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Autore: Eevaa    11/09/2022    7 recensioni
Dopo il primo mirabolante scontro con Broly, Goku decide di recarsi sul pianeta Vampa per potersi allenare con lui.
Il tempo vola quando ci si diverte, no? Tre anni passano in un batter d'occhio, tuttavia Goku non può immaginare che di ritorno sulla Terra troverà dei grossi, dolorosi cambiamenti.
[Post-Dragon Ball Super] [No Spoiler al manga] [Kakavege]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 
 


- SOMETHING HUMAN -


Capitolo 2
Bentornato



 
Quella porta chiusa non aveva nulla di interessante. Qualche nodo del legno, deboli segni di intemperie. Niente che potesse essere catalogato come qualcosa di stimolante.
Eppure Goku ci era rimasto almeno venti minuti, davanti a quella porta. La porta di casa sua. Non che avesse il diritto di poterla ancora considerare casa, ovviamente. Chichi l'aveva appena sbattuto fuori con una lettera di adempiuto divorzio e tanti cari saluti.
Faticava a realizzarlo, più che ad accettarlo. Se ne stava lì, con lo sguardo perso nelle zigrinature marroni nella porta e i pensieri più arruffati dei suoi capelli.
Non gli era mai passato per la mente, in quei tre anni, che qualcuno avrebbe potuto risentire così tanto della sua assenza. Pensava ci fossero tutti più che abituati e invece... invece in quel momento sembravano così furiosi, addirittura delusi! Era una sensazione davvero poco confortevole, per Goku, il quale era sempre stato abituato a ottenere facile perdono e una manciata di sorrisi.
Tutto sembrava diverso, quella volta.
«Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto?»
Goku sussultò e finalmente distolse lo sguardo dall'avvincente porta d'ingresso. Una figura munita di mantello bianco e Gi viola scuro apparve alle sue spalle. Non l'aveva sentito avvicinarsi, ma fu come un miraggio.
«Ah! Piccolo!» lo salutò, rilassando le spalle. «È bello rivederti, amico! Che ci fai qui?»
«Ho sentito la tua Aura» rispose, con le braccia incrociate al petto e il mento appuntito sollevato.
Non era cambiato di una virgola. O forse aveva le antenne più lunghe? Meh. Improbabile.
Goku si strinse nelle spalle in un moto di imbarazzo. «Hai sentito anche la mia conversazione con Chichi?»
«No, ma posso immaginarla. Gohan me ne ha parlato, del... divorzio» borbottò Piccolo, mantenendo un certo aplomb.
Evidente che lo sapessero già tutti. Forse era quello che intendeva Bulma quando aveva detto “sono cambiate molte cose”?
«Già. Beh, io non... non capisco» ammise Goku.
«No, vero? Immaginavo». Piccolo alzò gli occhi al cielo. Non sembrava arrabbiato, nemmeno troppo giudicante e affatto sorpreso.
«La mia assenza non è mai stata così un grosso problema!»
«Beh, l'ultima volta eri morto. Mi sembra una giustificazione abbastanza valida per assentarti. E le brevi assenze per andare ad allenarti erano perdonabili e volte a salvare il pianeta. Anche se, presumibilmente, sono state un po' tutte gocce che hanno fatto traboccare il vaso».
Piccolo era sempre stato saggio e riflessivo, l'aveva sempre ammirato per questo. Anche in quell'occasione il suo ragionamento non faceva una piega.
L'emotività di Goku, invece, ne aveva eccome di pieghe! Ogni secondo in più che acquisiva consapevolezza, poteva sentire la propria coscienza accartocciarsi come le multe per eccesso di velocità che aveva preso da neopatentato. Forse era anche per quello che gli avevano confiscato la patente dopo poco tempo. Chichi era stata furibonda anche per quello, ma l'aveva perdonato.
«È che... non me l'aspettavo» sospirò Goku, affranto.
No, secondo i suoi astuti calcoli a quell'ora avrebbe dovuto trovarsi di fronte a un'enorme tavola imbandita di ogni sua pietanza preferita insieme alla sua famiglia, per poi andare a smaltire la cena tramite un sano scazzottamento con il suo rivale. E invece era ancora lì con una lettera di divorzio tra le mani, nessun rivale da scazzottare e – accidenti – nessun posto dove stare.
«Goku, persino io ho imparato a comportarmi come un umano - un Terrestre - nel corso degli anni. Comprendere e provare alcuni dei loro... sentimenti. Perché tu non l'hai mai fatto?» concluse poi Piccolo, con gli occhi fissi nei suoi.

