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Autore: Johnee    30/08/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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15 - Una Linea Molto Sottile

 

Era appena calata la sera, in quell'area remota a nord delle Tombe di Smeraldo.
Il fruscio dell'erba era solo uno dei tanti suoni delicati che accompagnavano una piccola scorta attraverso un sentiero ondulato e irregolare, il cui tragitto era impastato da enormi radici. I versi degli animali notturni echeggiavano tra le cortecce di un querceto imponente, risuonando come conversazioni provenienti da finestre irraggiungibili.
Non appena ebbe messo piede in quel posto, Cullen pensò immediatamente di trovarsi a varcare le porte di una grande cattedrale, immersa nella verde penombra e impregnata di un asfissiante senso di raccoglimento. C'era un'atmosfera sacra e regale, infatti, tanto da provocare in lui e in chi lo accompagnava un sentimento di prostrazione.
Lasciarono i cavalli in un piccolo bivacco circondato da piante di embrium e alloro del profeta, il cui profumo balsamico viaggiava nell'aria come le note di una melodia flautata per poi congiungersi all'odore acre della resina, che gocciolava dalle cortecce degli alberi creando sontuose collane di perle d'ambra. Una volta lì, Cullen congedò la sua scorta e si diresse a nord a piedi, in solitaria, verso l'accampamento di Pietraferoce.
Le impronte del passaggio dell'Inquisitrice lo guidarono attraverso tendaggi d'edera e corridoi irregolari coperti da tetti di radici esposte e brillanti d'umidità. Cullen percepì diverse volte il profumo di magia attraverso delle flebili cuciture nell'atmosfera, laddove Lavellan aveva usato l'Ancora. Si trattava di ferite nel Velo in via di guarigione che producevano una vibrazione musicale se sfiorate dal vento.
Dopo una camminata davvero breve, notò con un certo sollievo il profilo dell'accampamento, ben illuminato da una fila di torce e guardato da sentinelle che si disperdevano nell'area circostante per vigilare sull'incolumità di chi riposava.
-Comandante!- lo accolse Cassandra, andandogli incontro. Era in maniche di camicia, arrotolate sui bicipiti tesi e teneva l'avambraccio rilassato sull'impugnatura della spada. Dalla sua espressione, si poteva notare che fosse realmente felice di vederlo, anzi pareva particolarmente sollevata. Entrambi gli aggettivi però non riuscivano a celare l’accenno di preoccupazione che le velava lo sguardo stanco.
Cullen la salutò con un breve cenno del capo, per poi stringerle la mano con decisione. -Ho sentito che avete aiutato i profughi a stabilirsi nel Rifugio di Argon, ora che non ci sono più gli Uomini Liberi a occuparlo.- disse, inerpicandosi assieme a lei in direzione dell'accampamento.
-Ce l'avrebbero fatta anche da soli, ma io e Lavellan abbiamo insistito per scortarli. Questa zona è piena di pericoli.- spiegò Cassandra.
-Avete trovato i miei ex-colleghi, a quanto ho sentito.-
-Sì, ma qui loro sono la minaccia meno pericolosa.- gli rivelò Cassandra, scavalcando una radice. -Fortunatamente, i giganti sono tutti concentrati a nord di Pietraferoce, quindi abbiamo dovuto affrontare solo qualche lupo nero e qualche orso grande. Però, devo ammettere che i ragni e i demoni della Paura sono stati molto più problematici del previsto.-
-Il Toro si sarà dato alla pazza gioia.-
Cassandra rise piano, appoggiandogli una mano sulla schiena. -Avrai modo di ascoltare i resoconti da lui direttamente.- disse. -Lav sarà contenta di vederti.- aggiunse, a mezza voce.
Cullen si fermò, per guardarla in faccia. -Sei nervosa.- constatò.
Cassandra si umettò le labbra, prendendo a guardare in direzione dell'accampamento, ormai a pochi metri da loro. -Lo siamo un po' tutti, a dire il vero. Venire in questo posto per lei è stato uno shock. Le Valli sono state uno shock. Hai provato anche tu questa sensazione di quiete profonda, vero?-
Cullen studiò i suoi lineamenti con attenzione, poi diede un rapido cenno d’assenso. -Come se fossi in una chiesa, meno l'incenso e i cori.-
-Non è una chiesa. È un sepolcreto.- precisò Cassandra, sommessamente. -Non respiravo un'atmosfera simile da che ho messo piede per la prima volta nella Grande Necropoli.- fece una pausa, per prendere un respiro profondo. -Lei non lo da a vedere, di stare male, ma io noto tutto. Dorme poco, all'aperto, mangia quanto basta per stare in piedi e tende a stare per conto suo sempre più frequentemente.-
-Gliene hai parlato?-
-Sì, ma ha detto di non prestarci troppa attenzione. Sai com'è fatta, deflette.- rispose Cassandra, sistemandosi le maniche della camicia per allentare la tensione. -E poi, ultimamente parliamo poco. Cerca solo la compagnia di Solas.-
Cullen fece per approfondire, ma si dovette interrompere. Infatti, entrambi voltarono lo sguardo verso nord, riconoscendo la sagoma di Sera, che si stava muovendo nella loro direzione. -Lo protegge mentre fa il pisolino, perché quell'idiota si addormenta sempre nei posti più pericolosi.- spiegò la nuova arrivata, che aveva evidentemente ascoltato la conversazione. -Ogni tanto l'aiuto anch'io, finché non si mettono a parlare strano. Letallì, letallà, va' a cagà.- agitò una mano in aria, sommariamente. -Sei qui per consolarla, no?-
Cullen appoggiò le mani sull'impugnatura della spada. -Tecnicamente, sono solo di passaggio.- rispose.
