Fanfic su artisti musicali > Oasis
Segui la storia  |       
Autore: Part of the Masterplan    17/09/2022    1 recensioni
“Sally”
“Sì?” sputo nel microfono. Sento la sigaretta bruciare fino al filtro e iniziare a pizzicarmi le dita.
“Vieni a Londra. Adesso.”
“Il concerto? – ”
“Ho lasciato gli Oasis. Per sempre”
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Until Sally I was never happy.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Pensavo tornassi a letto.”
In piedi di fronte alla finestra, sorseggio una tazza di caffè stringendomi nella vestaglia. Pensieri che si dileguano rapidi, come la nebbia intorno al Golden Gate. “Devo andare a lavorare,” mi volto lasciando che mi tiri a lui “a differenza tua. Buongiorno, Noelie.”
“Io lavoro ogni singolo giorno della mia vita, senza pause, è tutto qui”, picchietta con l’indice sulla tempia e mi posa un bacio sulla fronte.
“Per quanto sia stato incredibile fare sesso e nient’altro in questi giorni –”
“ – Avevamo qualche arretrato”, mi interrompe.
Annuisco, “Dovremmo parlare, non credi?”
Scrolla le spalle e si immerge alla ricerca del suo the preferito nel pensile della cucina. “Se lo dici tu.”
“Lo dico io.”
Posiziona il filtro nella tazza, accedendo la fiamma sotto il bollitore. “Ok, quindi? Mi inviti a cena? Offri tu?”
“Sai cosa ti dico? Che io”, rivolgo il dito a me “lavoro tutto il giorno, mentre tu starai qui a cercare ispirazione. Preparala tu la cena.”
“Ehi, ehi, ehi… Non sono un maschilista del cazzo però, insomma… Io non preparo la cena.”
“Sei un maschilista del cazzo e mi aspetto di trovare una deliziosa cena su questo tavolo stasera”, ci appoggio una mano sopra e, nel farlo, afferro un plico di fogli che avevo abbandonato lì prima di partire per Los Angeles. “Ora vado a cambiarmi.”
Non gli lascio possibilità di rispondere, rimane immobile a fissarmi con la bocca aperta.
“Chiudi la bocca. L’acqua è pronta. Cerca di recuperare l’uso della parola per stasera”, lo sfotto uscendo dalla stanza.
“Fanculo, blondie.”
 