Goku aprì la bocca come per rispondere, ma non ne uscì niente. Assolutamente niente. Forse gli era arrivato per davvero, quel pugno nello stomaco. Perché fu come sentirsi piegato in due nel realizzare quanto Piccolo avesse profondamente ragione. Un dannato Namecciano gli stava insegnando come essere un Terrestre, per tutte le stelle!
Era l'assoluta verità. Non comprendeva, non aveva previsto nulla di tutto ciò perché lui, di umano, aveva sempre avuto ben poco.
Empatia? Cos'è, si mangia? Responsabilità? Il dessert?
Persino Vegeta - l'alieno arrogante e bastardo giunto dallo spazio una ventina di anni prima - aveva imparato a essere più umano di lui.
Goku rabbrividì. Pensare allo sguardo di Vegeta fu come essere punto da migliaia di fastidiosi spilli.
Scosse la testa per rinsavire, ma fu del tutto inutile. Certe consapevolezze pesavano come macigni.
Ad esempio la consapevolezza che quella sera non aveva posto dove andare.
Niente casa, niente possibilità di andare da Gohan, un chiaro invito a non farsi vedere alla Capsule Corporation.
Piccolo ce l'aveva, una casa? O viveva sulle montagne? Beh, di certo non necessitava di cibo, a differenza sua.
Una vera fortuna che Goku fosse pieno di amici.


 


Crilin fu l'unico ad accoglierlo con lo stesso entusiasmo di un tempo.
Non appena questi aperta la porta di casa, gli saltò addosso e lo stritolò come ai vecchi tempi. E, per un attimo, Goku si sentì a casa.
Un attimo che durò davvero, davvero troppo poco.
«Amico, questa volta hai davvero superato te stesso» lo redarguì con uno sguardo amaro.
«Credo di sì» sospirò Goku, grattandosi la nuca com'era consueto fare per stemperare la tensione.
Crilin si prese un secondo di pausa prima di parlare.
«Hai già parlato con Chichi?»
«Giusto poco fa... non è stato piacevole». Percepì la lettera di divorzio pesare come un macigno nella tasca della casacca arancione. Il suo amico rivolse lui uno sguardo eloquente.
«Allora immagino che ti serva un posto dove stare, stanotte» decretò Crilin con perspicacia. «Non abbiamo molto spazio, in realtà. Credo che ti dovrai accontentare del divano».
Lo invitò dentro casa, ma Goku si sentì raggelato dallo sguardo tagliente di C18. Non che la donna fosse stata accomodante, in passato, ma quella sera non fece alcunché per nascondere il proprio disappunto.
La piccola Marron – che poi non era più tanto piccola come la ricordava – lo accolse invece con un espressione incuriosita. Scoprì che neanch'ella si ricordasse di lui, ma fu gentile e cordiale.
Quando Goku approfittò dell'ospitalità per farsi una lunga doccia calda e rinvigorente, non riuscì proprio fare a meno di origliare la spiacevole conversazione tra il suo amico e sua moglie, nel salotto.
«Non c'è spazio in questa casa».
«Sarà solo per pochi giorni, amore...»
«Pochi giorni?!»
«Lo sai com'è la situazione, Diciotto. Sono tutti arrabbiati... nessuno lo vorrà ospitare».
«Men che meno io! Anche tu sei arrabbiato con lui, o l'hai dimenticato? Non si è fatto scrupoli ad abbandonarvi tutti di nuovo».
«Lo so, lo sono! È che... mi è mancato. È il mio migliore amico, nonostante la rabbia non riesco proprio a odiarlo. Rimarrà solo!»
«Se l'è cercata. Domani lo voglio fuori di qui. Dal Genio c'è posto, sull'isola».
Goku deglutì e si appoggiò alla porta con la schiena. Quella situazione si stava facendo troppo, troppo pesante. Troppo persino per lui.
Anche Crilin era arrabbiato, sebbene glielo avesse nascosto il meglio che aveva potuto.
Tutte le persone a lui più care avevano risentito della sua assenza, e molte di esse non avevano alcuna intenzione di perdonarlo.
Cosa avrebbe potuto fare? Chiedere scusa? Non sarebbe bastato, sebbene gli dispiacesse per davvero. Perché era certo di essere dispiaciuto, solo... solo non ci aveva mai pensato prima.
In quei tre anni raramente aveva pensato alle conseguenze delle proprie azioni, raramente aveva sentito la mancanza di qualcuno. Aveva pensato spesso a loro, certo, ma non per mancanza. A dirla tutta l'unica persona di cui aveva più volte sentito il bisogno era stata Vegeta. Gli erano mancati i loro allenamenti, ma poi le giornate erano state tutte così piene! Broly era un vero portento nella lotta, e Goku era arrivato sempre a fine giornata sfinito, troppo stanco per tornare sulla Terra e proporre una bella scazzottata al proprio rivale.
C'era davvero qualcosa che non andava in lui, se in tre anni non aveva avvertito la mancanza della propria famiglia. Forse era una prerogativa Saiyan? Avrebbe dovuto chiederlo a Vegeta.
Ma in quel momento che tutti sembravano volerlo evitare, lì sì che stava iniziando a sentire la loro vera mancanza. Solo in quel momento che tutte le sue certezze stavano vacillando, avvertì il bisogno di doverci mettere le mani per tenerle in piedi.
Un comportamento davvero immaturo, se ne rendeva conto.
Quindi no, quel qualcosa che non andava in lui non era prerogativa Saiyan. La risposta era molto più semplice: era un deficiente. Vegeta aveva ragione.
Per la prima volta in quarantaquattro anni, Goku si sentì un vero e proprio idiota.


