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Autore: Eevaa    04/09/2022    7 recensioni
Dopo il primo mirabolante scontro con Broly, Goku decide di recarsi sul pianeta Vampa per potersi allenare con lui.
Il tempo vola quando ci si diverte, no? Tre anni passano in un batter d'occhio, tuttavia Goku non può immaginare che di ritorno sulla Terra troverà dei grossi, dolorosi cambiamenti.
[Post-Dragon Ball Super] [No Spoiler al manga] [Kakavege]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

-La storia è ambientata tre anni dopo gli eventi del film Dragon Ball Super Broly e non tiene conto del seguito del manga, né del nuovo film uscito in Giappone.
-Ricordo a chi legge che questa è una storia yaoi - e quindi già di per sé OOC - non è necessario fare l'analisi di quanti dettagli siano poco plausibili. Chi ha orecchie per intendere intenda. 
 

Dedicato a te, mia cara Antonia.
Nella speranza che la tua ispirazione torni presto,
e che ogni recensione inizi con il nostro nuovo mantra   
W Pingu.

 
 


- SOMETHING HUMAN -


Capitolo 1
Avrebbe preferito un pugno



 
 
Forse avrebbe preferito un pugno. Sì, un pugno in pieno volto, uno di quelli che deviano il setto nasale e causano fluida epistassi.
Oppure, ad esempio, un bel calcio assestato alla bocca dello stomaco. Da accartocciarsi su se stessi e vomitare bile e saliva.
Son Goku era abituato al dolore fisico. Se avesse provato a unire tutte le cicatrici sulla propria schiena con un tratto d'inchiostro, si sarebbe potuta scorgere la mappa della Città dell'Ovest. O la scritta “Freezer chi legge”, a seconda della prospettiva.
Proprio per quel motivo, piuttosto che lo sgomento di quegli occhi gelidi puntati addosso, avrebbe di gran lunga preferito essere incenerito a suon di Final Flash. Non che Vegeta avesse mai posseduto lo sguardo docile di un cucciolo di panda minore, ovvio, ma quel giorno... quel giorno quegli occhi lo stavano facendo a pezzi.
Non esattamente il ritorno in patria che Goku aveva immaginato. Non si sarebbe auspicato certo baci, abbracci e fiumi di sakè. Figurarsi! Il suo rivale non aveva mai speso troppo tempo in convenevoli sociali. Lui era il Principe dei Saiyan!
D'altra parte non avrebbe affatto pensato che potesse accoglierlo con uno sguardo del genere e con un silenzio così asfissiante.
Non aveva detto una – nemmeno una! - singola parola. Non un insulto, non un “ma guarda un po', è tornato il deficiente!”, non un “Kakaroth, chi non muore si rivede”. Niente di niente.
Goku era comparso con il teletrasporto, con un sorrisone pacioso dipinto in volto e in bocca uno squillante “ehilà!”, e Vegeta si era immobilizzato nel bel mezzo di un allenamento nella Gravity Room e si era limitato a fissarlo per interminabili, terribili secondi.
Il sorriso gli si era spento in fretta e aveva lasciato posto a una sensazione innaturale di soffocamento.
Vegeta non l'aveva mai, mai guardato in quel modo, nemmeno quando era diventato Majin. C'era stato un tempo in cui si erano odiati, poi erano diventati rivali, poi amici. In nessuna di quelle occasioni l'aveva guardato con così tanto... disprezzo? Forse non era neanche quello. Era stata più una freddezza disarmante, angosciante.
Poi, dopo secondi lunghi come pranzi di Natale, Vegeta se ne era andato. Era uscito a passi veloci dalla camera gravitazionale sbattendo la porta d'ingresso. Tutti i vetri si erano infranti.
E Goku era rimasto lì come un ebete a fissare la pulsantiera dei comandi, con un orribile sensazione nel petto e una sfilza di domande in testa.
Avrebbe preferito un pugno, decisamente.


