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Autore: Severa Crouch    31/08/2022    3 recensioni
Poco prima della caduta del Signore Oscuro, Alexandra viene mandata in missione con il suo mentore, Rodolphus Lestrange, ma le cose non vanno come previsto. Feriti e senza bacchette si trovano bloccati in quel posto sperduto dell'Inghilterra del Nord, mentre di Bellatrix, Barty e Rabastan non riescono ad avere notizie. Braccati dagli Auror che danno la caccia ai Mangiamorte, saranno costretti a prolungare la loro permanenza in quel rifugio babbano.
Questa storia partecipa alla challenge “Bonbon esplosivi” organizzata dal gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”.
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rodolphus Lestrange
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Epilogo

 
8 agosto 1985
 
Il caldo di quei giorni era sfiancante.
Alexandra si sentiva boccheggiare e il pancione non l’aiutava a dormire. Erano giorni che non chiudeva occhio. Senza contare che Roland e il piccolo Rodolphus, detto Roddie, la cercavano in continuazione.
“Roland, non correre!” esclamò osservando il figlio più grande andare incontro al padre, deciso a portare la barchetta in acqua.
“Vado a fare il bagno con papà!” esclamò allegro. Rodolphus sorrise al figlio e lo prese in braccio, esclamando: “Ho un pesce da buttare in acqua!” Roland si dimenava e rideva e Rodolphus esclamava: “Guardatelo come si agita! Mi sa che è un’anguilla di lago!”
“La temibile anguilla di lago?” domandò Roland tra una risata e l’altra.
“La prelibata anguilla di lago!” esclamò Rodolphus, “Prima ti porto nel lago e poi ti mangerò tutto!” Roland rideva e si dimenava tra le braccia del papà mentre si immergevano nel lago.
A fine ottobre sarebbero stati quattro anni di attesa del loro Signore. Altrettanti anni in cui non avevano avuto più alcuna notizia di Barty, Bellatrix e Rabastan. L’arrivo di Roland li aveva assorbiti completamente e quando avevano iniziato a credere di essersi ripresi, era arrivato Roddie che, in quel momento, aveva un anno e doveva credere di essere un koala, perché voleva stare sempre in braccio a lei.
Cinque mesi prima, aveva scoperto di aspettare un altro figlio e la notizia era stata accolta con gioia da Rodolphus e i bambini. Il loro capanno era stato ristrutturato ed erano riusciti a ricavare una grande stanza da letto per i bambini in cui avrebbero dormito insieme una volta cresciuti. Al momento era occupata da Roland e tutti i tentativi fatti per convincere Roddie a dormire con il fratello erano caduti nel vuoto. Alexandra, tuttavia, sapeva che era questione di tempo e che, quando sarebbe nato il fratellino o la sorellina, sarebbe stato costretto a traslocare con Roland.
Adesso, però, Roddie si godeva le attenzioni della mamma e la ricompensava con dei sorrisi che la facevano innamorare ogni volta di più. La osservava emettendo dei versetti che rivelavano che da un momento all’altro avrebbe iniziato a parlare.
“Dì mamma,” gli disse Alexandra. La prima parola di Roland era stata papà, per la gioia di Rodolphus che aveva preso in braccio il figlio orgoglioso. Così, Alexandra aveva deciso di impegnarsi ancora di più con Roddie affinché la sua prima parola fosse mamma.
“Mamma,” ripeté Alexandra sorridendo al figlio. Gli occhioni neri di Roddie si illuminarono e poi iniziò a fare dei versi: “Ma… ma…”, dopo qualche istantem riformulò dicendo “mamma…”
“Hai detto mamma?”
“Mamma.”
Alexandra si illuminò, si alzò con in braccio Roddie per correre verso il lago dove Rodolphus e Roland stavano facendo il bagno.
Sentì un rumore di passi provenire dal bosco alla sua destra, si voltò stringendo Roddie in braccio e osservò la fonte dei rumori. L’ultima volta che avevano sentito dei rumori si era trattato di Morgana, la gatta che avevano finito per adottare. “Dici che troveremo un compagno per Morgana?” domandò a Roddie che le rispose ripetendo: “Mamma!”
