato e beh... Odio vedere Sabo che sta così male. Ma se Ish è felice...»
«Noi abbiamo cercato di dirglielo in ogni modo, Ace»
«Lo so» borbottò sottovoce Ace, mentre dondolava la gamba immersa. «È che sai com'è quell'idiota. È, ecco...»
«Un idiota?» suggerì Izou, strappandogli una risata.
«Secondo te è il tipo del bar?»
«Non lo so, Ace» sospirò Izou. «In realtà mi sembra improbabile che abbia mai rappresentato una reale alternativa. Magari ha solo deciso di andare avanti con la sua vita, magari cambierà orientamente sessuale, magari espatria…»
«Magari stai esagerando»
«Sì hai ragione» concesse Izou, con un gesto svolazzante della mano. «La cosa veramente strana è che Ish è sempre stata pessima a recitare, soprattutto se si tratta di Sabo. Quindi com’è possibile che fino a ieri si struggeva e oggi è così pacifica?»
Ace agitò le gambe sott’acqua, fissandosi i piedi attraverso la superficie cristallina. «Non so che dire»
«Già. Neanche io. Ma per fortuna tu ora puoi tenere la testa occupata, la tua stalker sta lasciando libero il campo» gli diede di gomito per fargli presente Reiju che nuotava verso il gruppo impegnato nello snorkling, allontanandosi da Perona.
Neanche il tempo di indicargliela e Ace si era già ributtato in acqua.
Izou si puntellò con le mani dietro di sé, le gambe allungate.
«Non romperla, è di porcellana!» gli urlò dietro con un sorrisetto saputo, ricevendo un medio in risposta.
Shandia, adorava l'estate.
 

 
§

 
«Okay, che stai facendo?»
Reiju trovava che Perona fosse adorabile da imbronciata. Madre Natura l’aveva dotata di una bocca di rosa color sorbetto, dalla forma a cuore e carnosa, che, quando era contrariata, Perona sporgeva in un broncetto alla francese delizioso, corredato da un nasino naturalmente arricciato e occhi che restavano enormi anche da corrucciata. Veniva voglia di strapparglielo a baci e, forse, in un paio di occasioni, Reiju l’aveva provocata di proposito per godersi quell’espressione.
Questo non significava che Reiju lo avrebbe ammesso, né che lo faceva sempre senza un fine ultimo che andasse al di là del proprio trastullo personale, sebbene a volte i due coincidessero.
«Un bagno rinfrescante, suppongo» rispose senza esitazione, smuovendo l’acqua intorno a sé per tenersi a galla e godere del suono liquido del mare calmo. «Ahhh che meraviglia. Tu non trovi sia una giornata splendida, Perona?»
Perona era troppo impegnata a tenere il suo fantastico broncetto per rispondere. Reiju lo sapeva anche senza guardare ma, posto che Reiju aveva un debole per quel broncetto, decise di dare comunque una sbirciata.
«Non sembri convinta»
«Sai di cosa parlo, Rei»
Reiju sorrise, un sorriso che urtò e sollevò Perona al contempo, perché finalmente si parlava a carte scoperte e solo il cielo sapeva quanto fosse sfibrante Reiju quando si impegnava. Il cielo e ora, probabilmente, anche Ace.
«Gli ho solo fatto qualche domanda, per conoscerci meglio»
«Gli hai fatto il terzo grado» precisò più acida di quanto avrebbe voluto ammettere, Perona, appoggiata a uno scoglio, i piedi puntellati a una piccola sporgenza immersa.
«Se non voleva, poteva non rispondere»
«Se fosse scortese, cosa che non è. E poi perché pensi che si sia allontanato?!»
«A sentire lui per andare a vedere che Izou stesse bene»
«Sì certo» sibilò scettica Perona, roteando gli occhi al cielo.
«Ti dispiace che sia andato via, Perona?»
Perona chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Il tono saputo di Reiju di solito la riempiva di soddisfazione, perché quasi mai era rivolto a lei, o ad Aisa e Pur, ma quasi sempre a gente che se lo meritava, quel tono saputo. In quel momento però, ciò che Perona provava era omicidio.
«Mi dispiace perché, come tu e le altre vi siete premurate di sottolineare a più riprese, è mio amico e tu lo hai messo a disagio»
«Sono desolata, non era mia intenzione» mormorò senza ombra di pentimento Reiju, mentre si sdraiava per rinfrescare la testa nell’acqua salata.
«Rei, so cosa stai cercando di fare. E tu sai che io so» ritrovò per un attimo la calma ma sapeva, sentiva che era destinata a svanire. «E non funzionerà­»
«Dipende da cosa spero di ottenere»
«Di sbloccare la mia “fobia da flirt estivo”» Perona fece le virgolette con le dita con un’altra alzata di occhi al cielo che le impedì di vedere il sorriso felino formarsi sulle labbra di Reiju.
«Oh quindi ora ammetti di averla?»
«No, Rei, non ho nessuna fobia io! Sarò asessuata o come si dice, perché mi deve interessare per forza flirtare?»
Perona non aveva mai visto Reiju smuoversi dalla sua serafica calma, per nessuna ragione al mondo e si era quindi ripromessa di restare sempre calma anche lei, quando ci discuteva. Essere l’unica arrabbiata era snervante, ancora di più quando Reiju aveva quell’espressione gongolante in volto, mentre si avvicinava fluttuando a pelo d’acqua.