Le ragazze si scambiarono un'occhiata d'intesa. -Sai camminare senza fare rumore, almeno?- gli domandò Sera, squadrandolo da capo a piedi.
-Davo la caccia agli eretici con un'armatura pesante in boschi molto più rumorosi di questo.- disse Cullen, guardandosi attorno con aria accigliata.
Sera fece altrettanto. -Non penso esistano boschi più rumorosi di questo.- borbottò, grattandosi nervosamente un braccio. -Seguimi, ti porto da lei.-
Cassandra diede a Cullen una pacca amichevole sulla spalla. -Dico agli altri che sei nei paraggi.- fece, separandosi dal gruppo. -Tu fa' con calma.-

Cullen seguì Sera lungo un sentiero battuto che fiancheggiava l'accampamento, facendosi guidare da statue di gufi corrose dal tempo e mangiate dalla radice elfica. Guadarono un ruscello con agilità, poi Sera gli fece cenno di fermarsi e incoccò una freccia all'arco, con aria guardinga. -Li senti?- gli domandò.
Cullen si soffermò ad ascoltare. Nonostante fossero rumori affievoliti dal brontolare dell'acqua, si potevano udire chiaramente dei passi pesanti in lontananza, come l'incedere di un grosso animale su una lastra di alluminio. -Giganti?- chiese, in un sussurro.
Sera annuì. -Fanno un sacco di casino, no? Anche Miss fa casino, ma è molto più aggraziata. Domani mattina sul presto andremo a trovarla.-
Cullen, che non aveva idea di cosa stesse parlando, si limitò ad annuire, tenendo pronta la mano sull'impugnatura della spada mentre riprendevano la marcia.
-Non mi piace questo posto. Le ombre che proiettano questi alberi giganti sembrano le manine rachitiche di un non morto.- commentò Sera, risalendo un sentiero coronato da due guardiani elfici in pietra. -Tu che dici, non ti da i brividi?-
Cullen fece un giro su se stesso. -Ho visto di peggio.- ammise. Sera gli lanciò un'occhiata veloce, chiaramente poco convinta, poi proseguì il cammino.
I pantagruelici corpi scuri dei giganti si muovevano tra gli alberi e le rovine, vagando senza una meta apparente. Cullen si ritrovò a deglutire, restando nella più totale immobilità mentre uno di essi tagliava loro la strada, provocando turbini di foglie secche al suo passaggio.
-Quello è Ser Brutto.- mormorò Sera, una volta che la minaccia fu abbastanza distante. -Fa la posta a Ser Scemo.- aggiunse, indicando al suo interlocutore la sagoma di un altro gigante, che giocava a inseguire un Bronto.
-Come fai a riconoscerli con questo buio?- disse Cullen, con un filo di voce.
-Uno è brutto e l'altro è scemo, non ci vuole la scienza a capire chi è chi.- rispose semplicemente Sera. -Ci siamo quasi, comunque. Ecco i Valliacapì.- aggiunse, indicando una struttura monolitica addossata al tronco di una gigantesca quercia.
Cullen strinse lo sguardo, ma poté solo intuire i contorni della scultura. Si spinse a seguire Sera attraverso gli alberi, trattenendo il fiato ogni qual volta notava un gigante fattosi troppo vicino, o la sagoma possente di un Bronto selvaggio. Il profumo dell'embrium e dell'erba umida gli faceva pizzicare le narici, mentre l'aria fredda della notte gli stringeva il collo in una morsa delicata.
-Oh, no, ha fatto fuori Ser Peloso!- si lamentò Sera, indicandogli la sagoma massiccia di un gigante riversa a terra. Cullen sollevò le sopracciglia, notando un paio di occhi luminosi fissi nella loro direzione. -Lav?- la chiamò a mezza voce.
Lavellan, che era seduta sulla carcassa, si alzò lentamente in piedi, recuperando l'arco per rimetterselo in spalla. Balzò tranquillamente a terra, poi si mosse per raggiungerli.
-Ci avete messo un po'.- disse, con voce stanca, fermandosi a un metro dai due.
-Ser Brutto era di vedetta.- si giustificò Sera.
Cullen, le cui mani prudevano per avere anche solo un minimo contatto con Lavellan, esalò un respiro nervoso. -L'hai ucciso tu? Da sola?- le chiese, alludendo alla carcassa.