“Quando glielo dirai? Perché hai intenzione di dirglielo, vero?”
Armeggio con il telefono collegando gli auricolari, e inizio a camminare spedita verso l’ufficio. “Per ora tutti i documenti sono nella mia borsa con me, glielo dirò stasera a cena.”
“Porca troia, quanto la prenderà male…”
“Fammi capire,” sventolo la mano in aria, vengo interrotta. “Abbassa la voce, blondie. Non sarai a Londra ma sei pur sempre un’osservata speciale. I tabloid sono zeppi delle vostre foto all’aeroporto a fare i fottuti piccioncini. Chi se lo immaginava che il dittatore sapesse ancora ridere.”
“Cristo,” apro il pacchetto di Marlboro Light, una sigaretta tra le labbra, il primo tiro è tanto nervoso che devo tossire.
“Sai ancora fumare o Gallagher con tutte le scopate che vi siete fatti ha compromesso le tue capacità respiratorie?”
Scoppio a ridere, “Ma cazzo, come ti viene in mente… Comunque, volevo dire… Insomma, in tutti questi anni lui si è fatto la sua vita, andato e venuto come preferiva, e io non posso decidere di rimanere qui?”
“Stanno spostando Rolling Stone a Los Angeles? E’ per quello che avrai un nuovo appartamento… Non sarai più a San Francisco.”
Mi manca il fiato.
“Sal?”
“Sì, sì, ci sono… Io…”
“E’ questo quello che facevi davvero a Los Angeles, vero? L’incontro all’UCLA ti è servito per tenere impegnata la tua amica.”
Mi aggrappo alla mia sigaretta rallentando il passo.
“Dovresti parlarne con Noel, sai?”
“Sì… Sì, gli parlerò anche di questo.”
“Soprattutto di questo.”
“Lo so. E’ che… Voglio rimanere negli Stati Uniti perché sono diventata ciò che sono qui. Quando Noel non c’era, ho rimesso assieme i pezzi qui”, la voce mi si incrina, non riesco ancora a parlare degli attacchi di panico, degli effetti dei farmaci, del dolore della mancanza.
“Nessuna argomentazione da parte mia. Però parla a Noel, perché tu sei l’unica persona al mondo che ascolta e vorrà sapere tutto. Magari è già venuto a saperlo.”
“Di Rolling Stone? Non credo. E’ ancora tutto discusso internamente, per ora a San Francisco siamo rimasti noi fotografi e poco altro. Ma dal nuovo anno, il prossimo mese insomma, mi aspetterà una nuova vita a Los Angeles, porca puttana. E indovina a chi tocca dirlo ai fotografi?”
“Sono le responsabilità del capo, dovresti saperlo…”, ride. “Noel rimarrà lì per Natale?”
“Sì è già autoinvitato dai Baker.”
“Ci manchi qui. Manchi molto a Liam.”
“Mi manca anche lui. Lo sento quasi ogni giorno per i Beady Eye… Temo non si sia preso abbastanza tempo per soffrire per il lutto degli Oasis.”
“Lo credo anche io. Ma noi ci siamo per lui, vero?”
“Siamo la sua rete di sicurezza. Per sempre.”
Rimaniamo un attimo in silenzio, mi era mancato anche questo.
Blondie?”
“Mmm?”
“Mi erano mancate queste chiamate. Mi sei mancata tu.”
“Lo so, Paulie. Mi sei mancato tanto anche tu.”
“Non mi hai sostituito con Gem, vero?”
“Finiscila di dire stronzate e vai a dormire.”
 
In un’atmosfera di surreale silenzio, recupero la bottiglia di whiskey regalatami da Deborah. Sarà di casa ancora per pochi giorni, qui.
I magazine fanno sempre più fatica nel mondo di oggi e così la divisione americana ha deciso di concentrarsi a Los Angeles, decisione che, per quanto odiata, comprendo benissimo. Pensavo che Audrey la prendesse peggio, in fondo il suo posto di lavoro, insieme al mio, è garantito. Ma alcuni dei ragazzi verranno lasciati andare e mi chiedo se non stia tornando il momento di imbracciare la macchina fotografica per qualche live e fare un po’ meno la manager. Sembra così lontana l’eccitazione prima di salire sul palco, la folla alle mie spalle, l’energia che possono creare migliaia di persone unite indissolubilmente alla loro band. Gli Oasis più di tutti erano la testimonianza di quel legame quasi di sangue, come l’amore per una squadra di calcio: devoto, insondabile, indescrivibile. Mi manca quell’unione, mi mancano i miei riti, mi manca condividerli con i miei amici di sempre.
Alle mie spalle Audrey percorre il corridoio con una cartellina in mano, impegnata a leggerne il contenuto non si rende conto del mio aperitivo personale.
Osservo, nella penombra, come ho sempre fatto. Come ho sempre saputo fare magistralmente. Noel sapeva dove trovarmi senza esitazione. Entrava in una stanza e mi piantava gli occhi addosso: io diventavo il riflesso dell’ambiente circostante e da me capiva tutto, subito.
Il pensiero di tornare a casa e trovarlo ad aspettarmi mi terrorizza e mi emoziona. E’ stato così facile ritrovarsi dopo mesi, stravolti dalla mancanza e dall’eccitazione di volerci così tanto. Dopo tutto questo tempo. Ma non abbiamo più vent’anni e l’effetto dei medicinali a farci dimenticare le cose, ed è necessario che capiamo a che punto siamo. E dove vogliamo andare.
Sposto lo sguardo sulle foto che ci hanno scattato i paparazzi all’aeroporto. She is love, recita il titolo, riprendendo quello di una canzone del repertorio recente dei Gallagher. Di colpo, un pensiero che non mi ha mai sfiorata negli ultimi anni, mi si pianta in testa: sua figlia vede queste cose? Sa chi sono? Chi pensa che io sia? Cosa le ha detto quel concentrato di nevrosi e cocaina di sua madre?
 
