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Autore: Demy77    24/09/2022    2 recensioni
Sequel di “Finché morte non ci separi”. Una breve carrellata sulla vita di Ross, Demelza ed i loro figli quindici anni dopo la conclusione della storia precedente.
AVVERTIMENTI: per chi non avesse ancora letto “Finché morte non ci separi”, Valentine e Julia qui NON sono fratelli, in quanto Julia non è figlia di Ross. La cronologia inoltre, volutamente, non rispecchia fedelmente quella della saga di Graham.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La carrozza che li avrebbe condotti a Londra – Ross ne aveva noleggiata una, volendo evitare la diligenza ed assicurare così a Demelza un viaggio più tranquillo – era ferma nel cortile di Nampara. Il cocchiere aveva caricato due grossi bauli, mentre Demelza, avvolta nel suo cappottino color verde bosco, salutava uno ad uno i figli. Qualche lacrimuccia era scesa, abbracci e sorrisi non erano mancati, infine la carrozza aveva imboccato il sentiero che conduceva alla strada carrabile scomparendo alla vista.
Solo dopo aver lasciato alle spalle il gruppetto degli otto, Prudie  e Jud compresi, Demelza si lasciò andare alla commozione con il marito; benchè infatti non lo avesse dato a vedere davanti ai ragazzi, era forte il timore che qualcosa potesse andare storto e che quel momento segnasse l’addio sia al focolare di Nampara che ai suoi amatissimi figli.
A molte miglia di distanza, intanto, anche un altro gentiluomo si era messo in viaggio; Dwight Enys non aveva potuto resistere all’accorato appello di Valentine, che gli aveva scritto una lettera chiedendogli di fare il possibile per rientrare in Inghilterra prima che Demelza subisse l’operazione. Aveva quindi salutato il bel golfo di Napoli e si era imbarcato su una nave diretta a Marsiglia; da lì avrebbe raggiunto via terra la sponda dell’Atlantico e si sarebbe nuovamente imbarcato per la terra natia.
Il primo giorno senza Ross e Demelza a Nampara iniziò sotto i migliori auspici. Henry e Bella si lavarono, vestirono e pettinarono da soli senza fare troppi capricci; Jeremy e Clowance diedero una mano a Jud rispettivamente nella stalla e nel giardino, Julia aiutò Prudie in cucina e Valentine si recò alla miniera a fare le veci di Ross. Fece la spola tutto il giorno tra la Grace, la Leisure e la Grambler, parlò con i rispettivi capitani, esaminò alcuni campioni di rocce, si incaricò di andare a Truro almeno una volta a settimana da Pascoe per esaminare i resoconti finanziari: Zacky Martin disse che lo avrebbe accompagnato a fine mese per prelevare le somme necessarie a pagare i lavoratori. Nel pomeriggio, poi, andò a Trenwith. Fece un controllo di tutto lo stabile e vide che vi era una grondaia da sistemare; diede ordine a Philip, il tuttofare, di occuparsene e disse invece che si sarebbe occupato lui stesso della falciatura del prato, in modo tale da essere impegnato in un lavoro manuale che lo distraesse dalle preoccupazioni per tutti gli impegni che lo attendevano. Mentre era lì gli tornò alla mente ciò che aveva scoperto sulle origini di Julia. Osservando dall’esterno le ampie finestre del piano superiore gli venne un brivido, pensando all’orrore che si era consumato dietro uno di quei vetri. Non conosceva i dettagli, ma immaginava che la giovane domestica fosse stata forzata dal padrone nella sua stanza da letto, nella quale doveva averla attirata con un  pretesto. Doveva essere accaduto di notte, se nessuno aveva udito per accorrere in soccorso di Demelza… Valentine scacciò dalla mente quei pensieri e si concentrò sul prato.
A Londra, intanto, Demelza e Ross si erano installati nell’appartamento che Ross normalmente occupava durante la stagione parlamentare. La locatrice, su richiesta di Ross, aveva fatto trovare le due ampie camere che lo componevano ben pulite, con le lenzuola fresche di bucato e mazzi di fiori colorati ad abbellire i vasi nel grazioso salottino cui si accedeva appena entrati. Demelza sorrise sfiorandone le corolle, intuendo quella che era stata una premura del marito nei suoi confronti. Essendo arrivati in tarda serata avevano avuto giusto il tempo di consumare una cena frugale ed erano andati a letto.
“Domani sera, però, ti condurrò ai giardini di Vauxhall” – disse Ross, pur sapendo che sua moglie non era molto interessata a fuochi d’artificio e spettacoli circensi.