Dal buio degli alberi non emerse un gatto, ma tre figure umane. Istintivamente, Alexandra strinse a sé Roddie e fece un passo indietro. Si fermò non appena riconobbe le sagome.
“Barty?” domandò incerta.
“Oh, Salazar, Alex!”
Barty le andò incontro incredulo e gridò verso il bosco: “Bella! Rab! Abbiamo trovato Alex!”
Alexandra gli andò incontro esclamando: “Oh, cielo, Barty! Sei vivo! Siete vivi!” Lo osservò con il cuore che le batteva forte e vide che era in salute, integro, nutrito, così gli disse: “Ti trovo bene.” Barty la osservava frastornato, mise a fuoco la presenza di Roddie e domandò: “E questo?” Alexandra non fece in tempo a rispondere, venne interrotta dall’arrivo di Bellatrix e Rabastan: “Alex! Oh, Merlino, dicci che Rod è vivo!”
“Sì, venite, preparo una tazza di tè, abbiamo un po’ di cose di cui parlare.”
Passarono davanti il lago e Rodolphus si fermò sulla riva osservano i nuovi arrivati, rimise giù Roland e insieme uscirono dall’acqua sotto lo sguardo incredulo di Bellatrix e un sorrisetto divertito di Rabastan.
“Qualcuno si è divertito in latitanza…” ridacchiò.
“Piantala Rab!” esclamò Bellatrix.
Alexandra li condusse in giardino, dove avevano allestito un tavolo con delle sedie. Andò a preparare il tè e tornò con un vassoio pieno di muffin, biscotti e persino i sandwich al formaggio.
“Da quando servi il tè come una Babbana?” le domandò Barty.
“Da circa quattro anni. Da quando siamo rimasti senza bacchette.” Alexandra e Rodolphus iniziarono a raccontare le loro disavventure: l’aggressione subita, le difficoltà legate alla guarigione, il ritrovarsi senza bacchette, l’incontro con gli Auror e i cacciatori di taglie. Raccontarono della lettera di Felix e di come, una volta l’anno, Rosier li avvisasse sulle novità più rilevanti del mondo magico attraverso Polly.
“Questo non spiega i bambini,” disse Barty.
“Io direi che lo spiega benissimo,” ridacchiò Rabastan, “Ci saranno stati inverni lunghi e solitari…” lanciò uno sguardo a Barty e aggiunse addolcendo il tono: “Un po’ come i nostri.”
Bellatrix alzò gli occhi al cielo e sospirò: “Piantatela!” Poi guardò Rodolphus e domandò con sdegno: “Quindi ti sei ridotto a fare il papà e vivere come un Babbano?”
“Non avevo alternative, Bella. Non ho la bacchetta e la magia che so canalizzare con le mani è molto limitata. Durante le ronde controllavano se ci fossero tracce di magia, ci è sembrato prudente.”
“Beh non credo che gli Auror ti abbiano costretto a divertirti con Alex, o sbaglio?”
“Bella…” disse Alexandra.
“Stai zitta, tu!”
Roddie scoppiò a piangere. Roland osservava la scena con un pezzetto di sandwich in bocca e gli occhi spalancati per lo stupore. Non erano abituati a vedere altre persone né a sentire quella tensione nell’aria. Così, Alexandra si alzò e propose ai bambini di andare in casa a guarnire la cheesecake ai mirtilli per zio Rabastan.
Rabastan la seguì dentro proponendosi di aiutarla, lasciando che Bellatrix e Rodolphus chiarissero.
“Avete fatto un bel casino,” le disse sorridendo, mentre scompigliava i ricci di Roland.
Alexandra guardò il figlio e sospirò: “Sono così belli che non riesco ad esserne pentita.”
“Quattro anni sono tanti per chiunque,” le disse Rabastan, “sono l’intervallo tra questo…” indicò la sua pancia “…e questo,” concluse accarezzando la testa di Roland. Si chinò verso il bambino e gli disse: “Lo sai chi sono io?”