 


«Tre anni, Goku! Tre anni! Hai idea di quanto tempo sia?»
Bulma era furiosa. Beh, Goku a quello era più che abituato: le sfuriate della sua migliore amica erano state sempre all'ordine del giorno. Lo aveva redarguito spesso e volentieri, specialmente quando si trattava delle sue assidue manifestazioni di idiozia, ma poi l'aveva sempre perdonato. Sempre.
«Ehm... ti chiedo scusa!» cinguettò Goku candidamente, grattandosi la nuca. In effetti, detto in quel modo, tre anni erano un lasso di tempo piuttosto significativo. Non si era reso nemmeno conto che fosse passato così tanto, a dirla tutta.
Dopo l'avvento del Torneo del Potere e lo scontro portentoso con Broly, non era trascorso molto prima che Goku avesse preso la decisione di raggiungerlo sul pianeta Vampa. Era rimasto talmente tanto folgorato dalla potenza di Broly, che si era convinto che allenarsi con lui sarebbe stato tanto proficuo quanto eccitante.
Si era congedato dalla propria famiglia e aveva lasciato il pianeta Terra. Non era stata sua intenzione rimanere lontano così a lungo ma... insomma, il tempo vola quando ci si diverte!
Poi Broly e Cheelai avevano esternato lui il progetto di diventare genitori e così, dopo stagioni intere di mirabolanti battaglie e allenamenti, Goku aveva ritenuto opportuno dare loro il tempo di occuparsi della propria famiglia, ricordandosi anch'egli che fosse il caso di far visita alla sua.
Così quella mattina aveva ricercato l'Aura di Vegeta ed era tornato.
E chi se lo sarebbe immaginato che fosse passato così tanto tempo?
«Oh, Son-kun, non starò qui a specificarti dove te le puoi infilare, le tue scuse» continuò lei, mani sui fianchi e volto arrossato.
Bulma stava lavorando a qualche progetto tecnologico dall'aria complessa, nel laboratorio asettico della Capsule Corporation. Quando l'aveva visto arrivare, gli aveva lanciato una chiave inglese addosso ed era esplosa in un'esternazione di rabbia degna di un Super Saiyan.
«E dai, oramai mi conosci! Sono stato via anche più tempo di così, in passato» si giustificò Goku, con un sorriso sornione.
«Sì, quando eri morto. Ma sai cosa? Non avremo questa conversazione! Decisamente no» tagliò corto lei, voltandosi di spalle e incrociando le braccia in grembo.
Goku, sebbene non fosse un premio Nobel per l'empatia, poté giurare di sentire la voce di Bulma incrinarsi. La guardò allontanarsi di qualche passo e cacciare la testa indietro in un profondo sospiro.
Stava... trattenendo le lacrime? Quello era molto strano. La sua migliore amica non era quel tipo di persona. Se doveva piangere, lo faceva apertamente. Se doveva esternare disappunto, lo faceva a gran voce. Non tagliava corto i discorsi, non tratteneva istinti omicidi voltandosi di spalle.
«Uh... stai bene?» domandò quindi Goku, accigliandosi.
La sentì ridere. Una risata amarissima, accompagnata dallo scuotersi della sua testa.
«Te ne importa?» chiese sarcastica, voltandosi verso di lui. Goku trasalì, il sorriso evaporò nel nulla nel vedere gli occhi lucidi di lei.
«Certo che mi importa, Bulma. Ma che dici? Non... non sto capendo! Prima Vegeta, poi tu... vi state comportando in modo così strano!» ribatté lui, costernato. E Bulma, all'udire del nome del Principe dei Saiyan, si irrigidì come se gli fosse stata versata una secchiata d'acqua addosso.
Talmente eclatante che persino a Goku – da sempre considerato sensibile come un portaombrelli – non sfuggì.
«Hai già visto Vegeta?» soffiò lei. Le guance rosse sbiancarono all'improvviso.
«Sì, poco fa» confermò Goku, con un sopracciglio inarcato, non comprendendo come quell'informazione potesse considerarsi rilevante alla causa.
Non aveva immaginato che il suo ritorno sul pianeta Terra potesse rivelarsi tanto bizzarro.
«Beh, Goku,» sospirò lei, riprendendo in mano gli strumenti del mestiere per proseguire il suo lavoro con un prototipo di chissà cosa, «sono cambiate tante cose da quando te ne sei andato. Troppe, troppe cose».
Goku arricciò il naso. Verosimile che in tre anni lo scorrere del tempo avesse compiuto qualche cambiamento ma, dallo sguardo affranto e deluso di Bulma, c'era sotto qualcosa di terribilmente significativo.
Cosa diamine stava succedendo?
«Ad esempio?»
Bulma arrestò per un attimo la frenesia delle sue mani sul prototipo, tuttavia non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
«Credo che sia ora che tu vada, ho da lavorare qui. È il caso che tu vada dalla tua famiglia» concluse lei, lapidaria, lasciando che alcune ciocche di capelli le cadessero sul volto per creare un'ombra. Un'ombra che servì a ben poco a nascondere la delusione.
Goku non capì. Ma di una cosa era certo: anche in quel caso avrebbe preferito un pugno.