«Perché…» Si immerse un breve attimo, per riemergere poi proprio di fronte all’amica, portando il proprio viso molto vicino al suo così da poter appena sussurrare, seducente: «…flirtare è piacevole e a Ace piace farlo con te, tu ti assicuro che non sei asessuale, si dice così, e lui è davvero molto, molto carino,  Perona»
Qualunque velleità di cacciarla sott’acqua con la testa, foss’anche stato solo per non vedere più quel sorriso sadico e soddisfatto mentre lei era lì che fumava, si dissolse come sale nel mare.
«Oh. Un’improvvisa voglia di snorkeling» Reiju sollevò una spalla in un gesto di stupita noncurnaza, prima di sparire in acqua, lasciando da sola Perona che si rese conto troppo tardi di essere rimasta interdetta un momento di troppo. 
«No ehi Rei! Aspetta! Cosa vuol dire che a lui piace flirtare con me?!» provò a richiamarla ma, anche l’avesse sentita, Perona sapeva che Reiju non si sarebbe neanche sforzata di fingere il contrario e non le avrebbe risposto comunque. «Maledizione» sibilò agli scogli e al mare.  
Quella pulce nell'orecchio era l'ultima cosa che le serviva. Avrebbe avuto bisogno di mettere Reiju alle strette, obbligarla a specificare quali atteggiamenti di Ace classificava come "flirtare con lei".
 Era certa che fossero travisati o persino inventati di sana pianta, tutto per provocarla e spingerla a flirtare lei con lui. Aveva più di un valido motivo per sospettarlo e per di più non avrebbe mai voluto finire per mettersi ad analizzare involontariamente ogni singolo dettaglio delle sue interazioni con Ace, sarebbe stato alquanto... Disturbante.
In fondo il ragazzo aveva un cuore d'ore, era socievole per natura e un po' paraculo, quel genere di persona sempre pronta a prodigare aiuti e dare soprannomi a tutti. Non era come se fosse niente di speciale il fatto che la chiamasse...
«Voodoo!»
Il cuore di Perona si schiantò contro la sua gabbia toracica, mentre la sua proprietaria sobbalzava per lo spavento.
«Oh accidenti scusa!» Ace accelerò le bracciate per avvicinarsi più in fretta.
«No figurati, ero distratta io» lo rassicurò Perona, con uno sguardo raggelante che sarebbe andato bene per giurare vendetta eterna a un nemico atavico. Si schiarì la gola e scosse la testa. «Come sta Izou?»
«Bene, si gode l'estate. Sta da Izou» si strinse nelle spalle il moro, mentre Perona si spostava per fargli spazio sullo scoglio. Fu con orrore che si rese conto in quel momento che era già iniziata.
La sua attenzione verso ogni movimento di Ace aveva raggiunto la soglia massima in una manciata di secondi, tesa a raccogliere eventuali segnali di flirt che Perona non era neanche certa di saper riconoscere. D'altronde lei non flirtava, era il fulcro dell'intera faccenda, magari neanche era capace, come faceva a capire se qualcuno flirtava con lei?!
Ace si posizionó accanto a lei e la flashò con un sorriso ma neanche questo aveva per forza un qualche profondo significato.
Da quel che aveva avuto modo di vedere, Ace sorrideva sempre, a chiunque per giunta e la vicinanza era inevitabile in quella situazione.
«Sei preoccupata per Kumachi?»
Perona batté le ciglia, colta alla sprovvista, perché sì in effetti una parte della sua mente era rimasta fissa alla creatura per tutta la mattina. 
«Beh un pochino, ma mi dispiace soprattutto non averlo qui» sospirò Perona. «È più semplice tenere a bada lui che Rei, oltretutto»
Un attimo di silenzio seguì e poi Ace scoppiò a ridere di cuore, con sollievo della rosa, che si portò due dita alle labbra nel sentire una risata nascere anche sulle sue.
«Era tremenda, lo so»
«Oh no, io direi molto azzeccata invece» si schiarì la gola Ace. «Ma a tal proposito, volevo chiederti, Rei fa sempre così? Cioè Sabo ha una compagna di corso che è un po' così, si chiama Robin e fa sempre un sacco di domande, ma non so se Rei è come Robin o se come dire... Cioè non vorrei che, oh non prendermi per arrogante, ma non vorrei che avesse un secondo fine perché, ecco, io non sono interessato»
Un altro attimo di silenzio e stavolta fu la risata di Perona a romperlo.
La risata di Perona era singolare. Qualcuno avrebbe detto ridicola – era in effetti successo –, qualcuno avrebbe detto adorabile, anche se Perona non gradiva l'aggettivo.
Ace era certo che non l'avrebbe scordata mai.
Ricordava una civetta, ma più acuta che profonda, un po' graffiata, come anche era la sua voce, e crepitante, come un falò nel silenzio di una notte stellata. 
Perona la odiava ma ancora di più odiava il fatto di non riuscire a smettere, nonostante la cosa stesse diventando invalidante. Non riusciva quasi più a respirare e le lacrime iniziavano a oscurarle la vista. Da fuori doveva sembrare una pazza nevrastenica.
Un altro scroscio fu la goccia che fece traboccare il vaso e con uno scatto di rabbia, Perona si impose di darsi una calmata, frenò i gorgoglii e si schiarì la gola. «Sei serio?!­»
Ace fece spallucce.
«Mai nessuno, che io ricordi, ha detto di non essere interessato a Reiju» ribattè, e suonava quasi un rimprovero, non fosse stato per la sua espressione, un misto di incredulità e di “ma che problemi hai” che però non smosse di un centimetro il Portuguese nella sua convinzione.