Roland domandò incerto: “Lo zio Rabastan?”
“Esatto! Sono il fratello di tuo papà!”
“Perché non sei mai venuto qui?”
Alexandra sistemò Roddie sul seggiolino e prese la cheesecake dal frigorifero e la ciotola con i mirtilli (la sua cucina era stata rimodernata seguendo tutte le comodità babbane, perché se proprio si doveva vivere in un posto sperduto e senza magia, tanto valeva diminuire gli incomodi) e iniziò a decorarla osservando Rabastan alle prese con le domande di Roland. Persino Roddie osservava attento nonostante avesse appena compiuto un anno.
“Vedi, Roland, mi ero perso e ho impiegato tutto questo tempo cercando di ritrovare mio fratello. Mi spiace moltissimo averti conosciuto solo oggi, ma spero che da ora in poi non ci perderemo più.”
“Anch’io perdo il mio orsetto, ma la mamma lo ritrova sempre.”
Rabastan e Alexandra si scambiarono un sorriso. “Non oso immaginare la gioia di Rod. Erano anni che implorava Bellatrix per un figlio!”
“Non è stato preventivato. Non hanno funzionato gli incantesimi. Probabilmente la magia era ancora debole dopo l’aggressione che abbiamo subito.”
“Non importa. I Lestrange sono salvi.”
“Ma dimmi di te e Barty,” gli disse Alexandra. “Mi sembra di aver intuito che vi siate fatti compagnia. Allora, avevo ragione io durante l’addestramento, il tuo era un modo di flirtare.”
Rabastan scoppiò a ridere, scosse la testa imbarazzato e le confidò: “Non del tutto. Quando prendevo in giro Barty, dicendogli che doveva superare il lutto per Regulus perché altrimenti tu ti saresti fatta consolare da qualcun altro, era perché Rodolphus aveva perso la testa per te.” Rabastan prese alcuni mirtilli e aggiunse: “La vera sorpresa è stata quando Barty, a seguito di una missione, mi ha fatto capire che il mio flirt non sarebbe caduto nel vuoto. Gelosa?”
Alexandra scosse la testa. Dopo quattro anni, che motivo aveva di essere gelosa? Barty aveva trascorso con Rabastan un tempo pari a quello del loro fidanzamento e del matrimonio. In giardino, ritrovò gli occhi marroni di Barty. Era arrivato il momento di chiarirsi. Roddie, però, non voleva saperne di staccarsi dal suo collo e a nulla valsero i tentativi di Rabastan di conoscere il nipote. Così, Alexandra con Roddie in braccio, fece segno a Barty di fare una passeggiata lungo la riva del lago.
“Dunque tu e Rodolphus…” esordì Barty. “È passato così tanto tempo… e ho avuto così tanta paura che ti fosse accaduto qualcosa che non riesco nemmeno ad arrabbiarmi.”
“Non c’è stato giorno che non ti abbia pensato,” gli disse.
“Spero non mentre ti divertivi con Rodolphus, perché, insomma, vorrebbe dire che Bellatrix non aveva poi tutti i torti…” il tono di Barty era divertito, ma Alexandra sapeva che era molto bravo a nascondere i suoi sentimenti e che cercava di dimostrarsi forte di fronte a qualcosa che non aveva mai immaginato.
“Mi dispiace, per tutto. Le cose non dovevano andare così, ma in questo mondo sottosopra, senza magia, sperduta, senza sapere se ti avrei mai rivisto…”
“Sei andata avanti. Lo capisco.” Barty si voltò e tirò un sasso nel lago. Il tonfo dell’acqua seguì i cerchi d’acqua che si allontanavano dal punto in cui il lago era stato colpito. Si voltò nuovamente verso di lei, con le lacrime agli occhi. “Io non ci riesco, Alex, non ci riesco ad andare avanti.” La voce gli tremava, la fermò prima che si avvicinasse e le disse: “Continuo a rivivere quel 31 ottobre. Perché ci ha abbandonati? Perché non ritorna dai suoi Mangiamorte?”
