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Autore: paiton    27/09/2022    0 recensioni
Questo racconto, realmente accaduto, si ricollega ad una mia precedente pubblicazione "La Capanna sul Mare". Due anni dopo ritorno in Costa Rica con la fidanzata, memore delle avventure e disavventure che ho vissuto, completamente innamorato di quelle terre selvagge, decidiamo di restare una ventina di giorni in casa con un ragazzo che ci ospita e che sta avviando un progetto di permacoltura, per lavorare e vivere con lui. Il nostro doveva essere un fine settimana tranquillo, un momento di relax e un'opportunità per stare un paio di giorni da soli. Per una serie di decisioni sbagliate ci siamo trovati ad affrontare una situazione di pericolo che però ha insegnato molto ad entrambi. Cara lettrice e caro lettore spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento. (non è necessario aver letto il diario sopracitato per iniziare la lettura). Ringrazio preventivamente chi leggerà l'avventura che ci è capitata e accetto a braccia aperte qualsiasi tipo di critica e di consiglio
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Favoloso

Sbuchiamo sulla punta rocciosa che ci apre una visuale più ampia, in lontananza c'è la spiaggetta.
I piedi mi dolgono, sono pieni di spine e ci sto camminando sopra da ore... le scarpette della Fabi iniziano a cedere.
Maledicendo i primi animali usciti dai mari per vivere sulla terraferma vedo che la scogliera non ha più una conformazione piatta, bensì lembi di roccia si ergono a tre, quattro metri d'altezza.

Tento di scavalcare il primo dopo aver ragionato sulla tecnica da utilizzare vista la nostra "attrezzatura"…
decine e decine di grossi granchi blu scappano terrorizzati. Alcuni di loro erano veramente enormi, saranno stati i nonni di quella tribù di crostacei. Nonostante la lentezza immane che la mancanza di attrezzatura ci costringe a mantenere devo constata che l'impresa è fattibile.

La Fabi ha paura di una cosa: stare sugli scogli con il mare sotto...

La mia preoccupazione si fa sentire e cerco di aiutarla soprattutto psicologicamente ma anche fisicamente. È come arrampicarsi su uno scivolo di plastica ripido dei parchi acquatici, in più è pieno di granchi in ogni fessura. Uno ha tentato di staccarmi un dito; ma che dire, in realtà sono entrato in casa sua senza chiedere il permesso.

Ripetiamo quest’operazione di sali-scendi per una miriade di volte, di sicuro i coccodrilli non sanno arrampicarsi, con quegli arti superiori da tirannosauro che si ritrovano.

Siamo giunti all’ultimo tratto di scogli, sembra di camminare sulle lumache, c’è uno spesso strato di alghe scivolose. Tornati finalmente a livello del mare vediamo dritto davanti a noi la spiaggetta, esausti ma quasi felici. Scivoliamo un paio di volte e sbattiamo il sedere sugli scogli.

Allora ci diamo la mano e ci sosteniamo reciprocamente così da evitare cadute, procediamo lentissimi… Sono le tre di notte e ci troviamo ospiti obbligati della scogliera da oltre undici ore. A fianco a noi la foresta buia.
Fabi punta spesso la torcia a trecentosessanta gradi: - Edo, ci sono due occhi, li vedi anche tu? -
"Dove?" Sussurro, immobile come il mare.
Voce esterna: "che diavolo di paragone è !? Il mare si muove!"
Allora resto immobile come uno stoccafisso.
Voce esterna: "Così va meglio."

"Non vedo nulla" le confido con voce talmente bassa che faccio fatica a udirmi.
- è di fianco a noi - afferma lei terrorizzata indicando uno scoglio alla nostra sinistra, verso l’oceano.
“Guarda che ti stai sbagliando, per fortuna. La stanchezza ci sta facendo brutti scherzi” Oltre alla fatica fisica inizia a farsi sentire anche la stanchezza mentale. Ad ogni metro dobbiamo stare attenti a non danneggiarci ulteriormente l'apparato locomotore, se prendiamo una storta siamo finiti.
Abbiamo tirato entrambi un sospiro di sollievo.

Continuando a camminare verso la spiaggia ci siamo imbattuti in un cucciolo di pesce palla, che vive in una piccola pozza sulla scogliera, o forse l’aveva lanciato lì dentro una grossa onda. In ogni caso l’abbiamo studiato a fondo, era rosa proprio come gli esemplari che vivono in questa zona.
 
Magari le uova vengono depositate sulla scogliera, per evitare i predatori. Abbiamo deciso di lasciarlo dov’era in maniera unanime e inequivocabile. In questa zona del Pianeta, come in tutte le altre, è sempre meglio non interferire con il disegno di Madre Natura se non siamo profondamente coscienti delle conseguenze delle nostre azioni.

Notiamo una porta oscura ritagliata fra le palme e i mandorli della foresta, potrebbe essere un buon sentiero ma resta il pericolo dei serpenti, delle tarantole e dell’altro ragno che chiamano l’Infermiera; sembra una via utilizzata spesso dalle persone, ha un ampio spazio di camminamento però siamo ancora lontani dalle abitazioni: decidiamo di continuare per la spiaggia perché finalmente abbiamo la sabbia sotto ai piedi.
 