Anzi, si piegò ancora di più verso Perona, un sorriso quasi contemplativo in volto. «Io preferisco ragazze più spontanee e, possibilmente, goth»
Perona sobbalzò impercettibilmente, un po’ per il viso di Ace così vicino, un po’ perché era certa di esserci appena riuscita. Aveva riconosciuto un flirt. Perché quello doveva essere per forza un flirt, no?!
Purtroppo, per impercettibile che fosse stato, il movimento bastò a farle mettere un piede in fallo e farla scivolare dalla poco pratica pedana naturale, dritta sott’acqua.
Così, era quello un flirt. Perona non era sicura di cosa provasse al riguardo. Lo stomaco le sfarfallava, in effetti, e non era una brutta sensazione, ma forse era perché Ace l’aveva colta alla sprovvista ma comunque aveva detto la cosa giusta con l’intonazione giusta e nel momento giusto anche. Insomma ci sapeva fare, o almeno credeva Perona, non che fosse esperta.
Stava ancora metabolizzando quella nuova inattesa esperienza, che si accorse di essere ancora sott’acqua e che forse era il caso di uscire. Bastarono poche spinte per infrangere il pelo dell’acqua, e ritrovarsi di fronte a Ace, con l’urgenza dipinta in faccia e le mani pronte ad afferrarla, cosa che in effetti fece con estrema delicatezza, studiandola poi un momento prima di mormorare con un sorriso: «Voodoo, che scherzi fai?»
Per l’amor del cielo, che aveva da sorridere sempre?! E perché le sue lentiggini dovevano essere così carine e… e… ipnotiche e i suoi occhi… sembrava che ci fosse il sole in fondo ai suoi occhi. 
«Perona!»
«Perona, ommioddio, stai bene?»
Perona si sentì strappare di violenza dalla trance e provò l’impulso di gemere una protesta ma durò troppo poco per darsi di pena di negarlo, quando Pur le arrivò addosso di volata per abbracciarla.
«Ci hai fatto prendere uno spavento, mio dio!»
Perona la strinse di rimando, accigliandosi, «Ma sono stata sotto così tanto?» chiese nel notare anche Satch, Izou e Ishley che si erano fermati a un metro per non assediarla, ma visibilmente corrucciati.
«Abbastanza da far tuffare Ace per recuperarti»
«Oh sì, è stato così eroico! Vorrei che succedesse a me!» si sciolse Aisa, prendendo un’occhiata scettica da ciascuna delle amiche storiche.
«Ma tu odi le cose romantiche» fece notare piatta Pur.
«E infatti ho detto eroico»
«Sì, infatti chi ha parlato di romantico?!» si allarmò Perona, cambiando rapidamente fazione per dare manforte ad Aisa.
«Comunque per fortuna era solo un falso allarme, anche se forse ora è meglio tornare all’ombrellone» intervenne pratica Reiju e Perona si accorse che Pur tremava contro di lei e dubitava fosse di freddo, visto il caldo che c’era.
«Sì forse è il caso» confermò Perona, coccolando un attimo ancora Pur prima di staccarsi da lei per fluttuare insieme agli altri verso riva.
Ace rimase indietro, uscendo per ultimo dietro al quartetto, mentre Izou, Ishley e Satch già si avviavano all’ombrellone, o meglio agli ombrelloni. Quando, quella mattina, le quattro ragazze si erano presentate con il proprio, proponendo di unire le forze per più ombra Ace si era esaltato alle grida di “Il miracolo è avvenuto” e “Non abbiamo mai avuto così tanta ombra”, a cui Bonney aveva risposto acidamente se pensava di fare così ogni volta che qualche anima pia prestava loro un ombrellone aggiuntivo, cosa di cui erano sprovvisti tra le altre cose anche grazie a lui che a inizio vacanze era stato tra i procastrinatori dell’acquisto di un secondo ombrellone, sostenendo che c’era tempo. Ace non le aveva risposto e in realtà stava ancora cercando di capire cosa intendesse Bonney, visto che davvero non era mai capitato prima, ma ormai aveva deciso di archiviare la faccenda come una Bonney di cattivo umore e basta.
«Ace senti…» Ace si girò verso Aisa che si stava sfilando le scarpette da immersione, saltellando su una gamba sola per non perdere l’equilibrio.
«Dimmi Aisa»
«Non voglio essere invadente ma Ish sta meglio oggi no? Voglio dire, non è tutta una posa giusto?»
Ace lanciò un’occhiata davanti a sé, dove Ishley si stava già allontanando insieme a Satch e Izou. La vide dare uno spintone a Satch, incassarne uno a sua volta e colpirlo con una manciata di sabbia bagnata in rappresaglia. Izou sollevò un braccio per proteggersi dagli schizzi di terra e protestò con veemenza, strappando una risata a Ishley mentre gli si avvicinava per abbracciarlo.
Ora il problema di dare una risposta ad Aisa era che Ace avrebbe dovuto darne due. Perché Ace non credeva che quella fosse una posa ed era davvero felice se Ishley era più serena. Ma non era così sicuro che quella situazione fosse meglio per Ish. Perché se solo avesse saputo, se solo quell’idiota non fosse stato così caparbio nel negare l’evidenza e ora…
«Sì sta meglio» annuì, rivolgendosi di nuovo ad Aisa. «Ish è pessima a recitare»
Anche Aisa annuì, felice della risposta, per poi accelerare per recuperare Reiju e Pudding, lasciando Ace in compagnia di Perona.
«Tutto bene Voodoo?» non perse tempo Ace ma, stavola, Perona rispose subito al sorriso.