Alexandra scosse la testa incerta e con un filo di voce gli disse: “Non lo so, ma l’unica cosa che possiamo fare è rimanere al sicuro e aspettare che ci richiami a sé. Non è morto, lo senti il Marchio Nero che brucia.”
“Sempre più flebile, sempre più distante, incomprensibile.” Barty frugò nelle tasche del mantello e mormorò: “A proposito… ecco, vedi se funziona.” Le porse una bacchetta dicendole “Abbiamo avuto uno scontro con alcuni Auror, li abbiamo uccisi e preso delle bacchette di scorta, ma questa non ha mai funzionato con nessuno di noi tre. Tu avevi il nucleo con il crine di unicorno?”
Alexandra annuì commossa. La bacchetta emise delle flebili scintille rosse che la fecero scoppiare a piangere, subito seguita da Roddie. “No, amore, la mamma è felice,” si affrettò a dire. “Guarda, Barty le ha dato una bacchetta!”
Agitò la sua nuova bacchetta e fece danzare delle foglie, appellò il sasso che Barty aveva gettato nello stagno, fece comparire dei fuochi azzurri che volteggiavano intorno a lei. Barty le sorrise: “Mi ricordi quando eri una primina a Hogwarts.”
“Non hai idea di quanto sia difficile vivere tra i Babbani e nascondere la magia.”
“Noi siamo stati nelle Ebridi, nel cottage di Bellatrix. Lo usavamo come base da cui eseguire le spedizioni. Abbiamo iniziato a battere l’Inghilterra palmo a palmo, ma nessuno sapeva dove foste finiti. Nessuno ha avuto vostre notizie. A un certo punto credevamo che foste morti.”
“Avevamo detto all’elfa dei Lestrange di avvisarci se voi aveste provato a contattarla. Lo stesso avrebbe fatto Felix Rosier. Pensavamo che foste nascosti, proprio come noi.”
Barty sospirò: “Dannazione! Quando lo saprà Rabastan, non ce la farà passare liscia! Lui voleva chiamare Polly, ma Bellatrix gliel’ha vietato, diceva che gli Auror avrebbero messo un incantesimo sulla proprietà. Aveva proposto anche Felix Rosier, ma Bellatrix non ha voluto coinvolgerlo.”
“Mi dispiace di averti deluso, Barty.”
Le labbra di Barty si piegarono in un sorriso malinconico. “È passato troppo tempo anche per la delusione, Alex. Io non sono più il mago che hai sposato e tu non sei più la strega che ho sposato, però vedo ancora la mia migliore amica.”
Si incamminarono verso casa, Barty le cingeva le spalle con un braccio osservando le occhiatacce che gli lanciava Roddie. “Questo bambino sembra geloso…”
“Lo è. Fa lo stesso con il papà.” Baciò la fronte del suo piccolo Roddie mentre in lontananza Rodolphus la osservava con un po’ di apprensione nello sguardo. Alexandra lo raggiunse e gli mostrò orgogliosa la sua nuova bacchetta.
Subito dopo, preparare la cena divenne molto più semplice. Riuscì persino a sistemare Roland nella camera di lei e Rodolphus e ricavare una stanza per Bellatrix e una per Rabastan e Barty. Si riunirono in soggiorno dopo aver messo a letto i bambini e, finalmente, Alexandra riuscì anche a silenziare la stanza per evitare che il chiacchiericcio svegliasse Roland e Roddie.
“Non possiamo rimanere qui a lungo,” osservò Bellatrix. “Dobbiamo trovare il Signore Oscuro!” Camminava in cerchio stringendosi nelle spalle. Il volto era scavato dalla preoccupazione, proprio come quello di Barty. Entrambi sembravano essere rimasti intrappolati nel 1981.
“Avete una traccia?” domandò Rodolphus.
Rabastan annuì: “Solo una soffiata, ma non sappiamo se è affidabile: i Longbottom.” Alexandra sobbalzò sul divano esclamando: “Ma sono degli Auror. Volete rivelarvi?” Era una missione pericolosa. Dopo quattro anni, che senso aveva continuare a cercare?