Non sembra guardare al passato con rabbia Noel Gallagher, atterrato nella serata di martedì a San Francisco insieme alla sua compagna ed ex fotografa degli Oasis.
 
Sorrido. Per quanto ancora la gente si divertirà ad associare il mio nome e Don’t Look Back in Anger? Non avete un po’ più di fantasia, cazzo?
Il mio iPhone annuncia l’arrivo di un messaggio.
Io e Nic ti aspettiamo a Capodanno, non puoi dire di no. Ti abbiamo già comprato i biglietti. Luv ya. LGx
L’ennesima discussione da portare a tavola stasera.
 
Si può sentire la melodia della chitarra acustica dalle scale e nel tornado temporale che vivo praticamente ogni giorno, mi ritorna in mente quell’appartamento piccolo e spartano a Londra, con il campanello che recitava Harrison e il vicino grasso che si lamentava del riff dei T-Rex. Quell’attacco di dolore improvviso causato dai medicinali dopo l’incidente, lui che suona Slide Away in cucina pensando che io non lo senta, tenendomi lontana quella canzone per poi cantarmela sottovoce facendomi addormentare. Noel e Sally.
Quando apro la porta di casa, la sua musica e un delizioso profumo mi investono.
“Sono a casa!”
“Ciao luv.”
In tuta, coricato sul divano, mi sorride indicandomi il tavolo apparecchiato. Il cibo italiano mi fa nutrire non pochi sospetti.
“E’ tutta farina del tuo sacco?”
“Certo,” mette su la sua faccia buffa. “Ho sempre saputo fare gli spaghetti.”
“Peccato che quelli siano gnocchi. Almeno leggi sulle vaschette del take away prima di raccontare palle. C’è lo zampino di Jackie o sbaglio?”
“Le ho chiesto solo qualche consiglio…”
Scuoto la testa. “Buon dio, Gallagher… Quanto sei pigro. Fammi mettere qualcosa di più comodo e mangiamo.”
“Ma a me piaci così.”
“Ma i tacchi sono scomodi per mangiare!” urlo dalle scale.
Un attimo di silenzio, indovino D’Yer Wanna Be a Spaceman strimpellata, facendola, magicamente, diventare Don’t Think Twice It’s Alright. Mi siedo sul primo gradino delle scale, ascoltando la sua voce accompagnare gli accordi e procedere a memoria. Una canzone perfetta per lui.
“Bob Dylan? Mi vizi…”
Lascia la chitarra sul divano, prendendomi per mano mi avvicina a lui e mi bacia lentamente. “La cena può aspettare, vero?”, sussurra.
“Noelie G”, scuoto la testa. “Neanche negli anni Novanta mi volevi così tanto.”
“Non è vero, negli anni Novanta se non avessi avuto una band da mandare avanti ti avrei presa in ostaggio per anni.”
Scoppio a ridere, “Mangiamo questo adorabile cibo italiano preparato con amore dal ristorante ad un isolato da qui.”
“Jackie mi ha detto che è il migliore e contando quanto ho speso, lo spero.”
“Quanto ti devo?” lo prendo in giro.
“Tranquilla,” storce le labbra. “Puoi sdebitarti più tardi in camera da letto.”
“Wow, costa così tanto?”
Ride, versando il vino nei bicchieri disposti sul tavolo.
“A Capodanno tornerò a Londra.”
“Era ora che ti decidessi a tornare e a lasciare questo paese di megalomani del cazzo.”
“Sono stata invitata a festeggiare dall’altro Gallagher.”
“Paul? Beh, non siete mai stati migliori amici ma si vede che –”
“Liam. Lui e Nic mi hanno invitata da loro.”
You gotta be kiddin’.”
“Non ho ancora capito come fare, Noelie… Come gestirvi.”
“Ci puoi gestire che passi la tua vita con me e lo incontri una volta al mese come i cazzo di carcerati.”
“Noel…”
“Sarebbe più facile se lo odiassi, sai?”
“Sì, ma non sarebbe la nostra famiglia… La famiglia Gallagher.”