«Tutto bene» confermò e prese un profondo respiro. «Grazie per prima, per esserti buttato per… per me»
«Lo avrei fatto per chiunque. Ma farlo per te è stato un onore» abbassò appena il tono, come aveva fatto poco prima sullo scoglio e lo stomaco di Perona sfarfallò di nuovo. «E comunque non ho fatto nulla, hai un resistenza incredibile in apnea!» alzò la mano per farsi dare il cinque ma Perona lo ignorò e anzi, si piegò per evitare il suo braccio alzato mentre gli si faceva più vicina.
«Beh nel caso ti trovassi a corto di ossigeno, sai chi cercare» sussurrò roca, gli occhi socchiusi, per poi dargli subito le spalle e allontanarsi, lasciandolo lì attonito e imbambolato.   
Perona si fece violenza per non mettersi a correre o anche solo accelerare l’andatura, mentre sentiva la faccia diventare progressivamente sempre più rossa fino a sfiorare il viola.
Non riusciva a credere di averlo fatto. Aveva flirtato. Aveva davvero flirtato!
E, mio dio, se era stato divertente!
 

 
§

 
«È incorreggibile» ridacchiò Ishley, mentre spalla a spalla con Izou, osservavano Satch fare il cascamorto con le ragazze a cui aveva riportato il volano, lanciato troppo in là.
«Già ma chi lo vorrebbe diverso?» sospirò Izou, un sorriso a celare la sua tensione.
La sbirció di sbieco, aspettandosi che Ishley rispondesse "Beh Sabo".
«Beh io no di certo»
Izou non sapeva cosa pensare. Sabo se l'era cercata – e non che per questo fosse meno dispiaciuto per l'amico – e Ishley aveva tutto il diritto di stare bene anche se lui stava male. E Izou sarebbe solo dovuto essere felice di vederla così serena, Izou era felice di vederla così serena ma era anche perplesso. Ishley a Sabo sembrava semplicemente non pensarci e non come risultato di un sovrumano sforzo. Aveva come trovato il modo di obliterarlo dalla propria testa e Izou non era affatto certo che fosse una cosa buona, che a Ishley facesse bene.
«Lo sai?» si rimise ben dritto e si piegò appena in avanti, portando una mano al coppino dell’amica. «È davvero bello vederti così senza nuvole» le sorrise con un affetto da stringere il cuore e, in effetti, il cuore di Ishley si strinse in un lieve spasmo.
«Ehi ehi!» si girò verso l’amico, prendendogli il viso tra le mani per fargli abbassare la testa e premere insieme le loro fronti. «Izou che ti prende?»
«Credo sia sollevato da come finalmente riesci a tenere a bada la tua cotta per Sabo. Eravamo tutti preoccupati per te, Ish­»
Izou si pietrificò, pervaso da una rabbia che non era neanche rivolta specificatamente a Satch, quanto più alla sua mancanza di tatto, alla sua incapacità di leggere le situazioni e al suo pessimo tempismo. Tutte cose imputabili a Madre Natura che però non era lì così da potersela prendere con lei.
Ovviamente una volta tanto che il capellone decideva di non fare l’idiota morto di gnocca, ma di parlare da amico, riusciva a sbagliare momento e parole e lo faceva con la delicatezza di un panzer. Ma doveva anche ammettere che forse gli aveva appena levato le castagne dal fuoco. Izou non aveva nominato Sabo nel caso in cui in realtà Ishley si stesse sforzando eccome, ma in fondo era lì che voleva arrivare. Voleva avere conferma che Ishley stesse bene davvero, che avesse davvero trovato il modo di convivere con quella situazione che l’aveva sfibrata fino al giorno prima.
«La mia cotta per Sabo?»
Izou smise di cuocere Satch a flambé per riportare gli occhi su Ishley, incredulo. Okay, tecnicamente definire quella di Ish per Sabo “una cotta” era improprio, era riduttivo, forse anche eufemistico visto che quell’amore a Ish stava risucchiando l’anima ma che si mettesse a cavillare su quello dopo aver passato la mattina a fingere di non provare più nulla…
«Cos’è un riferimento a qualcuna delle vostre battute?! Perché devo dirvelo ragazzi, io non vi ascolto sempre sempre, insomma vi adoro ma quando ne sparate dieci al minuto a volte disattivo il cervello e questa l’avrò persa perché mi sfugge proprio il riferimento»
Izou, gli occhi due fondi di bottiglia, tossì una risata e mosse rapido gli occhi verso Satch e di nuovo indietro su Ishley. «Okay, Ish, è chiaro che hai deciso di fare sul serio e non biasimo il tuo desiderio di vendetta ma con noi non serve, insomma, siamo dalla tua parte»
Ishley sbattè le palpebre un paio di volte, poi fu il suo turno di girarsi verso Satch prima di tornare su Izou. «Ahhh sì, lo immagino, voglio dire, siamo amici no? E lo apprezzo anche se non so di che vendetta tu stia parlan…»
«Contro Sabo» ribatté Izou, troppo agitato ora per potersi contenere.
«Ma perché, che cosa mi avrebbe fatto?!»
«Beh da dove iniziare…»
«Satch per favore! Ish…» Izou la prese per le spalle, determinato. «Ascolta, va bene voler andare oltre ma così ti fai del male. Capisco in sua presenza ma non fingere anche con noi di non amarlo»
«Okay» Ishley mosse le mani nell’aria, come a cercare di trasmettere calma all’esagitato amico. «Izou ovviamente io amo Sabo»
Izou percepì un’irrazionale ondata di sollievo pervaderlo e si odiò con ogni fibra del proprio essere. Lui che auspicava che Ishley potesse superare una volta per tutte quella sofferenza, ora si sentiva sollevato ad averne conferma. Ma non poteva farci niente, aveva così bisogno di ritrovare la loro Ish.