 


Goku uscì dal laboratorio sotterraneo della Capsule Corporation con un cipiglio tutt'altro che allegro. Salì le scale lentamente, operando congetture su cosa potesse essere accaduto.
Non era abituato a un trattamento simile da parte degli amici ma, se stavano agendo in quel modo, doveva per forza esserci sotto qualcosa.
Si mordicchiò il labbro inferiore, più che intento a non lasciar cadere la questione. Ci sarebbe tornato più tardi, dopo aver salutato Chichi e dopo essersi fatto una bella scorpacciata. A stomaco pieno si ragiona meglio.
Raggiunse l'atrio della grande casa rotonda accompagnato dai gorgoglii del proprio stomaco ma, ironia della sorte, in quell' esatto momento la porta d'ingresso si aprì, rivelando due figure dall'aspetto famigliare.
Trunks e Goten, ridacchiando su un progetto scolastico, entrarono alla Capsule Corporation. Per Goku fu un piacevole colpo al cuore. Com'erano cresciuti!
Tuttavia, quando entrambi si resero conto di chi li stesse osservando, i loro sorrisi si spensero.
Goten sgranò gli occhi e, come se le forze fossero lui venute meno, lasciò cadere al terreno tutti i libri scolastici che teneva tra le braccia. Il tonfo di quei tomi sul pavimento riempì loro le orecchie.
«Ciao, ragazzi!» esordì Goku, il volto allargato da un consueto sorriso. Uno di quelli che Vegeta avrebbe definito “da ebete”.
Trunks, come allarmato, allungò una mano verso l'avambraccio dell'amico. Come per sorreggerlo, come se Goten fosse a tutti gli effetti sull'orlo di uno svenimento. Così sembrava, perlomeno.
«Che si dice?» continuò Goku, avvicinandosi di un passo. Il proprio riflesso sulle porte scorrevoli confermò lui che non fosse diventato improvvisamente un fantasma, sebbene i due ragazzi lo stessero osservando come se lo fosse.
«Pa... papà?!» soffiò Goten, incredulo, passandosi una mano tra i ciuffi di capelli neri. Non li portava più come i suoi: erano rasati sui lati.
Era cresciuto davvero tantissimo, oramai aveva più le fattezze di un uomo che di un bambino. Era molto, molto alto. Quanti anni poteva avere? Quindici, sedici? Goku non se lo ricordava.
Anche Trunks era cresciuto, portava i capelli lunghi fino alle spalle e somigliava così tanto a Vegeta in ogni sua espressione.
«Ciao, figliolo. Prima che tu lo dica: sì, sono passati tre anni, è tanto tempo. Ma non me ne ero reso conto, eheheh. Sono incorreggibile, vero?» anticipò Goku, nel tentativo arrabattato di porre un poco di ironia. Goten era sempre stato un bimbetto allegro e comprensivo.
Eppure nei suoi occhi di allegro c'era ben poco.
«Che ci fai qui?» domandò con tono incerto. «Voglio dire, che ci fai sulla Terra? Pensavo che non saresti più tornato».
Il suo tono non sembrava arrabbiato. Sembrava quasi... rassegnato. Si strinse nelle larghe spalle in attesa di risposta.
«Beh, sono tornato per stare un po' con voi, no?» azzardò Goku con ovvietà.
«Un po'... con noi» ripeté suo figlio, con voce flebile. Trunks continuava a fissarlo allarmato.
Goku non capì. L'ultima volta che era stato via tanto tempo, suo figlio era corso tra le sue braccia e l'aveva stretto forte. Forse era cresciuto? Forse era diventato un adolescente e si vergognava di farlo?
Una cosa era certa: anche i ragazzi si stavano comportando in modo strano.
«Sì, con te, Gohan, la mamma e tutti gli altri. A proposito, sto andando proprio da tua madre! Vieni?»
«Ehm... veramente sono qui per studiare con Trunks».
Sentendosi preso in causa, quest'ultimo arrossì.
«Possiamo studiare domani se preferisci» gli sussurrò, in evidente imbarazzo. L'altro si voltò di scatto con tanto d'occhi, negando con la testa.
«No! Dobbiamo prepararci per l'esame di informatica, ricordi?» asserì Goten, con tono più convinto. «Vai pure, papà. Vi raggiungerò più tardi, ok?»
Goku annuì e si fece bastare la risposta; in fin dei conti non sembrava arrabbiato. Doveva studiare, no? Semplicemente Goten aveva da fare e avrebbero avuto altre occasioni per stare insieme.
E allora perché sembrava comunque tutto così strano?
«Oh... ok! Beh, allora ci vediamo dopo! Ciao ragazzi, buono studio!» concluse e si avviò verso l'uscita.
I due ragazzi annuirono, salutandolo come si saluta un professore universitario di filosofia.
Beh, in quel caso Goku non avrebbe per davvero preferito un pugno. Solo, magari, avrebbe gradito da parte di suo figlio un sorriso che non fosse simile a una paresi facciale.