“Lui ha bisogno di noi! Ha bisogno di me!” esclamò Bellatrix. Lanciò uno sguardo pieno di disprezzo a Rodolphus e gli disse: “Io non sono andata avanti. Io non ho mai smesso di cercarlo e di invocarlo! E io non starò di certo in questo posto dimenticato dal mondo a giocare all’allegra famiglia babbana!” Il modo in cui calcava la voce su io sottolineava quanto si sentisse in una condizione diversa da quella di tutti loro, li giudicava come se avessero tradito il Signore Oscuro. Guardò Barty e Rabastan e domandò loro: “Voi cosa fate?”
“Veniamo con te,” disse Barty senza alcuna esitazione. “Io non ti lascio. Io non smetterò di cercare il nostro Padrone.” Ci fu qualche istante in cui Rabastan e Rodolphus si scambiarono uno sguardo. Era certa che Rodolphus preferisse che il fratello rimanesse con loro, al sicuro, ma Rabastan disse: “Ci sono anch’io. In questa cosa ci siamo tutti.”
“E tu cosa fai, Rod?” domandò Bellatrix, “Torni a fare il Mangiamorte o giochi a papà Babbano?” Il tono canzonatorio di Bellatrix punse Rodolphus nell’orgoglio. Con calma, Alexandra lo vide poggiare il bicchiere di whisky sul tavolino e dire: “Datemi una bacchetta e sono dei vostri.” L’urlo di gioia di Bellatrix riempì la stanza, mentre Alexandra sentiva un brivido scenderle lungo la schiena.
Non disse nulla mentre Rabastan dava una pacca sulla spalla al fratello e persino Barty era eccitato al pensiero di avere di nuovo Rodolphus in squadra. Alexandra non poteva scendere nel campo di battaglia, sentì un calcio e comprese che anche il suo bambino considerava una pessima idea quella del papà.
“Non farò nulla di avventato, te lo prometto,” le avrebbe detto più tardi, mentre erano nella loro camera e parlavano sottovoce, protetti da un Muffliato per non svegliare Roddie e Roland che dormivano in camera loro.
“È solo che… insomma, siamo stati quattro anni senza bacchetta per un inconveniente. Se anche non dovessi finire ad Azkaban, o essere ucciso in duello…”
“Tornerò, hai la mia parola.” Rodolphus si stese nel letto e la invitò a prendere posto accanto a sé. “Lo devo a Bellatrix,” mormorò. “Non posso lasciarla da sola.”
“Capisco che tu voglia tornare a sentirti un Mangiamorte per fedeltà verso il nostro Signore, ma non devi andare per i tuoi colpa.”
“Non sono i miei sensi di colpa, piuttosto, è che Bellatrix è tutto ciò che rimane di Lord Voldemort. Abbandonare lei, dirle di no, significa voltare le spalle a lui. L’hai vista? È spezzata, completamente persa, sbiadita come il Marchio Nero.”
Alexandra si rannicchiò contro la spalla di Rodolphus, inspirò il suo profumo chiudendo gli occhi, mentre lui le accarezzava la schiena. La mano scivolò fino a sfiorarle il ventre e le sussurrò: “Alex, io ti amo, ricordalo. Ti prometto che, qualsiasi cosa accada, tornerò da te.”
Si lasciò cullare da quella promessa, cercò di ricordare che Rodolphus era un mago molto più esperto di lei e che quegli anni dovevano avergli insegnato una certa prudenza nelle missioni. Quella notte, tuttavia, dormì poco e male, con sogni agitati e cattivi presagi. Si alzò all’alba sudata e si fiondò sotto la doccia per trovare un po’ di ristoro prima di scendere al piano di sotto a preparare la colazione.
Trovò Bellatrix in salotto.
“Dormire è diventato difficile,” le disse e ad Alexandra sembrò quasi una giustificazione.