Lei si voltò appena, poi tornò a posare lo sguardo luminoso sul suo. -Ne ho buttati giù due, a dire il vero.- ammise. -Penso che l'altro fosse Ser Piedone, ma potrei confondermi.-
Sera scrollò le spalle, delusa. -Oh, no! Aspetta che lo venga a sapere Varric! Aveva scommesso che sarebbe sopravvissuto almeno fino alla nostra partenza.-
-Come accidenti hai fatto?- domandò Cullen, passando uno sguardo carico di ammirazione su di lei.
-Come faresti benissimo anche tu con la luce del giorno.- minimizzò Lavellan, avvicinandosi di un passo. Sera scorse uno sguardo schifato su entrambi, poi indietreggiò. -Continuate pure.- bofonchiò. -Io andrò dietro a un albero a vomitare.- aggiunse, allontanandosi.
Cullen provò a seguirla con lo sguardo, ma il buio glielo impedì, quindi si voltò nuovamente verso Lavellan e venne accolto da un bacio che non si aspettava. Ricambiò con trasporto, circondandole i fianchi con un braccio per trarla a sé.
Era un bacio delicato, gentile, quasi di circostanza, che gli confermò in maniera definitiva che c'era qualcosa che non andava.
-Quando ho sentito il tuo passo, ho dubitato del mio udito.- mormorò Lavellan, distanziandosi lievemente.
-Sai riconoscere il mio passo?- domandò lui, senza mollare la presa. Sentire di nuovo sulle labbra, dopo settimane eterne, il sapore acidulo dei mirtilli misto a quello mentolato della radice elfica lo distrasse momentaneamente dal contesto, costringendolo a sfiorare la bocca di Lavellan con un bacio leggero.
-Metti sempre il peso in avanti, sulle punte, come se stessi per avventarti su qualcosa.- spiegò lei, appoggiando una mano sul suo braccio per invitarlo a darle spazio. Cullen le permise tranquillamente di divincolarsi, pur mantenendo il contatto, dato che il buio gli impediva di vederci bene, causandogli una certa insicurezza.
Lavellan allora recuperò la sua mano per guidarlo attraverso gli ostacoli del bosco. -Andiamo a sederci.- suggerì, muovendosi con cautela per evitargli di inciampare. -Ho un compito, stanotte e non posso abbassare la guardia, ma vorrei comunque sapere cosa ti porta qui.-
-Non lo immagini?- domandò lui, sorridendo appena nel sentire le sue dita allacciarsi alle proprie.
-Eri preoccupato per me?-
-Volevo esserci.- rispose Cullen, mentre prendevano posto ai piedi di una quercia, giusto di fronte a una delle strutture monolitiche che Sera gli aveva indicato in precedenza. -Scusa se ci ho messo così tanto, ma non trovavo il modo.-
Lavellan, che era seduta alla sua sinistra, appoggiò la testa sulla sua spalla. -Grazie.- mormorò, mentre lui le circondava le spalle con un braccio. Rimasero in silenzio per minuti interi, cullati dalla loro reciproca presenza, poi Lavellan gli indicò con un cenno la struttura, sfiorata a malapena dalla luce lunare che faceva capolino dalle fitte fronde delle querce. -Vallasdahlen.- disse.
-Valla... uh?-
-Vallasdahlen.-
-Vallasdahlen.-
Lavellan gli rivolse un sorriso gentile, macchiato di tristezza. -Significa "albero della vita", è quello che voi chiamereste epitaffio, anche se il vero epitaffio sarebbe questa bellissima quercia.-
-Siamo seduti sopra una tomba?- domandò Cullen, voltandosi nella sua direzione.
-La tomba di Briathos. Un Cavaliere di Smeraldo.- precisò lei. -Si contrappose ai missionari e ai Templari che minacciavano i confini delle Valli, respingendoli.-
-Un difensore della tua gente.-
-Non penso fosse solo questo.-
-Nessuno è solo il ruolo che ha avuto nella storia.-
Lavellan annuì. -Ed è un gran peccato.- ammise, rintanandosi nuovamente nel silenzio.
Cullen l'assecondò, lasciando che fosse lei a dettare le regole di quell'incontro.
-Non so da dove iniziare a spiegarti cosa provo a essere qui e adesso.- disse lei, dopo un po', appoggiando una mano sulla sua gamba.