 


Aveva dormito in luoghi molto più scomodi e angusti, ma il divano di Crilin sembrava essere fatto di un marmo grezzo e pungente. Il dolore alle spalle, però, non era niente in confronto al senso di inadeguatezza che gli pesava sul petto.
Aveva trascorso una notte insonne – per uno che solitamente non si sveglia neanche con le cannonate – e, ogni volta che aveva sperato di essere sospinto tra le morbide braccia di Morfeo, la sua corteccia cerebrale non aveva tardato a ricordargli del perché si trovasse su quello scomodo divano e non nel proprio letto.
Si era risvegliato più e più volte, madido di sudore, con un senso di oppressione allo stomaco e come incubo ricorrente l'immagine di due occhi neri e profondi.
Ciò di cui si stupì maggiormente, quella mattina, fu la totale assenza di appetito. Cosa che fece preoccupare Crilin oltre ogni immaginazione. Non c'era mai stato problema, ansia o evento spiacevole che avesse reso Goku inappetente, in tutti quegli anni. E ne avevano passate davvero di brutte!
Quando Diciotto uscì di casa per accompagnare Marron a scuola, non passò molto tempo prima che Crilin gli accennasse il “discorsetto”. Ma, se da un lato Goku fosse sollevato di non dormire più su quell'angusto divano, dall'altro lato l'amaro in bocca non tardò a farsi sentire.
Si recò sull'Isola del Genio e quest'ultimo non gli risparmiò la paternale. Paternale che portò Goku su un ulteriore piano riflessivo: il suo maestro era anziano. Già durante il Torneo del Potere aveva dato segni di cedimento. E se fosse morto per qualche sforzo eccessivo durante quei tre anni? Goku non avrebbe nemmeno avuto l'occasione di salutarlo, né di saperlo.
Non se lo sarebbe mai perdonato. E ciò bastò per farlo sentire un totale imbecille, un immaturo, una persona superficiale. Ma insensibile, quello no. Non lo era, e quindi il solo pensiero fu sufficiente per farlo sentire male per davvero.
Forse chiedere scusa non sarebbe stata poi un'idea così malvagia. O quantomeno sarebbe potuto diventare un punto di partenza.
Così, dopo un pranzo poco ricco sull'Isola del Genio, Goku decise che sarebbe partito dalla propria urgenza – perché non avrebbe potuto sopportare il ricordo di quegli occhi un minuto di più – nonché dalla persona che forse avrebbe potuto perdonarlo più facilmente. O almeno così pensava.