“Non fatico a crederlo… Lo sentiamo tutti, ogni notte, ma non riusciamo a interpretare i suoi richiami. Abbiamo provato, infinite volte, a chiamarlo.”
Gli occhi di Bellatrix si inumidirono e annuì: “Lo so, si vede.”
“Ti va di aiutarmi o farmi compagnia mentre preparo la colazione?”
“C’è del bacon?” domandò Bellatrix. Alexandra annuì facendole strada verso la cucina. Versò una generosa tazza di tè forte a Bellatrix e la vide sospirare. Si guardavano in silenzio mentre il ronzio del tostapane annunciava che il primo gruppo di toast stava per uscire. “Sai,” le disse Bellatrix, “gli hai dato tutto quello che desiderava e che io non avrei mai potuto dargli.”
“Capita di frequente nel nostro mondo.”
“Sì, ma la luce che ha negli occhi, il modo in cui ha preso sulle spalle Roland e l’ha portato a letto… Ecco, credo di non aver mai visto Rodolphus così felice, anzi, realizzato.” Prese un altro sorso di tè, mentre Alexandra nascose dietro la tazza il rossore che aveva sulle guance. “Te lo prometto, Alex, te lo rimando indietro. Non gli farò fare cazzate. Se la soffiata si rivela infondata, lo rispedisco qui. Hai la mia parola.”
“Grazie, Bella.”
“So cosa vuol dire perdere qualcuno che ami e non farei mai un torto simile a Rodolphus, portarlo via dalla strega che ama, proprio ora che è così felice.”
“Tu…”
“Alex, io e Rod siamo tecnicamente sposati dal 1970, sono 15 anni di matrimonio, ma è dal tuo fidanzamento con Barty, è dal 1977, che lui ha un debole per te; quindi, circa metà del nostro matrimonio l’ho trascorsa a vedere il modo in cui lui ti guarda, che poi non è molto diverso da quello in cui io guardavo il nostro Padrone…” La voce le si incrinò leggermente sul finire della frase, nascose l’imbarazzo dietro un altro sorso di tè e Alexandra le disse: “Mi auguro che riusciate a ritrovarlo. Sarei venuta anch’io…”
“Per favore, Alex, non dirlo nemmeno per scherzo, tu rimani con i preziosissimi eredi Lestrange. Dovrei ringraziarti per avermi sollevata da un simile compito…” il sarcasmo era il modo in cui Bellatrix combatteva l’imbarazzo. Alexandra lasciò cadere il discorso e le servì un piatto di uova e bacon osservando il modo in cui Bellatrix assaporava la colazione. Tornare a usare la magia in cucina era come riprendere a nuotare dopo un inverno di attesa: una di quelle cose che hai imparato e non dimenticherai mai. Riusciva a dare sfogo a tutta la sua creatività e fare più cose contemporaneamente: la padella arrostiva le salsicce, il forno cuoceva i muffin e mentre in una ciotola impastava il composto di una torta, sul tavolo da lavoro, il mattarello stendeva strati di pasta sfoglia per provare a fare i croissant al burro che tanto piacevano a Rodolphus.
“Hai intenzione di sfamare un esercito?” domandò Bellatrix.
“Mi piace che abbiate scelta. Potreste portarvi qualcosa per il viaggio. Non si sa mai.”
“Alex, andiamo, li Cruciamo, prendiamo le nostre informazioni e torniamo. Non saremo in missione come te e Rodolphus con i Demiguise! Non fare la mamma con noi!”
“D’accordo!” alzò le mani e si convinse ad apparecchiare la tavola.
Poco dopo, Rodolphus arrivò con un Roddie in lacrime e un Roland assonnato. Alexandra prese il piccolo in braccio e si sistemò su una poltrona in soggiorno per allattarlo. Osservarlo mentre tirava il latte la incantava sempre. Adorava sentire la manina di lui sul cuore, era un legame che nulla al mondo avrebbe spezzato. Sorrise nel ricordarsi di avere la bacchetta, così riuscì a riempire una tazza di latte per Roland e invitarlo a prendere posto a tavola per fare colazione. Rodolphus aiutò il figlio nell’operazione mentre Rabastan e Barty scendevano in soggiorno mormorando di essere affamati.