Sorride, quel sorriso che conosco bene che vuol dire Questa te la faccio passare, ma solo perché sei tu. Allunga la mano sul tavolo, stringendomi le dita.
“Famiglia, eh”, scuote appena la testa, concentrando la sua attenzione sul piatto davanti a sé.
“Hai visto le nostre foto sul Daily Mirror? Il cazzo di titolo She is love”, infilzo uno gnocco con la forchetta.
“Hanno una fantasia disarmante.”
“Oggi ci ho pensato… Forse crederai che sia stupido che mi accada solo adesso ma… Mi sono chiesta di Anais.”
“What about her?”
Sospiro, “Sa chi sono? Vede questi articoli? Cosa le dice sua madre?”
Si lascia andare sullo schienale della sedia, facendo spallucce. “Non so cosa le dica sua madre, sinceramente non me ne frega un cazzo. Ma io le ho parlato di te e lei mi ha chiesto chi fossi. Ha quasi nove anni, è piuttosto sveglia.”
“E cosa le hai detto?”
“Le ho detto che sei la mia fidanzata e che ti amo molto e che quando sarà il momento vi conoscerete.”
“Quando sarà pronta?”
“Quando sarai pronta tu, luv. Lei è così tanto curiosa che ti conoscerebbe anche oggi stesso.”
Annuisco in silenzio.
“So che quando è nata non era il nostro periodo migliore e so anche che il fatto che sua madre sia Meg non ci aiuterà… Ma è mia figlia e io voglio creare una famiglia con te, quindi vorrei che la conoscessi prima o poi. Senza fretta.”
“Senza fretta”, ripeto.
“Allora, di cosa volevi parlare?”, l’espressione sul suo volto manifesta apprezzamento per il cibo. “Perché con questa storia del Capodanno non hai iniziato proprio bene, lasciatelo dire.”
“Di noi…”
“Beh, è facile. Tu ami me, io amo te, decidiamo un giorno in cui sposarci e finiamo sta telenovela del cazzo.”
Sorrido, “Io ho deciso di rimanere qui, Noelie.”
Alza un sopracciglio, “Quando l’hai deciso, di grazia?”
Mi appoggio allo schienale, sospirando, “Sono quasi dieci anni che sono qui e da questo posto ho avuto il meglio. Sempre e solo il meglio.”
“Quindi io devo venire a vivere qui?”
“Io dovrei venire a vivere a Londra?”
“Beh, luv… E’ pur sempre casa tua.”
Scrollo le spalle, “Manchester è casa mia. San Francisco è casa mia. Londra è stata casa mia per necessità, non perché lo sia per diritto acquisito.”
“E’ casa tua perché ci vivo io, per il momento.”
“Per il momento?”
“Volevo parlarti di trasferirci verso la campagna, un giorno non troppo lontano. Giardino, silenzio, spazio per entrambi…”
“Noelie…”, incamero aria nei polmoni. I suoi occhi, serissimi, sono il luogo nel mondo che mi fa sentire immortale. Sono sempre stati così. “Da gennaio la sede di Rolling Stone a San Francisco chiuderà.”
“Allora era vero…”
“Cosa?”
“Credi che non sappia cosa succede qui?”
Scrollo le spalle, “Saremo spostati a Los Angeles. Il mio affitto sarà coperto dall’azienda per ora. Però c’è anche altro…”
“Ah, bene. Hai deciso qualcos’altro in mia assenza di vitale importanza per la nostra relazione?”
“Ho deciso di comprare questa casa. E’ stato il posto che mi ha vista rinascere e mi ha permesso di farlo sempre essendo al sicuro. Lo devo a me stessa… Alla Sally che è arrivata qua distrutta dai medicinali… e da te.”
“Da me”, sussurra, lasciando cadere la forchetta sul tavolo. I bicchieri tintinnano.
“Sì, anche da te, Noel. O vogliamo fare finta che non sia così?”
Sospira, alzando lo sguardo verso il soffitto. “E’ una bella casa, questa. Se vuoi comprarla è giusto che tu lo faccia. Mi ci sono affezionato anche io.”