 


Quando si teletrasportò da Vegeta, lo trovò come pronosticabile nella Gravity Room della Capsule Corporation.
Non fece neanche in tempo a poggiare i piedi al terreno, che una sfera di energia quasi gli fece saltare il cranio. La deviò all'ultimo secondo verso il soffitto assorbente, sul quale si estinse. Probabilmente il suo rivale si era allarmato nell'avvertire un'Aura forte e aveva reagito d'impulso.
«Ouch, c'è mancato un soffio!» commentò Goku, genuino, con uno sbuffo concitato.
Ciò che si ritrovò davanti non fu tuttavia diverso da ciò che l'aveva spiazzato il giorno precedente.
Vegeta, ansimante e sudato per lo sforzo dell'allenamento ad alta gravità, lo fissò di rimando con lo stesso identico sguardo indecifrabile del giorno prima. Il gelo.
Goku deglutì e ignorò quel brivido di terrore che gli percorse tutta la spina dorsale. Fece per parlare, ma il suo rivale si era già voltato per ripercorrere i propri passi e levare le tende.
«Un attimo, Vegeta! Per favore!» lo rincorse e si piazzò davanti al portellone d'uscita. Una vena pulsò prepotente sulla fronte del Principe dei Saiyan il quale sguardo, finalmente, si fece meno glaciale e improvvisamente più omicida. Era già qualcosa.
«Cosa vuoi?»
La voce di Vegeta era scura e tetra come se la ricordava. Ai tempi della sua controparte Majin, però.
«Senti, lo so che ho sbagliato ma-»
«No» lo interruppe, lapidario. «Tu non hai sbagliato. Tu SEI sbagliato!» lo corresse con un ringhio e poi, facendosi strada con una spallata, aprì il portellone di sicurezza della camera e si diresse verso l'uscita.
«Ma Veg-»
«Vai al diavolo».
La porta sul corridoio era ancora rotta. Se così non fosse stato, Goku era certo che Vegeta l'avrebbe sfondata di nuovo.
Rimase a bocca aperta, interdetto, nel petto la stessa angoscia del giorno prima e in testa una nuova serie di domande. Vegeta non gli aveva dato neanche il tempo di parlare, di spiegarsi, di scusarsi. E da lui non se lo sarebbe aspettato, mai.
Come il giorno prima, avrebbe preferito un pugno e una raffica di insulti.
Sei sbagliato, gli aveva detto. Ma non era un insulto: era un dato di fatto. Un dato di fatto che faceva molto male, specialmente detto da una persona dalla quale non ce lo si aspetta.


 