«È mio fratello»
Non aveva neanche ancora tirato il proverbiale respiro, che si ritrovò a imprecare internamente.
«Ish intendo romanticamente!»
«Non so di cosa tu stia parlando» rise la mora e Izou soffiò dal naso.
«Ma perché sei così testarda?!»
«Izou» Ishley gli riprese il viso tra le mani. «Io non so di cosa tu stia parlando» scandì, guardandolo negli occhi con uno sguardo così limpido e trasparente e sincero.
E no, non era possibile, non lo era eppure Izou sapeva quanto Ishley fosse pessima a dissimulare, ma anche se avesse improvvisamente imparato, Izou conosceva a sufficienza sia Ishley che la recitazione per poter affermare che no, quella non era una recita, perché neppure un’interpretazione da Oscar sarebbe stata credibile come gli occhi di Ishley in quel momento.
Izou deglutì a vuoto, mentre una nuova consapevolezza provava a sedimentarsi in lui.
Non era possibile eppure sembrava proprio… sembrava proprio….
«Sembra quasi che tu ti sia dimenticata»
«Izou?»
Izou si sentì strappare dal proprio shock incipiente, prima che quella nuova informazione riuscisse a raggiungere il suo core spirituale, da una voce mai sentita. Forse era proprio perché voleva distrarsi da quello che stava accadendo prima di realizzarlo appieno, che a quello sconosciuto era bastato chiamarlo una volta per avere tutta la sua attenzione.
«Sì?» cercò nella direazione da cui la voce era più o meno arrivata, dove stava un ragazzo dai capelli rossi, gli occhi verdi, le spalle larghe, un sorriso quasi di scuse.
«Scusate l’interruzione io… Ish?»
«Pen! Ehi ciao!» si illuminò Ishley, mentre il ragazzo, Pen, le si avvicinava per stringerle una spalla. «Non sapevo vi conosceste!» spostò gli occhi da Izou a Pen, accarezzando con una mano il dorsale del nuovo arrivato, per ricambiare il saluto.
«In effetti non ci conosciamo» ribattè Izou, nonostante una sensazione di vaga familiarità. Aveva l’impressione di averlo già visto, da qualche parte.
«No infatti, ma ho qui una cosa che penso sia tua»
Un’ondata di gratitudine e gioia pervase Izou quando Pen estrasse dalla tasca un ogetto lungo e sottile, in argento satinato, con una decorazione di palline azzurre finemente cesellate, penzolante da un’estremità.
«Il mio kanzashi!» Izou si buttò quasi in avanti, prendendo il monile dalla mano che glielo porgeva con una cura quasi sacra. «Ma come hai fatto? L’ho perso tra la folla, al Cahya Mera, cioè… Aspetta» Izou lo studiò più da vicino, osservò come si passasse una mano nei capelli spettinati. «È con te che mi sono scontrato. Shandia scusa, io…»
Come non si era accorto che fosse rosso? Era uno dei suoi punti deboli.   
«Eri davvero molto sovrappensiero. Ti avrei rincorso ma sei sparito in tempo zero e con il casino che c’era…»
«No ma figurati! Cioè è già incredibile che tu lo abbia conservato, quante probabilità c’erano che potessi restituirmelo?» lo rassicurò a parole, gli occhi incollati al kanzashi, che non gli sembrava quasi vero di nuovo nelle sue mani.    
«Ho immaginato fosse importante per te» Pen si strinse nelle spalle, riuscendo a riportare l’attenzione di Izou su di sé.
«Come?»
«Beh al Cahya Mera tanta gente si mette le cose più belle che ha e poi è tenuto molto bene. Si vede che ci fai manuntenzione. Ah scusa, è che studio restauro» spiegò con un gesto svolazzante della mano, per poi passarsela di nuovo tra i capelli. Izou si chiese come doveva essere, passare la mano tra quei capelli così vaporosi da essere quasi ingiusti ma si riscosse subito.
«Beh cavolo vi siete trovati allora! Izou studia design»
Izou si girò verso Ishley che, traditrice, li osservava insieme a Satch nella stessa posa in cui, poco prima, stava osservando Satch con lui.
«Che avete da fissare?­»
«Oh nulla, nulla»
«Vi prego, continuate!»
«Siete così carini»
«Devi perdonarli» Izou tornò a rivolgersi a Pen, con il suo cipiglio più malizioso «È che una coppia felice non sanno cosa sia, loro due»
«Izou sei un infame!»
«Senti chi parla! E poi… Aspetta» si accigliò improvvisamente, lasciando di nuovo perdere i propri amici. Per Pen, di nuovo. «Ma come fai a sapere il mio nome? Non ci siamo mai presentati»
«Me l’ha detto Nojiko» ribatté prontamente Pen.
«Nojiko? E chi è Nojiko?»