Cullen strinse appena le palpebre, concentrando lo sguardo sulla luminosità dei suoi occhi, tesi verso il Vallasdahlen. -Hai paura che non lo capirei?-
-No, ho paura del contrario.- ammise lei, a mezza voce. -Mi aiuteresti a razionalizzare quello che provo, forzandomi ad affrontarlo. Non so perché, ma questa cosa mi spaventa.-
-È per questo che ti stai isolando?-
-Mi sto isolando perché non ho mai provato sensazioni così vivide, vhenas. Sento un gran senso di appartenenza, ma allo stesso tempo di estraneità. Provo dolore, frustrazione e nostalgia per esperienze che non sono mie, ma allo stesso tempo lo sono. Il denominatore comune purtroppo è la rabbia. Una rabbia che sono costretta ad annegare, strozzandola con entrambe le mani per spingerla sul fondo. Il mio sangue ribolle ogni volta che muovo un passo e corrode la carne tutt’attorno.- fece una pausa, per riprendere fiato. -Mi ritrovo a pensare: "che muoia la fottuta imperatrice, figlia del sangue e dell'abuso, che muoiano tutti, dal primo all'ultimo, che provino cosa vuol dire vedersi estirpare ogni cosa che li definisce umani".-
Cullen aggrottò la fronte. -Avevi ragione.- sussurrò, sommessamente.
Lavellan strinse la presa sulla stoffa dei suoi pantaloni, mentre cercava di regolarizzare il respiro. -Quando sento di essere arrivata al limite, però, mi sovviene il ricordo di ciò che ho visto nel futuro e tutta la rabbia che provo...- si dovette fermare un istante, per rilassare i muscoli. -Quella rabbia si trasforma in urgenza.- chinò lo sguardo. -E mi dico che se fossi quella persona, divorata dalla disperazione, guiderei l'Inquisizione, la mia gente, attraverso un percorso di odio e sangue, lo stesso che ha spinto quello che restava del mio popolo a lasciare queste valli. Devo impormi di essere una persona migliore, una persona che so che vuole che entrambe le parti guariscano insieme. Perché l'unico modo che abbiamo per salvarci veramente è la convivenza generata dall'accettazione e devo essere io per prima a crederci. Devo usare la rabbia che provo e concentrarla sulla speranza, perché io lo so che un giorno esisteremo in un mondo in cui possiamo contare gli uni sugli altri per dividerci quel poco che c'è.- tirò su con il naso. -Ha senso?-
-Fin troppo.-
-Pensi che sia un'ambizione irraggiungibile?-
Cullen appoggiò una tempia sul suo capo, osservando il profilo del Vallasdahlen con un'espressione assorta. -Che cosa penso?- sussurrò, sfiorando l'impugnatura della spada. -In veste di tuo consigliere, vorrei ricordarti che l'Inquisizione è nata dalla Chiesa per riportare l'ordine e garantire protezione a chi ne ha più necessità. Nonostante la Chiesa non l'approvi, segue comunque i valori fondamentali che definiscono la sorgente della sua esistenza: carità, devozione e dedizione. Se venissimo meno a questi tre sentimenti, l'Inquisizione non avrebbe senso di esistere. Che ti piaccia o meno, siamo nati per servire la Chiesa e arriverà il giorno in cui la nostra neutralità attuale verrà meno e dovremo mettere i nostri mezzi al suo servizio.- fece una pausa, sentendo il corpo di Lavellan irrigidirsi. -Lasciami finire, cuore mio, d'accordo?- le chiese.
Lei, che lo fissava con lo sguardo stretto a fessura, lasciò passare qualche secondo prima di annuire.
-Razionalmente, quello che tu vuoi ottenere è un'utopia.- proseguì Cullen -E gran parte della Chiesa adesso non riesce a concepirlo, perché nonostante predichi quei valori, è incapace di metterli in pratica. Se lo facesse veramente, non vedrebbe i tuoi obiettivi come una minaccia, piuttosto, li accoglierebbe con convinzione, perché la verità è che vogliamo tutti la stessa cosa.-
-La pace.-
-Esattamente.- affermò lui, con decisione. -L'Inquisizione si sta già muovendo in quella direzione, grazie a te. Accogliendo nelle nostre fila ciò che la Chiesa ritiene essere una deviazione, stiamo sfatando sistematicamente ogni bugia che ci incatenava a essa, permettendole di violarci. In veste di semplice uomo devoto, deluso dall'istituzione che ha giurato di proteggere, ti dirò che...- sbuffò una risata lieve. -Non odiarmi per questo, amore mio, ma penso davvero che tu ci sia stata mandata da Andraste. Sei tutto ciò che dovrebbe essere la Chiesa in cui voglio credere e sei tutto ciò che serve per costringerla a cambiare.- la guardò con intensità, cercando di intravedere i suoi lineamenti al buio. -Anche adesso, nel dolore, ti rifiuti di prendere in considerazione la vendetta, preferendo agire in prima persona per dare a tutti, indiscriminatamente, un mondo migliore in cui vivere. Tu sei la provvidenza per tantissime persone, me compreso.- fece una pausa. -Lo so che non credi a queste cose, così come tu sai benissimo che io non credo nei tuoi Numi. Eppure, questo non ci impedisce di lavorare insieme per arrivare a un punto in cui entrambe le nostre visioni del mondo avranno una validità, senza che una desideri schiacciare l'altra.- raccolse le sue mani per portarle ad avvolgere l'impugnatura della sua spada, poi le circondò tra le proprie. -Finché combatterai per la tua ambizione irraggiungibile, ti prometto che sarò al tuo fianco. Il mio braccio sarà saldo come la mia devozione per te e il mio cuore batterà a ridosso del tuo, facendogli da scudo.-
Lavellan strinse la presa. -Ma nuvenin, ma vhenas. Vir enasalin*.- mormorò, chinandosi per appoggiare la fronte sulle loro mani intrecciate, in segno di rispetto per quel giuramento.