Il giorno successivo, di mattina, avevano appuntamento con il dottor Evans. Purtroppo il suo responso non fu quello che i Poldark si aspettavano, per due ragioni. Innanzitutto il medico comunicò che non sarebbe stato possibile eseguire l’operazione stabilita prima di una settimana, poiché egli era stato convocato con estrema urgenza dalla Casa Reale per una emergenza che riguardava la regina Carlotta e doveva recarsi alla reggia e rimanervi finché non si fosse risolta. Inoltre l’utero di Demelza era molto ingrossato rispetto all’ultima visita e questo poteva voler dire che la massa da asportare era cresciuta in maniera notevole e che l’intervento era più rischioso.
Mentre Ross e Demelza a Londra fronteggiavano questi imprevisti senza perdersi d’animo, dandosi sostegno l’un l’altra, mentre Dwight proseguiva il suo viaggio di ritorno e toccava finalmente la costa settentrionale della Francia, a Nampara passavano i giorni e cominciavano a manifestarsi i primi segni di inquietudine. Prudie era sempre più nervosa a fronte della pigrizia di Jud, sentendo che la responsabilità della casa era completamente sulle sue spalle; il povero marito, dal canto suo, non era mai stato un uomo dinamico neppure in gioventù e a causa degli acciacchi non riusciva, pur volendo, ad essere completamente efficiente. Talvolta uno dei ragazzi Carter veniva ad aiutarlo nei lavori più pesanti, ma proprio in quella settimana egli si era ammalato di bronchite ed aveva dovuto rimanere a letto. Jeremy aveva dato una mano per quanto poteva, ma aveva un fisico mingherlino e non era portato per l’agricoltura; Prudie si era occupata degli animali, aveva annaffiato l’orto ed estirpato le erbacce, lamentandosi poi tutto il giorno per il mal di schiena ed inveendo contro il marito e contro la mala sorte. Clowance e Julia avevano riordinato la casa e cucinato, ma avevano calcolato male i tempi ed il pane non era lievitato a dovere, mentre la carne era risultata troppo cotta; Bella ed Henry erano stati in un angolo del salotto a giocare con animaletti di legno intagliati, fino a quando non era arrivata Caroline che li aveva portati a Killewarren a giocare con Sophie e Melliora; lì doveva esserci stato qualche bisticcio, perché a sera erano tutti di malumore, chi per una ragione, chi per l’altra. Fu quindi un vero sollievo per tutti potersi mettere a letto. Le luci della casa erano quasi tutte spente e Julia, dopo aver raccontato la fiaba della buonanotte ai fratellini, si era attardata in camera sua a leggere a sua volta un libro. Vedendo la luce accesa filtrare dalla porta Valentine bussò e chiese di parlarle un attimo: era abbastanza in pensiero perché temeva di non riuscire a stare dietro a tutto, inoltre lui non aveva il piglio deciso e l’autorità di Ross e gli sembrava che sia Henshawe che Foster non lo tenessero in gran considerazione.   
“Anche io non mi sento all’altezza di mamma – confessò la ragazza – lei è insostituibile, ma forse non dobbiamo chiedere troppo a noi stessi, non trovi?”
Valentine si specchiò in quegli occhi chiari e provò un tuffo al cuore. Julia aveva sempre il potere di trovare la parola giusta, in questo era molto simile alla madre, più di quanto credesse; forse anche lui era più simile a Ross di quanto credesse, e per questa ragione si era innamorato dell’unica persona grazie alla quale riusciva a sentirsi migliore…
Il giuramento che Valentine aveva fatto a se stesso prima della partenza dei genitori – lasciare Julia tranquilla, accantonando i sentimenti che provava per lei – diventava ogni giorno più difficile da mantenere. A fronte delle responsabilità che sentiva di avere come membro più grande in quel momento della famiglia Poldark, aveva sempre più bisogno di un sostegno e Julia era lì, pronta a rincuorarlo e dargli fiducia.
Per quanto Valentine fosse ambizioso e non privo di scaltrezza era pur sempre un ragazzo con poca esperienza negli affari. Un giorno, mentre si trovava a Truro  e stava riprendendo il cavallo per tornare a Nampara dopo aver avuto un colloquio con Pascoe, venne avvicinato da un uomo alto e bruno, con un monocolo ed uno strano cappello a cilindro, come cominciavano a vedersene sempre più in giro, soppiantando il tricorno diffuso nel secolo precedente. L’uomo elegante si presentò come Simon Parker e gli disse che proveniva da Birmingham ed aveva intenzione di fermarsi per due settimane in Cornovaglia prima di partire per la Francia, dove si sarebbe stabilito. Gli disse che in giro gli era stato fatto il nome dei Poldark in quanto proprietari di una bellissima tenuta che veniva affittata anche per brevi periodi. Valentine confermò che la tenuta era di proprietà di sua sorella – rabbrividendo quasi a pronunciare quel grado di parentela – ma aggiunse che di solito era suo padre ad occuparsi dei contratti, in quanto Julia era ancora minorenne. Parker sembrò molto deluso nell’apprendere che Ross non sarebbe tornato prima di una settimana e disse che era un vero peccato, perché egli aveva necessità immediata di trovare un posto dove vivere e le locande di Truro gli erano parse tutte squallide e non adatte alla sua posizione.