«La proprietaria del Bell-Mére» s’intromise Ishley, tornando ad affiancare Izou che non perse tempo a passarle un braccio sulle spalle nude. «Le ho parlato io di te, ma non sapevo che avessi perso il kanzashi»
«Sì quello gliel’ha detto un’altra tizia, poi lei ha collegato che forse l’Izou del kanzashi poteva essere il tuo Izou e…» indicò verso Ishley, mentre l’altra mano si bloccava nel gesticolare. «Sinceramente, mi è sembrata una spiegazione un po’ contorta, ma ti giuro che è tutto casuale, non sono uno stalker e volevo solo restituirtelo»
Izou prese un profondo respiro. «Grazie. Davvero» strinse il kanzashi nella mano, portandosela al petto. E poi sorrise come un gatto del Cheshire. «Comunque se mi avessi stalkerato non mi sarei lamentato»
«Oh Shandia. Scusa Pen, stamattina non ha preso le medicine» lo canzonò Ishley, strappando al rosso un sorriso accecante.
«Sarà stato troppo in lutto per il kanzashi e si è dimenticato»
«Ah! Visto?! Finalmente qualcuno che mi capisce!» Izou lo indicò a mano piena e braccio teso, parlando con gli amici prima di girarsi verso di lui e restare, per un lungo attimo, agganciato al suo sorriso con il proprio.
«Perché non vieni con noi, Pen? Ti presentiamo gli altri» fu Ishley, ancora una volta, a intervenire, con la consapevolezza di interrompere il momento ma tutte le intenzioni di fare un favore a… beh ai suoi amici, entrambi.
Pen allargò le braccia, gli occhi che brillavano. «Come potrei rifiutare?»
«Grande» rise Ishley, staccandosi da Izou per affiancare il rosso, facendo strada.
Izou rimase fermo dov’era per un attimo, l’espressione di nuovo seria e riflessiva, puntata sulle figure di Pen e Ishley. Soprattutto Ishley.
«Ehi amico» non si mosse neppure quando Satch si portò al suo fianco, puntando anche lui gli occhi davanti a sé. «Tu non pensi che Ish si sia dimenticata per davvero, no?!»
Satch era un buon amico. Bisognava conoscerlo, certo, ma se un metro di paragone si poteva prendere per capire quanto in effetti lo fosse, era la lealtà dei suoi amici.
Satch era un buon amico e anche se era un’analfabeta situazionale, definizione coniata da Kay e adottata da tutti loro, compensava con la comunicazione non verbale. Non c’era espressione di Izou, Ace e addirittura Marco che gli sfuggisse. Era il primo ad accorgersi quando Bonney, Ishley o Koala avevano qualcosa che non andava. Sabo e Law aveva deciso di lasciarli a macerare nella loro latente omosessualità e reciproca comprensione ma, in realtà, quando voleva e se si impegnava, capiva anche loro con un solo sguardo.
Per questo Izou non ebbe bisogno di dare una risposta verbale alla domanda di Satch. Sapeva, e ne era grato, che l’eloquente occhiata che gli aveva lanciato bastava e avanzava.
«Andiamo» sospirò. «Ho l’impressione che sarà una giornata impegnativa»  
 

 
§

 
Koala non era un’amica invadente. Era altruista e disponibile, a volte troppo le diceva Law, ma solo perché si preoccupava di quanto si facesse coinvolgere.
Il fatto che Kay fosse una persona altruista e disponibile, in fondo, era tra i motivi che lo avevano fatto innamorare. Così come il fatto che fosse un’amica non invadente.
Kay sapeva lasciargli i suoi spazi, aveva sempre saputo come farlo, senza per questo smettere di tendergli la mano, finché, senza neanche sapere come, era stato lui a inziare a desiderare sempre più ardentemente che quegli spazi fossero riempiti da lei. E in uno slancio di possessività e passionalità, Law mai avrebbe negato che gli avrebbe fatto piacere essere il pensiero che riempiva tutti i momenti vuoti di lei.
Ma Law sapeva che non era così e che, se lo fosse stato sarebbe stato patologico e malsano. In fondo lui per primo aveva pensato di non stare bene quando si era ritrovato a pensare solo a lei, in piena fase di innamoramento.
No, ovviamente e per fortuna, Kay non pensava solo ed esclusivamente a Law ogni istante della propria esistenza e la loro storia non aveva diminuito la disponibiltà di Koala, il suo altruismo, il suo interessarsi senza invadere la sfera personale dei propri amici. Era prodiga di consigli ma aspettava quasi sempre che le venissero richiesti e, se non lo faceva, se interveniva, era solo se qualcuno di loro stava per fare, o stava facendo, qualcosa di platealmente molto stupido.
In quel momento, però, Kay si stava pentendo di non essere intervenuta, o probabilmente non con abbastanza invadenza, in una questione che era platealmente molto stupida agli occhi di tutti ma che tutti si trovavano concordi a non poter forzare.
Law glielo leggeva in faccia. Sapeva di non poter essere che, al massimo, il terzo pensiero per Kay in quel momento, dopo Sabo e dopo Ishley. Lo sapeva perché, quando non era intenta a osservare il mare con cipiglio accigliato, non era a lui che aveva rivolto la propria attenzione neanche una volta mentre giocava a racchettoni con Sabo, che ne mancava dieci su dodici, e che quel paio che riusciva a prendere, per gentile concessione divina e del vento, le scaraventava via con una forza da far sorprendere non si fosse ancora rotto il racchettone.
Law guardò la pallina color amarena volare oltre la propria testa, decisamente fuori portata anche per la massima estensione del proprio braccio e, fluttuando su un refolo di aria salata, rimbalzare su tre ombrelloni prima di tuffarsi nella sabbia, ben più distante delle precedenti. L’espressione atona, Law riabbassò lo sguardo sul proprio migliore amico, ex compagno di banco, lo yin del suo yang, che si affrettò ad alzare la mano per prendersi la colpa e poi partire di corsa dietro la pallina.