-Questo, temo di non riuscire a ripeterlo.- scherzò lui, una volta che i loro sguardi tornarono a toccarsi.
Lavellan sbuffò un sorriso. -Meglio.- ammise, appoggiando un bacio sulla sua guancia. -E in veste di mio compagno, cosa vorresti dirmi?- gli domandò, mentre i loro nasi si sfioravano.
-Che mi sento l'uomo più fortunato del Thedas per avere te al mio fianco.- rispose lui, sorridendo a sua volta. -E che mi dispiace essere una persona così prolissa.-
Lavellan esalò una risata stanca, appoggiando la fronte sulla sua. -Sono contenta che tu sia qui.- mormorò, con una distinta nota di sollievo nella voce.
-Dovevo esserci.- rispose lui, sfiorandole i capelli con la punta delle dita.
Si scambiarono un lieve bacio, poi lei si distanziò per passare lo sguardo sul suo viso. -Immagino che non ti tratterrai a lungo.- disse.
Cullen scosse la testa, tornando quindi a posare gli occhi sul Vallasdahlen. -Vorrei restare al tuo fianco più di ogni altra cosa, ma devo ottimizzare i tempi. Domani partirò per valutare la situazione ai confini di Emprise, poi sarà il caso che ritorni il più velocemente possibile a Skyhold, prima che mi sostituiscano con qualche fantoccio orlesiano che non sa distinguere una lancia da una picca.-
-Quando me la liberate, a proposito?-
-Emprise? Ci sto lavorando. Neanche un mago elementale potente come Hawke riuscirebbe a creare un sentiero nel ghiaccio in così poco tempo mentre è bersagliato da una parte dai demoni e dall'altra da ciò che rimane degli Uomini Liberi.- le riferì. -Ti farò avere un rapporto dettagliato sulla situazione al tuo ritorno.-
-Non la smettete proprio mai di parlare di lavoro?-
I due si voltarono verso l'alto, Lavellan con un sorriso, Cullen con un paio di occhi sgranati. -Ben svegliato, lethallan.- disse lei, rialzandosi mentre Solas discendeva dal ramo di una quercia. -Hai trovato qualcosa di interessante?-
-Qualcosina.- rispose lui.
Cullen si alzò a sua volta, con calma, aspettando che Solas fosse vicino per tendere una mano nella sua direzione. Quello la inseguì con lo sguardo luminoso e la acchiappò nel buio, stringendola saldamente, poi si guardò intorno. -Hai ucciso Ser Peloso.- constatò, senza metterci troppo entusiasmo. -Ha tentato di nuovo di prendermi?-
-Come una mela matura.- replicò Lavellan. -Dopo la quarta volta che tentavo di dissuaderlo, si è innervosito e ha tentato di pestarmi. Un po' mi dispiace, era il più tranquillo della cricca.-
Cullen guardò la sagoma del gigante, poi quella di Lavellan. -Se lui era il più tranquillo, gli altri come sono?-
Solas rise. -Mi auguro che non lo scopra mai.- dichiarò. -È qui per assistere allo scontro, Comandante?-
Il suo interlocutore assunse un'aria perplessa. -Pensavo che aveste finito, qui.-
Solas e Lavellan si scambiarono un'occhiata d'intesa. -Non gli hai detto di Miss?- domandò il primo, con un accenno di divertimento nel tono di voce.
-Pensavo che non ce ne fosse bisogno, dato che stanotte si è messa a russare grandine.- si giustificò Lavellan, voltandosi per posare lo sguardo verso nord.
-Eppure dovresti saperlo che gli Umani non hanno l'udito sviluppato come il nostro.- la rimproverò Solas, per poi affiancarsi a Cullen e appoggiargli una mano sul braccio. -Le suggerisco di non trattenersi troppo in questo giardino di pastori. Anche se la sua guida è eccezionale, non può sostituire i suoi occhi.- fece, muovendosi in direzione dell'accampamento.
-Fa' attenzione! Ser Brutto sta cincischiando presso il sentiero.- lo avvisò Lavellan, raggiungendo le dita di Cullen per allacciarle alle proprie. Strinse appena la presa, poi lo attirò a sé, guidandolo attraverso il bosco.
-Cos'avrei dovuto sentire?- domandò lui, appoggiandosi a lei.
-Lo senti il rumore del vento?-
Cullen inarcò un sopracciglio. -Sì, distintamente.-
Lavellan si morse un labbro, passando uno sguardo divertito su di lui. -E se ti dicessi che questa notte non c'è vento?- suggerì, conducendolo attraverso un corridoio di cespugli di rovi. Cullen spalancò lo sguardo, nel notare che aveva ragione. Solo le chiome più alte si muovevano, placidamente, ma il bosco era immerso nel silenzio. Un silenzio che cresceva mano a mano che raggiungevano l'obiettivo della loro marcia, imposto da un intenso gorgogliare, intervallato dallo stridio tipico del ghiaccio che si separa quando colpisce un corpo più grande.