“Sapete, ho un credito aperto presso la banca Warleggan per oltre 20.000 ghinee” – e così dicendo Parker tirò fuori dal portafoglio e mostrò a Valentine una lettera di credito indicante la cifra che aveva appena menzionato.
Valentine non ebbe la prontezza di suggerire un consulto con Pascoe, il banchiere di famiglia, e si lasciò abbagliare dalla proposopea del suo interlocutore. Pensò che in fondo non sarebbe stato un male consentire a questo gentiluomo di occupare una stanza a Trenwith anche senza contratto, che sarebbe stato stipulato al rientro di Ross. Le ultime remore del ragazzo furono superate definitivamente quando lo sconosciuto gli disse che aveva a disposizione anche del denaro contante e che poteva dare un anticipo di 20 ghinee sull’affitto della prima settimana. Valentine allora gli disse di tornare nel pomeriggio a Trenwith, dove avrebbero concluso l’affare. Decise di farsi accompagnare anche da Julia, per dare maggiore solennità all’impegno; prese le monete d’oro di Parker e gli consegnò le chiavi della stanza che avrebbe da allora occupato. Sembrò strano ad entrambi i ragazzi che Parker non avesse con sé che una piccola valigia per i suoi effetti personali, ma, quasi prevenendo le loro domande, Parker spiegò che un suo valletto lo avrebbe raggiunto di lì a pochi giorni, ma non avrebbe arrecato disturbo perché sarebbe ripartito immediatamente per Birmingham ed avrebbe alloggiato altrove.
Valentine era abbastanza euforico e non faceva altro che rimirare le monete d’oro che, in un certo senso, costituivano il suo primo guadagno, anche se non spettavano a lui, ma alla famiglia.
“Le andrai a depositare in banca domani stesso, vero?” – gli domandò Julia, ottenendo una risposta affermativa.
Il giorno seguente, però, mentre era in sella a Seamus diretto verso Truro, Valentine venne assalito da un gruppo di briganti, che lo depredarono non solo delle venti ghinee d’oro, ma anche del denaro proprio che portava con sé e dell’orologio d’oro che aveva nel taschino. Non poteva certo dirsi colpa del signor Parker, eppure la conclusione era che quell’uomo aveva il diritto di occupare casa loro gratis per la prima settimana, non potendoglisi certo richiedere due volte il pagamento.
A sera Valentine era talmente avvilito che si era seduto per terra davanti alla stalla e si era messo a fumare uno dei sigari di Ross. Julia, come sempre, era andato a consolarlo, dicendo che non era certo colpa sua che fosse stato depredato; gli si poteva forse rimproverare di essere andato da solo, perché le strade erano spesso infestate da briganti, soprattutto di buon mattino e di notte, ma non era sua responsabilità se i soldi erano andati perduti.
Forse lo scoramento di Valentine era troppo profondo, forse Julia aveva mostrato più dolcezza del solito, fatto sta che ad un tratto Valentine non resistette: le accarezzò il viso, lo prese tra le sue mani e le baciò le labbra dolcemente, come se si fosse trattato di un succoso frutto da assaporare. La cosa sorprendente fu che lei non lo respinse: appoggiò timidamente le mani sul petto di lui e gustò quel bacio lungo e lento come se fosse la cosa più bella che le fosse capitata nella vita.
Entrambi ebbero la lucidità di interrompere quel contatto prima che il desiderio divenisse inarrestabile. Si fissarono negli occhi e si sorrisero, complici, senza bisogno di dire altro. Non si dovevano spingere oltre, ma era stato bello che fosse capitato.
Quel momento magico ed emozionante fu interrotto nella maniera più brusca possibile. Un tonfo li fece voltare e si trovarono di fronte un Jeremy dal volto livido, che aveva appena fatto cascare dalle mani un secchio colmo di biada, che probabilmente Jud o Prudie gli avevano affidato per saziare i cavalli prima di andarsene a dormire.
Valentine e Julia si guardarono sconsolati, perché la reazione del fratello poteva scaturire solo da una cosa: Jeremy doveva averli visti mentre si baciavano.