Una comodità senza paragoni, non avevo mai anelato così tanto sentire i granelli di sabbia fra le dita dei piedi. Le nuvole si sono via via spostate verso il continente per lasciare un anfiteatro in cui recita la Luna: splende nel cielo così tanto che la nostra vista, oramai selvaggia, funziona benissimo anche senza aiuti tecnologici. Quel fievole irraggiamento si riflette anche sulla superficie del mare e gioca degli effetti di luce stupefacenti con gli spruzzi candidi delle onde e con le orme che ci lasciamo alle spalle.

In lontananza vediamo una luce sulla spiaggia che punta nella nostra direzione, proviene da un’ombra che urla qualche parola, una voce femminile, si esprime in uno spagnolo impreciso.
 
 
La mattina del giorno antecedente avevamo scorto un semplice villaggio di persone molto povere. Cosa ci facesse sveglia quella donna a quell’ora della notte proprio non lo so. In Costa Rica ho risvegliato un senso che mi permette di percepire gli esseri viventi attorno a me, come se avessi un radar animico con cui scorgere le loro anime, al di là delle foglie degli alberi, degli scogli, dei muri, degli strati d’acqua. Li percepisco e basta, non so come sia possibile ma sento un campanello muto che mi indica la loro precisa posizione. Forse anche i costaricani avevano quel sesto senso e la donna ci aveva scovati nonostante fossimo al buio in totale silenzio.

Quando ci siamo avvicinati abbiamo notato le sue braccia magre mentre sbiascicava, come se si fosse drogata. A fatica abbiamo capito cosa diceva insistentemente: “Siete qui per il tour della pesca?”
“No no, dobbiamo andare a dormire alla Parcela, abbiamo sbagliato strada e non siamo riusciti a raggiungere la nostra stanza dell’Hotel… sappiamo la via”

Ha insistito nel volerci aiutare. Era molto sorpresa che noi fossimo riusciti a fare tutto il giro della scogliera di notte, gli e lo leggevo in faccia. Mi sembrava sincera così le ho confidato di avere un dolore ai piedi impressionante e le ho fatto vedere le spine piantate.

“Ohi Ohi!” Ha esclamato lei. Poi mi ha fatto vedere la pianta del suo piede sinistro a aveva una macchia viola, grande come una prugna, che si espandeva sotto tutte le dita.
“Manta Raya!” ha urlato guardandomi dritto negli occhi.
Quando cammini nell’oceano e ci sono le Mante, bisogna trascinare i piedi sul fondale, altrimenti puoi calpestare qualche animale marino velenoso, come il Trigone.
Mi ha aggiustato la ciabatta con un laccio (che si è rotto nuovamente dopo pochi minuti).

Ha preso in mano la mia torcia e ci ha scortati verso il nostro amato Hotel. Inizio a sentire un clima rilassato, siamo sopravvissuti ad una notte sulla scogliera con monsone, alta marea, coccodrilli, scogli da arrampicare, palme spinose, narcotrafficanti e granchi giganti. Wow!

“Scriverò anche questa storia un giorno!” Dicevo alla Fabi “Ma non ci crederanno… penseranno che ci siamo inventati tutto… penseranno che in realtà abbiamo passato la serata in camera d’hotel a scrivere tutte queste fantasiose avventure”
-Chi è già andato per boschi, montagne e scogliere forse ci crederà, perché è tutto autentico - mi rassicurò lei.
“In ogni caso questa è l’avventura più forte che abbia mai vissuto, e mi rimarrà sempre nel cuore”

Arrivata davanti all’hotel la tizia si mette ad urlare. Io sono rimasto indietro, avanzo lentissimo ma arrivo assieme al receptionist dell’Hotel.
Ecco il ragazzo che ci ha affittato la stanza per la notte, noi due siamo abbastanza imbarazzati dal comportamento della tossicodipendente.

Gli spieghiamo che siamo i ragazzi di ieri mattina e abbiamo una stanza prenotata.
“Buen seram, que pasa ?” Ci domanda “Noi siamo aperti solo fino alle sei di sera, non abbiamo più camere” afferma in spagnolo “Sono le quattro di notte!”
Iniziamo a credere che abbia dato via la nostra stanza perché non siamo arrivati in tempo…
Gli spieghiamo che abbiamo sbagliato strada, ci siamo fatti tutto il giro della scogliera e siamo arrivati qui adesso. Abbiamo dormito sotto al temporale.
Lui ha sgranato gli occhi, ha capito la situazione, ci ha riconosciuti e ha confermato la reazione di stupore della tossica.
“Madre de Dios! Tutta la scogliera, di notte! Voi avete già una stanza allora, siete i ragazzi di questa mattina!”
“Si esatto era quello che ti abbiamo detto” Chissà in quale fluente spagnolo...

Dono diecimila Colones alla donna che ci ha aiutato, sperando che li usi per i suoi figli e non per farsi una pera; Il ragazzo ci porta finalmente alla nostra bellissima, comodissima e asciuttissima abitazione. I nostri vestiti sono completamente fradici, scarpe e zaino compresi.
   
 
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