Si respirava aria di attesa, tra la felicità di essersi ritrovati e l’attesa per quella nuova missione. Bellatrix toccò a malapena del cibo per via dell’ansia che la divorava, osservava con impazienza e un certo fastidio Barty e Rabastan che chiacchieravano con Rodolphus e non la smettevano di mangiare.
Alla fine, quando partirono, sul tavolo era rimasta solo una metà di torta, mentre tutto il resto era stato spazzolato da quei due che sembrava non mangiassero da anni. “Sapessi quanto hanno fatto lavorare quei poveri elfi domestici!” esclamò Bellatrix. “Sembrava che non avessero mai mangiato!” fu l’ultima cosa che le disse Bellatrix quando Barty infilò un altro paio di muffin nella tasca del mantello.
Rodolphus salutò Roland e Roddie raccomandando di fare i bravi in sua assenza. Entrambi i bambini annuirono e osservarono il papà Smaterializzarsi per la prima volta da quando erano nati.
Dopo ci fu l’attesa. Estenuante, infinita, lacerante.
Alexandra cercò di distrarsi portando i bambini al lago, fece il bagno con Roland e coccolò Roddie. Prepararono il pranzo, lessero le favole e mentre i bambini facevano il riposino, Alexandra si accarezzava il ventre. Quella scelta era stata sconsiderata sotto troppi punti di vista. Aveva paura, così tanta paura da non riuscire nemmeno a leggere le foglie di tè. Si domandò come avrebbe fatto a partorire tra i Babbani con due bambini e senza saper guidare l’auto. Certo, aveva una bacchetta e forse avrebbe potuto Materializzarsi vicino l’ospedale e partorire. Sfiorò il ventre e mormorò: “Questa situazione è assurda!”
Il Marchio Nero non bruciava più, erano giorni che non riusciva a percepirlo. “Mio Signore, sono venuti a cercarvi,” sussurrò come una preghiera.
“Mamma…” la voce di Roland, rotta dal pianto la fece sussultare.
“Cosa c’è, tesoro?”
“Ho sognato papà, con il sangue…” le raccontò tra le lacrime. Alexandra allargò le braccia per accoglierlo e confortarlo. Roland aveva ereditato il suo stesso dono della Vista e Alexandra conosceva bene la sensazione di angoscia in cui ci si trovava quando si faceva un sogno premonitore.
“Era vivo?” gli domandò mentre gli accarezzava la schiena per calmarlo. Roland mosse la testa annuendo e lei si sentì sollevata. “Allora andrà bene. Papà tornerà,” gli disse. “Bisogna avere fiducia.”
“Ma zio Rabastan e… Barty e Bellatrix… era tutto nero intorno a loro!” le disse sorprendendola per la chiarezza del sogno. I suoi sogni erano sempre stati composti da sensazioni confuse: quella di annegare, quando era morto Regulus, quella di precipitare, prima di partire per quella missione. La Vista di Roland sembrava essere molto nitida e Alexandra non sapeva se sarebbe stato un bene o un male. Il futuro poteva essere sconvolgente.
Poi sentirono il suono della Materializzazione. Entrambi si voltarono verso l’ingresso e trovarono Rodolphus ferito che perdeva molto sangue. Alexandra posò Roland per terra e gli disse: “Vai a prendere l’asciugamano in bagno.”
Roland corse mentre Alexandra andò a sorreggere Rodolphus, lo accompagnò fino al divano e iniziò a liberarlo degli abiti. Roland arrivò con l’asciugamano e la porse alla mamma. Osservava in silenzio prestando attenzione alla mamma. Questa volta Alexandra aveva la sua bacchetta, così iniziò a intonare “Vulnera Sanentur,” mentre le ferite si rimarginavano. Inumidì l’asciugamano che le aveva portato Roland e tamponò le ferite di Rodolphus.
“Questa volta il recupero sarà più veloce,” gli disse con un sorriso.