Valentine scattò in piedi e andò verso il fratello, subito seguito da Julia. “Jeremy...” – provò a dirgli, mentre la ragazza, istintivamente, gli prendeva una mano.
“Non toccarmi! – sbottò il quindicenne - mi fate ribrezzo, siete disgustosi, devo andare a dirlo a tutti!”
“Dove vai, fermati, abbassa il tono di voce! Non dirai nulla proprio a nessuno” – gli intimò il fratello maggiore.
“Ah, no? – replicò l’altro – mi fai schifo, Val, come hai potuto, è tua sorella, in nome del cielo! E anche tu, anche tu, che credevo una ragazza onesta…”- disse mettendosi le mani nei capelli, come a voler scacciare un pensiero indicibile.
Mentre Valentine ripeteva che Julia non era sua sorella e che Jeremy doveva farsi gli affari propri,  Julia tentava ancora di instaurare con lui un dialogo sereno: “ Jeremy, cerca di calmarti, ti prego, lascia che ti diamo una spiegazione!”, senonchè il giovane si negava a quel confronto, continuava a smaniare come in preda ad un delirio ripetendo che era disgustoso ed orribile e che si doveva impedire un simile abominio.
Si zittì solo quando si ritrovò in terra ed avvertì il sapore metallico e ferroso del sangue che gli era colato in bocca, dopo il pugno che il fratello maggiore gli aveva assestato in pieno naso.
“Scusami Jeremy, ma era l’unico modo per metterti a tacere. Lascia che ti spieghi, io e Julia ci siamo innamorati…”
“Non voglio sapere nulla; è una cosa orrenda, abominevole, è come se io e Clowance…” – e scosse la testa per cancellare quell’immagine sconvolgente, tamponandosi il naso.
Valentine si chinò in terra, si mise in ginocchio e con il suo fazzoletto pulì il volto del fratello dal sangue, poi gli parlò con calma.
“Non è affatto come dici tu. Non è la stessa cosa. Sai benissimo che io e Julia non siamo fratello e sorella. Demelza non è mia madre, e Ross non è suo padre”.
Jeremy lo contestò: “Sì, ma avete 4 fratelli in comune, avete giocato insieme e condiviso tutto fin da piccoli … come puoi considerarla in maniera diversa da una sorella? Come avete potuto innamorarvi?” – esclamò sconsolato, guardando anche la bionda, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, ma si era seduta per terra accanto a Jeremy.
“Al cuore non si comanda, Jerry – rispose il maggiore - non ho scelto di innamorarmi di lei, e Dio solo sa quanto abbiamo combattuto contro questa cosa... Julia soprattutto! Ma è successo, e non possiamo farci nulla…”
“Mamma e papà lo sanno?” – mormorò l’adolescente.
“No, e ti pregheremmo di tenere la cosa per te per il momento. Non abbiamo voluto dare loro pensieri, ma quando torneranno racconteremo loro tutto” – aggiunse Valentine.
“Ti prego – aggiunse Julia – capisco che tu sia sconvolto, lo comprendo bene, ed io stessa mi sento molto confusa… ma non posso negare di provare qualcosa per Valentine, qualcosa che va oltre l’affetto fraterno che ho sempre nutrito per lui… quello che è accaduto poco fa, era la prima volta e ti giuro che non succederà più, almeno finchè non avremo parlato con mamma e papà… te lo prometto” e mentre pronunciava queste parole fissò Valentine, perché quella promessa era un’implicita richiesta a lui di non cedere più ai sentimenti.
“E farete bene a mantenerla! Che sarebbe successo se al posto mio fosse arrivata Bella, oppure Henry, o Prudie, o Jud? Non sarete fratelli di sangue, ma siete fratelli agli occhi di tutta la comunità e non è semplice la posizione in cui vi siete messi! Chiunque sarebbe turbato, al posto mio!”. Detto questo, Jeremy si ricompose e garantì che avrebbe serbato il silenzio, anche se i due fratelli avrebbero fatto meglio a stare lontani il più possibile sia da lui che l’uno dall’altra. A suggellare la promessa, Julia andò via da sola a casa, mentre i due maschi diedero da mangiare insieme alle bestie nella stalla, cercando di ritrovare un po’ dell’armonia perduta.
A Nampara nessuno si accorse di nulla.Jeremy però trascorreva molto tempo da solo e cercava di non incrociare lo sguardo né con Valentine né con Julia. Un osservatore più attento si sarebbe però reso conto che egli seguiva con estrema attenzione i movimenti dei due fratelli maggiori, pronto a registrare qualsiasi scostamento dal giuramento che era stato pronunciato in sua presenza.

 
  
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