Mi coglie di sorpresa, tanto che lo osservo come se da un momento all’altro potesse trasformarsi in un essere dotato di maturità, comprensione e assenza di turpiloquio.
“A te va bene, quindi.”
“Perché non dovrebbe? Basta che la paghi coi tuoi soldi.”
“Ovviamente”, gli sorrido. Questa volta sono io a raggiungere la sua mano sul tavolo.
“Quindi quali sono i piani? Ti trasferisci a Los Angeles il mese prossimo e…”
“Inizierò a lavorare da lì, vedremo com’è.”
“Tu sai che Dave non è capace a vivere in Inghilterra, vero?”
“Non capisco cosa c’entri Dave Sardy ora.”
“Non appena sarà registrato, mixeremo l’album a Los Angeles. Insomma, conosco posti peggiori in cui passare il mio tempo.”
“Quindi per quanto dovremo ancora fare i pendolari?”, porto l’indice alle labbra.
“Più o meno un anno, niente di che.”
“Oggi in ufficio pensavo che mi piacerebbe tornare sotto il palco. A scattare per le band.”
“Peccato, a saperlo prima qualche mese fa avevo una band per cui avresti potuto lavorare”, ridacchia cercando il mio sguardo. Quando si scontra con il mio broncio, torna serio. “Non ci si può ancora scherzare sopra, eh?”
“Non potremo mai scherzarci sopra, Noel.”
Alza le mani in segno di resa, stringendosi nelle spalle. “Si parla anche di matrimonio questa sera, o fingiamo che io non abbia fatto una proposta?”
“Con tutto quello che abbiamo discusso stasera, vuoi parlare del matrimonio?”
“Beh, insomma… Diamoci un orizzonte temporale, ecco.”
“Dopo il tuo album. Fai uscire il tuo primo album da solista, piazzalo in cima alle classifiche, fai un tour mondiale e quando avrai finito ci sposiamo.”
“Altri due o tre anni, almeno.”
“Da quando sei disposto a mettere un matrimonio davanti alla carriera?”
“Da quando sei disposta a mettere la carriera davanti ad un matrimonio?”
Sorrido, “Ho imparato da te, Noelie G. Anche Bonehead stamattina mi ha detto che –”
“Ah, ci mancava anche il fottuto Bonehead. Continui a confidarti con uno che la prima volta che ha sentito Champagne Supernova ha pianto come una mammoletta?”
Alzo gli occhi al cielo, “Lascialo in pace, per una volta.”
“Ok, Sal. Va bene. Dopo il tour mondiale del mio primo album.”
“Ma solo se lo piazzi al numero uno.”
Ride, “Mi vedi preoccupato, per caso?”
“Beh, non so ancora cosa ci sarà dentro. Magari decidi di suona una sola nota per tredici tracce da quindici minuti.”
Si alza in piedi, liscia i pantaloni della tuta e raggiunge la chitarra.
 
If I had a gun I’d shoot a hole into the sun
And love would burn this city down for you
If I had the time, I’d stop the world to make you mine
And everyday would stay the same with you.
 
Give you back a dream
Show you now what might have been
If all the the tears you cried would fade away
I'll be by your side
When they come and say goodbye
We will live to fight another day
 
Excuse me if I spoke too soon
My eyes have always followed you around the room
'Cause you're the only God that I will ever need
I'm holding on
And waiting for the moment to find me
 
Dal retro della mente, il 1994 e Las Vegas sotto di noi.
 
“Cosa faresti se avessi una pistola?”
“Una pistola?”
“Una pistola.”
“Che cazzo di domanda è?”
“Io penso che sparerei su questa città del cazzo. Su tutto. Vorrei distruggere tutta questa merda.”
“Lo dici solo perché ti senti distrutta.”
 
“Mi hai risposto con qualche anno di ritardo.”
“Ho sempre avuto problemi col tempo.”
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Oasis / Vai alla pagina dell'autore: Part of the Masterplan