Dopo quel buco nell'acqua, Goku decise di prendersi un momento per riflettere da solo. Si appostò sulle alte vette sopra la Città del Nord, ponderando se le scuse fossero una buona idea o se, come una volta gli aveva detto Chichi, “tu devi dimostrarlo con i fatti!”.
I fatti. Non era semplice. Come avrebbe fatto a dimostrare con i fatti che fosse dispiaciuto? Stare vicino alle persone? Dimostrare di essere presente? Promettere che non avrebbe più compiuto gli stessi errori?
Nel tardo pomeriggio, raggiunse l'epifania che per farsi perdonare e far capire che avesse imparato dai propri errori, avrebbe dovuto mostrare ai suoi amici e la sua famiglia il suo lato più umano.
Si recò da Bulma e la trovò in salotto a sfogliare una rivista scientifica. Anche in quel caso, l'accoglienza non fu molto differente dal giorno precedente – né da quella del Principe.
Goku dovette evitare che la rivista gli capitolasse in testa, a causa dello spavento provocato alla donna per il teletrasporto.
Forse un'altra piccola accortezza da aggiustare sarebbe stata imparare a citofonare.
Bulma si portò una mano al petto per riprendere fiato. Poi, senza che glielo chiedesse, Goku provò a spiegare a parole l'epifania che aveva raggiunto in quelle ore, compresa la consapevolezza di essere un gran deficiente.
A differenza di Vegeta, Bulma lo ascoltò, non potendo fare a meno di concordare sulla maggior parte degli epiteti autodescrittivi. Lei non si stupì della reazione di Chichi, e gli confessò che l'avesse sentita al telefono proprio la sera prima, ma non volle elencargli per fino e per segno la lunga sfilza di insulti rivolti alla sua persona.
Eppure, nonostante fossero rimasti seduti sul divano per una buona mezz'ora a chiacchierare, Goku non poté fare a meno di notare quanto la sua amica fosse fredda e distaccata nei suoi confronti. Sorrideva poco, sospirava spesso. Egli notò anche quanto Bulma sembrasse invecchiata più rapidamente in quegli anni e, se dapprima si era sempre mantenuta curata e in forma, Goku non riuscì proprio a non notare qualche capello grigio e un'eccessiva magrezza, oltre a nessun accenno di trucco. Era sempre una bellissima donna, certo, ma il suo sguardo lasciava trasparire un periodo non affatto roseo, per lei.
«Vegeta è arrabbiato» convenne Goku, dopo una lunga sorsata di tè verde.
Bulma rizzò la schiena sul divano, indispettita. Come se qualcosa l'avesse punta sui fianchi.
«Vegeta è furioso. È fuori di sé» ribadì lei, con un tono di voce a metà tra l'arrabbiato e l'affranto. «Oramai... da troppo tempo».
E, sebbene Goku non fosse stato sovente un acuto osservatore, comprese alla perfezione che Vegeta fosse gran parte la causa di quel periodo poco roseo, per lei. Anche il giorno prima era scattata all'udire il nome di Sua Maestà.
«Bulma... ma cos'è successo?» le domandò quindi infine, dopo una lunga pausa imbarazzante.
Lei si accigliò e iniziò a torturarsi le mani.
«Non voglio parlartene, Goku. Non... non stavolta» concluse. «Forse è meglio che tu vada, ora. Lui sarà qui a momenti».
Goku aggrottò le sopracciglia e non comprese la situazione, ma decise di seguire il consiglio. Si salutarono ed egli si diresse verso l'uscita della grande casa ma, poco prima che potesse andarsene, dalla soglia d'ingresso apparve il Principe dei Saiyan, mano nella mano con una bimbetta con due codini azzurri e gli occhi acquamarina.
Goku riconobbe subito Bra. Era la fotocopia di sua madre, eccezion fatta della prorompente Aura emanata, che era del tutto simile a quella di Vegeta. Era straordinaria! Non aveva mai sentito un'Aura così forte provenire da una bambina così piccola. C'era qualcosa di incredibile in lei, e di molto differente da ciò che erano stati Trunks, Gohan e Goten a quell'età.
Lei lo guardò con aria incuriosita per qualche secondo, poi rivolse uno sguardo interrogativo al padre il quale, però, era evidente che stesse compiendo sforzi disumani per non scoppiare dalla rabbia di fronte alla bambina. In qualche modo Bra lo comprese e, per quieto vivere, sembrò scegliere di non porre domande.