-Forse ho capito cos'è Miss.- sussurrò Cullen, con il viso accarezzato da un istintivo senso di eccitazione. Lavellan si voltò per sorridergli.
La foresta lasciò il passo a una depressione rocciosa delimitante un burrone che cadeva a strapiombo su una macchia di sempreverde acuminati come punte di lancia. La luce lunare illuminava il profilo di uno spiazzo costellato di agglomerati ghiacciati che rilucevano nella penombra come vene fumanti di lyrium. Finalmente, Cullen riuscì a vedere con chiarezza il paesaggio che lo circondava e la prima cosa sulla quale decise di concentrarsi ovviamente fu il viso della sua compagna, perché gli mancava oscenamente.
Purtroppo, era un viso molto diverso da quello che aveva sognato ogni singola notte da che era partita.
Il suo collo era coperto, ma si poteva intravedere quanto sottile si fosse fatto, per via della presenza preponderante dei muscoli sternocleidomastoidei, che ne evidenziavano lo stato di tensione. Gli occhi invece erano vacui e opachi, circondati da occhiaie scure e coronati dalle sopracciglia aggrottate; inoltre, la loro tipica curiosità si era mutata in qualcosa non dissimile al fastidio. Spalle dritte, mascella serrata, orecchie basse, la mano libera ancorata al coltello da caccia… ogni dettaglio esposto del suo fisico era teso, così come lo era la sua anima.
Vedere ciò che lui identificava come la rappresentazione fisica della speranza straziato dalla rabbia e dal dolore, gli mandò il cuore in gola.
-Lo so, non è un bello spettacolo.- ammise lei, con una nota di disagio. -Ce l'ho messa tutta, te lo giuro.-
Cullen strinse forte la presa sulla sua mano. -Avrei dovuto partire molto prima.-
-Non sarebbe cambiato niente, temo.-
-Posso capire, ma...-
Lavellan sollevò una mano, impedendogli di andare oltre. -Non oggi, per favore.- lo pregò. -Lascia che sia io a gestirlo, per adesso. A Skyhold potrai tornare a farmi la predica.-
Cullen la guardò con intensità, stringendo le labbra per impedire alle parole di uscirgli di bocca. Era una richiesta crudele, per lui che si preoccupava, ma era altrettanto ovvio che Lavellan fosse tanto costernata quanto lo era lui. Non decise quindi di lasciar perdere, ma di darle momentaneamente la tregua che gli aveva chiesto. -Mi presenti Miss?- le domandò, dopo aver rilasciato un sospiro stanco.
Lavellan si sforzò di sorridergli. -Siamo qui apposta!-
Camminarono per un breve tratto di strada, costeggiando il piazzale e continuando a tenersi per mano, nonostante non ce ne fosse più bisogno. Passeggiare al chiaro di luna, mano nella mano, con un drago a sinistra e un branco di giganti a destra, senza contare i mille pericoli di cui aveva parlato Cassandra, pareva a entrambi l'apoteosi del romanticismo. Fondamentalmente, a nessuno dei due importava, perché resi sicuri dalla presenza dell'altro.
-Ci siamo quasi.- annunciò Lavellan, aumentando di poco l'andatura. Difatti, la temperatura si era abbassata drasticamente e le formazioni di ghiaccio si facevano man mano più frequenti sul loro cammino.
Il drago era acciambellato in cima ai resti di una torre di vedetta elfica, circondato da pilastri intrappolati nel ghiaccio. Una delle lune brillava alle sue spalle, segnando il profilo aguzzo del suo corpo con precisione e accarezzando il suo dorso con un tappeto di luce argentata. Il viso triangolare della bestia, appoggiato sulle sue mastodontiche zampe anteriori, era la rappresentazione fisica della rilassatezza.
Cullen non riuscì a trattenere un'imprecazione, mentre la coda del drago, dapprima immobile, prendeva a sferzare l'aria come un gigantesco pendolo; atteggiamento pericolosamente vicino a quello di un felino infastidito.
-Ehi, Miss!- la salutò Lavellan, tranquillamente.
Il drago aprì appena gli occhi, sbuffò sonoramente, poi sollevò appena la testa per controllare di chi si trattasse. Una volta individuata la fonte di disturbo, gorgogliò un ruggito di protesta, poi sputò una lancia di ghiaccio che andò a conficcarsi a pochi metri dai due.
Cullen sciolse Lavellan dalla presa, facendo per sguainare la spada, ma lei glielo impedì. -Non ha nessuna intenzione di attaccarci, adesso.- disse, rivolgendo un sorrisetto al drago. -Sennò l'avrebbe già fatto, vero stronza?-
Il drago sbuffò di nuovo, poi tornò ad appoggiare la testa tra le zampe, per niente intimidito.