«Vado io!» annunciò l’ovvio. Qualsiasi cosa per tenersi occupato.
Law sospirò, guardandolo sprintare via. Non era esattamente preoccupato per lui, era più un senso di responsabilità di non lasciarlo a macerare in una disperazione decisamente ingiustificata, visto che aveva fatto di tutto per finirci dentro fino al collo in quella disperazione. Law non avrebbe però mai voluto che si martoriasse più del necessario, che scegliesse l’apatia alla rabbia, a costo di non lasciarlo solo, perché poi non è che fosse un peso fargli compagnia anche se non era il solito, solare, scanzonato Sabo.
Okay, forse dopotutto Law era preoccupato per lui.
Ma era preoccupato anche per Kay.
Il racchettone abbandonato lungo la gamba, si avvicinò ai due ombrelloni che proiettavano più ombra di quanta ne servisse a Marco e Kay, che stavano facendo insieme le parole crociate, non senza insistenti e fugaci occhiate di Koala al mare e alla partita di racchettoni.
Si fermò un istante accanto a Marco, che guardo verso di lui in muta comunicazione, prima di acovacciarsi di fronte a lei.
«Ehi»
«Ehi!» si illuminò subito Koala, ma con meno luce del solito. «Scusa non ho fatto neanche un po’ di tifo, come va la partita?»
Law sorrise, un sorriso vero, un evento a cui probabilmente solo Koala poteva affermare di aver assistito e a cui, naturalmente, ora anche Marco aveva assistito ma Marco era discreto e probabilmente non lo avrebbe detto a nessuno. Non che in caso contrario a Law sarebbe importato qualcosa.
«Non farti di questi problemi» si sporse in avanti e prese il mento di Koala tra due dita per baciarla. «E comunque sto vincendo io» posò la mano a terra e sfilò le gambe da sotto il corpo per sedersi di fronte a lei. «Che succede?» allungò di nuovo il braccio, stavolta a sfiorare con due polpastrelli il naso di Koala, prima di posare la mano sul lato del suo collo.
Koala sospirò, la mano che quasi in autonomia si alzava ad accarezzare a sua volta il braccio di Law, ma gli occhi sfuggenti. Sentì il pollice di Law sfiorarle la mandibola, un calmo incitamento a parlare con lui ma Koala sospirò di nuovo e si morse il labbro.
«Kay pensa di aver detto qualcosa di sbagliato a Ishley ieri sera»
«Marco!­» protestò Kay sottovoce, fulminando il biondo che però si strinse nelle spalle.
«Glielo avresti comunque detto»
Kay si passò una mano sul viso, sfregando un occhio con la base del palmo, incastrando poi le dita nei capelli. Con immane sforzo si girò verso Law.
Law che le diceva sempre di farsi coinvolgere meno, di lasciar correre di più. Law che chissà cos’avrebbe pensato del suo intervento visto ciò che aveva causato. Law che la guardava in paziente attesa, con incrollabile fiducia negli occhi.
«Io…» il terzo sospiro, l’ultimo prima di abbassare finalmente la barriera che raramente alzava e che a niente serviva con Law, laddove già durava poco con chiunque. «Ieri sera per sdrammatizzare le ho detto che Izou e Bonney volevano metterle gli antidepressivi nel cappuccino, ma ho specificato che scherzavo! E le ho anche detto che la vedevamo arrabbiata e ci dispiaceva per lei ma non ho mai avuto l’intenzione io… E poi l’ho pure convinta a uscire e l’ho lasciata da sola» portò la mano a pugno alla fronte e chiuse gli occhi, i denti stretti. «Che stupida»
«Kay, non hai fatto niente di male» fu Marco a intervenire e gli occhi di Law a confermare le parole del biondo, quando Koala riaprì i propri, per niente convinta.
«Sta facendo finta e potrebbe essere per quello che le ho detto io. Era già preoccupata di suo e io per cercare di tranquillizzarla, gliel’ho confermato»
«Però poi è uscita, ha incontrato Perona e le sue amiche, ha passato la serata con loro» le ricordò Marco, ricevendo una grata occhiata da Law.
«Non tutta la serata» negò Kay, la voce bassa. Era evidente che ci aveva pensato molto bene, che ci continuava a pensare, che ci stava pensando dalla colazione. «Poi si è allontanata, lo ha detto Aisa, ed era da sola e non stava bene. Insomma dai, cioè…» Kay rise, una risata per niente divertita. «Come fa a stare bene?! Ish non è così, lei non finge, odia fingere. Starà facendo uno sforzo enorme per apparire così tranquilla e io la conosco, dovete credermi, lei sta male a nascondere cosa prova davvero e io ho paura che possa crollare»
«Ish è esasperata dalla situazione con Sabo, non è necessariamente colpa di qualcosa al di fuori del suo ostinarsi a trattarla con distacco. Kay…» Law aggiustò la presa sul collo della ragazza. «…non hai niente da rimproverarti. Sei un’amica fantastica e Ishley lo sa»
Kay sorrise debolmente e lasciò andare un ultimo sospiro, più tremulo degli altri, segno che si stava calmando dal suo incessante arrovellarsi il cervello. Law fece la più debole delle pressioni e fu abbastanza perché Koala si lasciasse andare in avanti, senza peso, contro di lui.