 


Prima di volare sui Monti Paoz, Goku decise che sarebbe stato più comodo e conveniente passare da Satan City. Ma, se dapprima non vedeva l'ora di rivedere la sua adorata nipotina, quando Pan lo vide... non lo riconobbe.
Nell'immenso e floreale giardino di Villa Satan, lei rimase con la palla rossa in mano e un cipiglio incuriosito. Tirò con la manina la gonna ampia della madre e, quando Videl si accorse di lui, rimase scioccata. Si dovette sedere sulla panchina per non svenire, poi iniziò a chiamare Gohan a gran voce.
Goku rimase oltremodo sbigottito. Soprattutto perché la donna in questione sembrava che stesse per esplodere da un momento all'altro, sul ventre. Era in dolce attesa. Di un rinoceronte, probabilmente, data la circonferenza addominale.
Quando Gohan giunse in giardino, cacciò un urlo davvero poco virile.
«Papi, ti difendo io!» si accigliò la piccola Pan, caricando tra le manine paffute una piccola sfera di colore giallo intenso. La lanciò verso Goku con una foga mai vista e, per quanto fosse un Ki-blast prodotto da una pulce alta quanto un nano da giardino, non fu poi tanto innocua. Gli bruciò i pantaloni della tuta arancione, tant'è che dovette intervenire Gohan con la canna dell'acqua per spegnerglieli.
Quando Videl accompagnò Pan dentro casa, la bimbetta non tolse gli occhi furiosi da dosso al nonno. Perché non sapeva che fosse suo nonno. Non se lo ricordava. Forse aveva pensato che fosse un estraneo, nel loro giardino, giunto per far loro del male.
«Quando... quando sei tornato?» domandò Gohan, sconvolto, una volta che la situazione si fu calmata.
«Poco fa! Ehm... wow, Gohan, congratulazioni! Pan diventerà presto una sorella maggiore?» si complimentò Goku, felice per suo figlio.
«Sì, di due gemelli. Ehm, l'ho combinata grossa!» ridacchiò Gohan come per stemperare la tensione palpabile, cacciandosi meglio gli occhiali sul naso. «Senti... ecco, mi ci vorrà un po' per spiegare a Pan chi tu sia. Non penso sia il caso di insistere, per oggi. Anche perché lei si affeziona molto alle persone e... insomma, non vorrei che ci rimanesse male... quando te ne andrai» concluse il ragazzo, con un sorriso mesto.
Goku boccheggiò. Gohan non aveva detto “se”. Aveva detto “quando”. Probabilmente aveva già dato per scontato che se ne sarebbe andato presto.
Poteva biasimarlo? Poteva dargli torto?
«Non... non ti preoccupare. Eheh, ha la stoffa della Saiyan, eh!» ridacchiò Goku.
«Già. Ora vado, non vorrei che Videl si stancasse, nelle sue condizioni. Torna a trovarci quando vuoi... ecco, magari prima telefonami».
Detto ciò, Gohan tornò di corsa in casa e lasciò Goku nel giardino, con i pantaloni mezzi bruciati e l'ennesima espressione da ebete dipinta in volto.