“Arriveranno altri tre figli?” le domandò Rodolphus.
“Tutti quelli che vuoi Rod.”
Ci fu un lungo istante in cui si guardarono in silenzio, senza aver bisogno di dire altro, perché non conoscevano parole in grado di esprimere l’amore che provavano. Fu l’arrivo di Roddie a interrompere quel momento. Scese le scale e non appena vide il papà ferito scoppiò a piangere.
“Sto bene, Roddie, non preoccuparti,” disse Rodolphus con la bocca impastata di sangue. Roland corse dal fratello, gli prese la mano e gli disse: “La mamma sta curando papà, non devi piangere.” Roddie aspirò con il naso e rimase a guardarla medicare Rodolphus con gli occhioni lucidi e la paura sul volto. “Andrà tutto bene, Roddie,” gli disse Alexandra per tranquillizzarlo, poi domandò a Rodolphus: “Chi è stato?”
“Bellatrix,” disse con la voce che lasciava trapelare la sua irritazione per il modo in cui sua moglie lo aveva ridotto. “Mi ha detto di tornare da te, io le ho detto che doveva venire anche lei, ma non mi ha dato retta, come sempre…”
“E ti ha scagliato il Sectumsempra.”
“Come sempre…”
“Bellatrix mi ha promesso che ti avrebbe rimandato indietro se le cose si fossero messe male, a costo di Cruciarti fino a farti ragionare,” gli confidò pulendogli la ferita.
“Eravamo quattro contro due, dei Longbottom non rimarrà molto,” osservò Rodolphus. Ci fu un’altra pausa in cui gli occhi scuri di Rodolphus si riempirono di terrore. Entrambi realizzarono il senso delle azioni di Bellatrix, della sua disperazione. “Vuole attirare gli Auror…” mormorò Rodolphus con la voce tremante.
Alexandra annuì. “Vuole Malocchio e Crouch, è stanca di accontentarsi delle briciole, vuole le fonti.”
“È una mossa da folli.”
“È una mossa da innamorata, Rod,” gli disse mentre faceva scomparire le ultime ferite. Lo aiutò a salire le scale, a lavarsi e cambiarsi. I bambini, al piano di sotto, erano tranquilli. Li attesero nello stesso insolito silenzio con cui avevano assistito alla medicazione e quando Alexandra tornò in soggiorno, le andarono incontro commossi. Si abbracciarono e Alexandra si ritrovò sul divano con entrambi i bambini in braccio, mentre cercava di difendere il suo pancione dalle intemperanze di Roland e Roddie.
L’atmosfera si sollevò quando Rodolphus tornò al piano di sotto e domandò: “Credo di essermi meritato il gelato, chi ne vuole un po’?”
Roland saltò sul divano e Roddie iniziò a implorarla con i suoi occhioni scuri che le ricordavano quelli di Rodolphus.
“Tu sarai la mia rovina, lo sai?” disse al figlio mentre lo portava in cucina.
L’indomani avrebbero recuperato una copia della Gazzetta del Profeta e avrebbero scoperto che Rabastan, Barty e Bellatrix erano finiti ad Azkaban e che, nel suo modo contorto e irrazionale, Bellatrix aveva cercato di rimediare al dolore che aveva provocato a Rodolphus, lasciandogli la possibilità di essere felice.
“Ci sarà una nuova caccia ai Mangiamorte,” gli disse Alexandra.
“Sappiamo cosa fare.”
Rodolphus allungò la mano e Alexandra, sospirando, gli consegnò la bacchetta. Ci sarebbe stato un tempo per la magia, adesso, era più importante rimanere in libertà. Questa volta sarebbe stato più semplice, e più bello.
 
 







Note:
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia, l’hanno commentata e mi hanno lasciato un feedback. Mi rendo conto che poteva essere molto più lunga, e avrei voluto moltissimo che lo fosse, ma i tempi della challenge erano troppo stretti. Spero di tornarci in altre occasioni!
Un abbraccio,
Sev
   
 
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