«Ciao, papà! Grazie del gelato, era buooonissimo! Ci vediamo domani?» cinguettò radiosa.
Goku corrucciò lo sguardo. Domani?
«Sì» rispose secco lui, lasciandole la mano. La bambina si diresse saltellando verso la zona giorno per raggiungere la madre, superando Goku solo con un'altra occhiata incuriosita.
Vegeta attese di vederla sparire dietro la porta, poi fece dietrofront e varcò a passi svelti la soglia dell'uscita.
Goku non capì. Rimase attonito per qualche secondo e tentò di comprendere l'imponderabile e poi, come scosso da una scarica di adrenalina, decise di partire all'inseguimento.
Vegeta aveva già spiccato il volo, ma non era lontano. Lo raggiunse in un battito di ciglia dopo averlo inseguito per qualche isolato, fino a quando il Principe non posò i piedi al suolo di fronte a una casetta rotonda e bianca di piccole dimensioni, circondata da un giardino spoglio di fiori e ornamenti.
«Vegeta, aspetta!» lo richiamò Goku, mentre egli stava percorrendo a lunghi passi il vialetto.
«Mi pare di averti detto di andare al diavolo» gli rispose brusco, senza smettere di camminare.
E Goku perse un poco la pazienza. Non capiva, non riusciva a comprendere e tanto meno riusciva ad accettare una reazione del genere da parte del suo rivale. Ok Bulma, Chichi, Crilin, i suoi figli. Ma Vegeta? Perché diavolo era così tanto arrabbiato e non gli dava neanche la minima opportunità di chiarire?
«Ma vuoi ascoltarmi sì o no? Posso capire tutti, ma tu cos'hai? Che cosa ti ho fatto di male?» sbottò quindi Goku, allargando le braccia. E, finalmente, Vegeta parve frenare la propria fuga.
Si immobilizzò e Goku percepì una curva pericolosa nella sua Aura.
«Puoi capire tutti... tranne me?!» domandò in un soffio, poi si voltò per fronteggiarlo faccia a faccia. Lo sguardo glaciale e incomprensibile lo perforò di nuovo. «Ammazzati, imbecille» concluse, atono, dirigendosi infine verso la porta d'ingresso di quella casa.
Inserì la chiave d'accesso con furia e poi aprì la porta blindata. Quando fece per chiudersela alle spalle, però, Goku lo raggiunse di nuovo e la bloccò con una mano.
«Un attimo... che... che ci fai qua dentro?» chiese allibito, spiando oltre la soglia. Vegeta lo incenerì con lo sguardo.
«Ci vivo, e ci uccido gli imbecilli che tentano di bloccare la porta d'entrata».
Goku ebbe quasi un mancamento. E quindi iniziò a comprendere qualcosa di più.
Buongiorno a me, stupido idiota.
«Ci... ma... oh... tu e Bulma...?» balbettò Goku, senza fiato, indietreggiando.
«Non te lo ripeterò più: ammazzati. Tanto per me è uguale» concluse Sua Maestà e, detto ciò, gli sbatté la porta in faccia senza troppi complimenti.


Erano cambiate troppe, troppe cose.
In quel momento Goku percepì che stesse cambiando anche lui.
Si ritrovò ben presto sull'impercettibile soglia del “vorrei non essere mai tornato” e il “vorrei non essermene mai andato via”.
Perché, in ogni caso, non avrebbe mai sperimentato sulla propria pelle le conseguenze di essere diventato umano tutto di colpo.



 
Continua...

Riferimenti:
-Non si è mai parlato del potenziale combattivo di Bra, né nel finale di Z né in Dragon Ball GT. E in Super è troppo piccola, ancora. Però mi piace pensare che possa diventare fortissima. 
-Il Genio delle Tartarughe non può morire di vecchiaia, vero. Ma può morire di altre cause dovute ad essa, come si è potuto quasi vedere in DBS.

ANGOLO DI EEVAA:
Ehi, gente!
Rieccoci qui. Sono molto contenta dell'entusiasmo con il quale avete accolto questa storia :) anche perché, se devo essere onesta, io non ne sono per niente entusiasta, quindi ne avevo proprio bisogno. 
So che non è nulla di che in confronto a una storia complessa come HAKAI o avventurosa come Across the universe, ma... beh, spero che non vi annoi troppo alla lunga. Anche se sono solo otto capitoli.
Che dire... Goku ha subito una bella batosta, ma era anche un po' ora che si svegliasse un po' fuori dalla sua ingenuità, no? Anche se lo adoro lo stesso, in tutte le salse, anche quando è stupido XD ma cosa diavolo sarà successo tra Bulma e Vegeta?
Grazie di nuovo di cuore per tutti i complimenti che mi avete fatto e grazie soprattutto ai miei amici cosplayer che stanno leggendo, è stata una vera sorpresa <3 
Un abbraccio a tutti!
Eevaa



 
Nel prossimo capitolo!
«Hai capito?» domandò Piccolo.
Goku aprì la bocca come per rispondere, ma ne uscì solo un verso strozzato. 
«... sono un'idiota» esalò infine Goku.
«Sì» convenne Piccolo, senza nascondere una certa ovvietà.

 
  
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