 


La reazione di Chichi fu ancora più bizzarra di quella degli altri. Non soffocante come quella di Vegeta, ma pur sempre degna di una visita in psichiatria.
Si era messa a ridere. A ridere! Lei, dalla quale più di tutti Goku aveva temuto una sfuriata degna di una soap opera, si era messa a ridere. Convulsamente.
Era preparato a dover evitare il tiro al bersaglio con l'argenteria, oppure consolare un pianto a dirotto di commozione e felicità. Quelle erano le due opzioni.
Invece rideva. Chichi rideva e non riusciva a smettere.
Ci erano voluti parecchi minuti prima che si calmasse, minuti durante i quali prima Goku aveva riso con lei, poi si era ammutolito e l'aveva fissata come se gli fosse spuntato un corno in mezzo alla fronte.
«Uh... tesoro? Tutto bene?» domandò Goku, dopo che lei dichiarò concluso quello spettacolo inquietante.
Chichi divenne seria nell'immediato, come se qualcuno le avesse spento l'interruttore dell'ilarità.
«Fuori di qui» sibilò, lapidaria.
Goku, per un momento, credette di aver capito male.
«Come?!»
«Fuori. Di. Qui» ripeté lei tra i denti, sospingendolo con il solo sguardo verso la porta d'ingresso.
Ecco, in quel momento per certi versi somigliava già di più alla Chichi imbufalita che lo rimproverava per non aver lavorato.
«Ma amore!»
«Amore? AMORE?» berciò la donna, in escandescenza. «Sparisci dalla mia vista!»
Tuttavia la Chichi imbufalita non aveva mai minacciato sul serio di cacciarlo di casa. Gli aveva lanciato addosso il servizio da tè, certo, ma non si era mai spinta a più di quello.
«Chichi, non capisco!»
Lei sogghignò. Non aveva mai sogghignato, prima. Vegeta sogghignava, non Chichi.
«Chissà perché, la cosa non mi sorprende affatto!» asserì lei, col petto gonfio di un sarcasmo quasi innaturale. «Vediamo se così riesci a comprendere: la vedi, quella? Si chiama “porta”. Attraversala e non rientrarci mai più!»
Anche il sarcasmo non era da Chichi. Era sempre da Vegeta. Si erano scambiati le personalità? Cielo, che cosa terribile!
«Mi sembra un tantino eccessivo» sospirò Goku, convinto.
«Eccessivo? Sei sparito per tre anni! Di nuovo! Sei sparito talmente tante volte che oramai dovrei avere il callo, e invece... invece sono stanca. Sei restato nell'Aldilà per anni, poi sei tornato e puntualmente te ne sei andato a farti gli affari tuoi sul pianeta di Beerus. Ho lasciato correre, nonostante ogni volta mi ripromettevo che fosse l'ultima che ti avrei ripreso in casa. Ma... tre anni, Goku. Tre anni senza avere neanche una tua notizia! Quanto ci sarebbe voluto a teletrasportarti qui, ogni tanto? Niente! E invece... ci hai lasciati soli».
Chichi era furiosa, ma aveva smesso di gridare. Goku, nel frattempo, si era fatto così piccolo da vanificare il fisico scultoreo ottenuto in decenni di allenamento.
Quei tre anni avevano pesato fin troppo sulle spalle di sua moglie. Perché, però, quella volta sembrava non fosse in grado di passarci sopra? Forse perché non era la prima volta, forse perché non era morto ma si era allontanato con cognizione di causa.
«Ma tu te la sei sempre cavata benissimo, ne sono sicuro». Goku era certo che Chichi avesse saputo badare meravigliosamente alla loro famiglia, nonostante tutto. Lo aveva fatto già in passato.
«Certo! Certo che me la sono cavata benissimo. Perché sono una buona madre. Un'ottima madre!» puntualizzò lei, piccata. «Lo sono sempre stata. Ma non ho più intenzione di essere... una moglie. Probabilmente per te non lo sono mai stata. Oh, magari solo quando cucinavo, giusto?»
Il tono fu tagliente.
«Ma che dici... Chichi, parliamone! Tu per me sei un'ottima moglie» tentò di recuperare Goku, non sapendo più però che pesci pigliare.
Più volte in passato Vegeta gli aveva fatto notare che non fosse normale che egli non pensasse spesso a Chichi, se non per andare a cena a mangiare. Ma non per questo non era una brava moglie! Forse era lui a essere stato un pessimo marito, talvolta.
Si sentì in colpa.
«Ti sbagli. Non sono tua moglie. Non più» sibilò lei, e gli occhi di Goku si spalancarono interrogativi. «Ho chiesto le pratiche del divorzio sei mesi fa e, siccome ho potuto dimostrare che hai abbandonato il tetto coniugale, me lo hanno concesso anche senza la tua firma».
Un fulmine a ciel sereno. Chichi si avvicinò al cassetto della credenza e ne estrasse una busta giallognola con sopra il timbro del tribunale. Gliela cacciò tra le mani con sprezzo, arpionandosi poi con i denti il labbro inferiore, per non farlo tremare. Aveva gli occhi lucidi.
«Non siamo più sposati, Goku».
Goku si rigirò tra le mani la busta senza alcuna intenzione di leggerne il contenuto. Data la sua scarsa istruzione, ci avrebbe capito anche ben poco.
A dirla tutta non ci stava capendo proprio più niente.
«Ma cosa... cosa... Chichi...» balbettò Goku, incredulo, arretrando di qualche passo fino a trovarsi sulla soglia della porta.
«Non ho più intenzione di parlare di te, di vederti, di contemplare la tua esistenza. Se vuoi vedere i ragazzi, fallo lontano da qui. Sempre che tu abbia voglia di continuare, almeno, a fare il padre. Ora sparisci» concluse lei, perdendo molto del suo sarcasmo e della sua risolutezza. Sembrava solo fragile, sebbene negli occhi antracite le si potesse leggere fiera convinzione rispetto alla drastica decisione.
«Chichi!» la chiamò flebilmente ma lei, con un ultimo sguardo, fece intendere che non ci sarebbe stato più null'altro da dirsi.
«Addio».
Chiuse la porta, sbattendogliela in faccia. Goku rimase lì a fissare il legno nodoso dell'ingresso di quella che, fino a tre anni prima, era stata casa sua. Della sua famiglia.
Era partito tre anni prima che era sposato, padre di due figli, circondato dall'affetto degli amici e con la stima incondizionata di un rivale. Era partito da eroe che aveva salvato l'Universo Sette, oltre che la Terra.
Tre anni dopo, era tornato scoprendosi divorziato dalla moglie, malvoluto dalla sua migliore amica, ignorato da uno dei suoi figli, sfiduciato dall'altro, non riconosciuto dalla sua nipotina, senza casa e completamente soffocato dallo sguardo del suo rivale il quale, tra tutti, lo aveva sconvolto ogni oltre capacità.
Goku, dell'eroe, non aveva più nulla.
Forse quella volta l'aveva combinata davvero brutta. E allora se ne convinse: c'era qualcosa che non andava in lui.
Avrebbe sicuramente preferito un pugno.