Cullen, al contrario, lo era parecchio.
-Abbiamo concordato con Cassandra che si tratta di un Maestrale Maggiore.- spiegò Lavellan, per distrarre il suo compagno. -Sai, la lascerei anche in pace.- ammise, stringendosi nelle spalle. -Ma la stronza ha deciso di sorvolare i nostri accampamenti e di prendere di mira me e Cassandra fin da quando abbiamo messo piede nella regione.-
Cullen guardò lei, poi il drago, allibito. -Cos'ha fatto, scusa?- balbettò. -E cosa vuoi dire con "prese di mira"?-
-Dopo il nostro primo incontro si è messa a cercarci attivamente.- rispose Lavellan, divertita da quella reazione. -Ci ha osservate bene, poi ha iniziato a farsi più aggressiva e ha sferrato diversi attacchi sul nostro cammino, rischiando di ferire i profughi che stavamo scortando. Il Toro dice che è probabile che stia cercando uno sfidante degno, dopo che mezzo Orlais si è dimostrato inefficace nel combatterla.- indicò una serie di stalagmiti contenenti i resti ghiacciati di numerosi guerrieri. -Mi sarebbe piaciuto credergli, sai? Per vanità.-
Cullen aggrottò la fronte. -Ti credo! Non è roba da tutti i giorni, essere sfidati a duello da un drago.- disse, colpito. -Ha persino scelto il luogo e l'ora dell'appuntamento.-
-Perché è una sbruffona.-
-Lo sarei anch'io se pesassi trenta tonnellate e potessi sputare fuoco.- disse lui, sprezzante. -Ghiaccio?- si corresse, assumendo un'espressione stranita.
Lavellan annuì. -Le sue uova si schiudono nei ghiacciai. Pensiamo che sia venuta fin qui per cercare un compagno, ma nessuno ha visto esemplari maschi nei paraggi.-
-Quindi è aggressiva con voi perché non può...- si fermò, per esalare un risolino, poi diede un colpo di tosse, per ricomporsi. -Triste. È molto triste.- si affrettò a dire, rivolgendosi al drago.
Lavellan gli rivolse un sorrisetto. -Un po' la capisco.-
-Già.- rispose lui, per poi rendersi conto del significato di quell'affermazione e rivolgere a Lavellan un'occhiata sorpresa.
Lei batté le palpebre eloquentemente un paio di volte, poi scoppiò a ridere di fronte all'espressione sbigottita di Cullen, aggrappandosi brevemente al suo braccio. -Sono supposizioni.- disse, una volta calmatasi. Spostò lo sguardo sul drago, che osservava i due con le palpebre strette a fessura. -L'unica cosa di cui siamo certi è che se la lasciassimo stare, sarebbe capace di attaccare il Rifugio, facendo strage di innocenti.- nel parlare, il suo sorriso scemava gradualmente. -E io preferisco che ci sia un drago in meno al mondo, piuttosto che veder morire delle persone che hanno già sofferto abbastanza a causa del Gioco.-
Cullen le appoggiò una mano sulla schiena. -La scelta logica.- affermò.
Lei gli rivolse un'occhiata eloquente. -Perdona l’orlesiano, ma fanculo l'Orlais. Di cuore.-
-Difficile non condividere questo sentimento.- ammise lui, rivolgendole un mezzo sorriso. -Torniamo al campo?-
Lavellan si voltò verso il drago, esalando un lungo sospiro. -Tra un attimo.- disse, recuperando l'arco dalla schiena. Incoccò una freccia, tese la corda ed emise un fischio acuto tra i denti. -Ehi, Miss!- gridò, per poi scoccare.
La freccia penetrò nel terreno giusto a metà strada tra lei e il drago, esplodendo all'impatto sotto lo sguardo incredulo di Cullen.
Il drago sbuffò sonoramente dalle narici, si rialzò con una calma solenne, che sapeva di seccatura, quindi piantò le zampe anteriori, ritraendo il collo abbastanza per rispondere alla provocazione rilasciando un potente ruggito intriso di brina.
Lavellan rimase immobile a fissare la bestia, con occhi carichi di rabbia. Fu una gara di sguardi che durò minuti e nessuna delle due osò fare un passo in direzione dell'altra.
-Na abelas.**- sibilò Lavellan, con un'espressione in viso che avrebbe fatto impallidire il più temibile tra gli Sten. Il drago sbuffò di nuovo, stavolta nervosamente, ma non si mosse di un millimetro, in attesa di un'altra provocazione.
-Ankh?- mormorò Cullen, incerto, indietreggiando di un passo nell'afferrare l'impugnatura della spada.
Lei attese qualche istante, poi rinfoderò l'arma, senza perdere di vista il drago. -Volevo che lo vedessi.- disse, indietreggiando a sua volta. -Che sentissi il suono di quello che sto cercando di trattenere dentro di me con le unghie e con i denti.-
Cullen deglutì, mantenendo lo sguardo fisso sulla creatura, che non smetteva di fissarli, a fauci spalancate.