«Però Kay ha ragione» considerò Marco, ora accigliato mentre inseguiva un pensiero che si accingeva a condividere. «Ish odia fingere ma è anche incapace a recitare» si girò a guardarli, le gambe raccolte al petto. «Non può mica aver imparato dalla sera alla mattina»
Koala lo fissò corrucciata, con la testa incastrata sotto il mento di Law, che invece verbalizzò per entrambi. «Che vuoi dire?»
«Non so eh, ma voi ci credete al Cahya Mera?»
«Precisa» mormorò asciutto Law.
«I desideri alla Luna. Voi ci credete che vengono esauditi? Perché io sì, ci credo»
«Non…» Kay si sollevò da Lawma senza allontanarsi da lui. «Cosa stai suggerendo?»
«Ecco…»
«Se stai per insinuare che Ish avrebbe chiesto di dimenticare i suoi sentimenti per Sabo, fai meglio a cucirti la bocca Newgate­­­»
Tre paia di occhi si alzarono su una sibilante e determinata Bonney.
«Ish non lo farebbe mai» concluse definitiva e qualsiasi protesta, conferma o smentita venne inghiottita da una risata troppo vicina e troppo familiare per permettere di continuare la discussione. E, per lo meno, Ishley rideva e sembrava farlo di cuore.
Bonney si lasciò cadere nella sabbia, pizzicando la carta stagnola che la separava dalla sua agognata piadina, usando senza tante cerimonie Marco come schienale. Con la coda dell’occhio notò una faccia sconosciuta insieme ai suoi tre amici e decise di aprire bene le orecchie senza per questo rinunciare al suo momento di autoerotismo culinario.
Mica era maleducazione se non partecipava alla conversazione perché stava mangiando, in fondo. Semmai il contrario.
«Quello è il tuo kanzashi?» chiese Marco, mentre Kay sbirciava Ishley e Law teneva d’occhio entrambe.
«L’unico e solo!» annunciò Izou, prima di appoggiare la mano sul gomito dello sconosciuto e sospingerlo appena avanti. «Pen lo ha trovato e me lo ha riportato»
«Beh grazie, amico» Marco allungò un braccio, porgendo il pugno chiuso a Pen. «Non sai che servizio hai reso a tutti noi»           
«Non dargli retta, esagerano per abitudine ormai. Comunque! Loro sono Bonney, Marco, Law e Kay» li indicò uno ad uno Izou, orgoglioso di presentarli a Pen.
«Ehi che mi sono perso?» un sorriso smagliante fece capolino tra loro, proprio mentre Ishley finiva di sedersi di fianco a Koala, che la teneva d’occhio neanche troppo discretamente, ma niente, non la minima ombra passò sul viso di Ishley all’arrivo di Sabo, accolto anzi con un sorriso di fraterno affetto. Non certo il sorriso innamorato che ormai ognugno di loro avrebbe riconosciuto ovunque.
Se non fosse stata preoccupata, Koala sarebbe stata ammirata di tanta bravura.
«Izou ci presenta il suo futuro fidanzato» biascicò Bonney tra un boccone di piadina e l’altro, beccandosi un’occhiataccia da Izou e una spallata di ammonimento da Marco.
«Piacere sono Pen»
«Sabo, piacere mio» si allungò Sabo ad afferrare la mano tesa del nuovo arrivato e Law sentì Koala tendersi contro di lui.
D’altronde non era sfuggita neanche a lui l’occhiata di striscio che Pen aveva lanciato a Ishley al nome “Sabo”, se non che Ishley non sembrava neanche essersi accorta. Si girò verso Koala che si era girata verso di lui, comunicandole con gli occhi che sì aveva visto ma di stare tranquilla e, con suo sollievo, la sentì riappoggiarsi contro di sè.
Ora a preoccuparlo era più che altro Sabo, che ritratta la mano e si passava la pallina da un palmo all’altro in evidente disagio, non certo per Pen, a cui comunque in circostanze diverse avrebbe rivolto troppe domande in troppo poco tempo, fedele al suo sempiterno entusiasmo di conoscere gente nuova.
Ma al momento Sabo avrebbe voluto rivolgere una singola domanda a una sola persona, su cui girò lo sguardo più malinconico che mai gli si era dipinto in volto, in un momento in cui lei non lo stava guardando e la pallina gli sfuggì di mano, sparata in avanti insieme a lui dall’inattesa pacca sulla spalla.
«Fratello, stai bene?» si allarmò Ace, realizzando a scoppio ritardato l’ovvia poca prontezza di spirito che quel giorno affliggeva suo fratello.
«Tranquillo, sono di ferro» lo rassicurò Sabo, con falsa arroganza, affiancandolo. «Ace ti presento Pen!» indicò il rosso, con una mano, mentre con l’altra abbracciava il fratello per le spalle, un ghigno in faccia a cercare di imitare più che più poteva il suo vecchio sé.
«Benvenuto!» Ace picchiò il pugno contro il suo, poi distese il braccio, la mano aperta verso le ragazze che lo avevano appena raggiunto, armate ciascuna di una differente lattina. «Loro sono Aisa, Pudding, Reiju e Perona» terminò, posando il palmo sulla spalla della rosa.
«Fantastico, s’è fatto l’harem» sbuffò Bonney.
«Che?!» Pur lanciò un’occhiata verso di lei, che però stava addettando la piadina.
«Ma senti amico» si fece avanti Ace, sorriso storto e smagliante. «Non è che per caso hai un ombrellone che vuoi portare qui da noi?»
«Oh santo cielo Portuguese!»
«Ace ora basta!»
«Neanche ci sta un altro ombrellone»
«Ma sei diventato un accumulatore seriale d’ombra?!»
  
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