 
Continua...

ANGOLO DI EEVAA:
Hola, gente!
Quanto tempo! Che dire... è stata un'estate assurda, impegnativa, itinerante... ma eccomi qua!
Ho questa storia in canna dal primissimo lockdown del 2020 ma non sono mai stata abbastanza convinta di pubblicarla - perché a mio parere ho scritto in seguito altro materiale un poco più interessante. Ma, ora che ho finito di pubblicare tutto il resto, ho deciso di darle una chance. Giusto per prendermi il tempo di scrivere altro.
Nonostante tutto spero possa piacervi, è una storia semplice, di otto capitoli in totale, narrata dal POV di Goku. Non aspettatevi battaglie o grandi colpi di scena, solo tante riflessioni e un percorso di crescita e introspezione. 
Niente... spero che abbiate passato una buona estate, anche se so che per qualcuno l'ultimo mese è stato difficile (tu, proprio tu, sai che ti abbraccio forte, spero che questa piccola lettura possa distrarti un pochino). 
A domenica prossima, come sempre! 
Eevaa



 
Nel prossimo capitolo:
Perché fu come sentirsi piegato in due nel realizzare quanto Piccolo – un dannato Namecciano gli stava insegnando come essere un Terrestre, per tutte le stelle! - avesse profondamente ragione.
Era l'assoluta verità. Non comprendeva, non aveva previsto nulla di tutto ciò perché lui, di umano, aveva sempre avuto ben poco.
Empatia? Cos'è, si mangia? Responsabilità? Il dessert?

 
  
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