-E vorrei che domani fossi qui, ad assistere mentre l'ammazzo.- aggiunse Lavellan, mentre una lacrima di frustrazione scivolava lungo le sue guance.

Quell'urlo straziante, che trasportava con sé una rabbia cruda e primordiale, risuonò nelle orecchie di Cullen per tutta la notte, forzandolo alla riflessione.
Restava sdraiato a pancia insù, a osservare il tessuto logoro della tenda che divideva con gli ufficiali dell'accampamento, cercando di trovare un senso a ciò che era successo poche ore prima. In realtà era chiaro cosa Lavellan volesse mostrargli, per rinforzare ciò che avevano chiarito a voce. Ciò che non gli stava bene era la rapidità con cui lei era passata dall'essere la persona che più gli infondeva sicurezza nel suo piccolo universo a un essere capace di mettere lui e se stessa in pericolo pur di ribadire un concetto.
Si passò una mano sulla fronte, accigliato, ripetendosi che lei non l'avrebbe mai fatto volontariamente. Ma in un angolo remoto della sua testa, il viso di Lavellan si sovrappose a quello dei suoi precedenti comandanti, Ser Greagoir e Ser Meredith.
Forse era per quel motivo che Lavellan aveva provocato il drago: per fargli vedere qualcosa da cui stare in guardia, in modo da permettergli di scrollarsi di dosso la cecità derivata dall'amore e realizzare per conto suo che l'idea di perfezione che si era costruito nella testa era solo un'illusione.
Il ruminare dei suoi pensieri venne interrotto da un rumore felpato, proveniente dalla sua sinistra. Cullen strinse lo sguardo, infastidito, poi si mise a sedere sulla branda, assumendo un'aria sorpresa.
-Mi fai posto?- mormorò Lavellan, scivolando al suo fianco.
-No, non è…-
-Ti prego.-
Di fronte a quella preghiera, una supplica, Cullen si costrinse ad accantonare tutti i suoi preconcetti sull’inappropriatezza della situazione. Si guardò velocemente intorno, scorrendo lo sguardo sulle brande limitrofe per assicurarsi che tutti stessero dormendo, poi sollevò la coperta, consentendo a Lavellan di posizionarsi tra le sue braccia comodamente.
Nonostante la sua testa continuasse a ripetergli quanto fosse sbagliato quell’evento, il contatto con il suo corpo gli sembrò la cosa più giusta e naturale del mondo. Il senso di conforto spinse quella voce di protesta ad abbassare il volume, facendo sì che Cullen si concentrasse unicamente su quello che stava succedendo.
-Ho come l'impressione che tu voglia andartene da qui il prima possibile.- mormorò lei, sfiorandogli il petto con le dita. Lui sorrise appena. -Con tutta la fatica che ho fatto per raggiungerti?- rispose, avvolgendola nella coperta. Nello scorrere le dita sulla sua schiena, priva dell'armatura, realizzò che la rigidità di cui aveva intravisto il profilo era effettiva e molto più preoccupante del previsto. Ogni suo singolo muscolo era in allerta, coperto da un guscio sottile che correva il rischio di rompersi da un momento all’altro. -Resterò il più possibile, amore mio.- la rassicurò, chiudendola in un abbraccio.
Lavellan pose la testa nell'incavo del suo collo, rannicchiandosi su di lui. -Tu sei sempre stato sincero su te stesso, con me.- disse, sottovoce. -È imperativo che io faccia lo stesso, o non potrò mai dimostrarti quanto intensamente voglia impegnarmi nella nostra relazione.- fece una pausa, per raggiungere la sua mascella con un bacio leggero.
Lui fece scivolare una carezza sul suo viso, chinandosi appena per cercare le sue labbra e sovrapporle dolcemente alle sue.
Lavellan l'aveva visto intimamente e l'aveva accettato, ora era arrivato il suo momento di fare lo stesso. -Non ho paura di ciò che provi.- mormorò.
Sentì il sorriso di Lavellan formularsi sulle sue labbra e ogni paura si dissipò, permettendogli di abbandonarsi completamente all'amore che provava per quella donna. Ritrovò l'accoglienza del senso di sicurezza che lo cullava ogni volta che stavano insieme, quindi chiuse gli occhi, finalmente sereno dopo settimane scandite dall’angoscia.


 


 

💅Gloss💄
* “Ma nuvenin. Vir enasalin” - “Come dici tu. Vinceremo/Avremo successo.”
** “Na abelas” - “Te ne pentirai.”


-Nota-

Se ripeti tre volte muscoli sternocleidomastoidei al chiaro di luna riceverai la benedizione di un putto michelangiolesco che ti donerà una pelle liscia e senza pori per esattamente tre minuti.
Cullen negli ultimi tre capitoli: https://i.pinimg.com/originals/5f/df/09/5fdf092a7a249e113153ab38218451a6.gif 

 
   
 
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